Roberto Ricci
Le competenze digitali nella scuola
DOI: 10.1401/9788815412270/c1
La rete e il digitale determinano un cambiamento radicale nel modo in cui ciascuno di noi lavora, studia, apprende e interagisce. Sempre di più il mondo del lavoro, ma non solo in ambito professionale, ritiene che una delle competenze più preziose per ciascun individuo sia la sua capacità di lavorare e operare in gruppo. Sinora questo aspetto non ha trovato una risposta adeguata all’interno della scuola, per una molteplicità di ragioni: vincoli strutturali, organizzativi, valutativi, ma soprattutto di mentalità. La trasformazione
{p. 32}digitale vede nel lavoro e nell’interscambio cooperativi momenti fondativi e caratterizzanti. In questo modo colui o colei che apprende non lo fa come singolo e da solo, ma inserito in una comunità con la quale interagisce, assume decisioni e modifica il proprio percorso di apprendimento e azione. Naturalmente, questo cambiamento ha un effetto considerevole sulla valutazione, sia nella sua dimensione formativa, sia in quella sommativa. Finora la valutazione degli apprendimenti si è focalizzata esclusivamente sul singolo, ora invece è importante capire e valorizzare soprattutto la capacità di operare in gruppo in modo cooperativo per giungere a una soluzione più efficace di quella che si otterrebbe dalla somma del lavoro di ciascuno. Ancora una volta, la trasformazione digitale consente una collaborazione che non è più legata a fattori di tipo spaziale e, in buona parte, nemmeno temporali. Si aprono così infinite possibilità che, se opportunamente guidate, superano ostacoli che sinora hanno penalizzato coloro che vivono in situazioni di maggiore difficoltà (aree interne, ridotta disponibilità di risorse finanziarie, limitato accesso ai servizi, ecc.).
Un’ulteriore opportunità fornita dalla digitalizzazione è rappresentata dall’enorme disponibilità di dati, sia di esito sia di processo. L’interazione con strumenti digitali crea tantissimi dati che hanno un valore conoscitivo inestimabile, sempre se usati opportunamente e con le debite attenzioni di cui si tratterà in seguito. A oggi la valutazione, specie quella sommativa, ma in parte anche quella formativa, si concentra sugli esiti e molto meno sul processo di insegnamento-apprendimento. I cosiddetti dati di processo (process data) consentono invece di osservare diverse dimensioni e le risorse mobilitate dal discente mentre apprende e dal docente mentre insegna. È quindi del tutto evidente che si sta parlando di un cambiamento di estrema rilevanza, con potenzialità enormi per tutti e per ciascuno. Potrebbe finalmente essere l’occasione in cui si riesce a rendere possibili e operative pratiche sinora rimaste appannaggio di situazioni di avanguardia e che non hanno avuto un impatto di sistema. Sarebbe anche l’occasione per intendere, finalmente, la valutazione formativa e sommativa non come i due poli di {p. 33}una dicotomia, ma come due punti di un continuum in cui non esiste una cesura tra le due forme di valutazione.
Un altro aspetto positivo, tutto interno al mondo della scuola, è rappresentato dalla necessità di riflessione a tutto tondo sugli obiettivi e i traguardi delle Indicazioni nazionali e delle Linee guida in ragione della transizione digitale che sta interessando tutta la società. Si tratta di un’occasione straordinaria, si potrebbe dire decisiva, per leggere o rileggere tutto ciò che nelle Indicazioni nazionali e nelle Linee guida c’è già, ma che finora è rimasto in buona parte lettera morta a causa del peso soverchiante di prassi didattiche consolidate da moltissimo tempo, ma non più in linea con le necessità dell’attuale epoca storica.

3. I maggiori rischi della transizione digitale

Pressoché tutti i vantaggi della transizione digitale possono rappresentare allo stesso tempo anche un rischio, potenzialmente molto rilevante, per il benessere e lo sviluppo della collettività, soprattutto quando si tratta di giovani in formazione.
Il primo elemento che deve essere preso in carico con estrema attenzione è l’impatto della transizione digitale sull’equità della nostra società. L’introduzione di un cambiamento, specie se di questa portata e rilevanza, che si fonda sostanzialmente su competenze elevate dei soggetti coinvolti contiene in sé il rischio considerevole di esasperare e acuire le differenze all’interno della collettività e non di ridurle. Se i vantaggi della transizione digitale vedono come pre-requisito il pensiero-critico di alto livello, la capacità di risolvere problemi in un contesto cooperativo e solide e approfondite competenze di comprensione di diverse forme comunicative, scritte e non, sorge immediatamente la preoccupazione di che cosa accada a tutti coloro che queste competenze non le possiedono a un livello adeguato.
In realtà, il problema appena evidenziato non è affatto nuovo nel mondo delle tecnologie in ambito scolastico ed educativo. Già negli anni Novanta del secolo scorso, {p. 34}quando si cominciarono a introdurre strumenti informatici nell’insegnamento della matematica, apparve subito chiaro che ciò determinava un aumento delle differenze all’interno della classe e non una loro riduzione come si sarebbe forse auspicato [Orlandoni e Ricci 2002]. Serve quindi adottare un insieme di misure volte a promuovere realmente e concretamente le competenze richieste e, soprattutto, è necessario pensare a una rete di supporto, con adeguate misure compensative per chi queste competenze non le ha o le ha raggiunte solo in parte. Servono quindi strumenti che siano in grado di identificare il più precisamente e precocemente possibile le situazioni di fragilità. Viceversa, la transizione digitale determinerà una scuola, conseguentemente una società, fortemente polarizzata tra coloro che hanno accesso al digitale e coloro che invece non hanno le risorse, non solo materiali, per goderne appieno i vantaggi e le potenzialità.
La transizione digitale accresce enormemente la disponibilità di dati sia di esito sia di processo, con notevoli possibilità applicative nel mondo della scuola, ma non solo. Tuttavia, la grande produzione e disponibilità di tali dati pone anche problemi considerevoli, sinora quasi del tutto inediti: la sicurezza dei dati e le implicazioni etiche.
La sicurezza dei dati è un aspetto estremamente importante con implicazioni tecniche, tecnologiche, economiche e politiche di indiscutibile rilievo. In questa sede, però, interessa soprattutto l’aspetto etico. Probabilmente solo in ambito sanitario le implicazioni etiche sono altrettanto rilevanti quanto nel settore dell’istruzione e dell’educazione. A questo riguardo, serve una riflessione collettiva di alto livello che sfugga alle dinamiche delle contrapposizioni ideologiche, ma che porti alla definizione di un quadro di riferimento adeguato, generale e ampio, ma allo stesso tempo attento a tutte le implicazioni operative sulle quali si giocano partite determinanti per il futuro della scuola. I dati e il loro uso richiedono oggi un cambiamento di abito mentale simile a quello conosciuto dal pensiero occidentale con la rivoluzione scientifica. Anche in campo educativo è necessario passare dallo schema del sillogismo classico (se A allora B) a quello moderno (se A allora B, con una certa probabilità p). Que{p. 35}sto passaggio non può e non deve avvenire al di fuori di un perimetro etico forte, chiaro e che non abbia timore di affermare i propri principi.
I dati che la transizione digitale mette a disposizione sono una risorsa importantissima, tant’è che già oggi hanno un valore economico estremamente rilevante. Ma è qui che il presidio etico diviene fondamentale. I dati non sono di per sé buone idee, ma possono aiutarle e sostenerle in modo rilevante. Le scelte etiche, le decisioni che aiutano una collettività a disegnare il suo sistema educativo si devono riflettere proprio nell’uso dei dati. Come si suole distinguere nelle scienze statistiche e sociali, è essenziale che l’approccio ai dati sia di tipo confermativo, ossia siano usati per sottoporre a rigorosa verifica empirica idee, teorie, ipotesi. Con maggiore cautela va considerato l’approccio esplorativo, dove sono i dati che guidano e forniscono le direzioni della ricerca. Come sempre, le distinzioni classificatorie servono a comprendere meglio la realtà, semplificandola, ma non per questo riescono a esaurirla. Anche in questo caso, i due approcci possono contribuire entrambi all’avanzamento delle conoscenze in ambito educativo, ma il presidio etico e teorico deve essere più forte quando l’enorme mole di dati rischia di travolgere qualsiasi riferimento al modello di società che si desidera.
Su un piano meno sfidante dal punto di vista generale, ma altrettanto importante, è fondamentale considerare che la grande disponibilità dei dati può avere un effetto fortemente confusivo sui giovani e sulle loro effettive possibilità di apprendimento. Diviene necessario sostenere, promuovere e assicurare tutte quelle competenze che rendono autonomi i giovani, ma forse si dovrebbe dire tutta la popolazione, nell’organizzare loro chiavi interpretative, capacità di selezionare, filtrare e ordinare le informazioni. Ma ancora una volta stiamo parlando di competenze di alto livello e di ancora maggiore valore. Nuovamente siamo di fronte a un intreccio tra vecchio e nuovo, tra rischio e opportunità che richiede riflessione, ricerca e studio. Un percorso affascinante, sfidante, ma non semplice che passa attraverso un innalzamento delle competenze, largamente intese, di tutta la popolazione, in tutte le fasce di età.{p. 36}

4. Le competenze digitali nel contesto europeo

La rilevanza strategica della transizione digitale ha posto il tema delle competenze a essa funzionali al centro delle agende politiche di tutti i paesi avanzati. Anche l’Unione europea ha predisposto negli ultimi anni importanti documenti che costituiscono il quadro di riferimento rispetto al quale si stanno orientando azioni e interventi che riguardano l’intera popolazione. È ormai chiaro che il futuro e lo sviluppo dei paesi avanzati non possono essere garantiti se i cittadini non disporranno di adeguate competenze digitali per muoversi e operare in un mondo sempre più digitalizzato in tutti i suoi settori.
L’istruzione e la formazione svolgono un ruolo importante sia come attori che produrranno, e stanno già determinando, profondi cambiamenti nel mondo in cui operano, sia come ambiti sociali che saranno a loro volta loro stessi oggetto di cambiamento, verosimilmente a ritmi incalzanti e difficilmente prevedibili. Alcuni paesi hanno già previsto un curriculum [1]
digitale a partire dai primissimi anni di scuola, altri hanno adottato una strategia diversa, preferendo focalizzare l’attenzione maggiormente sugli aspetti trasversali a tutte le discipline.
Entrambe le soluzioni presentano vantaggi e svantaggi, più o meno rilevanti a seconda della prospettiva di osservazione che si assume. Certamente l’attribuzione della responsabilità del curricolo digitale a un singolo docente o a un gruppo ristretto di insegnanti favorisce la focalizzazione della promozione delle competenze digitali, evitando che queste si stemperino in un esercizio più formale che sostanziale del quale nessuno si sente realmente e interamente responsabile. D’altro canto, però, l’identificazione delle competenze digitali con un insegnamento specifico del curricolo non favorisce la dimensione della trasversalità a tutto il processo
{p. 37}di insegnamento-apprendimento. Mettendo a confronto gli aspetti positivi e quelli negativi di entrambe le soluzioni, pare preferibile mantenere la trasversalità del curricolo digitale, per diverse ragioni. In primo luogo, si riduce il rischio che la promozione delle competenze digitali assuma una connotazione eccessivamente tecnologica. Soprattutto in una fase iniziale, quando anche i decisori hanno una limitata familiarità con il mondo delle competenze digitali, la tentazione di concentrare sforzi ed energie sulla componente tecnologica può essere comprensibilmente molto forte, non fosse altro perché potrebbe essere molto meno complesso immaginare dei percorsi di insegnamento-apprendimento non troppo lontani da quelli tradizionali. In secondo luogo, la trasversalità del curricolo digitale favorisce una contaminazione positiva su tutti gli insegnamenti e non solo su alcuni. È infatti fuori di dubbio che la transizione digitale richieda una rivisitazione profonda di ciò che si insegna, come lo si insegna e quando lo si insegna, senza che questo voglia significare, in alcun modo, che tutto vada cambiato e che non vi siano dei capisaldi che mantengono invariata la loro importanza e centralità.
Note
[1] Nel testo si adotta la convenzione di usare il termine «curriculum» per riferirsi a documenti e misure di carattere nazionale o di sistema e l’espressione «curricolo» per indicare l’offerta formativa di una scuola o di una rete di scuole.