Le competenze digitali nella scuola
DOI: 10.1401/9788815412270/c5
Tuttavia, non è possibile, né pensabile, che un processo così importante e complesso avvenga senza un adeguato supporto istituzionale, che non è solo economico, ma di creazione di condizioni a contorno in grado di supportare le scuole
¶{p. 324}in modo concreto. La formazione dei docenti rappresenta lo snodo fondamentale e chiave. Le scuole vanno supportate con forme di sostegno economico adeguate, ma soprattutto sostenute con misure ordinamentali che consentano di fare della formazione un aspetto centrale e non lasciato alla libera volontà di adesione del singolo.
Tutte le 10 fasi sinteticamente elencate rappresentano snodi fondamentali per la predisposizione del curricolo digitale, ma la seconda e la terza costituiscono il passaggio più complesso e qualificante e sono oggetto di specifica analisi in questo capitolo.
Esistono in rete diverse esperienze di scuole o reti di scuole che hanno predisposto proposte di curricolo digitale, ma l’esempio più avanzato e meglio strutturato è quello promosso dall’Iprase (Istituto provinciale per la ricerca e la sperimentazione educativa, ente strumentale della Provincia autonoma di Trento) e dalla Provincia autonoma di Trento che hanno supportato e sostenuto una rete di scuole del primo e del secondo ciclo di istruzione per la costruzione di un curricolo digitale
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, connesso al DigComp. Il progetto è stato reso pubblico alla fine del 2022 con il nome Curriculum per lo sviluppo della competenza digitale (CSCD).
La proposta trentina parte da alcune scelte di fondo molto importanti e determinanti per la costruzione del curricolo digitale. In primo luogo, esso è il frutto di un lavoro di rete fra diverse scuole di entrambi i cicli di istruzione. Questa scelta è molto appropriata per diverse ragioni: a) consente di mettere insieme sforzi e risorse intellettuali, professionali e tecniche che difficilmente sono tutte disponibili in una singola istituzione scolastica; b) permette di immaginare il curricolo digitale, come in realtà dovrebbe avvenire per l’intero curricolo, non solo per le competenze digitali, in una prospettiva di continuità effettiva, con particolare attenzione ai due delicatissimi passaggi dalla scuola primaria alla secondaria di primo grado e il passaggio dalla secondaria di primo a quella di secondo grado; c) favorisce la dimensione ¶{p. 325}di ricerca condotta a diversi livelli e con diverse modalità (ricerca-intervento, ricerca pedagogica, ricerca tecnologica, ecc.).
In secondo luogo, il CSCD è disegnato secondo la prospettiva della scuola, complessivamente intesa, quindi con molta attenzione alla sua articolazione operativa, elemento essenziale se si vuole uscire dalla pericolosa dimensione della spontaneità non sistematica o, peggio ancora, dell’adesione formale-adempitiva. Il CSCD è strutturato per bienni, dalla prima primaria alla seconda secondaria di secondo grado, adottando quindi una scelta estremamente convincente e condivisibile di definire il terzo biennio addirittura a cavaliere tra il ciclo primario (quinta classe) e quello secondario di primo grado (prima classe) e gli ultimi bienni in profonda continuità. Il CSCD raccoglie la sfida di trattare tutte le cinque aree di competenza del DigComp 2.2, proponendo una scelta molto articolata, fortemente ancorata al quadro europeo delle competenze digitali, con indicazioni per lo «sviluppo di competenza», con proposte di attività e con il suggerimento di un repertorio ragionato di risorse, scelta assolutamente condivisibile e di grande valore didattico.
Un elemento di ulteriore sviluppo del CSCD riguarda la scuola dell’infanzia che al momento rimane sostanzialmente fuori dalla maggior parte dei progetti che si pongono l’obiettivo di realizzare il curricolo digitale. Adottando un approccio pragmatico e di ricerca, le soluzioni adottate per il primo biennio della scuola primaria e, soprattutto, i prerequisiti che il CSCD individua come propedeutici al primo biennio della scuola primaria possono essere assunti come guida per la definizione dei traguardi della scuola dell’infanzia. In particolare, il CSCD suggerisce che con il supporto di un adulto, le bambine e i bambini al termine della scuola dell’infanzia siano in grado di:
– riconoscere alcuni dei principali dispositivi digitali (computer, tablet, notebook, ecc.);
– individuare il pulsante di avvio di un dispositivo;
– utilizzare le icone di dispositivi dotati di sistema touchscreen;
– visionare immagini, animazioni, video, ecc.;¶{p. 326}
– eseguire semplici giochi ed esercizio di tipo logico, linguistico, matematico, topologico.
Accanto a queste attività, già dalla scuola dell’infanzia le bambine e i bambini possono essere avvicinati a esperienze, prevalentemente di tipo ludico, legate al coding realizzato totalmente per via grafica e in modo assolutamente non formale [Fondazione Mondo Digitale 2019]. Si tratta di una risorsa straordinaria che va al di là dell’aspetto propriamente digitale e consente di realizzare obiettivi didattici e di apprendimento straordinari.
Tuttavia, la sfida più impegnativa è quella di ipotizzare i profili di uscita per ciascuna competenza al termine di ciascun ordine di scuola (primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado). Riprendendo la distinzione proposta all’inizio di questo capitolo tra curriculum e curricolo digitale, la strada maestra per affrontare l’individuazione dei traguardi di apprendimento/competenza è quella di definire tali traguardi nel curriculum digitale e non lasciare alle singole scuole il compito e l’onere di stabilire i livelli di padronanza attesi. È auspicabile che si segua lo stesso percorso che è stato adottato per l’apprendimento delle lingue straniere, unico ambito disciplinare in cui, almeno formalmente, il nostro legislatore aderisce a un impianto strettamente criteriale, ossia fissa su base teorica i traguardi, assumendo un quadro di riferimento dotato di un apparato di indicatori che consente di stabilire in modo preciso se un determinato traguardo sia stato raggiunto o meno.
Il caso delle lingue straniere all’interno delle Indicazioni nazionali è emblematico anche da un altro punto di vista, ossia la previsione formale non adeguatamente supportata da una misura di accompagnamento non garantisce affatto che essa sia effettivamente attuata. Infatti, le pratiche valutative adottate nelle scuole per le lingue straniere non sono nei fatti molto diverse da quelle degli altri ambiti disciplinari. Per lo meno sulle dimensioni della valutazione, l’ancoraggio al QCER non ha determinato lo spostamento dell’attenzione sugli indicatori di raggiungimento dei traguardi previsti e, soprattutto, non ha realizzato l’auspicabile connessione tra ¶{p. 327}valutazione di scuola e livelli del QCER, in particolare nella prospettiva formativa.
Nonostante i problemi evidenziati, la definizione dei livelli di padronanza attesi dovrebbe essere effettuata a livello nazionale, anche a garanzia di un certo presidio sull’uniformità dell’offerta formativa e sulle competenze effettivamente raggiunte.
A oltre dieci anni dall’adozione delle Indicazioni nazionali è opportuno avviare un processo di revisione che consentirebbe un adeguato inserimento delle competenze digitali, rafforzando l’aspetto dell’individuazione dei traguardi e del loro standard di raggiungimento, anche giovandosi del parallelismo che, non casualmente, la Commissione europea ha deciso di adottare nella denominazione dei livelli di padronanza che è la stessa sia nel QCER sia nel DigComp 2.2. Inoltre, questa soluzione fornirebbe un sostegno importante alla diffusione di pratiche valutative formative serie, basate sul principio che la promozione dell’apprendimento in un’ottica migliorativa passa attraverso l’individuazione di un traguardo, la misurazione della distanza che separa dal suo raggiungimento e il processo che porta a raggiungerlo o, quanto meno, ad avvicinarvisi.
Tuttavia, non è probabile che la scelta di adottare traguardi nazionali possa avvenire nel breve periodo e pertanto si rende necessario lo spostamento di questa scelta dal curriculum digitale al curricolo di scuola, nell’auspicio che ciò avvenga a livello di rete di istituto o di territori. Per quanto questa soluzione sia preferibile rispetto alla sua totale assenza, rimane comunque il tema se demandare queste decisioni alle singole scuole, che in buona parte non le prenderanno affatto, sia un fatto positivo poiché si rafforza l’idea dell’autonomia o se invece crei, nei fatti, un’ulteriore causa di divari e differenze.
La figura 5.4 rappresenta la sintesi grafica della struttura auspicabile dei profili di competenza digitale al termine della scuola primaria, della scuola secondaria di primo e di secondo grado.
L’assunzione dei profili di competenza è un compito molto importante nella definizione del curricolo digitale ¶{p. 328}poiché informa tutta l’azione didattica della scuola. Come più volte richiamato, la definizione di traguardi chiari e misurabili è una garanzia per tutti e per ciascuno poiché diventa più trasparente tutto il processo di insegnamento e di valutazione, soprattutto per mantenere forte la focalizzazione della scuola sul miglioramento e sul raggiungimento di competenze strategiche.
¶{p. 329}I profili delineati nella figura 5.4 sono certamente molto sfidanti e impegnativi, ma qualsiasi deriva facilistica è l’anticamera di inclusione ed equità solo formali e quindi, nei fatti, cause di esclusione e marginalità. Lasciare questa scelta così strategica alla singola scuola può essere molto pericoloso, c’è il rischio concreto che ognuna intraprenda, anche con le migliori intenzioni, la strada più breve, ma non per questa ragione la migliore. È necessaria una riflessione di altissimo livello per stabilire i profili in uscita. L’accademia, la politica, le rappresentanze dei principali corpi sociali devono concorrere a disegnare un’ipotesi di profilo di competenza digitale, senza la quale a breve, ma forse già ora, sarà impossibile essere cittadini in senso pieno, con evidenti problemi per i singoli, ma anche per l’intera collettività. Anche sul piano educativo, la transizione digitale impone un ripensamento del concetto di autonomia che deve continuare a mantenere i suoi punti di forza, ma richiede nuovi equilibri tra indiscutibili esigenze di sussidiarietà, da un lato, e di unitarietà, dall’altro, senza però ritornare a vecchie forme di centralismo che non hanno certo prodotto effetti positivi nel passato più o meno recente.
Note