Sindacato e rappresentanze aziendali
DOI: 10.1401/9788815412324/a2
b) riconoscimento formale
della Sezione aziendale sindacale, alla quale vanno attribuite determinate funzioni
in materia di
¶{p. 254}amministrazione dei contratti e degli
accordi, di conoscenza delle situazioni aziendali, di conciliazione delle
controversie, ecc.; perciò vanno ad esse delegati anche alcuni compiti attualmente
attribuiti, alle CI, regolando opportunamente i rapporti tra questi due organismi.
In particolare si dovranno concordare alcune norme generali per il funzionamento
delle SAS, quali: locali per uffici e riunioni, i distacchi ed il tempo a
disposizione per svolgere le proprie funzioni, i permessi per partecipare alle
riunioni sindacali, ecc.; a livello di ogni azienda si stabiliranno poi ulteriori
regole di funzionamento in relazione alle specifiche materie di intervento per le
quali è più opportuna una rappresentanza specifica e competente, che non di tipo
generico (ad esempio esperti cottimi e valutazione mansioni, comitati infortuni,
commissioni controllo produttività, ecc.).
Inoltre si devono anche
stabilire garanzie per tutti i rappresentanti sindacali d’azienda e per i lavoratori
che assumono incarichi sindacali a pieno tempo (aspettative e distacchi)
sull’esempio dei diritti già riconosciuti ai componenti delle CI.
In merito al potere di
contrattazione in azienda esiste una nota divergenza tra la CISL, che vuole
mantenere tale potere esclusivamente al Sindacato provinciale, e la CGIL che intende
delegare tale potere alla SAS.
La CISL argomenta la sua
posizione con l’esigenza di controllo dell’attività contrattuale e di indirizzo
unitario ed omogeneo, onde evitare i pericoli (peraltro già sperimentati nel
passato) dell’aziendalismo; oltre a ciò il Sindacato provinciale può garantire una
maggiore capacità ed esperienza.
La CGIL, pur condividendo
l’esigenza di unitarietà della condotta contrattuale, evidenzia l’impossibilità
organizzativa del sindacato di seguire ogni attività contrattuale e sostiene la
necessità di far uscire di minorità le SAS attribuendo loro un potere contrattuale.
Anche per questi problemi si
può ritenere tuttavia possibile una convergenza, tenuto conto di alcune
considerazioni:
a) CISL e
CGIL sono d’accordo nell’attribuire compiti di gestione degli accordi aziendali alle
SAS, come quelli di controllo del premio, di esperti in valutazione del lavoro, in
cottimi, ecc. D’altronde l’esigenza più importante, che già abbiamo rilevato nel
constatare la diffusa disapplicazione del contratto e degli accordi, è proprio
quella di un organismo sindacale in azienda con un effettivo potere; da qui
l’importanza di realizzare il riconoscimento contrattuale delle SAS, precisandone i
compiti, garantendone la prerogativa, e attribuendo loro precisi
poteri;¶{p. 255}
b) CISL e
CGIL concordano sull’esigenza che il sindacato coordini e controlli l’attività
contrattuale (attraverso gli organismi direttivi che elaborano ed approvano le
politiche, e gli organi esecutivi che le applicano); pertanto mentre si deve evitare
il rischio dell’eccessiva autonomia degli organismi aziendali, è altresì possibile
concedere loro maggiori possibilità d’iniziativa, qualora siano salve le garanzie di
coordinamento e di unità. D’altra parte quando si parla di potere contrattuale del
sindacato, si parla della associazione, ed è quindi un fatto interno se la
associazione è rappresentata — al tavolo delle trattative — da una persona o da
un’altra. In altri termini nessuno può sollevare obiezioni, né formali né
sostanziali, se una Segreteria provinciale delega un proprio incaricato aziendale a
rappresentare l’associazione nelle trattative. Rimane quindi un fatto interno che
deve preoccupare il sindacato, la sua omogeneità d’indirizzi e di comportamenti, i
suoi rapporti tra organismi e persone.
Pensiamo sia questo il modo
migliore per rispondere a situazioni molto varie e alle diverse posizioni dei
sindacati, tenendo conto anche delle reali possibilità d’azione del sindacato in
Italia, oggi certamente molto limitate.¶{p. 256}
Mozione n. 4 del Congresso provinciale della FIM-CISL milanese, 17 gennaio 1969.
In «Dibattito sindacale», 1969, n. 1, p. 42.
Mozione n. 4: «La partecipazione dei lavoratori nel sindacato».
Le azioni sindacali degli
ultimi mesi, oltre a confermare la volontà di lotta dei metalmeccanici, hanno messo
in luce una profonda pressione di base per una maggiore democrazia nel sindacato,
intesa come possibilità concreta dei lavoratori di partecipare alle decisioni, alla
gestione delle responsabilità, alla organizzazione delle azioni sindacali, alla
costruzione di un sindacato unitario capace di accogliere la spinta di rinnovamento
che si manifesta nella classe operaia.
Lo sviluppo della
partecipazione dei lavoratori deve partire dalla fabbrica dove la Sezione sindacale
costituisce l’organismo di azione e di lotta con reali poteri di decisione e con
effettive funzioni contrattuali.
Oltre al perseguimento di un
crescente potere contrattuale e di una efficace tutela degli attivisti occorre che
la SAS realizzi un importante collegamento fra tutti i lavoratori e mobiliti tutte
le forze attive nella contestazione al potere padronale.
Vanno pertanto utilizzati tutti
i modi più efficaci per garantire un democratico processo di formazione delle
decisioni che — al di là di regole formali — si basi sul massimo grado di
consapevolezza, (documenti scritti, inchieste, referendum, votazioni su precise
mozioni, ecc.) e di partecipazione di tutti particolarmente nella assemblea, intesa
come momento fondamentale nell’assunzione di scelte decisionali.
Lo sviluppo della
partecipazione comporta anche un adeguamento dei quadri dirigenti, che devono
superare ogni atteggiamento autoritario ed ogni tentazione burocratica per essere
sempre più in grado di interpretare le reali esigenze dei lavoratori e la loro
volontà di rinnovamento.
Oltre ad una maggiore
valorizzazione dei dirigenti sindacali di fabbrica occorre sollecitare un loro più
frequente ricambio ed un costante rinnovamento.¶{p. 257}
A tale scopo va quindi superata
la tradizionale formazione dottrinaria e scolastica per realizzare una formazione
basata sulla consapevolezza, sullo spirito critico, sulla partecipazione attiva
degli attivisti e dei dirigenti, e che, analizzando le reali condizioni dei
lavoratori, sia in grado di accrescere la capacità dei militanti e di farne dei
protagonisti nella vita e nelle lotte sindacali.
La valorizzazione dei dirigenti
sindacali di base passa anche attraverso la più larga attuazione delle
incompatibilità, che al di là di sminuire il prestigio del dirigente rafforza
l’autonomia del sindacato e crea condizioni nuove per estendere l’associazionismo
dei lavoratori e per sviluppare la loro partecipazione al sindacato.
La lotta sindacale rappresenta
il momento più importante di partecipazione, tuttavia i risultati organizzativi non
sono conseguenze automatiche dell’azione sindacale: essi vanno cercati prima,
durante e dopo la lotta attraverso uno stretto collegamento tra le strutture
sindacali e tutti i lavoratori.¶{p. 258}
Dalle «Proposte per la discussione» presentate alla Conferenza nazionale sulla democrazia aziendale della FIOM-CGIL, Sesto S. Giovanni, dicembre 1968, pp. 8-13.
Lo sviluppo della democrazia sindacale nella fabbrica: la costruzione e il rafforzamento della Sezione sindacale aziendale.
Lo sviluppo della democrazia
sindacale nei luoghi di lavoro passa in primo luogo per la costruzione e il
rafforzamento della Sezione sindacale aziendale, intesa come collettivo, degli
iscritti al sindacato, dotato di reali poteri di decisione, di una progressiva
autonomia finanziaria e di un effettivo potere di contrattazione su tutti gli
aspetti del rapporto di lavoro che dovranno essere determinati sul piano aziendale.
Lo sviluppo di una effettiva
democrazia interna del sindacato comporta quindi la piena affermazione del diritto
esclusivo dell’Organizzazione sindacale di fabbrica di effettuare la contrattazione
collettiva nei luoghi di lavoro e di predisporre anche gli strumenti di controllo i
quali dovranno garantire l’effettiva applicazione degli accordi aziendali raggiunti.
Un’applicazione conseguente di
questa scelta politica implica un mutamento sostanziale e non solo formale delle
prerogative un tempo attribuite alle CI. Queste ultime dovranno in ogni caso
concentrare la loro attività sulla tutela dei lavoratori nei casi di vertenze
individuali per le quali non sia previsto un intervento dei CTP, sull’applicazione
degli accordi nazionali e aziendali, secondo le forme che verranno di volta in volta
adottate in questa o in quella realtà aziendale e, in alcuni casi, sulla gestione
delle istituzioni sociali aziendali, in base agli accordi che i sindacati
stipuleranno.
Esistono nella nostra
organizzazione opinioni favorevoli al totale superamento delle CI. Anche sulla
validità di queste opinioni il dibattito dovrà fornire indicazioni concrete, anche
come contributo all’orientamento che il Congresso della FIOM dovrà assumere in
merito.
Questo orientamento generale
sul ruolo della Sezione sindacale aziendale deve tradursi, anche nella presente
situazione in cui il padronato continua a contestare il potere contrattuale
dell’organizzazione di fabbrica, in un comportamento conseguente di tutti gli
organismi dirigenti della FIOM.
¶{p. 259}
Note