Marina Calloni (a cura di)
Pandemocrazia
DOI: 10.1401/9788815411297/c8
Partiamo però dalla seguente domanda: di cosa parliamo quando parliamo di solidarietà istituzionale? E, in particolare, quando parliamo di solidarietà europea? Il concetto di solidarietà è uno dei più rilevanti nel dibattito contemporaneo sulla democrazia, se si tiene presente la sua multiforme crisi su scala globale. Parlare di solidarietà istituzionale è diventato ancora più significativo per il discorso dell’integrazione europea, nella prospettiva della creazione di una sfera pubblica comune, in quanto si tratta di un processo complesso, contraddittorio e non lineare. Il libro seminale di Hauke Brunkhorst sulla solidarietà ha
{p. 176}riportato all’attenzione degli studiosi la necessità di ripensare l’interpretazione classica di questo concetto a partire dalla concezione durkheimiana della modernità, contraddistinta da una differenziazione funzionale nelle società nascenti e da una solidarietà organica; dalla concezione marxiana della lotta di classe e della solidarietà proletaria, nella sua dimensione internazionale e universale; dall’interpretazione culturale weberiana della «grande trasformazione», sviluppata da Polanyi in termini di sradicamento dell’economia moderna dalla società. A Brunkhorst interessa soprattutto esplorare la possibilità di estendere la nozione di solidarietà democratica moderna, come legame tra cittadini liberi ed eguali, al di là dello Stato-nazione, sia nella sua dimensione normativa, sia in quella empirica. Il progetto costituzionale di una Global Legal Community, in grado di instaurare una solidarietà civica globale basata sulla richiesta di normativizzare i diritti umani su scala mondiale, rimane un compito aperto per l’autore, nell’affermazione che la solidarietà in quanto tale coincide con la democrazia [Brunkhorst 2005, XXIII].
Nel Preambolo del Trattato di Maastricht sull’Unione europea il concetto di solidarietà fa riferimento ai popoli firmatari, in quanto l’Articolo A del Trattato dice esplicitamente che il compito dell’Unione sarà quello di organizzare, in modo coerente e solidale, le relazioni tra gli Stati membri e tra i loro popoli [Flynn in Brunkhorst 2005, VII]. Brunkhorst in effetti rimane piuttosto critico nei confronti dell’effettiva solidarietà tra le diverse componenti del popolo europeo in divenire, e nei confronti della condizione democratica dell’Unione europea come entità sovranazionale e transnazionale. Per la nostra analisi, la critica della capacità dell’Unione di democratizzare le proprie istituzioni su scala sovra e trans-nazionale diventa ancora più importante, soprattutto se si pensa alle sue politiche integrative basate sulla condizionalità e alla dialettica dei processi di allargamento e adesione delle sue periferie vicine.
Pertanto, non si tratta di considerare la solidarietà solo come un concetto generale o come un valore sociale positivo; si tratta piuttosto di mettere in discussione la prassi della solidarietà in un contesto specifico. In accordo con {p. 177}Jelena Vasiljević [2022], dovremmo pensare in termini di un concetto complesso che ha un’importanza significativa non solo per la teoria sociale e politica, ma soprattutto per una prassi politica. Steinar Stjernø [2005] ha parlato di una solidarietà che dovrebbe comportare l’ambizione di costruire un ordine internazionale, basato sulla partecipazione democratica e sullo Stato di diritto.
La pandemia di Covid-19 ha sollecitato un’esperienza globale unica, incentivando risposte di solidarietà sia nazionalistiche e dal sapore escludente, sia includenti, ma solo nei confronti di altri privilegiati. È variamente provato ormai che lo specifico discorso sul virus si è costruito a livello globale attraverso la metafora di un nemico in movimento, da affrontare con una guerra, con i suoi strumenti e le sue strategie, e con la conseguente attivazione di sistemi bellico-difensivi a livello nazionale [Berrocal et al. 2021; Gjerde 2021].
Nella sua analisi del discorso norvegese sul Covid-19, Lars Erik Gjerde ci ha messo in guardia sulle possibili conseguenze degli effetti di emergenza delle misure di crisi pandemica, dal punto di vista degli studi di governamentalità. Con un approccio critico, Gjerde ha analizzato, oltre alle tecnologie e alla razionalità di potere nel governo della crisi, il discorso dominante con la sua retorica bellica, che costituendo la pandemia come guerra e il virus come nemico ha prodotto un effetto paradossale di crescente motivazione per comunità, vicinanza e solidarietà [ibidem, 479-480].
L’esperienza pandemica, con le varie ondate di varianti di Covid-19, ha lasciato tracce di sofferenza e desolazione in ogni angolo del pianeta. Ci domandiamo se questa esperienza condivisa sia stata tanto potente da ristrutturare il modo di concepire la solidarietà e i suoi meccanismi da parte delle organizzazioni internazionali e, nel nostro caso, dall’Unione europea.
Le istituzioni e le élite dell’Ue hanno reagito alla pandemia, fin dall’inizio, insistendo sulla necessità di un’azione comune tra gli Stati membri, sotto la guida europea. Si può sostenere che nessuna delle precedenti crisi è stata affrontata con una rivendicazione così decisiva per l’unità degli europei. {p. 178}La solidarietà è stata citata, sin dai primi documenti e dalle prime comunicazioni ufficiali, come qualità fondamentale delle politiche dell’Ue, sia in termini di solidarietà europea, sia in termini di solidarietà globale – in questo secondo caso, sottolineando la posizione privilegiata dei Balcani occidentali. Le politiche e gli strumenti di intervento sono stati attuati in coordinamento con gli Stati membri. In tal senso, la crisi pandemica di Covid-19 si offre a un’esplorazione che la legge in quanto opportunità per rafforzare i già solidi legami tra Stati e cittadini dell’Unione, con un’attenzione particolare a livello globale, come è stato riconfermato dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, il 25 febbraio 2021: «La pandemia è globale. Non saremo al sicuro finché tutti non saranno al sicuro. Così abbiamo riaffermato la nostra solidarietà con i Paesi terzi, attraverso il Covax e la condivisione dei vaccini con il nostro vicinato, e oltre» [2]
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Nel paragrafo successivo cercheremo di approfondire l’argomento, considerando in primo luogo la prospettiva del discorso politico nelle comunicazioni e nei documenti ufficiali dell’Unione europea, e in secondo luogo analizzando brevemente alcune misure concrete adottate dall’Unione per sostenere i sei Paesi dei Balcani occidentali.

3. Costruzione discorsiva della solidarietà europea in tempi di crisi pandemica

Al tempo della pandemia, soprattutto durante i primi mesi di lockdown, sono stati i discorsi politici i documenti più essenziali e attendibili per comprendere le diverse dimensioni di criticità che gli individui e le società stavano vivendo. L’informazione scientifica ha assunto un significato politico, in quanto mediata attraverso le istituzioni e l’agency politica, mentre i media convenzionali tornavano a ricoprire grande importanza come canali ufficiali di un’informazione {p. 179}credibile. Allo stesso tempo, altre fonti emergevano come sempre più influenti, fornendo diverse contro-narrazioni rispetto a quelle ufficiali, diffuse da diversi social media, a volte nelle versioni negazioniste e complottiste, di cui quest’analisi non intende occuparsi. In questo pargrafo saranno analizzati alcuni esempi selezionati di discorso politico considerati significativi per l’indagine, tralasciando la complessa questione delle narrazioni opposte a quelle ufficiali.
Berrocal et al. [2021], nella loro analisi dei primi discorsi politici dei leader degli Stati membri dell’Ue, hanno definito il discorso politico come parte del processo decisionale collettivo, facendo riferimento a Klein [2019] e a Fairclough e Fairclough [2012]. Per gli autori, un corso di azione politica deve essere legittimato sulla base di valori comuni e di una comprensione condivisa della situazione e del problema in questione, come sottolineato da Chilton [2004]. Gli autori hanno sostenuto, inoltre, che il corso dell’azione non era il solo ad essere socialmente e discorsivamente legittimato, ma si poneva anche la questione di chi poteva agire per conto di chi, e di come le rappresentazioni sociocognitive di entità politiche collettive come Stati, nazioni, governi e altre istituzioni siano state costruite e contestate discorsivamente [Berrocal et al. 2021, 2].
L’esposizione della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, in occasione della Plenaria del Parlamento europeo tenutasi il 26 marzo 2020 che aveva all’ordine del giorno la risposta coordinata dell’Ue allo scoppio della pandemia, è stata molto critica verso le politiche interne degli Stati membri:
When Europe really needed to be there for each other, too many initially looked out for themselves. When Europe really needed an «all for one» spirit, too many initially gave an «only for me» response. And when Europe really needed to prove that this is not only a «fair weather Union», too many initially refused to share their umbrella.
In un breve arco di tempo, la Commissione europea aveva specificato la propria posizione di fronte al Parlamento: {p. 180}
As the virus does not discriminate between people and knows no borders, this historic crisis requires a fast, massive, and coordinated global response to protect all people, save lives and tackle the economic fallout. Now is the time for international solidarity and leadership, not isolation; to reach out more internationally, not less; to provide transparency and facts, and counter disinformation. The European Union (EU), as the world’s largest donor and a leading economic power, is already at the forefront of this effort (EC, 8 marzo 2020).
La preoccupazione della Commissione nei confronti dei Paesi WB6 e dei loro cittadini è stata continuamente confermata discorsivamente, in diverse occasioni: nel marzo 2020 durante l’adozione della nuova metodologia di adesione, e nel discorso sullo Stato dell’Unione della presidente von der Leyen nel settembre 2020: «In effetti, il futuro dell’intera regione risiede nell’Unione europea. Condividiamo la stessa storia, condividiamo lo stesso destino». Nella sua comunicazione congiunta al Parlamento europeo del gennaio 2021, per quanto riguarda le misure contro la pandemia e la strategia sui vaccini la presidente sostiene:
Building on the experience of the EU’s Vaccine Strategy, the Commission is ready to set up an EU vaccine sharing mechanism. This would ensure the sharing of access to some of the 2.3 billion doses secured by the EU, through the proven «Team Europe» approach. Special attention would be given to the Western Balkans, our Eastern and Southern neighbourhood and Africa. This could primarily benefit health workers, as well as humanitarian needs.
I Balcani occidentali si sono confermati come parte integrante dell’Europa e, soprattutto, come priorità geostrategica per l’Unione europea, mentre cresceva la consapevolezza dell’influenza di altri attori globali, come Cina e Russia. Tuttavia, un’analisi più approfondita dei discorsi e dei documenti selezionati che la leadership dell’Ue ha prodotto negli anni della pandemia illustra un uso piuttosto frugale della parola «solidarietà», la quale acquisiva significato in modi diversi nei vari contesti e nelle varie situazioni in cui veniva utilizzata.
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