I salari
DOI: 10.1401/9788815411143/c3
La soluzione opposta, secondo la quale «gli aumenti della contingenza successivi al 1° febbraio 1977 sono insuscettibili di incidere non solo direttamente, ma anche indirettamente sulla base di computo dell’indennità di fine rapporto»
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appare, in
¶{p. 282}realtà, pure in questo caso, integralmente basata sulla (presunta) ratio della norma interpretata, la quale, essendo parte di una disciplina diretta a «contrastare l’inflazione monetaria mediante il contenimento del costo del lavoro»
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, imporrebbe di essere intesa nella maniera più conseguente rispetto a detta finalità. Ma allora, se si pon mente a quanto in precedenza osservato, risulta inevitabile replicare che argomentazioni fondate sulla ratio dell’intervento del legislatore, già fortemente opinabili nei confronti del disposto, per tanti versi contorto e ambiguo, di cui all’art. 2, vanno recisamente disattese in relazione all’inequivoco enunciato dell’art. 1, a fronte del quale interpretazioni di segno estensivo devono essere relegate «in secondo piano, quello del possibile e del non realizzato»
[226]
.
Appare, dunque, sorprendente e contraddittorio che la Corte di Cassazione, giustamente contraria a recepire l’indirizzo giurisprudenziale c.d. «massimizzante» nell’interpretazione del divieto di ricalcoli in tempi differiti, abbia fatto a sua volta ricorso alla ratio legis per intendere l’ambito di operatività della deindicizzazione dell’indennità di anzianità: sia esplicitamente, nell’unica circostanza in cui si è trovata ad affrontare direttamente la problematica (con la decisione n. 6442/1981); sia attraverso riferimenti incidentali, contenuti nelle sentenze 475/1984 e 3102/1984
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In proposito, pertanto, occorre sottolineare come l’opinione ¶{p. 283}secondo la quale le due pronunce più recenti costituirebbero «un revirement rispetto alla (prima) decisione, poiché accolgono, all’opposto, la tesi c.d. “minimizzante”»
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, sia frutto di un equivoco. Al contrario, si deve osservare come possa darsi, ed in effetti si sia data, una singolare divaricazione fra gli indirizzi interpretativi relativi, rispettivamente, agli articoli 1 e 2 del decreto-legge n. 12/1977: intendendosi nel senso più riduttivo il divieto di ricalcoli in tempi differiti e, al tempo stesso, nel senso più estensivo la portata della «sterilizzazione» dell’indennità di anzianità rispetto agli incrementi di contingenza
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L’evidenza della contraddizione, naturalmente, potrebbe indurre ad individuare, nonostante le apparenze contrarie, una solidarietà di fondo fra i due orientamenti. Verrebbe fatto di pensare, in altre parole, che la Cassazione abbia sposato la soluzione più gravosa per i costi del lavoro delle imprese nei confronti di un problema ormai in via di (autonoma) estinzione (stante la deindicizzazione degli scatti di anzianità operata dalla contrattazione collettiva); quella più restrittiva per i lavoratori rispetto a una questione di perdurante rilievo (giacché per i rapporti in corso al momento dell’entrata in vigore della nuova legge sul trattamento di fine rapporto, quest’ultimo, per la parte relativa al periodo precedente il 31 maggio 1982, continua a calciarsi secondo i criteri legali previgenti). Il sospetto, probabilmente, va respinto, anche perché potrebbe essere avvalorato soltanto facendo credito alla Cassazione di una sistematicità di indirizzo assai più rigorosa di quanto non sembra possibile riscontrare nel complesso della sua giurisprudenza, almeno in materia retributiva. Se si ha presente ¶{p. 284}l’insieme di opinioni espresse attorno alla travagliata tematica dell’onnicomprensività della retribuzione (ampiamente analizzate retro, cap. II), si comprenderà il senso dell’osservazione. D’altro canto, proprio le opzioni che sembrano essersi affermate rispetto a tale specifica problematica, unitamente a quelle formulate nei confronti dell’insieme della legge n. 91, lasciano permanere il dubbio di una sensibilità sempre più accentuata dei giudici del Supremo Collegio riguardo alle esigenze di raffreddamento delle dinamiche salariali.
Dubbio rafforzato dal recente ripensamento — questa volta un indiscutibile revirement — a proposito della legittimità delle clausole collettive che discriminano i lavoratori minorenni quanto alla maturazione degli scatti di anzianità. Della decisione n. 2571/1984 si è detto che il profilo più singolare è dato dalla circostanza che «la questione di principio... è stata affrontata senza dare minimamente conto del dibattito precedentemente intervenuto sul punto e, contestualmente, risolta in senso diametralmente opposto rispetto all’orientamento ormai consolidato in materia»
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. Un orientamento che sembrava, appunto, non più revocabile in discussione, dopo essere stato ribadito per ben due volte dalle Sezioni Unite
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.
Questo ritorno all’ «antico» della Cassazione, tuttavia, non deve stupire più di tanto. L’affermazione secondo la quale gli scatti di anzianità, in quanto istituto di derivazione contrattuale, rientrerebbero integralmente «nell’area della disponibilità privata collettiva»
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risente, infatti, vistosamente di quell’indirizzo di fondo, discusso nel capitolo precedente, favorevole a un’ampia «liberalizzazione» della nozione di retribuzione. Nello stesso ordine di idee, allora, è naturale obiettare, anche in questo caso, ¶{p. 285}che nulla lascia supporre l’assunzione nella norma dell’art. 37, comma 3°, Cost. di un concetto più ristretto di quello di retribuzione-corrispettivo
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, a pena di svuotare di significato la specifica garanzia accordata al lavoratore minorenne, facendola coincidere, senza residui, con quella del minimo salariale, già riconosciuta, per tutti, dall’art. 36, comma 1°.
Vale la pena, piuttosto, di sottolineare la potenzialità diffusiva, con implicazioni la cui gravità è di tutta evidenza, dell’opinione in esame. La tesi, sostenuta nella motivazione di Cass. n. 2571/1984, secondo cui il criterio costituzionale di parità riguarderebbe soltanto le paghe tabellari minime, potrebbe, infatti, essere intesa nel senso di escludere dalla sfera di operatività del principio posto dall’art. 37 Cost. l’indennità di contingenza, la quale, dopo tutto, è anch’essa un emolumento di origine convenzionale. Una lettura combinata della sentenza della Cassazione e di quell’indirizzo della Corte costituzionale che — come si è visto — ha ritenuto inessenziale la corresponsione della contingenza ai fini dell’osservanza del principio di retribuzione sufficiente potrebbe, in altre parole, recare un ulteriore contributo al processo di delegittimazione della scala mobile dei salari, rilanciando quella linea interpretativa la quale, sovrapposte indebitamente le norme di cui agli artt. 36, co. 1°, e 37, co. 3°, ha sempre ritenuto che «la mancata corresponsione dell’indennità di contingenza, ovvero la corresponsione della medesima in misura inferiore in funzione della minore età del lavoratore, non comporta necessariamente la violazione degli artt. 36 e 37 Cost.», giacché questi ultimi «tutelano il trattamento retributivo e non già le singole componenti del medesimo»
[234]
.
Il recupero di tale orientamento sarebbe di sicura pericolosità, rischiando di rappresentare una remora al faticoso processo di allineamento della condizione salariale dei minori a quella dei lavoratori adulti. Nonostante diffuse opinioni contrarie, infatti, tale ¶{p. 286}processo non può affatto dirsi compiuto. Nei settori segnati da debolezza contrattuale permangono gravi sperequazioni fra adulti e minori, non solo per quanto riguarda gli scatti, ma, appunto, anche in relazione ai valori dell’indennità di contingenza e persino dei minimi tabellari
[235]
. Il che è quanto basta per augurarsi che l’apporto giurisprudenziale al perseguimento dell’obbiettivo di contenimento del costo del lavoro trovi un punto di equilibrio, bilanciato, almeno, in funzione del rispetto rigoroso dei principi costituzionali.
D’altro canto, merita ancora di essere sottolineato come l’orientamento generale, favorevole a quell’obbiettivo, rintracciabile con sufficiente sicurezza nel complesso della giurisprudenza di Cassazione degli ultimi anni, non sia esente da contraddizioni anche vistose. Era stata sostenuta, in particolare, l’ipotesi
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che i giudici del Supremo Collegio intendessero favorire i progetti di ristrutturazione retributiva, in discussione nel movimento sindacale e fra le parti sociali, anche attraverso l’allentamento delle rigidità riscontrabili in materia salariale nei decreti Vigorelli. Argomentandosi l’affermazione vuoi sulla base di quell’indirizzo che, più radicalmente, ha negato carattere di norma di legge alle disposizioni contenute nei decreti
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, vuoi sulla base di altra opinione,
¶{p. 287}in cui la medesima finalità è coltivata ricorrendo all’espediente del raffronto complessivo fra la normativa recepita in decreto e quella dettata dal contratto collettivo successivo, in ipotesi (parzialmente) peggiorativa
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Note
[224] Cass., 4 dicembre 1981, n. 6442, in «Foro it.» 1983, I, c. 1402 (con riferimento alla contingenza incidente sugli scatti di anzianità). La sentenza è annotata da Simonazzi, Il costo del lavoro di fronte alla legge 91 del 1911, in «Inform. Pirola», 1981, p. 1101.
[225] Così Cass., n. 6442/1981, cit.; ma si v. già Pret. Milano, 25 gennaio 1979, cit.
[226] Pret. Milano, 3 settembre 1982, cit., p. 994, con argomentazione riferita all’art. 2 del decreto, ma che deve ritenersi, a fortiori, del tutto pertinente anche in relazione all’art. 1.
[227] Nella giurisprudenza di merito il medesimo indirizzo è sostenuto, oltre che da Pret. Milano, 25 gennaio 1979, cit., da Trib. Milano, 13 giugno 1979, cit.; Trib. Milano, 15 ottobre 1982, cit.; Trib. Milano, 12 dicembre 1984, cit.; Trib. Milano, 30 gennaio 1985, in «Lavoro ’80», 1985, p. 604 (tutte con riferimento alla contingenza incidente sugli scatti di anzianità); Pret.Mantova, 10 gennaio 1981, in «Foro it.», 1981, I, c. 2885 e Pret. Milano, 22 ottobre 1982, in «Lavoro ’80», 1983, p. 181 (con riferimento, rispettivamente, alla contingenza incidente, oltre che sugli scatti di anzianità, anche sul compenso per lavoro festivo e sull’indennità di turno); Pret. Almenno San Salvatore, 20 maggio 1980, in «Orient. giur. lav.», 1980, p. 592 (con riferimento alla contingenza incidente su premio notturno, tredicesima mensilità, indennità per lavoro notturno a squadre).
[228] Zoli, Calcolo degli scatti di anzianità sulla contingenza, in «Giust. civ.», 1984, I, p. 1079.
[229] Oltre alle decisioni della Cassazione si v., in questo senso, ad esempio, la motivazione di Pret. Mantova, 10 gennaio 1981, cit. Occorre avvertire, peraltro, dell’esistenza di un orientamento giurisprudenziale assolutamente speculare rispetto a quello indicato nel testo. Trib. Milano 12 dicembre 1984 e 30 gennaio 1985, citt., per intendersi, si inscrivono nel filone «massimizzante» per quanto attiene all’interpretazione del divieto di ricalcoli in tempi differiti (giudicato afferente all’incidenza della contingenza anche sulla base di calcolo degli scatti maturandi); ma reputano, al tempo stesso, la deindicizzazione dell’indennità di anzianità limitata agli incrementi diretti della contingenza (e perciò ammettono l’incidenza sulla liquidazione dell’indennità di turno, anche con riferimento alla quota di essa calcolata in percentuale della contingenza).
[230] Papaleoni, Scatti di anzianità e lavoratori minorenni, nota a Cass., 19 aprile 1984, n. 2571, in «Giust. civ.», 1984, I, p. 3357.
[231] Cass., S.U. 16 Ottobre 1980, n. 5541 e 22 ottobre 1980 n. 5678, in «Giust. civ.», 1981, I, p. 2712, con nota di Olivelli, Sulla parità del trattamento retributivo dei minori e dei maggiorenni. Nello stesso senso delle Sezioni Unite si v. in dottrina, per tutti, Stanzani, Minimi retributivi, scatti di anzianità e minori di età, in «Riv. dir. lav.», 1975, II, p. 511 ss.; Treu, Commento sub art. 37, in Commentario della Costituzione (a cura di Branca), Bologna, Zanichelli, 1979, p. 224 ss. Contra, per tutti, Angiello, Aumenti periodici di anzianità e parità di trattamento, in «Giur. it.», 1976, I, 2, c. 467 ss.; Pera, Lavoratori minorenni e scatti di anzianità, in «Orient. giur. lav.», 1978, p. 688 ss.
[232] Cass., n. 2571/1984, cit.
[233] Spunti in questo senso anche in Treu, op. ult. cit., p. 225; Olivelli, Parità di trattamento per i minori, in Dizionari del diritto privato, cit., p. 303.
[234] Trib. Milano, 25 aprile 1978, in «Orient. giur. lav.», 1978, p. 455; nello stesso senso si v. Trib. Milano, 24 aprile 1978, ivi, p. 460; Pret. Bologna, 13 novembre 1979, ivi, 1980, p. 69; contra Pret. Milano, 19 aprile 1978, ivi, 1978, p. 451; Pret. Bologna, 12 novembre 1979, ivi, 1980, p. 71; Trib. Milano, 10 aprile 1981, in «Lavoro ’80», 1981, p. 356; Cass., 27 aprile 1982, n. 2594, in «Riv. giur. lav.», 1982, II, p. 556.
[235] Si v., ad esempio, l’art. 82 del ccnl 18 marzo 1983 per i dipendenti da aziende commerciali (a norma del quale, per i lavoratori qualificati di età inferiore ai 18 anni, si stabiliscono valori inferiori del punto di contingenza e minimi tabellari ragguagliati al 90% di quelli riconosciuti al personale di pari qualifica e di età maggiore); o anche il ccnl 8 luglio 1982 per i dipendenti da aziende del settore turismo, il quale non soltanto prevede importi inferiori di contingenza per i minorenni (art. 72 e allegato 1) ma anche minimi tabellari differenziati per fasce di età (sino a 16 anni, fra 16 e 18 anni, oltre i 18 anni: art. 70). Le considerazioni svolte nel testo non riguardano, ovviamente, la legittimità delle tariffe salariali ridotte previste dai contratti collettivi per gli apprendisti, ammissibile sulla base del combinato disposto di cui gli artt. 11 c) e 13 della legge 19 gennaio 1955, n. 25: in questo senso si v. in giurisprudenza, per tutte, Pret. Milano, 13 febbraio 1976, in «Orient. giur. lav.», 1976, p. 441; Trib. Milano, 26 marzo 1980, ivi, 1980, p. 772.
[236] Da Tosi, La retribuzione nel diritto del lavoro dell’emergenza, cit., p. 523 ss.; nello stesso senso si v. anche Mengoni, Legge e autonomia collettiva, cit., p. 695 s.
[237] Il riferimento è a Cass., 30 marzo 1978, n. 1477, in «Orient. giur. lav.», 1978, p. 825, la quale, in motivazione, nega appunto che «l’estensione erga omnes abbia mutato il contenuto precettivo dei contratti» (p. 831). Nello stesso senso si v. già Trib. Milano, 10 gennaio 1978, ivi, p. 108, che, ancora più recisamente, afferma la convinzione secondo la quale «la legge n. 741/1959 si limita a conferire ai contratti collettivi preesistenti efficacia soggettiva generale, senza incidere sull’intrinseca natura obbiettiva della fonte che, restando quella contrattuale, può essere modificata dalla sopravvenienza di nuove manifestazioni di autonomia collettiva vincolanti per le parti»: donde la conseguente conclusione che «sarebbe un pericoloso equivoco attribuire alle... transitorie clausole erga omnes la portata di un sistema assolutamente inderogabile, con un irrigidimento indotto alla contrattazione e quindi, in ultima analisi, sull’autonomia collettiva (p. III).
[238] In questo senso si v. Cass., 16 giugno 1977, n. 2516, in «Mass. giur. lav.», 1978, p. 12, con nota di Pera, Leggi delegate a tutela dei lavoratori ed antonimia sindacale, ivi, p. 457 ss.