Sindacato e rappresentanze aziendali
DOI: 10.1401/9788815412324/a1
Dati statistici
Riportiamo nelle pagine seguenti alcuni
dati sulla presenza sindacale nelle aziende considerate nella ricerca.
I dati contenuti nelle TAB.
1A e TAB. 1B indicano anzitutto la
maggiore intensità della presenza della FIM-CISL nelle aziende oggetto della ricerca
rispetto alle medie delle province in cui esse si situano. Queste province presentano a loro
volta un grado di sindacalizzazione, sia globale sia della FIM, nettamente più elevato della
media nazionale. Il primo fenomeno si riscontra in misura particolarmente marcata nelle
province di Milano e di Brescia e raggiunge un massimo in quest’ultima nel periodo
dell’indagine (1969). Il fenomeno è presente pure nella FIOM, ma con consistenza minore; nel
caso di Milano esso non è addirittura avvertibile nel 1966 e va affermandosi solo a partire
dal 1967-68. Il campione di aziende prescelto, pur nella sua particolarità, sembra
confermare la tendenza secondo cui la FIM troverebbe il suo punto di maggiore forza rispetto
alla FIOM nelle grandi aziende.
La presenza sindacale nelle aziende in
questione tende a consolidarsi in misura sempre più evidente nel periodo dal 1966 al 1969,
prescelto per la indagine in quanto rappresenta lo spazio di tempo in cui la gran parte
delle sezioni sindacali sono risultate operanti. La tendenza vale in generale sia per
l’incremento di iscritti alla FIM sia per quello della FIOM e del grado di sindacalizzazione
globale (tabb. 3A e 3B), tutti più elevati rispetto
agli incrementi medi delle rispettive province (anche qui ciò risulta con maggiore chiarezza
nelle province di Milano e Brescia).
Simili incrementi aziendali sono tanto
più significativi se gli indici indicati nelle tabelle si valutano in rapporto all’andamento
dell’occupazione, che nelle aziende in ¶{p. 196}questione ha una dinamica
minore rispetto a quella riscontrabile nelle due province. Nelle aziende di Milano gli
occupati crescono dal 1966 al 1969 di circa 3.500 unità (6,4%), mentre in provincia
l’incremento è di 44.200 unità (14%); a Brescia a un aumento in provincia fa riscontro una
diminuzione di 800 occupati circa nelle imprese considerate.
Diverso è nelle stesse due province
l’andamento degli incrementi rispettivi della FIM e della FIOM. Mentre nelle aziende di
Brescia l’aumento della prima è nettamente superiore a quello della seconda (che anzi nelle
sezioni considerate è sotto la media provinciale), a Milano la FIM cresce più della FIOM
solo in termini relativi, sia nelle aziende in esame sia nella media provinciale. A Milano
negli ultimi due anni (1969 e, ancora più, 1970) si può notare addirittura ad ambedue i
livelli una superiorità nell’aumento di iscritti della FIOM anche in termini relativi,
modificandosi così la situazione di scarso dinamismo manifestato da questo sindacato dal
1966 al 1968. A Brescia invece i dati del 1970 non introducono alcuna sostanziale variazione
nei rapporti di forze delle due federazioni maggiori, confermando un più accentuato
incremento relativo e assoluto della FIM.
Più in generale va rilevato che l’anno
1970 segna una inversione di tendenza negli aumenti di sindacalizzazione delle aziende in
questione, che, diversamente dal periodo 1968-69, risultano inferiori agli aumenti medi
delle province menzionate, pervenuti a punte mai raggiunte in precedenza. Un’ipotesi di
spiegazione del fenomeno (da verificare ulteriormente) potrebbe individuarsi nella presenza
di una forte spinta alla sindacalizzazione derivante questa volta dalle lotte per il rinnovo
del contratto nazionale di lavoro nel 1969, piuttosto che dalla conflittualità e dalla
contrattazione aziendale caratteristica dei due anni precedenti e particolarmente intensa
nelle grandi aziende considerate (vedi TAB. 4A e TAB.
4B). Tale spinta avrebbe influito in
modo più generalizzato di quelle precedenti e soprattutto nelle aziende minori, con presenza
sindacale meno consolidata e meno toccate ¶{p. 197}dalle lotte aziendali del
1968. Alla pluralità di variabili (specialmente conflittualità, contrattazione aziendale,
dimensioni dell’impresa) che possono avere influito sugli andamenti di sindacalizzazione
nelle aziende e nel periodo considerati, e quindi alla loro non necessaria connessione con
la consistenza e funzionalità delle sezioni sindacali, si è già accennato nel testo (n. 7
del cap. III, in fine).
Il confronto fra iscritti ai vari
sindacati e voti ottenuti nelle elezioni di CI nelle aziende esaminate e nelle relative
province presenta risultati differenziati a seconda delle varie situazioni. Nel caso di
Milano la più intensa presenza associativa della FIM nelle 21 aziende rispetto alla media
provinciale si accompagna a una maggiore presenza anche nelle CI, sia pure in misura meno
evidente. Tale rilievo risulta ancora più chiaramente se si fa, riferimento, invece che ai
dati provinciali sui voti di CI forniti dalla FIM, a quelli desunti dalla FIOM. I dati
relativi alle singole aziende coincidono, mentre esistono differenze per i totali
provinciali, che risultano i seguenti: 1966, FIM 29.146 (32,7%), FIOM 49.050 (54%), UILM
10.910 (12%), altre 1.775 (1,3%); 1967, FIM 16.607 (31%), FIOM 29.757 (55,9%), UILM 5.625
(10,6%), altre 1.243 (2,5%); 1968 (totali non reperibili); 1969, FIM 21.746 (32,3%), FIOM
37.566 (55,8%), UILM 6.491 (9,6%), altre 1.558 (2,3%). Tali differenze sono solo in parte
spiegabili con il fatto che il numero delle aziende censite dalla FIOM è di solito più alto
di quello considerato dalla FIM. Sia nelle imprese considerate come nella provincia il
rapporto tra FIM e FIOM è più favorevole alla prima nelle elezioni di CI che negli iscritti,
nonostante la supremazia anche elettorale della FIOM non sia comunque messa in discussione.
Tale indicazione si precisa ulteriormente se si confrontano le percentuali di iscritti alla
FIM e alla FIOM sulla sindacalizzazione globale con le percentuali di voti ottenute dalle
stesse organizzazioni nelle CI. Per il biennio 1968-69 il confronto indica che per la FIM la
prima percentuale è inferiore alla seconda tanto nelle 21 aziende, sia pure solo leggermente
(39,7% contro 39,9%), ¶{p. 198}quanto, è più nettamente, nella provincia:
32,1% contro 33,6% (nel 1969) e 32,3% (nel 1969, cui si devono però aggiungere i voti delle
liste unitarie). La FIM appare cioè, in tutti e due gli ambiti, più forte elettoralmente che
associativamente. Per la FIOM è vero l’inverso, soprattutto considerando l’intera provincia;
le percentuali in questione sono infatti le seguenti: 48,4% contro 47,1% nelle 21 aziende;
57,4% contro 48,1% (per il 1968) e 44,3% (per il 1969) nella provincia. La tendenza rimane,
se pure meno accentuata, anche tenendo conto dei dati sulle elezioni di CI forniti dalla
FIOM. Essa risulta inoltre facilmente verificabile — al pari di quella appena rilevata per
la FIM — già nel biennio 1966-67. Nelle ultime due tornate di elezioni di CI l’aumento di
voti della FIM nelle aziende in esame è di poco superiore a quello della FIOM, cosicché il
rapporto fra le due organizzazioni si mantiene quasi inalterato. Diverso è invece
l’andamento a livello provinciale: secondo i dati forniti dalla FIM, la FIOM denuncerebbe un
declino di voti, pure in presenza di un costante incremento di iscritti, che sembra segnare
una ripresa di questo sindacato dopo un periodo di prolungata stasi.
Nel caso di Brescia il confronto sopra
svolto dà risultati analoghi se operato sui dati provinciali. La FIM registra, nel periodo
studiato, un aumento di voti nelle elezioni di CI tale da farle conseguire la maggioranza
relativa, pure rimanendo in minoranza quanto a numero di iscritti. La FIOM di contro vede
decrescere la propria consistenza elettorale, nonostante un buon incremento di iscritti dal
1966 al 1969 (+38%). Le percentuali di iscritti sulla sindacalizzazione globale nel biennio
1968-69 sono del 41,1% per la FIM e del 51,7% per la FIOM, contro percentuali di voti di CI
rispettivamente del 45,2% e del 44,8%. La situazione è opposta nelle 10 aziende oggetto
dell’indagine. Qui la FIM ha una consistenza elettorale relativamente minore della media
provinciale ed è sempre minoritaria nelle CI, anche negli ultimi anni quando detiene la
maggioranza degli iscritti. Anzi i suoi voti manifestano dal 1966-67 un declino assoluto,
¶{p. 199}che fa contrasto con il notevole aumento di iscritti e con la
stabilità elettorale della FIOM. Le percentuali di iscritti sulla sindacalizzazione globale
sono maggiori di quelle dei voti ottenuti in CI nel caso della FIM (46% rispetto a 42,8%),
mentre sono minori per la FIOM (42,5% rispetto a 43,8%).
Le ultime due tabelle indicano
anzitutto, per le province di Milano e Brescia, l’alto livello raggiunto, nel periodo
1967-70, dalla conflittualità aziendale, nettamente superiore ai valori degli anni
precedenti, con punte nel 1968 e, a Milano, pure nel 1970 (anche a Brescia comunque i dati
di questo anno smentiscono la tradizionale caduta degli scioperi aziendali nel tempo
immediatamente seguente il rinnovo dei contratti nazionali). Le percentuali delle ore
perdute per tali scioperi nelle stesse province sul totale delle astensioni dal lavoro sono
pure molto elevate. Per Milano esse raggiungono il 65,8% nel 1967, il 54,7% nel 1968, il
3,9% nel 1969, il 53,5% nel 1970. A Brescia le stesse percentuali sono del 100% nel 1967,
del 41,7% nel 1968, del 3% nel 1969, del 52,7% nel 1970.
Nelle aziende di Milano e Brescia
oggetto della ricerca, il numero di ore perdute in conflitti aziendali per partecipante
durante il periodo 1967-69 è a sua volta più alto dei valori medi provinciali. Tale divario
dipende soprattutto dai dati del 1968 (per Milano anche da quelli del 1970, mentre a Brescia
si ha in questo anno una tendenza opposta). La maggiore conflittualità delle imprese in
esame è ampiamente confermata se si considerano le ore perdute per dipendente; ma il
confronto fra questi termini è meno significativo, data la particolarità del nostro campione
rispetto alla situazione generale delle province, dove molte aziende, soprattutto
medio-piccole, non sono di solito toccate dalla contrattazione e quindi dalla lotta
aziendale. Anche per le province di Treviso e Pordenone, pur mancando dati generali precisi,
le indicazioni degli intervistati sono comunque sufficienti ad individuare nelle aziende
considerate un grado di conflittualità aziendale superiore alla
media.
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