Contrastare la dispersione scolastica
DOI: 10.1401/9788815413369/c5
Capitolo quinto
Orientamento formativo e didattica orientativa per la
prevenzione della dispersione scolasticadi Simone Giusti (ricercatore di Didattica della letteratura italiana presso l’Università degli Studi di Siena) e Maria Alessandra Molè (assegnista di ricerca in Sociologia presso la Libera Università di Bolzano)
Abstract
Il capitolo si concentra sulla povertà educativa, intesa, oltre che come
impossibilità di accedere a un percorso di apprendimento, anche come privazione di
diritti e opportunità, che possono invece risiedere nelle relazioni comunitarie e in
particolare nelle comunità educanti, ovvero strategie generatrici di benessere
capaci di avviare pratiche che mettano in luce un’interazione cooperativa tra i
servizi, in particolare attraverso l’orientamento formativo, sotto forma di
open day e career day. Il capitolo
introduce poi il concetto di didattica orientativa, che spinge in modo specifico
alla riflessione su di sé in ottica narrativa. A proposito, il capitolo si conclude
con l’approfondimento di un progetto di ricerca, approvato dall’Università di Siena
nel 2022, finalizzato a favorire l’introduzione di attività di orientamento
formativo nei percorsi curricolari delle scuole secondarie di primo e secondo
grado.
1. Povertà educativa, comunità educanti e orientamento
La povertà educativa non si
riferisce solo all’impossibilità di accedere a un percorso di apprendimento in grado di
sviluppare capacità e futuri talenti, ma viene intesa anche come privazione di
opportunità e diritti (salute, cultura, partecipazione e relazioni sociali). Sul piano
della letteratura delle scienze sociali, alcuni ricercatori considerano poveri coloro
che hanno abbandonato anticipatamente gli studi e non possono fare affidamento su un
livello minimo di competenze di base
[1]
. Tale dato è correlato a numerosi fattori difficili da osservare e
analizzare nel dettaglio, tra cui si può segnalare la carenza di comportamenti positivi
nei confronti dello studio e delle pratiche culturali, una forma di deprivazione che
potrebbe dipendere anche da questioni legate al capitale sociale della famiglia. Alcuni,
infatti, ritengono che le motivazioni della povertà educativa vadano rintracciate nel
background familiare, all’interno del quale vengono riprodotte le disuguaglianze sociali
per effetto del capitale culturale e sociale delle famiglie che portano gli studenti a
scegliere se abbandonare o meno il percorso scolastico
[2]
. Sempre riguardo al contesto familiare, altri affermano che la
disoccupazione e la precarietà lavorativa della famiglia possano spingere gli studenti
ad abbandonare gli studi per ¶{p. 104}la ricerca di una posizione
lavorativa che consenta loro un tenore di vita soddisfacente
[3]
. Altri ancora parlano delle aspirazioni e delle pressioni che i genitori
trasferiscono sui figli riguardo alla scelta della scuola da frequentare, se un liceo o
un istituto tecnico o professionale, o dell’indirizzo da scegliere
[4]
. Altro elemento da prendere in considerazione, infine, è la mancanza o la
presenza disomogenea di servizi scolastici in alcune aree interne del nostro paese dove
le opportunità educative sono ridotte perché fortemente condizionate dalle condizioni
demografiche e socioeconomiche dei territori che portano a un alto tasso di dispersione
e abbandono scolastico. Anche lo spopolamento di queste aree, fenomeno causato
dall’emigrazione della popolazione più giovane e attiva verso i centri urbani dotati di
servizi più efficienti, risulta essere un indicatore esplicativo dell’abbandono
scolastico, fortemente collegato alla posizione che un individuo occupa sul territorio.
Sicuramente anche la pandemia, il distanziamento e la didattica a distanza hanno
accentuato nuovi fattori di rischio, come l’acuirsi di nuovi disagi e malesseri nei
giovani, erodendo i legami comunitari, ma facendo emergere allo stesso tempo il ruolo
fondamentale ricoperto dalle figure educative (non solo della famiglia ma anche degli
insegnanti) che dovrebbero cooperare tra loro costruendo delle vere e proprie alleanze
per cercare di limitare i rischi di degrado che impediscono lo sviluppo di capacità e aspirazioni
[5]
. Come afferma Di Nicola: «le relazioni comunitarie [...] diventano dunque
struttura distintiva di una cerchia sociale, di una provincia finita di significato, di
un mondo della vita al cui interno l’attore sociale si colloca e viene collocato»
[6]
. Si parla così ¶{p. 105}di comunità
educanti che possano consentire agli individui di attivare processi di
comprensione e di sviluppo volti alla realizzazione di progetti trasformativi per la comunità
[7]
. Le comunità educanti dovrebbero essere strategie generatrici di benessere,
capaci di avviare percorsi di resilienza attraverso pratiche che mettano in luce
un’interazione cooperativa tra i servizi, che sarebbero così messi in grado di
rispondere alle trasformazioni della società.
Nel contesto della comunità
educante, un ruolo fondamentale per la prevenzione della povertà educativa e della
dispersione scolastica, spetta ai servizi pubblici per l’orientamento e in particolare
alle scuole autonome, a cui «spetta il compito di realizzare, autonomamente e/o in rete
con gli altri soggetti pubblici e privati, attività di orientamento, finalizzate alla
costruzione e al potenziamento di specifiche competenze di orientamento»
[8]
. Si tratta, secondo la definizione di orientamento condivisa dalla normativa
italiana, di favorire in ogni soggetto in apprendimento
un processo volto a facilitare la conoscenza di sé, del contesto formativo, occupazionale, sociale culturale ed economico di riferimento, delle strategie messe in atto per relazionarsi e interagire in tali realtà, al fine di favorire la maturazione e lo sviluppo delle competenze necessarie per poter definire o ridefinire autonomamente obiettivi personali e professionali aderenti al contesto, elaborare o rielaborare un progetto di vita e sostenere le scelte relative [9]
o, anche, secondo quanto previsto
già dalla Direttiva sull’orientamento delle studentesse e degli studenti
del 1997,
a formare e a potenziare le capacità delle studentesse e degli studenti di conoscere sé stessi, l’ambiente in cui vivono, i mutamenti ¶{p. 106}culturali e socioeconomici, le offerte formative, affinché possano essere protagonisti di un personale progetto di vita, e partecipare allo studio e alla vita familiare e sociale in modo attivo, paritario e responsabile [10] .
Come specificato dalle
Linee guida in materia di orientamento lungo tutto l’arco della
vita del 2009, al sistema di istruzione si chiede di contribuire alla
prevenzione della povertà educativa attraverso l’orientamento, il cui ruolo strategico,
si legge in esergo al documento,
viene collegato al fenomeno dell’insuccesso e della dispersione mettendone in risalto le due facce del problema: da un lato, le ricadute patologiche sul funzionamento del sistema scolastico stesso e le conseguenze sul sistema economico-produttivo e, dall’altro, gli effetti problematici sull’evoluzione delle storie individuali (formative, lavorative, sociali) [11] .
2. Dall’orientamento formativo alla didattica orientativa (con approccio narrativo)
Per quanto la normativa italiana,
coerentemente con le indicazioni europee e con la letteratura scientifica, abbracci da
tempo il paradigma formativo dell’orientamento
[12]
, quest’ultimo convive con una visione funzionale-produttiva che ne accentua
la dimensione meramente informativa o di incrocio tra domanda e offerta di lavoro, e
che, anziché puntare sullo sviluppo personale dei soggetti in formazione
¶{p. 107}e sul cambiamento della didattica in tutto il percorso di
istruzione e poi durante tutto l’arco della vita, si concentra su specifici momenti di
passaggio. Pratiche come il consiglio orientativo, i saloni dell’orientamento, gli
open day e i career day, come anche i vari
servizi di supporto alla ricerca attiva del lavoro, testimoniano la coesistenza di
paradigmi tra loro distanti, e la difficoltà incontrata da quegli approcci formativi che
ormai da venticinque anni dovrebbero contribuire attivamente al cambiamento della
didattica – in questo caso si parla di didattica orientativa o di educazione all’orientamento
[13]
– o con specifici percorsi di orientamento formativo, che dall’anno
scolastico 2022-2023 sono stati resi obbligatori ma che su iniziativa delle istituzioni
scolastiche vengono realizzati già da almeno due decenni.
È in questo quadro che possiamo
collocare alcuni progetti di orientamento formativo che sono stati realizzati al fine di
contrastare la dispersione scolastica e, anche, per sperimentare e validare il metodo
dell’orientamento narrativo che, accogliendo le sollecitazioni provenienti da diversi
campi disciplinari, pedagogia narrativa, teoria letteraria, psicologia culturale,
sociologia della vita quotidiana, antropologia,
ha sviluppato strumenti in grado di contribuire ai processi di costruzione dell’identità e a lavorare sulle competenze orientative delle persone: saper interpretare, saper progettare, saper fronteggiare le difficoltà, saper scegliere, saper dare un significato e un ordine alle azioni, saper riconoscere e gestire le emozioni, sapersi relazionare in contesti diversi, saper comunicare la propria esperienza e la propria identità professionale, sapersi pensare e immaginare al futuro, saper tradurre le intenzioni in un progetto e dunque in azioni [14] .
Proprio in seguito a una lunga
attività di ricerca sul campo
[15]
, l’ideatore e sviluppatore di questo metodo, il
pe
¶{p. 108}dagogista Federico Batini, ha fatto il punto sugli effetti
del metodo, mettendone in evidenza la capacità dei percorsi di orientamento narrativo
realizzati da esperte ed esperti di questa metodologia di incidere sulla capacità di
autovalutazione e sulla percezione di efficacia e sulla resilienza, intesa come una
dimensione delle competenze di autorientamento essenziale ai fini dell’esercizio di
controllo sulla propria vita e sulle proprie scelte
[16]
.
Note
[1] O. Giancola e L. Salmieri, La povertà educativa in Italia, Roma, Carocci, 2023.
[2] Ibidem.
[3] C. Borgna e E. Struffolino, Pushed or Pulled? Girls and Boys Facing early School Leaving Risk in Italy, in «Social Science Research», 61, 2017, pp. 298-313.
[4] A. Schizzerotto e C. Barone, Sociologia dell’istruzione, Bologna, Il Mulino, 2006; O. Giancola, Performance e disuguaglianze nei sistemi educativi europei, Napoli, Scriptaweb, 2009.
[5] Save the Children, Futuro in partenza? L’impatto delle povertà educative sull’infanzia in Italia, Roma, 2017.
[6] P. Di Nicola, Le relazioni comunitarie, in P. Di Nicola, S. Stanzani e L. Tronca, Reti di prossimità e capitale sociale in Italia, Milano, Franco Angeli, 2008, pp. 15-16.
[7] G. Tomei e I. Galligani, La comunità educante. Riflessioni su un modello di rete locale per il contrasto alla povertà educativa, in G. Tomei (a cura di), Le reti della conoscenza nella società globale. Possibilità, esperienze e valore della mobilitazione cognitiva, Roma, Carocci, 2020, pp. 241-270.
[8] MIUR, Linee guida nazionali per l’orientamento permanente, 2014.
[9] MIM, Linee guida per l’orientamento, 2023.
[10] Direttiva n. 487 del 6 agosto 1997. Per una ricostruzione del percorso normativo e dei suoi presupposti pedagogici si rinvia a S. Giusti, L’orientamento nella scuola italiana dagli anni Novanta a oggi, in F. Batini e G. Guglielmini (a cura di), Orientarsi nell’orientamento, Bologna, Il Mulino, 2023, pp. 81-98.
[11] Sono parole di Maria Luisa Pombeni estrapolate da un suo intervento al convegno Tavolo per l’orientamento di Tione del 2007 e collocate in apertura delle Linee guida in materia di orientamento lungo tutto l’arco della vita, circolare ministeriale n. 43 del 2009.
[12] F. Batini, Storia, funzione e senso dell’orientamento. Dal paradigma formativo al curricolo in verticale, in Batini e Guglielmini (a cura di), Orientarsi nell’orientamento, cit., pp. 11-53, a pp. 36 ss.
[13] P. Ricchiardi, S. Giusti, M. Marchisio Conte, A. Barana e M. Sacchet, Didattica orientativa, in Batini e Guglielmini (a cura di), Orientarsi nell’orientamento, cit., 2023, pp. 117-145.
[14] Batini, Storia, funzione e senso dell’orientamento, cit., p. 43.
[15] Si vedano almeno, per i progetti specificamente finalizzati alla prevenzione della dispersione, F. Batini (a cura di), La scuola che voglio. Idee, riflessioni, azioni contro il disagio e la dispersione scolastica, Arezzo, Zona, 2002; F. Batini e R. Zaccaria (a cura di), Foto dal futuro, Arezzo, Zona, 2002; F. Batini, L’isola sconosciuta: un progetto di orientamento narrativo. Metodi e risultati, Lecce, Pensa Multimedia, 2008; F. Batini e M. D’Ambrosio (a cura di), Riscrivere la dispersione: scrittura e orientamento narrativo per la prevenzione, Napoli, Liguori, 2008; F. Batini, Orientare per non disperdere: le storie siamo noi. Una ricerca sperimentale sull’orientamento narrativo nelle scuole secondarie di Livorno, Lecce, Pensa Multimedia, 2011.
[16] F. Batini, Gli effetti dell’orientamento narrativo. 20 anni di ricerca, in S. Soresi, L. Nota e S. Santilli (a cura di), Il contributo dell’orientamento e del counselling all’agenda 2030, Bologna, Cluep, pp. 119-135; F. Batini e M. Bartolucci, Orientamento narrativo e resilienza, in F. Batini e S. Giusti (a cura di), Empowerment delle persone e delle comunità, Lecce, Pensa Multimedia, 2017, pp. 28-39; F. Batini e M. Bartolucci, Sfruttare gli ostacoli. Tra resilienza e orientamento narrativo, in F. Batini e S. Giusti (a cura di), Leggere e scrivere al tempo dei social media, Lecce, Pensa Multimedia, 2019, pp. 39-46.