Giulia Guglielmini, Federico Batini (a cura di)
Orientarsi nell'orientamento
DOI: 10.1401/9788815411648/c8
è possibile ideare e prevedere altre forme di partecipazione come ad esempio un breve scritto autobiografico, una narrazione libera (scritta o a voce audio-video registrata), un racconto/resoconto basato sulle risposte a interviste e colloqui fatti con insegnanti,
{p. 217}altre figure educative o in coppia/gruppo con dei compagni, un PPT con immagini e pensieri scritti, ecc. [Cramerotti 2021, 25].
I suddetti mediatori o alcuni di essi potrebbero essere utilizzati per garantire la partecipazione degli alunni e delle alunne con disabilità anche della primaria o della secondaria di primo grado e anche, ad esempio, durante la verifica finale del PEI (sezione 11) o nella stesura del PEI provvisorio (sezione 12). Proviamo a spiegarci meglio: entro il 30 giugno di ciascun anno scolastico va convocato il GLO al fine di verificare il PEI in corso (se si tratta di allievi/e già frequentanti) e fornire indicazioni per il GLO dell’anno successivo, proponendo anche una quantificazione delle risorse di sostegno didattico e assistenza (sia se si tratta di alunni/e già frequentanti, sia se si tratta di allievi/e con disabilità di nuova iscrizione o alunni/e con disabilità di nuova certificazione per i/le quali va redatto il PEI provvisorio). Ebbene, nel rispetto del principio dell’autodeterminazione (su cui è importante lavorare sin dalla tenera età), pensiamo che gli alunni/le alunne possano essere coinvolti/e nella verifica del PEI attraverso, ad esempio, audio/video-registrazioni in cui raccontano quali sono state secondo loro le difficoltà e quali, invece, gli aspetti che più li/le hanno supportati/e, così da fornire al GLO dell’anno successivo anche l’apporto inclusivo della voce delle alunne e degli alunni con disabilità [Ianes e Demo 2021]. Allo stesso modo, qualora si tratti di un PEI provvisorio, è possibile immaginare che gli alunni/le alunne con disabilità della scuola primaria e della secondaria di primo grado – impossibilitati a partecipare al GLO (in quanto la normativa non lo prevede) – si raccontino mediante brevi interviste fatte dai loro familiari o attraverso altre modalità. Proseguendo lungo questa pista, i bisogni e i desideri degli alunni/delle alunne della secondaria di secondo grado relativi ai percorsi di PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento) potrebbero essere espressi già a partire dal biennio e non, quindi, solo a partire dalla classe terza quando ritroviamo nel PEI (più precisamente nella sezione 8) il riquadro da compilare. Questo consentirebbe, ad esempio, di lavorare {p. 218}nelle due classi antecedenti al triennio sulle competenze non ancora acquisite in vista di sperimentarsi poi al terzo anno in un’esperienza di alternanza scuola-lavoro più rispondente a ciò che si desidera (e si sa) fare. In questo modo si avrebbe più tempo per comprendere quale percorso lavorativo intraprendere in futuro o se è necessario ri-orientare lo/la studente/studentessa. Del resto, «la visione prospettica del progetto di vita, richiede anche che l’occhio progettuale sappia guardare lungo, lontano, nella direzione della vita dopo la scuola» [ibidem, 27].
Quanto appena citato, nell’argomentazione che stiamo portando avanti, ci fa giungere alla sezione 3 del PEI che prevede il raccordo con il progetto individuale. Ciò significa che la sezione 3 va compilata esclusivamente se:
  • il progetto individuale è stato già redatto e, quindi, la scuola nel PEI ne riporta una sintesi, inserendo i punti di contatto con lo stesso PEI e le riflessioni fatte dalla famiglia;
  • se è stato richiesto, ma non ancora redatto. In questo caso lo stesso GLO può fornire indicazioni utili da tenere in considerazione per la stesura del progetto individuale.
Inoltre, qualora il progetto individuale non sia stato ancora richiesto, la scuola può – oltre a sensibilizzare la famiglia circa la possibilità di richiederlo – iniziare a stringere rapporti con il territorio in cui lo/la studente/studentessa vive, inserendo, ad esempio, nella sezione 9 del PEI le attività extrascolastiche svolte o suggerendo quelle che potrebbe compiere sulla base delle osservazioni fatte in aula e, dunque, sapendo quali sono le competenze da rafforzare.
Quest’ultimo aspetto va certamente nella direzione evidenziata da Ianes [2021, 10], il quale sostiene che:
un buon PEI è anche strabico, perché guarda al percorso dello studente con disabilità attraverso una compresente e divergente ottica: da un lato il qui e ora delle attività educativo-didattiche di questo anno scolastico, dall’altro lo sguardo lungo e prospettico del progetto di vita, del divenire adulti in una vita il più possibile realizzata e indipendente.
Ed eccoci giunte alla spiegazione di cosa sia il progetto di vita: non un documento da redigere, quanto una prospettiva {p. 219}da perseguire sin dalle prime esperienze scolastiche al fine di orientare alunni/e con disabilità verso scelte future, tenendo sempre in considerazione le esperienze sino a quel momento svolte e le competenze raggiunte. Affinché il progetto di vita possa realizzarsi, è utile sia redatto il progetto individuale che costituisce un documento in cui è riportato – oltre al Profilo di funzionamento (la cui stesura è a carico dell’Unità di valutazione multidisciplinare dell’ASL) e al PEI (alla cui stesura, abbiamo detto, pensa il personale scolastico e i restanti componenti del GLO) – «il piano economico relativo a tutte le necessità di riabilitazione, integrazione sociale e sostentamento economico dell’individuo e della famiglia» [De Caris 2020, 15]. A redigere il progetto individuale pensa il comune in cui la persona con disabilità risiede (o il suo municipio di appartenenza) insieme alla famiglia e alla stessa persona con disabilità se maggiorenne. È necessario ricordare che il progetto individuale viene redatto solo se espressamente richiesto al comune dai genitori dell’alunno/a con disabilità (o di chi ne ha la responsabilità genitoriale) o dagli/dalle stessi/e studenti/studentesse con disabilità se maggiorenni.

4. Conclusioni

Nel presente contributo abbiamo voluto riflettere circa l’importanza per gli alunni e le alunne con disabilità di divenire sempre più protagonisti/e del loro sviluppo identitario, in ragione dell’indiscutibile diritto ad autodeterminarsi [ONU 2006]. In tal senso, i nuovi modelli di PEI divengono occasione privilegiata per muoversi nell’ottica del progetto di vita e orientare gli studenti e le studentesse con disabilità a scegliere in maniera consapevole circa il proprio futuro e a trovare il loro posto nel mondo. Si tratta di compiere un lavoro di rete tra scuola, famiglia e territorio per immaginare la loro adultità sin da quando sono piccoli/e.
Il PEI, abbiamo visto, può fungere da strumento privilegiato in quanto attraverso di esso è possibile progettare tanto in ottica trasversale (lavorando mediante le attività {p. 220}didattiche e quelle extra-scolastiche sul qui e ora) quanto in ottica longitudinale [4]
(immaginando la vita futura e, dunque, lavorando affinché si sviluppino le competenze necessarie per la vita adulta).
Il PEI, allora, diviene un supporto realmente efficace per lo sviluppo identitario dell’alunno/a con disabilità e a questo proposito pensiamo che la partecipazione degli allievi e delle allieve con disabilità alla costruzione del Piano Educativo Individualizzato possa, in qualche modo, avvenire già prima della scuola secondaria di secondo grado (come attualmente previsto dalla normativa). È chiaro che non si tratta di una partecipazione formalizzata con la loro presenza (fisica o meno) al GLO, ma – abbiamo visto – si tratta di cominciare a coinvolgerli/le nelle decisioni che li/le riguardano sin da quando sono piccoli/e, perché se è vero (e lo è) che «tutti siamo diventati grandi perché qualcuno ha immaginato che questo sarebbe accaduto» [Lepri 2021, 87], è anche vero che nel processo evolutivo il ruolo principale deve essere svolto da chi grande lo sta divenendo.

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Note
[4] Come sostiene Cottini [2020] o strabica per usare le parole di Ianes [2021].