Marina Calloni (a cura di)
Pandemocrazia
DOI: 10.1401/9788815411297/c2
Sul piano degli stili comunicativi vi sono aspetti retorici ritenuti più in sintonia con la cultura popolare della «gente comune», connotati da informalità del linguaggio, semplificazione tematica, narrazione (storytelling), strumentalizzazione dei fatti, drammatizzazione, provocazioni, lessico triviale ed emozionalità negative, e condensati nell’espressione «politica pop» [Mazzoleni e Sfardini 2009]. Questi elementi dello stile
{p. 54}comunicativo possono essere più o meno populisti a seconda di quanto i concetti opposizionali di «popolo» ed «élite» siano preminenti. Il framing populista è riuscito a mobilitare, in una situazione non contingente di disincanto verso i partiti tradizionali, recessione economica e precarizzazione delle condizioni di vita, il potenziale antagonista e ostruzionista degli oppositori di sistema grazie a campagne che si pongono in antitesi ai principi di argomentazione, evidenza, veridicità, reciprocità, buona fede e inclusione [Habermas 2021a, 497].

4. Conclusioni

Considerati i mutamenti di struttura della sfera pubblica e le tendenze della comunicazione politica, potrebbe sembrare vana la domanda habermasiana se la comunicazione che circola nei social network abbia l’effetto di strutturare uno spazio discorsivo dotato di valenze epistemiche e di attivare forme di empowerment. Tuttavia, vi sono fattori che alimentano la speranza in una resilienza democratica. Limitandoci al solo ecosistema mediale, ciò che emerge è la tenuta del giornalismo. Certo, si assiste a una progressiva perdita di primazia, all’erosione di spazi pubblici di approfondimento critico, alla riduzione degli standard professionali e alla crisi economica del settore [Jarren e Fischer 2021]. Nel sistema mediale ibrido, anche tra i giornalisti è in atto un allineamento agli imperativi dell’economia dell’attenzione, che favorisce la tendenza verso l’intrattenimento – un aspetto già presente nella stampa tabloid e che oggi è generalizzato. La produzione di notizie e l’interpretazione degli eventi sono però ancora dominate dal lavoro delle redazioni di televisioni, radio e carta stampata che cooptano le nuove logiche mediatiche e resistono all’attrazione della platformisation e della mercificazione. Sorrentino valuta che il giornalismo «continuerà a essere un’istituzione sempre più strategica per comprendere la realtà. Piuttosto, cambieranno – anzi sono già cambiati – i suoi principi di legittimazione: dal controllo esclusivo del processo si passerà all’esigenza di saper gestire la co-partecipazione nello scambio informativo con fonti {p. 55}sempre più attrezzate nel mettere in circolazione informazioni riguardanti le proprie aree d’interesse e con fruitori più avvertiti, che a loro volta entrano nella negoziazione condividendo informazioni, modificandole, commentandole» [2022, 54-55]. Infine, sta emergendo la questione di sottoporre normativamente anche le piattaforme digitali a degli obblighi analoghi di diligenza informativa giornalistica. In tale direzione procede l’Unione europea colmando i deficit di sovranità nazionale.
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