Massimo Roccella
I salari
DOI: 10.1401/9788815411143/c3
b) I tentativi di contenimento della dinamica delle indicizzazioni salariali si sono espressi anche mediante interventi miranti ad incidere sulle modalità di funzionamento della scala mobile per via indiretta, attraverso lo scioglimento di quell’effetto c.d. di «automatismo composto», consistente nella levitazione degli automatismi retributivi legati all’anzianità di servizio anche in con
{p. 242}seguenza del computo della contingenza nella loro base di calcolo [97]
. Il risultato di tali tentativi si è riflesso — come si dirà subito — in formulazioni normativamente inequivoche nei riguardi dei trattamenti di fine rapporto; di spessore assai più incerto quanto agli scatti di anzianità.
L’esito più consistente di riduzione del costo del lavoro [98]
, discendente dall’accordo interconfederale 26 gennaio 1977, era racchiuso nell’intesa con cui Confindustria e sindacati concordavano circa l’esclusione degli scatti di contingenza successivi al 31 gennaio 1977 dalla base di calcolo dell’indennità di anzianità: una scelta con la quale, come si è detto (v. retro parag. 1), si alleggeriva notevolmente, soprattutto in prospettiva, il debito delle imprese relativo al pagamento delle liquidazioni e, al tempo stesso, si impediva all’accordo sull’unificazione del punto di contingenza, che sarebbe stato pienamente operativo proprio a partire dal 1° febbraio di quell’anno, di produrre tutti i suoi effetti.
I contraenti dell’intesa, peraltro, si dimostravano consapevoli dell’opportunità di un intervento del legislatore sulla medesima materia, sia per ovviare ai limiti di efficacia propri di un accordo sindacale, anche di livello interconfederale, sia soprattutto per evitare di correre il rischio di eventuali pronunce giudiziarie di nullità di una modifica puramente contrattuale della disciplina legale dell’indennità di anzianità, secondo l’esperienza già vissuta nel corso degli anni ’50 [99]
. La regolamentazione delle modalità di calcolo dell’indennità di anzianità (introdotta con decreto legge n. 12/1977 e successiva legge di conversione 31 marzo 1977, n. 91) può dunque, da questo punto di vista, apparire orientata «nel senso richiesto dalle parti sociali» [100]
: in realtà ne ha costituito piuttosto una proiezione non priva di forzature. La più vistosa {p. 243}delle quali [101]
va ricercata negli effetti di «congelamento» delle potenzialità dell’autonomia collettiva derivanti dalla sanzione di nullità comminata a tutte le clausole contrattuali (in atto e future) contrastanti con la nuova disciplina legale (ex art. 4, co. 2°, 1. n. 91/1977). Il legislatore, in altre parole, ha esorbitato dal «mandato» ricevuto dalle organizzazioni sindacali, le quali si erano limitate, stando alla lettera dell’accordo interconfederale [102]
, a richiedere una modifica della disciplina legale vigente, riservando alle associazioni di categoria, in tempo successivo, la facoltà di adeguarvisi o anche di apportarvi deroghe migliorative, secondo lo schema consolidato di rapporti tra legge e contratto collettivo [103]
; ed è pervenuto a tratteggiare i contorni di una regolamentazione standard, bilateralmente inderogabile, con uno «strappo» rispetto alla tradizione assai sensibile, anche se meno lacerante di quello operato con la soppressione delle scale mobili «anomale» (dove il profilo di inderogabilità della disciplina, come si è visto, è addirittura unilaterale in melius).
La più recente legge sul trattamento di fine rapporto (1. 29 maggio 1982, n. 297) sembra confermare i tratti fondamentali individuati nella normativa appena descritta. Quest’ultima era stata sospettata, non senza ragioni, di aver leso non semplicemente mere aspettative dei lavoratori, ma diritti già da essi acquisiti, in conseguenza della progressiva svalutazione cui si erano esposti i crediti per indennità di anzianità già maturati al 31 gennaio 1977 [104]
; e, {p. 244}comunque, era stata ritenuta frutto di «una deduzione “troppo” logica, in realtà semplicistica e non necessaria» [105]
, rispetto alla premessa rappresentata dall’obbiettivo di contenere l’eccessiva dilatazione degli importi delle liquidazioni, obbiettivo perseguibile con strumentazioni tecniche alternative, prive delle controindicazioni implicite nella soluzione prescelta [106]
.
La legge n. 297/1982, approvata sotto rincalzante pressione dell’imminente svolgimento di un referendum popolare abrogativo della disciplina previgente, ha cercato di porre riparo alle incongruenze più vistose di quest’ultima, contribuendo, peraltro, a rendere definitivo l’effetto di soppressione della caratteristica di automatismo «composto» che aveva segnato il profilo normativo dell’indennità di anzianità sino alla riforma del ’77. È stato esattamente sottolineato, infatti, come, nonostante le contrarie apparenze, la progressiva reintroduzione della contingenza nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto non abbia avuto affatto il significato di ripristinare quella caratteristica, ritenuta indesiderabile. Al contrario, risulta tuttora impedito alla contingenza medesima di assolvere quella funzione di indicizzazione automatica dell’intera spettanza, che le era propria nel vecchio sistema, in conseguenza della particolare modalità di computo, basata sul prodotto dell’ultima retribuzione (comprensiva dell’ultimo e più alto importo di contingenza) per gli anni di servizio. Trasformata la liquidazione da retribuzione «differita» in retribuzione «accantonata» (vale a dire in somma di importi accantonati anno per anno), la riproduzione di quella funzione non è più possibile: tant’è vero che le stesse quote di contingenza, annualmente accantonate, per evitare di restare soggette alle conseguenze della svalutazione monetaria, devono essere sottoposte al particolare meccanismo di indicizzazione previsto dalla legge [107]
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Sotto altro aspetto un robusto filo di continuità fra la 1. 91/1977 e la 1. 297/1982 può essere individuato nel porsi di entrambe come disciplina legale standard, bilateralmente inderogabile, dell’istituto regolato. Quella più recente, anzi, si sarebbe spinta ancora più in là, se la norma contenuta nel suo art. 4, co. 11°, a mente della quale «sono nulle e vengono sostituite di diritto dalle norme della presente legge tutte le clausole dei contratti collettivi regolanti la materia del trattamento di fine rapporto», deve essere interpretata non solo nel senso di imporre un criterio uniforme di calcolo, (nel che non vi sarebbe differenza alcuna rispetto all’ispirazione della legge n. 91), ma anche come espressiva «della volontà legislativa di sopprimere tutti i trattamenti di fine lavoro al di fuori di quello legale», con conseguente «esclusione in subjecta materia della libertà contrattuale» [108]
.
L’obbiettivo di superamento dei fenomeni di «automatismo composto» non è risultato espresso con altrettanta chiarezza nei confronti degli scatti di anzianità: per la verità, anzi, è persino dubbia l’esistenza di una norma di legge la cui portata precettiva sia interpretabile in tal senso. É nota la querelle attorno al significato da attribuire alla disposizione dell’art. 2 della legge n. 91/1977 secondo la quale i miglioramenti retributivi per effetto di variazioni del costo della vita «non possono essere conglobati nella retribuzione, né possono dar luogo a ricalcoli previsti in tempi differiti».
Soprattutto il divieto di ricalcoli [109]
si è prestato a diverse pos{p. 246}sibilità di lettura, dovendo, secondo alcuni, essere visto in stretto collegamento con la proibizione delle scale mobili «anomale», di cui costituirebbe una esplicitazione rafforzativa [110]
; andando riguardato, secondo altri, come traduzione dell’intendimento di colpire l’effetto di automatismo composto implicito in quelle clausole contrattuali che imponevano la rivalutazione degli importi degli scatti di anzianità, al 1° gennaio di ogni anno, sulla base della contingenza maturata nell’anno precedente [111]
; o addirittura, secondo altri ancora, come finalizzato ad espungere la contingenza anche dalla base di calcolo degli scatti (e, forse, pure di altri elementi retributivi come le maggiorazioni dovute per lavoro straordinario, notturno, indennità varie, ecc.) [112]
.
Prescindendo, per il momento, dalle scelte esegetiche operate in proposito dalla giurisprudenza (su cui v. infra, parag. 3.2.), va sottolineato come in dottrina si sia manifestato anche il convincimento che sarebbe stato «compito... francamente impossibile indicare come esatta l’una o l’altra interpretazione» [113]
di una norma così approssimativa. Evidentemente non a torto, se lo stesso legislatore ha ritenuto opportuno, poco tempo dopo, intervenire nuovamente nella materia con un disegno di legge di interpretazione autentica, di ispirazione governativa (d.d.l. n. 2229 del 31 marzo 1978, meglio noto come «leggina Scotti»), con il quale si chiariva che obbiettivo della disciplina dettata dall’art. 2 della legge n. 91 era stato proprio quello di colpire l’incidenza della
{p. 247}contingenza sulla dinamica d’incremento degli scatti di anzianità. Anche in questo caso, peraltro, la tentazione di sovrapporre una direttiva legislativa alle scelte dell’autonomia collettiva è risultata quasi irresistibile. Il disegno di legge, infatti, non si limitava a ribadire l’illegittimità del ricalcolo degli aumenti periodici sugli incrementi di contingenza, secondo la lettura, tutto sommato, più plausibile della disciplina legislativa vigente; ma aggiungeva il divieto nuovo di computare la contingenza nella base di calcolo degli scatti di anzianità, accedendo, in tal modo, all’interpretazione c.d. «massimizzante». E siccome, una volta preso l’abbrivo, è difficile fermare la corsa, non stupirà che, in sede di commissione Lavoro della Camera dei deputati, tale interpretazione sia stata spinta all’eccesso, innestandovisi l’ulteriore proibizione di computare la contingenza anche nella base di calcolo di «qualsiasi altro elemento della retribuzione» [114]
.
Note
[97] Sulla caratteristica di «automatismo composto» propria ad indennità e scatti di anzianità v. retro, parag. 1.
[98] Ma insufficiente dal punto di vista degli industriali (si v. la Dichiarazione della Confindustria a verbale dell’accordo sul costo del lavoro, in Aa.Vv., Il diritto del lavoro nell’emergenza, cit., p. 195 s.) che, infatti, reclameranno e otterranno subito dopo dal governo un provvedimento di fiscalizzazione degli oneri sociali (attuato con decreto legge n. 15/1977).
[99] Sul punto v. retro, cap. II, parag. 5, nonché Cester, I recenti provvedimenti, cit., p. 262.
[100] Mariucci, La contrattazione collettiva, cit., p. 317.
[101] Ma non unica: con propria autonoma valutazione il legislatore ha provveduto, infatti, ad estendere l’intervento ai rapporti di lavoro della navigazione marittima e aerea, evidentemente non compresi nella sfera di applicazione dell’accordo interconfederale (art. 1 decreto legge n. 12/1977), e poi «a tutte le forme di indennità di anzianità, di fine lavoro, di buonuscita comunque denominate e da qualsiasi fonte disciplinate» (art. 1 bis legge n. 91/1977).
[102] Si ricordi, infatti, che con esso le parti si impegnavano «a promuovere nelle sedi competenti un’azione per la modifica legislativa... nonché delle pattuizioni collettive in materi».
[103] Esatti rilievi, al riguardo, in Mazzamuto e Tosi, Il costo del lavoro, cit., p. 318, i quali sottolineano come «il risultato espropriativo dell’autonomia contrattuale (collettiva ed anche individuale)» sia stato «definitivo, giacché in sede di conversione cade l’art. 5 che prevedeva la vigenza limitata nel tempo degli art. 2 ss., quindi anche dell’art. 4».
[104] In proposito cfr. ampiamente Alleva, Automatismi, cit., p. 136 ss., e anche Napoli, Problemi giuridici sulla riforma della struttura del salario, in «Dati e Documenti», 1978, n. 1, ora in Occupazione e politica del lavoro in Italia, Milano, Vita e Pensiero, 1984, p. 103.
[105] Alleva, op. ult. cit., p. 134.
[106] Quali la fissazione di un tetto massimo indicizzato all’importo delle indennità di anzianità maturabili dai lavoratori oppure l’unificazione per tutti del coefficiente di calcolo a un livello più basso di quello (30/30 dell’ultima retribuzione) stabilito per gli impiegati dall’art. 1 della legge 18 dicembre 1960, n. 1561.
[107] In argomento si v. Alleva, Il tramonto, cit., p. 439 s. Sotto altro aspetto è stato rilevato che la nuova disciplina fa venir meno il carattere di disincentivo alla mobilità proprio dell’indennità di anzianità. Stante, infatti, l’insufficienza del meccanismo legale di indicizzazione delle quote annualmente accantonate, almeno a fronte di tassi di inflazione superiori al 6%, verrebbe fatto di pensare che «il legislatore abbia voluto incentivare la mobilità, che comporta l’azzeramento della svalutazione subita»: Miscione, Un po’ di razionalità, in «Pol. dir.», 1982, p. 346.
[108] Citazioni rispettivamente da Giugni, De Luca Tamajo e Ferraro, Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica, in «Nuove leggi civ. comm.» 1983, p. 298 e Mariucci, op. ult. cit., p. 318.
[109] Anche il divieto di conglobamento, infatti, non è andato esente da interpretazioni difformi. Fra tutte, la più attendibile è sicuramente quella che lo metteva in relazione da un canto con il divieto delle scale mobili anomale, dall’altro con la deindicizzazione dell’indennità di anzianità che, altrimenti, avrebbe potuto disinvoltamente essere aggirata, appunto mediante conglobamenti della contingenza maturata dopo il 1° febbraio 1977 in paga-base. Non sono mancate, peraltro, anche interpretazioni più riduttive (pur autorevolmente formulate: si v., ad esempio, la lettera della Presidenza del Consiglio dei Ministri in «Consulenza», 1978, n. 3), le quali mostravano di intendere il divieto di conglobamento come proibizione legale, per tutti i settori, di porlo in essere con modalità differenti da quelle adottate nel settore industriale.
[110] Cfr. Mazzamuto e Tosi, Norme per l’applicazione, cit., p. 204 s.
[111] Cfr. Giugni, Parlamento e sindacati, in «Pol. dir.», 1978, p. 366.
[112] Interpretazione, peraltro, palesemente infondata: quanto agli scatti perché basata su un’indebita sovrapposizione delle nozioni di «calcolo» e «ricalcolo»; quanto ad altri elementi retributivi perché, a tacer d’altro, oblitera quel disposto dell’art. 2 della legge n. 91 a mente del quale il computo della contingenza su «qualsiasi elemento della retribuzione» continua ad essere legittimo, purché effettuato con modalità non difformi da quelle in atto nel settore industriale. In tema si v., in generale, Saracini, Scatti d’anzianità e punti di contingenza, in «Riv. it. dir. lav.», 1983, I, p. 512 ss.
[113] Alleva, Automatismi, cit., p. 100. L’a., peraltro, ha successivamente mutato opinione (ne Il tramonto, cit., p. 431 ss.), sposando la prima delle alternative interpretative indicate. Nel senso che «il problema resti praticamente insolubile con gli strumenti dell’ermeneutica» si v. anche Mazzamuto, L’intervento legislativo, cit., p. 146.
[114] Sull’intero episodio cfr., in generale, le valutazioni di Giugni, op. ult. cit.