Francesca Biondi Dal Monte, Simone Frega (a cura di)
Contrastare la dispersione scolastica
DOI: 10.1401/9788815413369/c12

Capitolo dodicesimo Dagli spazi riconfigurati alla scuola-comunità
di Marco Orsi, ideatore della scuola Senza Zaino, docente al Master sulla Leadership Leggera, Scuola di Alti Studi IMT - Lucca, presidente onorario dell’Associazione Senza Zaino

Abstract
Lo spazio, in questo capitolo, viene esplorato anche come insieme dell’equipaggiamento di strumenti didattici che coinvolgano tutti i sensi dello studente. Come esempio viene adottato quello della disposizione degli alimenti e dei prodotti nei supermercati. Nel capitolo si dà spazio alla necessità di adottare un approccio globale all’offerta di servizio formativo, in cui nella progettazione dell’offerta formativa siano coinvolti elementi sia umani sia non umani (oggetti, spazi, cose, spesso invece, dimenticati). Nel capitolo viene esplorato anche lo spazio della scuola inteso come spazio di comunità: sia perché in essa vi hanno sede altre attività diverse dall’apprendimento delle discipline - in questa misura si citano i modelli cells and bells, aule tematiche, open space, allestimento in aree di lavoro fisse -, sia considerando lo spazio che coinvolge l’intero edificio scolastico, ovvero tenendo in considerazione la densità della popolazione scolastica. In conclusione, il capitolo si concentra sull’applicazione al micro-contesto della scuola della differenziazione del lavoro (qui la differenziazione dell’insegnamento) stilata da Durkheim come metodo per combattere il conflitto sociale.

1. Una premessa

Uno degli aspetti salienti che rende la scuola inclusiva è l’allestimento dello spazio inteso, non solo come disposizione di arredo adatto, ma anche come equipaggiamento di strumenti didattici che coinvolgano tutti i sensi dello studente. In particolare va ricercato, nella società tecnologica odierna, un attento equilibrio tra tattile e digitale. In tal modo lo spazio può connettersi coerentemente con le metodologie e le pratiche didattiche dell’insegnamento differenziato introdotto da C.A. Tomlinson, che si focalizza su due versanti. Il primo è quello della personalizzazione dei percorsi, ponendo l’obiettivo di raggiungere ciascuno studente là dove si trova. Il secondo è quello di poter disporre di una varietà di sollecitazioni didattiche che incontrino tutti e 5 i sensi, in una molteplicità di presentazioni, anche al fine di stimolare la realizzazione, da parte degli studenti stessi, di diversi prodotti, siano questi visivi, uditivi o tattili. È, dunque, riconoscendo la singolarità di ognuno e gli specifici percorsi che la scuola può diventare inclusiva. A tal proposito l’approccio globale al curricolo è un indirizzo molto utile che va in questa direzione. L’inclusività, poi, dovrebbe avere come sfondo il valore della comunità, in quanto lo stare assieme promuove appartenenza, aiuto reciproco, senso di responsabilità da parte di tutti gli studenti per la crescita dei compagni.
Nell’affrontare il tema dello spazio, anche in relazione alle organizzazioni, corriamo sempre il pericolo, tipico della nostra cultura ancora troppo segmentata, di trattarlo come un aspetto separato. Questo vale molto di più per la scuola. {p. 218}Si pensi invece, per fare un esempio, alla strutturazione dello spazio in un supermercato che è oggetto da sempre di un’attenta definizione da parte di specialisti del settore [1]
. La disposizione accurata degli ambienti è la risultante di molti elementi che fanno parte di una visione generale, globale, per cui si pensa di avere successo rispondendo alle esigenze del cliente, che magari vuole vivere un’esperienza confortevole e sicura e, nel contempo, essere agevolmente aiutato a fare la spesa risparmiando sugli acquisti.

2. Il supermercato ci insegna

Esiste così l’approccio che riguarda gli oggetti nello spazio del supermercato definito shelf marketing, ovvero marketing dello scaffale che, avvalendosi di studi approfonditi riguardanti l’influenza sui comportamenti umani, mette insieme tecniche e strategie per disporre sugli scaffali i prodotti, in modo tale che possa essere incrementata la vendita e, nel contempo, consentendo la soddisfazione del cliente. La frutta e la verdura posta all’ingresso ha il duplice valore di far immergere da subito il cliente in un ambiente fresco e naturale, creando una prima sensazione piacevole, in secondo luogo si tratta di favorire l’acquisto di una merce facilmente deperibile. I surgelati, collocati in fondo, rispondono alla necessità di farli stare il meno possibile dentro al carrello. Il sale e lo zucchero, secondo alcuni esperti, sono resi difficilmente trovabili perché, in quanto generi di prima necessità che tutti comprano, sollecitano la ricerca per cui si deve girare per i corridoi aumentando le probabilità di acquisto di altra merce [2]
. Dunque uno spazio riconfigurato ad hoc per promuovere certe attività e determinati comportamenti [3]
.{p. 219}
Ma ancora, possiamo porre attenzione al fatto che i prodotti sono ordinati secondo una classificazione ben precisa – i formaggi insieme ai salumi, le farine con la pasta, i vini con le birre e i liquori – in modo che possano facilmente essere rintracciati, perché rispondenti a una logica, mentre gli spostamenti di corridoio dei prodotti da parte degli addetti sono rari per non creare disorientamento nei clienti. La fluidità è dunque minima. C’è inoltre la pistola laser che fa a meno dei cassieri, ma d’altra parte rende tracciabile e monitorabile l’azione di acquisto, introducendo un elemento di autovalutazione e di feedback, in modo che si possa costantemente stare dentro l’obiettivo di budget prefissato. L’autonomia e le possibilità di scelta sono, pertanto, massime. La stessa pistola laser, inoltre, consente di accumulare dati sui comportamenti di acquisto del cliente, per cui diventa possibile una sua profilazione molto accurata, che consente di suggerire proposte d’acquisto mirate sulle esigenze di ciascuno. I supermercati, di norma, hanno policy per la fidelizzazione utilizzando apposite card che offrono sconti e consentono l’utilizzo della cassa automatica spesso vista di buon occhio perché fa risparmiare tempo prezioso. Vengono anche introdotti sistemi di gamification con raccolta di punti che danno diritto a premi, ma anche alla partecipazione a estrazioni con possibilità di importanti vincite. Far giocare è un modo per rendere la partecipazione accattivante e l’attività svolta piacevole.
La schiera di specialisti assoldati per la strutturazione dei supermercati possono essere chiamati, secondo l’approccio dell’economia comportamentale, architetti delle scelte. Con questo termine si indicano coloro che – secondo la definizione di Thaler e Sunstein [4]
– strutturano un ambiente fatto di spazi, materiali, persone, per favorire certi comportamenti, senza tuttavia imporli, poiché c’è sempre l’attenzione a lasciare margini di libertà. La parola chiave è nudge, traducibile con spinta leggera. È un nudge la verdura messa all’inizio, {p. 220}come nudge può essere considerato un dissuasore di velocità in un centro abitato o la lettera che l’amministrazione comunale invia ai cittadini di un quartiere avvisando che l’80% degli abitanti paga le tasse, invogliando così il restante a fare altrettanto. Tutti in qualche modo sono architetti delle scelte: lo è il manager, il chirurgo con la sua équipe, l’avvocato, i genitori e gli insegnanti. Ognuno di questi soggetti tende a configurare un ambiente per influenzare gli altri soggetti ai quali debbono prestare servizi e aiuti. In altre parole pongono in atto azioni e configurazioni per indurre dei comportamenti. Naturalmente qui il dibattito si apre su quali sono i limiti da non oltrepassare, per cui l’influenza può a tutti gli effetti diventare vera e propria manipolazione. Nella prospettiva di Thaler e Sunstein, però, si tiene conto che figure come il medico o il docente, con il compito rispettivamente di influenzare il paziente e lo studente, devono prendere coscienza che il potere esercitato non deve essere di dominio e che è necessario lasciare sempre all’individuo la facoltà di non aderire. Per questo parlano di paternalismo libertario.
Tornando alla questione degli spazi è chiaro che la loro configurazione influenza un certo comportamento. La teoria delle finestre rotte, ad esempio, ha dimostrato che spazi urbani appositamente sporcati e malmessi, induce i cittadini, che siano abbienti o non abbienti, a comportarsi in modo maleducato [5]
. Dunque se ci organizziamo secondo una modalità immersiva attingendo a tutti gli ingredienti messi in campo da una qualsiasi organizzazione, possiamo creare ambienti che sollecitano comportamenti positivi, rispondendo a criteri di inclusività. Per quanto riguarda il supermercato è interessante rilevare che il cliente ha la possibilità di muoversi in modo autonomo, di scegliere tra varie proposte di prodotti, di poter autovalutare e monitorare il suo percorso di spesa, di poter giocare acquistando, di sentirsi parte di una comunità attraverso la fidelizzazione, di veder riconosciuti i suoi bisogni con i sistemi di profila{p. 221}zione. E quello del supermercato non è un caso isolato: si tratta di un paradigma presente in molte altre realtà, come le banche, le aziende di e-commerce, le catene di hotel e così via. Tutti tendono a definire una configurazione immersiva attorno al cliente.
Proviamo allora a domandarci perché tutta questa struttura, così ben congegnata, non è rintracciabile normalmente nei contesti organizzativi scolastici che dovrebbero, per l’appunto, essere inclusivi. Qui la situazione appare assai diversa. Lo stesso studente vive molto spesso una condizione di passività, non gli sono offerte possibilità di scelta, latitano le opportunità di automonitoraggio, autovalutazione e feedback, non è coinvolto con espedienti di fidelizzazione per alimentare il senso di appartenenza, difficilmente i suoi interessi, bisogni ed esigenze sono profilati in modo da proporre percorsi personalizzati, le pratiche didattiche informate al game, infine, sono del tutto assenti. È chiaro che tutto ciò pone seri problemi per la definizione di un contesto effettivamente inclusivo.
Guardando le cose dall’esterno appare paradossale il fatto che le società avanzate impieghino così tante risorse per coinvolgere il cliente negli acquisti, non poche volte superflui e consumistici, lasciando i sistemi scolastici con risorse limitate, pur sapendo che essi debbono assolvere al grande compito educativo di accompagnamento di tutti gli studenti, quale sia la loro condizione di partenza, nel loro percorso di crescita verso la società adulta. Sembra che le società puntino tutto sul presente, dimenticandosi del futuro, costituito dal loro più prezioso capitale umano: le nuove generazioni.

3. Un approccio globale al curricolo

Considerando quello che abbiamo detto finora, la prospettiva per le scuole è quella di cambiare la visione stessa di curricolo, vale a dire dell’offerta di servizio che, nel caso di queste organizzazioni, ha carattere formativo. Tuttavia il curricolo attualmente è circoscritto solo alla definizione
{p. 222}degli oggetti del sapere (le discipline di studio), dei modi per presentarli (la didattica), degli obiettivi e dei traguardi da raggiungere e dalla loro valutazione. Ma in realtà l’etimo di curricolo rimanda al latino currere, che ha lo stesso etimo di carro e carrettiera, per cui il significato originario è quello di strada, sentiero, via. Il curricolo è un percorso, un percorso di vita che implica una sua globalità. Per questo molti autori che si sono interessati di teoria del curricolo ne danno una definizione assai ampia. Per Nisbet e Entwistle occorre considerare «tutti indistintamente gli elementi o aspetti dell’ambiente scolastico che possono influire sulla validità dell’apprendimento degli alunni», per cui si può ritenere curricolo «ogni elemento dell’ambiente scolastico che possa influire sull’istruzione» [6]
. Scurati, ancor più chiaramente, scrive:
Note
[1] F. Ciconte e S. Liberti, Il grande carrello. Chi decide cosa mangiamo, Bari-Roma, Laterza, 2019.
[3] M. Orsi, Uno zaino troppo pesante. Per una scuola ecologica e leggera, Rimini, Maggioli, 2021, pp. 231 ss.
[4] R.H. Thaler e C.R. Sunstein, Nudge. La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità, Milano, Feltrinelli, 2014.
[5] G.L. Kelling e J.Q. Wilson, Broken Windows: The Police and Neighborhood Safety, in «Atlantic Monthly», 1982, pp. 29-38.
[6] C. Scurati, Un curricolo nella scuola elementare, Brescia, La Scuola, 1977, p. 20.