Contrastare la dispersione scolastica
DOI: 10.1401/9788815413369/c12
Capitolo dodicesimo
Dagli spazi riconfigurati alla scuola-comunitàdi Marco Orsi, ideatore della scuola Senza Zaino, docente al Master sulla Leadership Leggera, Scuola di Alti Studi IMT - Lucca, presidente onorario dell’Associazione Senza Zaino
Abstract
Lo spazio, in questo capitolo, viene esplorato anche come insieme
dell’equipaggiamento di strumenti didattici che coinvolgano tutti i sensi dello
studente. Come esempio viene adottato quello della disposizione degli alimenti e dei
prodotti nei supermercati. Nel capitolo si dà spazio alla necessità di adottare un
approccio globale all’offerta di servizio formativo, in cui nella progettazione
dell’offerta formativa siano coinvolti elementi sia umani sia non umani (oggetti,
spazi, cose, spesso invece, dimenticati). Nel capitolo viene esplorato anche lo
spazio della scuola inteso come spazio di comunità: sia perché in essa vi hanno sede
altre attività diverse dall’apprendimento delle discipline - in questa misura si
citano i modelli cells and bells, aule tematiche, open space,
allestimento in aree di lavoro fisse -, sia considerando lo spazio che coinvolge
l’intero edificio scolastico, ovvero tenendo in considerazione la densità della
popolazione scolastica. In conclusione, il capitolo si concentra sull’applicazione
al micro-contesto della scuola della differenziazione del lavoro (qui la
differenziazione dell’insegnamento) stilata da Durkheim come metodo per combattere
il conflitto sociale.
1. Una premessa
Uno degli aspetti salienti che rende
la scuola inclusiva è l’allestimento dello spazio inteso, non solo come disposizione di
arredo adatto, ma anche come equipaggiamento di strumenti didattici che coinvolgano
tutti i sensi dello studente. In particolare va ricercato, nella società tecnologica
odierna, un attento equilibrio tra tattile e digitale. In tal modo lo spazio può
connettersi coerentemente con le metodologie e le pratiche didattiche dell’insegnamento
differenziato introdotto da C.A. Tomlinson, che si focalizza su due versanti. Il primo è
quello della personalizzazione dei percorsi, ponendo l’obiettivo di raggiungere ciascuno
studente là dove si trova. Il secondo è quello di poter disporre di una varietà di
sollecitazioni didattiche che incontrino tutti e 5 i sensi, in una molteplicità di
presentazioni, anche al fine di stimolare la realizzazione, da parte degli studenti
stessi, di diversi prodotti, siano questi visivi, uditivi o tattili. È, dunque,
riconoscendo la singolarità di ognuno e gli specifici percorsi che la scuola può
diventare inclusiva. A tal proposito l’approccio globale al curricolo è un indirizzo
molto utile che va in questa direzione. L’inclusività, poi, dovrebbe avere come sfondo
il valore della comunità, in quanto lo stare assieme promuove appartenenza, aiuto
reciproco, senso di responsabilità da parte di tutti gli studenti per la crescita dei
compagni.
Nell’affrontare il tema dello
spazio, anche in relazione alle organizzazioni, corriamo sempre il pericolo, tipico
della nostra cultura ancora troppo segmentata, di trattarlo come un aspetto separato.
Questo vale molto di più per la scuola. ¶{p. 218}Si pensi invece, per
fare un esempio, alla strutturazione dello spazio in un supermercato che è oggetto da
sempre di un’attenta definizione da parte di specialisti del settore
[1]
. La disposizione accurata degli ambienti è la risultante di molti elementi
che fanno parte di una visione generale, globale, per cui si pensa di avere successo
rispondendo alle esigenze del cliente, che magari vuole vivere un’esperienza
confortevole e sicura e, nel contempo, essere agevolmente aiutato a fare la spesa
risparmiando sugli acquisti.
2. Il supermercato ci insegna
Esiste così l’approccio che riguarda
gli oggetti nello spazio del supermercato definito shelf
marketing, ovvero marketing
dello scaffale che, avvalendosi di studi approfonditi riguardanti l’influenza sui
comportamenti umani, mette insieme tecniche e strategie per disporre sugli scaffali i
prodotti, in modo tale che possa essere incrementata la vendita e, nel contempo,
consentendo la soddisfazione del cliente. La frutta e la verdura posta all’ingresso ha
il duplice valore di far immergere da subito il cliente in un ambiente fresco e
naturale, creando una prima sensazione piacevole, in secondo luogo si tratta di favorire
l’acquisto di una merce facilmente deperibile. I surgelati, collocati in fondo,
rispondono alla necessità di farli stare il meno possibile dentro al carrello. Il sale e
lo zucchero, secondo alcuni esperti, sono resi difficilmente trovabili perché, in quanto
generi di prima necessità che tutti comprano, sollecitano la ricerca per cui si deve
girare per i corridoi aumentando le probabilità di acquisto di altra merce
[2]
. Dunque uno spazio riconfigurato ad hoc per promuovere
certe attività e determinati comportamenti
[3]
.¶{p. 219}
Ma ancora, possiamo porre attenzione
al fatto che i prodotti sono ordinati secondo una classificazione ben precisa – i
formaggi insieme ai salumi, le farine con la pasta, i vini con le birre e i liquori – in
modo che possano facilmente essere rintracciati, perché rispondenti a una logica, mentre
gli spostamenti di corridoio dei prodotti da parte degli addetti sono rari per non
creare disorientamento nei clienti. La fluidità è dunque minima. C’è inoltre la pistola
laser che fa a meno dei cassieri, ma d’altra parte rende tracciabile e monitorabile
l’azione di acquisto, introducendo un elemento di autovalutazione e di
feedback, in modo che si possa costantemente stare dentro
l’obiettivo di budget prefissato. L’autonomia e le possibilità di scelta sono, pertanto,
massime. La stessa pistola laser, inoltre, consente di accumulare dati sui comportamenti
di acquisto del cliente, per cui diventa possibile una sua profilazione molto accurata,
che consente di suggerire proposte d’acquisto mirate sulle esigenze di ciascuno. I
supermercati, di norma, hanno policy per la fidelizzazione
utilizzando apposite card che offrono sconti e consentono
l’utilizzo della cassa automatica spesso vista di buon occhio perché fa risparmiare
tempo prezioso. Vengono anche introdotti sistemi di gamification
con raccolta di punti che danno diritto a premi, ma anche alla partecipazione a
estrazioni con possibilità di importanti vincite. Far giocare è un modo per rendere la
partecipazione accattivante e l’attività svolta piacevole.
La schiera di specialisti assoldati
per la strutturazione dei supermercati possono essere chiamati, secondo l’approccio
dell’economia comportamentale, architetti delle scelte. Con questo
termine si indicano coloro che – secondo la definizione di Thaler e Sunstein
[4]
– strutturano un ambiente fatto di spazi, materiali, persone, per favorire
certi comportamenti, senza tuttavia imporli, poiché c’è sempre l’attenzione a lasciare
margini di libertà. La parola chiave è nudge, traducibile con spinta leggera. È un
nudge la verdura messa all’inizio,
¶{p. 220}come nudge può essere considerato un
dissuasore di velocità in un centro abitato o la lettera che l’amministrazione comunale
invia ai cittadini di un quartiere avvisando che l’80% degli abitanti paga le tasse,
invogliando così il restante a fare altrettanto. Tutti in qualche modo sono architetti
delle scelte: lo è il manager, il chirurgo con la sua équipe, l’avvocato, i genitori e
gli insegnanti. Ognuno di questi soggetti tende a configurare un ambiente per
influenzare gli altri soggetti ai quali debbono prestare servizi e aiuti. In altre
parole pongono in atto azioni e configurazioni per indurre dei
comportamenti. Naturalmente qui il dibattito si apre su quali sono i
limiti da non oltrepassare, per cui l’influenza può a tutti gli effetti diventare vera e
propria manipolazione. Nella prospettiva di Thaler e Sunstein, però, si tiene conto che
figure come il medico o il docente, con il compito rispettivamente di influenzare il
paziente e lo studente, devono prendere coscienza che il potere esercitato non deve
essere di dominio e che è necessario lasciare sempre all’individuo la facoltà di non
aderire. Per questo parlano di paternalismo libertario.
Tornando alla questione degli spazi
è chiaro che la loro configurazione influenza un certo comportamento. La teoria delle
finestre rotte, ad esempio, ha dimostrato che spazi urbani appositamente sporcati e
malmessi, induce i cittadini, che siano abbienti o non abbienti, a comportarsi in modo maleducato
[5]
. Dunque se ci organizziamo secondo una modalità immersiva attingendo a tutti
gli ingredienti messi in campo da una qualsiasi organizzazione, possiamo creare ambienti
che sollecitano comportamenti positivi, rispondendo a criteri di inclusività. Per quanto
riguarda il supermercato è interessante rilevare che il cliente ha la possibilità di
muoversi in modo autonomo, di scegliere tra varie proposte di prodotti, di poter
autovalutare e monitorare il suo percorso di spesa, di poter giocare acquistando, di
sentirsi parte di una comunità attraverso la fidelizzazione, di veder riconosciuti i
suoi bisogni con i sistemi di profila¶{p. 221}zione. E quello del
supermercato non è un caso isolato: si tratta di un paradigma presente in molte altre
realtà, come le banche, le aziende di e-commerce, le catene di
hotel e così via. Tutti tendono a definire una configurazione immersiva attorno al
cliente.
Proviamo allora a domandarci perché
tutta questa struttura, così ben congegnata, non è rintracciabile normalmente nei
contesti organizzativi scolastici che dovrebbero, per l’appunto, essere inclusivi. Qui
la situazione appare assai diversa. Lo stesso studente vive molto spesso una condizione
di passività, non gli sono offerte possibilità di scelta, latitano le opportunità di
automonitoraggio, autovalutazione e feedback, non è coinvolto con
espedienti di fidelizzazione per alimentare il senso di appartenenza, difficilmente i
suoi interessi, bisogni ed esigenze sono profilati in modo da proporre percorsi
personalizzati, le pratiche didattiche informate al game, infine,
sono del tutto assenti. È chiaro che tutto ciò pone seri problemi per la definizione di
un contesto effettivamente inclusivo.
Guardando le cose dall’esterno
appare paradossale il fatto che le società avanzate impieghino così tante risorse per
coinvolgere il cliente negli acquisti, non poche volte superflui e consumistici,
lasciando i sistemi scolastici con risorse limitate, pur sapendo che essi debbono
assolvere al grande compito educativo di accompagnamento di tutti gli studenti, quale
sia la loro condizione di partenza, nel loro percorso di crescita verso la società
adulta. Sembra che le società puntino tutto sul presente, dimenticandosi del futuro,
costituito dal loro più prezioso capitale umano: le nuove generazioni.
3. Un approccio globale al curricolo
Considerando quello che abbiamo
detto finora, la prospettiva per le scuole è quella di cambiare la visione stessa di
curricolo, vale a dire dell’offerta di servizio che, nel caso
di queste organizzazioni, ha carattere formativo. Tuttavia il curricolo attualmente è
circoscritto solo alla definizione
¶{p. 222}degli oggetti del sapere (le
discipline di studio), dei modi per presentarli (la didattica), degli obiettivi e dei
traguardi da raggiungere e dalla loro valutazione. Ma in realtà
l’etimo di curricolo rimanda al latino
currere, che ha lo stesso
etimo di carro e carrettiera, per cui il significato originario
è quello di strada, sentiero, via. Il curricolo è un percorso, un
percorso di vita che implica una sua globalità. Per questo molti autori che si sono
interessati di teoria del curricolo ne danno una definizione assai ampia. Per Nisbet e
Entwistle occorre considerare «tutti indistintamente gli elementi o aspetti
dell’ambiente scolastico che possono influire sulla validità dell’apprendimento degli
alunni», per cui si può ritenere curricolo «ogni elemento dell’ambiente scolastico che
possa influire sull’istruzione»
[6]
. Scurati, ancor più chiaramente, scrive:
Note
[1] F. Ciconte e S. Liberti, Il grande carrello. Chi decide cosa mangiamo, Bari-Roma, Laterza, 2019.
[3] M. Orsi, Uno zaino troppo pesante. Per una scuola ecologica e leggera, Rimini, Maggioli, 2021, pp. 231 ss.
[4] R.H. Thaler e C.R. Sunstein, Nudge. La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità, Milano, Feltrinelli, 2014.
[5] G.L. Kelling e J.Q. Wilson, Broken Windows: The Police and Neighborhood Safety, in «Atlantic Monthly», 1982, pp. 29-38.
[6] C. Scurati, Un curricolo nella scuola elementare, Brescia, La Scuola, 1977, p. 20.