Francesca Biondi Dal Monte, Simone Frega (a cura di)
Contrastare la dispersione scolastica
DOI: 10.1401/9788815413369/c5

Capitolo quinto Orientamento formativo e didattica orientativa per la prevenzione della dispersione scolastica
di Simone Giusti (ricercatore di Didattica della letteratura italiana presso l’Università degli Studi di Siena) e Maria Alessandra Molè (assegnista di ricerca in Sociologia presso la Libera Università di Bolzano)

Abstract
Il capitolo si concentra sulla povertà educativa, intesa, oltre che come impossibilità di accedere a un percorso di apprendimento, anche come privazione di diritti e opportunità, che possono invece risiedere nelle relazioni comunitarie e in particolare nelle comunità educanti, ovvero strategie generatrici di benessere capaci di avviare pratiche che mettano in luce un’interazione cooperativa tra i servizi, in particolare attraverso l’orientamento formativo, sotto forma di open day e career day. Il capitolo introduce poi il concetto di didattica orientativa, che spinge in modo specifico alla riflessione su di sé in ottica narrativa. A proposito, il capitolo si conclude con l’approfondimento di un progetto di ricerca, approvato dall’Università di Siena nel 2022, finalizzato a favorire l’introduzione di attività di orientamento formativo nei percorsi curricolari delle scuole secondarie di primo e secondo grado.

1. Povertà educativa, comunità educanti e orientamento

La povertà educativa non si riferisce solo all’impossibilità di accedere a un percorso di apprendimento in grado di sviluppare capacità e futuri talenti, ma viene intesa anche come privazione di opportunità e diritti (salute, cultura, partecipazione e relazioni sociali). Sul piano della letteratura delle scienze sociali, alcuni ricercatori considerano poveri coloro che hanno abbandonato anticipatamente gli studi e non possono fare affidamento su un livello minimo di competenze di base [1]
. Tale dato è correlato a numerosi fattori difficili da osservare e analizzare nel dettaglio, tra cui si può segnalare la carenza di comportamenti positivi nei confronti dello studio e delle pratiche culturali, una forma di deprivazione che potrebbe dipendere anche da questioni legate al capitale sociale della famiglia. Alcuni, infatti, ritengono che le motivazioni della povertà educativa vadano rintracciate nel background familiare, all’interno del quale vengono riprodotte le disuguaglianze sociali per effetto del capitale culturale e sociale delle famiglie che portano gli studenti a scegliere se abbandonare o meno il percorso scolastico [2]
. Sempre riguardo al contesto familiare, altri affermano che la disoccupazione e la precarietà lavorativa della famiglia possano spingere gli studenti ad abbandonare gli studi per {p. 104}la ricerca di una posizione lavorativa che consenta loro un tenore di vita soddisfacente [3]
. Altri ancora parlano delle aspirazioni e delle pressioni che i genitori trasferiscono sui figli riguardo alla scelta della scuola da frequentare, se un liceo o un istituto tecnico o professionale, o dell’indirizzo da scegliere [4]
. Altro elemento da prendere in considerazione, infine, è la mancanza o la presenza disomogenea di servizi scolastici in alcune aree interne del nostro paese dove le opportunità educative sono ridotte perché fortemente condizionate dalle condizioni demografiche e socioeconomiche dei territori che portano a un alto tasso di dispersione e abbandono scolastico. Anche lo spopolamento di queste aree, fenomeno causato dall’emigrazione della popolazione più giovane e attiva verso i centri urbani dotati di servizi più efficienti, risulta essere un indicatore esplicativo dell’abbandono scolastico, fortemente collegato alla posizione che un individuo occupa sul territorio. Sicuramente anche la pandemia, il distanziamento e la didattica a distanza hanno accentuato nuovi fattori di rischio, come l’acuirsi di nuovi disagi e malesseri nei giovani, erodendo i legami comunitari, ma facendo emergere allo stesso tempo il ruolo fondamentale ricoperto dalle figure educative (non solo della famiglia ma anche degli insegnanti) che dovrebbero cooperare tra loro costruendo delle vere e proprie alleanze per cercare di limitare i rischi di degrado che impediscono lo sviluppo di capacità e aspirazioni [5]
. Come afferma Di Nicola: «le relazioni comunitarie [...] diventano dunque struttura distintiva di una cerchia sociale, di una provincia finita di significato, di un mondo della vita al cui interno l’attore sociale si colloca e viene collocato» [6]
. Si parla così {p. 105}di comunità educanti che possano consentire agli individui di attivare processi di comprensione e di sviluppo volti alla realizzazione di progetti trasformativi per la comunità [7]
. Le comunità educanti dovrebbero essere strategie generatrici di benessere, capaci di avviare percorsi di resilienza attraverso pratiche che mettano in luce un’interazione cooperativa tra i servizi, che sarebbero così messi in grado di rispondere alle trasformazioni della società.
Nel contesto della comunità educante, un ruolo fondamentale per la prevenzione della povertà educativa e della dispersione scolastica, spetta ai servizi pubblici per l’orientamento e in particolare alle scuole autonome, a cui «spetta il compito di realizzare, autonomamente e/o in rete con gli altri soggetti pubblici e privati, attività di orientamento, finalizzate alla costruzione e al potenziamento di specifiche competenze di orientamento» [8]
. Si tratta, secondo la definizione di orientamento condivisa dalla normativa italiana, di favorire in ogni soggetto in apprendimento
un processo volto a facilitare la conoscenza di sé, del contesto formativo, occupazionale, sociale culturale ed economico di riferimento, delle strategie messe in atto per relazionarsi e interagire in tali realtà, al fine di favorire la maturazione e lo sviluppo delle competenze necessarie per poter definire o ridefinire autonomamente obiettivi personali e professionali aderenti al contesto, elaborare o rielaborare un progetto di vita e sostenere le scelte relative [9]
o, anche, secondo quanto previsto già dalla Direttiva sull’orientamento delle studentesse e degli studenti del 1997,
a formare e a potenziare le capacità delle studentesse e degli studenti di conoscere sé stessi, l’ambiente in cui vivono, i mutamenti {p. 106}culturali e socioeconomici, le offerte formative, affinché possano essere protagonisti di un personale progetto di vita, e partecipare allo studio e alla vita familiare e sociale in modo attivo, paritario e responsabile [10]
.
Come specificato dalle Linee guida in materia di orientamento lungo tutto l’arco della vita del 2009, al sistema di istruzione si chiede di contribuire alla prevenzione della povertà educativa attraverso l’orientamento, il cui ruolo strategico, si legge in esergo al documento,
viene collegato al fenomeno dell’insuccesso e della dispersione mettendone in risalto le due facce del problema: da un lato, le ricadute patologiche sul funzionamento del sistema scolastico stesso e le conseguenze sul sistema economico-produttivo e, dall’altro, gli effetti problematici sull’evoluzione delle storie individuali (formative, lavorative, sociali) [11]
.

2. Dall’orientamento formativo alla didattica orientativa (con approccio narrativo)

Per quanto la normativa italiana, coerentemente con le indicazioni europee e con la letteratura scientifica, abbracci da tempo il paradigma formativo dell’orientamento [12]
, quest’ultimo convive con una visione funzionale-produttiva che ne accentua la dimensione meramente informativa o di incrocio tra domanda e offerta di lavoro, e che, anziché puntare sullo sviluppo personale dei soggetti in formazione {p. 107}e sul cambiamento della didattica in tutto il percorso di istruzione e poi durante tutto l’arco della vita, si concentra su specifici momenti di passaggio. Pratiche come il consiglio orientativo, i saloni dell’orientamento, gli open day e i career day, come anche i vari servizi di supporto alla ricerca attiva del lavoro, testimoniano la coesistenza di paradigmi tra loro distanti, e la difficoltà incontrata da quegli approcci formativi che ormai da venticinque anni dovrebbero contribuire attivamente al cambiamento della didattica – in questo caso si parla di didattica orientativa o di educazione all’orientamento [13]
– o con specifici percorsi di orientamento formativo, che dall’anno scolastico 2022-2023 sono stati resi obbligatori ma che su iniziativa delle istituzioni scolastiche vengono realizzati già da almeno due decenni.
È in questo quadro che possiamo collocare alcuni progetti di orientamento formativo che sono stati realizzati al fine di contrastare la dispersione scolastica e, anche, per sperimentare e validare il metodo dell’orientamento narrativo che, accogliendo le sollecitazioni provenienti da diversi campi disciplinari, pedagogia narrativa, teoria letteraria, psicologia culturale, sociologia della vita quotidiana, antropologia,
ha sviluppato strumenti in grado di contribuire ai processi di costruzione dell’identità e a lavorare sulle competenze orientative delle persone: saper interpretare, saper progettare, saper fronteggiare le difficoltà, saper scegliere, saper dare un significato e un ordine alle azioni, saper riconoscere e gestire le emozioni, sapersi relazionare in contesti diversi, saper comunicare la propria esperienza e la propria identità professionale, sapersi pensare e immaginare al futuro, saper tradurre le intenzioni in un progetto e dunque in azioni [14]
.
Proprio in seguito a una lunga attività di ricerca sul campo [15]
, l’ideatore e sviluppatore di questo metodo, il pe
{p. 108}dagogista Federico Batini, ha fatto il punto sugli effetti del metodo, mettendone in evidenza la capacità dei percorsi di orientamento narrativo realizzati da esperte ed esperti di questa metodologia di incidere sulla capacità di autovalutazione e sulla percezione di efficacia e sulla resilienza, intesa come una dimensione delle competenze di autorientamento essenziale ai fini dell’esercizio di controllo sulla propria vita e sulle proprie scelte [16]
.
Note
[1] O. Giancola e L. Salmieri, La povertà educativa in Italia, Roma, Carocci, 2023.
[2] Ibidem.
[3] C. Borgna e E. Struffolino, Pushed or Pulled? Girls and Boys Facing early School Leaving Risk in Italy, in «Social Science Research», 61, 2017, pp. 298-313.
[4] A. Schizzerotto e C. Barone, Sociologia dell’istruzione, Bologna, Il Mulino, 2006; O. Giancola, Performance e disuguaglianze nei sistemi educativi europei, Napoli, Scriptaweb, 2009.
[5] Save the Children, Futuro in partenza? L’impatto delle povertà educative sull’infanzia in Italia, Roma, 2017.
[6] P. Di Nicola, Le relazioni comunitarie, in P. Di Nicola, S. Stanzani e L. Tronca, Reti di prossimità e capitale sociale in Italia, Milano, Franco Angeli, 2008, pp. 15-16.
[7] G. Tomei e I. Galligani, La comunità educante. Riflessioni su un modello di rete locale per il contrasto alla povertà educativa, in G. Tomei (a cura di), Le reti della conoscenza nella società globale. Possibilità, esperienze e valore della mobilitazione cognitiva, Roma, Carocci, 2020, pp. 241-270.
[8] MIUR, Linee guida nazionali per l’orientamento permanente, 2014.
[9] MIM, Linee guida per l’orientamento, 2023.
[10] Direttiva n. 487 del 6 agosto 1997. Per una ricostruzione del percorso normativo e dei suoi presupposti pedagogici si rinvia a S. Giusti, L’orientamento nella scuola italiana dagli anni Novanta a oggi, in F. Batini e G. Guglielmini (a cura di), Orientarsi nell’orientamento, Bologna, Il Mulino, 2023, pp. 81-98.
[11] Sono parole di Maria Luisa Pombeni estrapolate da un suo intervento al convegno Tavolo per l’orientamento di Tione del 2007 e collocate in apertura delle Linee guida in materia di orientamento lungo tutto l’arco della vita, circolare ministeriale n. 43 del 2009.
[12] F. Batini, Storia, funzione e senso dell’orientamento. Dal paradigma formativo al curricolo in verticale, in Batini e Guglielmini (a cura di), Orientarsi nell’orientamento, cit., pp. 11-53, a pp. 36 ss.
[13] P. Ricchiardi, S. Giusti, M. Marchisio Conte, A. Barana e M. Sacchet, Didattica orientativa, in Batini e Guglielmini (a cura di), Orientarsi nell’orientamento, cit., 2023, pp. 117-145.
[14] Batini, Storia, funzione e senso dell’orientamento, cit., p. 43.
[15] Si vedano almeno, per i progetti specificamente finalizzati alla prevenzione della dispersione, F. Batini (a cura di), La scuola che voglio. Idee, riflessioni, azioni contro il disagio e la dispersione scolastica, Arezzo, Zona, 2002; F. Batini e R. Zaccaria (a cura di), Foto dal futuro, Arezzo, Zona, 2002; F. Batini, L’isola sconosciuta: un progetto di orientamento narrativo. Metodi e risultati, Lecce, Pensa Multimedia, 2008; F. Batini e M. D’Ambrosio (a cura di), Riscrivere la dispersione: scrittura e orientamento narrativo per la prevenzione, Napoli, Liguori, 2008; F. Batini, Orientare per non disperdere: le storie siamo noi. Una ricerca sperimentale sull’orientamento narrativo nelle scuole secondarie di Livorno, Lecce, Pensa Multimedia, 2011.
[16] F. Batini, Gli effetti dell’orientamento narrativo. 20 anni di ricerca, in S. Soresi, L. Nota e S. Santilli (a cura di), Il contributo dell’orientamento e del counselling all’agenda 2030, Bologna, Cluep, pp. 119-135; F. Batini e M. Bartolucci, Orientamento narrativo e resilienza, in F. Batini e S. Giusti (a cura di), Empowerment delle persone e delle comunità, Lecce, Pensa Multimedia, 2017, pp. 28-39; F. Batini e M. Bartolucci, Sfruttare gli ostacoli. Tra resilienza e orientamento narrativo, in F. Batini e S. Giusti (a cura di), Leggere e scrivere al tempo dei social media, Lecce, Pensa Multimedia, 2019, pp. 39-46.