Francesca Biondi Dal Monte, Simone Frega (a cura di)
Contrastare la dispersione scolastica
DOI: 10.1401/9788815413369/c8

Capitolo ottavo Il ruolo di una «buona» progettazione educativa
di Andrea Traverso, professore associato di Pedagogia sperimentale presso l’Università degli Studi di Genova

Abstract
Il capitolo è dedicato a presentare nuovi spunti per adulti-professionisti impegnati nella progettazione educativa, che consistano in un aiuto concreto per organizzare una nuova forma di “resistenza” all’abbandono scolastico. Particolare enfasi è data nel capitolo alla fase di progettazione stessa dell’attività educativa che si vorrà mettere in atto per contrastare la dispersione scolastica: una progettazione che dovrà rispondere a certi parametri, anche non seguendo una linea culturalmente orientata. Nella parte finale del capitolo si dà spazio alla progettazione pratica dei percorsi educativi nelle aule, declinati attraverso diversi esempi.

1. Premessa

Distendere uno sguardo critico sulla dispersione scolastica implica la necessità di coniugare un’attenta conoscenza del fenomeno, che sia fondata empiricamente, situata nei diversi contesti, che vada oltre preconcetti e pregiudizi sulle scelte dei ragazzi, delle ragazze e delle loro famiglie e il tentativo di trovare nuove chiavi interpretative che possano aiutarci a comprenderla e a intervenire per sfavorirla (non rendere cioè favorevoli le possibilità che possa esistere e diffondersi).
Un’analisi dei dati raccolti empiricamente è già stata affrontata in altri contributi [1]
; a questo scritto spetta, invece, l’obiettivo di presentare nuove lenti per i nostri sguardi di adulti-professionisti responsabili e impegnati.
Per affrontare fenomeni sociali così profondi, come la dispersione scolastica, occorre attivare reti di pensiero e sistemi operativi che siano in grado di dare nuove risposte a problemi radicati ma mutevoli nel tempo, nelle loro cause e nelle peculiarità con cui si manifestano nei diversi territori del nostro paese.{p. 154}
Uno degli strumenti a disposizione di insegnanti, educatori, assistenti sociali, operatori ed esperti del comparto socioeducativo è la progettazione, in quanto attività capace di trasformare il pensiero in azione, i problemi in obiettivi, gli interventi situati in iniziative sinergiche, la speranza in possibilità.
La progettazione in ambito educativo [2]
, in particolare, decreta il passaggio da una professionalità debole a una professionalità forte, capace di incidere sulla contemporaneità, di confrontarsi con gli altri esperti, di fornire al legislatore indicazioni di intervento e nuovi modelli di rappresentazione e programmazione della realtà.
Per trattare il tema della progettazione educativa – riconosciuta in ambito normativo, scientifico, accademico ed esperienziale come fondamento e competenza portante assieme alla relazione educativa – occorre chiarire, in principio, quattro assunti:
è necessario riordinare la nostra idea di dispersione;
è possibile progettare la progettazione;
esiste una buona progettazione;
è essenziale auspicare una progettazione che educhi.

2. La resa e la resistenza

Sino a non molto tempo fa era utilizzata quasi univocamente l’espressione «abbandono scolastico», eccessivamente dura nel suo potere evocativo e impropria rispetto al processo [3]
. Chi abbandona rinuncia a tutto, mosso da sentimenti di {p. 155}sfiducia e di scoramento ed è solo in suo potere tale scelta. In questo modo si richiama una sorta di fuga, attribuendo a chi lascia la scuola tutta la responsabilità.
Oggi si tende a usare limitatamente questa espressione, sostituita da «dispersione» [4]
. Analizzando il significato del termine possiamo evidenziare aspetti che ne sottolineano l’irruenza (una violenta separazione), la fragilità (perdita di carica, di energia) ma soprattutto l’indifferenza (solo una parte degli studenti precedentemente iscritti termina gli studi).
Se tutti e due i termini hanno aiutato e aiutano a descrivere un fenomeno dal punto di vista statistico, propenderei, invece, con una prospettiva educativa e formativa, per l’utilizzo dell’espressione «resa».
La resa ha due declinazioni che rappresentano bene il vissuto di ragazzi e ragazze in difficoltà nella relazione con la scuola e con gli insegnanti, o gli adulti in generale; ed entrambe richiamano a una bi-direzionalità della responsabilità.
In un primo caso è la restituzione di qualcosa avuto in consegna, nel secondo è la cessazione di ogni resistenza.
Arrendersi alla scuola significa desistere a un diritto inviolabile e questo non dovrebbe essere possibile. Gli insegnanti sono ufficiali dello Stato, a difesa della Costituzione che sancisce tale diritto, chiamati a tutelare, promuovere, favorire l’istruzione. Pur in una logica di patto formativo, spetta a loro creare le condizioni affinché non ci siano i presupposti per restituire un patrimonio così prezioso.
Inoltre, non dovrebbe essere innestata e incancrenita una contrapposizione buoni-cattivi, amici-nemici, dentro-fuori. {p. 156}La resistenza è sempre di fronte a qualcosa che ostacola la nostra libertà e non, invece, a qualcosa che dovrebbe creare i presupposti per essa.
Eppure molti ragazzi si arrendono alla scuola. Non ne possono più del suo distacco, della sua indifferenza, delle sue incoerenze, della sua impreparazione. Si arrendono alle loro vite complicate (e a quelle dei loro genitori, tutori, educatori) che con la scuola non riescono a dialogare, a trovare uno spazio di interesse per loro.
Ecco dunque perché la progettazione educativa diviene l’occasione, la visione e lo strumento per contrastare la dispersione scolastica, perché è un aiuto concreto per organizzare una nuova forma di resistenza.

3. Progettare la progettazione

Tanto in ambito scolastico quanto nei servizi educativi territoriali che lavorano in raccordo con la scuola (comunità educative residenziali, centri diurni, centri sociali, centri di aggregazione giovanile), un progetto dovrebbe essere concepito come una visione comune e condivisa che troverà poi sostanza nel programma operativo. Quando la dimensione organizzativa, però, prende il sopravvento il progetto sbiadisce e diventa solamente programma, utile a controllare spazi e tempi ma meno efficace nel garantire prospettive di cambiamento e di trasformazione.
Insegnanti ed educatori progettano (dovrebbero progettare) non perché costretti da bandi, scadenze o mansioni ma perché soltanto tramite un progetto è possibile definire la visione e l’idea di un ragazzo o di un gruppo che si sono costruite nella mia mente. Con un progetto trasformiamo una speranza in un segno impresso nella realtà.
Pensando al rapporto tra resa e resistenza, dunque, la progettazione diventa fonte inesauribile di idee, di rilanci, di attese e appostamenti.
Progetto la progettazione quando decido di cambiare le cose trasformando l’intenzione in una spinta regolata, in una{p. 157}
apertura verso il futuro, ricerca di senso, sfida al frammento, orizzonte da ricercare e da perseguire. Necessità di avere una visione «oltre» che richiede coraggio per trascendere l’illusione e per non restare ancorati ai limiti del qui e ora. La progettualità orienta l’agire educativo e gli restituisce valore, lo ipotizza come percorso e ne vede la tensione verso il futuro e non solo nel «micro» dell’oggi. Lancia prospettive a partire da una buona lettura del contesto, immagina ipotesi e mette in moto la creatività sociale [5]
.
La progettualità, altro tratto distintivo delle professioni educative, è proprio la capacità di leggere il mondo e di interagire con esso con la consapevolezza di poterlo cambiare. Esercito la mia progettualità quando raccolgo gli spunti che mi offre la realtà (un oggetto, un’ispirazione, un paesaggio, una notizia) e li trasformo in qualcosa che posso condividere con altri, in questo caso specifico con ragazzi e ragazze che fanno fatica a trovare nuovi particolari di un paesaggio che sembra annoiarli.
L’abitudine a questa postura di ascolto-narrazione [6]
consentirà ai ragazzi e alle ragazze di sentirsi pensati, di avere la prova che qualcuno in un altro spazio e tempo ha trattenuto qualcosa per condividerlo con loro.
È lo stesso impegno di un artigiano, che non produce solamente per sé. Come un artigiano in bottega, l’educatore redige un progetto in équipe, con una duplice proiezione: individuale e collettiva. È un agire individuale quando richiede un’analisi delle sfumature, un impegno di responsabilità contestuale, la minuziosa vicinanza dello scambio di informazioni ed emozioni. Assume funzione collettiva, invece, quando si posiziona in dialogo verso l’esterno; dunque, il prodotto del lavoro sarà per tutti, sarà di tutti, in una logica di sostenibilità sociale [7]
.
{p. 158}
Note
[1] Solo a titolo di esempio si vedano P. Triani, Promuovere il successo formativo e prevenire la dispersione scolastica, Milano, EduCatt, 2016; R. Delogu, N. Malloggi, V. Pedani e E. Tolvay, La costruzione di un modello interpretativo della dispersione scolastica, in A. Caputo, G. Punziano e B. Saracino (a cura di), Prospettive di metodo per le politiche educative. Dalle esperienze di ricerca alle riflessioni analitiche, Varazze (SV), PM Edizioni, 2019, pp. 101-118; P. Sabatino, Gli Indicatori di rilevazione della dispersione scolastica, in A. D’Arcangelo e L. Giuliani (a cura di), Strategie nazionali e regionali di contrasto alla dispersione formativa, Roma, INAPP Report, 2022, pp. 48-53.
[2] Sul punto, sia consentivo rinviare a A. Traverso, Metodologia della progettazione educativa. Competenza, strumenti e contesti, Roma, Carocci, 2017. Inoltre, si veda anche L. Paradiso, La progettazione educativa e sociale. Modelli, metodologie e strumenti, Milano, Mondadori Education, 2020; A. Forneris e T. Monticone, La progettazione educativa. Il fulcro del lavoro educativo nei contesti sociali e sanitari, Milano, Unicopli, 2022; L. Brambilla, La progettazione pedagogica. Sfide e orientamenti, Roma, Carocci, 2023.
[3] Cfr. O. Liverta Sempio, E. Confalonieri e G. Scaratti, L’abbandono scolastico. Aspetti culturali, cognitivi, affettivi, Milano, Raffaello Cortina, 1999; F. Bonadiman, Il cattivo studente. Disadattamento, insuccessi e abbandono scolastico, Roma, Armando, 2007.
[4] Cfr. Save the Children, Alla ricerca del tempo perduto. Un’analisi delle diseguaglianze nell’offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana, Roma, 2022; M. Musio (a cura di), Promuovere la partecipazione giovanile nel contrasto alla dispersione scolastica e alla povertà educativa, Roma, Save the Children, 2022; S. Del Zovo e H. Demo (a cura di), Fare didattica inclusiva nel contrasto alla dispersione scolastica e alla povertà educativa, Roma, Save the Children, 2022; E. Ripamonti (a cura di), Linee guida. Costruire reti territoriali per il contrasto alla dispersione scolastica e alla povertà educativa, Roma, Save the Children, 2022.
[5] R. Deluigi, Tracce migranti e luoghi accoglienti. Sentieri pedagogici e spazi educativi, Lecce, Pensa Multimedia, 2012, p. 80.
[6] F. Batini e G. Del Sarto, Raccontare storie. Politiche del lavoro e orientamento narrativo, Roma, Carocci, 2007; F. Batini e M. D’Ambrosio, Riscrivere la dispersione. Scrittura e orientamento narrativo per la prevenzione, Napoli, Liguori, 2009.
[7] R. Albarea e A. Burelli, Sostenibilità in educazione, Udine, Forum Edizioni, 2006; P. Malavasi, Pedagogia verde, Torino, La Scuola SEI, 2014.