Diritto e valori
DOI: 10.1401/9788815413499/c8
Un’altra distinzione preliminare deve essere messa in evidenza nell’ambito dei paesi caratterizzati da una situazione di pluralità sindacale. Mentre in Olanda le nuove forme di rappresentanza sindacale nelle imprese hanno
¶{p. 229}ottenuto riconoscimento in favore di tutti i sindacati, invece in Francia e Italia è prevalsa una tendenza selettiva, che ha condotto il legislatore a privilegiare alcuni sindacati
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. I benefici della legislazione di sostegno sono riservati ai sindacati che dimostrino di possedere una propria rappresentatività all’interno dell’impresa, a meno che siano affiliati alle confederazioni riconosciute più rappresentative sul piano nazionale, nel qual caso la loro rappresentatività è presunta. Fuori da questo caso la legge italiana, a differenza di quella francese, vincola la prova della rappresentatività a un indice predeterminato, il quale esclude a priori i sindacati aziendali, privi di base territoriale esterna.
Le «norme di sostegno» attribuiscono alle rappresentanze aziendali e ai sindacati ai quali sono collegate una serie di diritti, comportanti obblighi positivi di collaborazione e oneri a carico dell’imprenditore, destinati ad agevolare l’azione sindacale nelle unità produttive. Tali diritti, che nei diversi sistemi formano costellazioni di varia ampiezza e intensità, sono di solito rafforzati da norme speciali di protezione dei lavoratori investiti di cariche sindacali interne contro misure discriminatorie, e talvolta anche da una norma generale di tutela del sindacato contro i comportamenti antisindacali dei datori di lavoro.
Dal punto di vista del contenuto, le analogie più forti si notano tra la legge francese del 1968 e la legge italiana del 1970, non solo per l’omogeneità del loro carattere selettivo, ma anche per l’omogeneità tipologica dei diritti previsti a favore delle rappresentanze sindacali aziendali. Ma notevoli sono anche le differenze. La prima, già ricordata, riguarda il diritto di convocare assemblee dei lavoratori, che dalla legge francese è riconosciuto alle sezioni sindacali soltanto come strumento organizzativo dei propri aderenti, mentre dalla legge italiana è concepito ¶{p. 230}come mezzo di aggregazione della totalità dei lavoratori, e quindi come forma organizzativa direttamente contrapposta al potere dell’imprenditore, senza il tramite degli schemi associativi del sindacato. Inoltre, la legge italiana riconosce congiuntamente alle rappresentanze sindacali la legittimazione a indire nei luoghi di lavoro referendum su argomenti inerenti all’attività sindacale, con diritto di partecipazione di tutti i lavoratori e con l’obbligo del datore di lavoro di cooperare allo svolgimento della consultazione mettendo a disposizione i locali necessari. Una terza differenza concerne il diritto di raccolta dei contributi sindacali, che nella legge italiana è rafforzato da un obbligo di collaborazione del datore di lavoro con le associazioni sindacali, le quali hanno diritto di percepire i contributi mediante ritenute sui salari, secondo modalità e garanzie di segretezza della scelta del lavoratore da stabilirsi nei contratti collettivi.
Ma la differenza più sostanziale risulta dalla precisazione del relatore francese circa i limiti, di tempo e di luogo, posti all’esercizio dei diritti attribuiti alle sezioni sindacali aziendali e ai loro membri: «la penetrazione del sindacato nell’impresa ha una portata limitata: il tempo e i locali destinati all’attività produttiva rimangono ad esso legalmente interdetti». La legge del 1968 non ha modificato la misura del potere direttivo e disciplinare dell’imprenditore determinata dal contratto di lavoro. La legge italiana invece, sia nella parte che sancisce i diritti fondamentali, sia nella parte «promozionale» dell’organizzazione e dell’azione sindacale, contraddice il principio tradizionale che costituisce il datore di lavoro padrone del tempo e dei movimenti del lavoratore durante l’orario di lavoro. L’esercizio dei diritti individuali (scambio di opinioni, diffusione di stampati ecc.) e sindacali è consentito, entro un certo limite, anche nei locali destinati all’attività produttiva e durante l’orario di lavoro. In via di interpretazione sistematica, alla stregua della totalità dei principi costituzionali, il limite è segnato dal criterio di compatibilità col normale svolgimento dell’attività produttiva. Sono escluse modalità di esercizio tali da cau¶{p. 231}sare sospensioni dell’attività produttiva, tranne il caso di esercizio del diritto di assemblea, consentito anche durante l’orario di lavoro entro un massimo di ore nel corso dell’anno. La portata ulteriore del limite, in funzione delle esigenze non solo di continuità della produzione, ma anche di ordine e di sicurezza dell’organizzazione del lavoro, devono essere concretamente individuate caso per caso, secondo lo spirito della legge, la quale intende favorire un grado progressivamente più elevato di armonizzazione dei valori della razionalità tecnico-organizzativa dell’impresa con i valori personali di cui è portatore il fattore lavoro.
Che un simile orientamento non sia necessariamente antagonistico all’ideologia neocapitalistica, come pensa qualche autore incline a interpretazioni esasperate
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, è dimostrato dal confronto con la legge tedesca, nella quale, malgrado l’assenza di norme di sostegno della contestazione sindacale, una tendenza analoga emerge dalle norme organizzative della Betriebsverfassung. Anche la legge tedesca prevede assemblee (retribuite) durante l’orario di lavoro, e inoltre, sopravanzando su questo punto la legge italiana, riconosce al consiglio aziendale il diritto di fissare le ore di ricevimento dei lavoratori durante l’orario di lavoro, con modalità di tempo e di luogo da concordarsi col datore.
Agevolazioni di questo tipo, che modificano la disciplina dei rapporti di lavoro, sono ancora poco diffuse. Si può aggiungere la menzione della Jugoslavia, dove lo statuto delle organizzazioni sindacali di base prevede che le riunioni dei loro membri possano «al bisogno» essere convocate anche durante l’orario di lavoro, previo accordo con la direzione; e dell’Olanda, il cui relatore precisa che alle sezioni sindacali è concesso, «in caso di urgenza», di intrattenersi con i loro membri, nel locale messo a disposizione dal datore di lavoro, anche durante le ore ¶{p. 232}di lavoro. È, invece, generalizzata la concessione ai lavoratori investiti di funzioni di rappresentanza sindacale di permessi retribuiti a carico del datore di lavoro, talvolta (come in Italia) per l’adempimento di tutte le loro funzioni interne all’impresa, compresi i compiti organizzativi, altre volte (come in Francia, dove i permessi sono riservati ai delegati sindacali) solo per le funzioni di rappresentanza del sindacato presso la direzione dell’impresa. Fanno eccezione la Gran Bretagna, l’Unione Sovietica e il Brasile, dove, per le ore in cui sono esentati dal lavoro, i lavoratori investiti di funzioni sindacali interne sono pagati dal sindacato.
In Germania e Austria un certo numero di componenti del consiglio aziendale, determinato in proporzione al volume del personale occupato nell’unità produttiva, sono interamente esonerati dalla prestazione di lavoro, sempre col diritto alla conservazione della retribuzione. Per le rappresentanze sindacali una facilitazione di questo genere è formalmente prevista negli Stati Uniti d’America nell’ambito della contrattazione collettiva relativa ad alcune grandi imprese (per es. la Ford Motor Company)
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, ma di fatto è praticata anche nelle grandi imprese europee.
8. Funzioni delle rappresentanze sindacali aziendali. La contrattazione collettiva aziendale. Nuova concezione del contratto collettivo in Italia.
Le rappresentanze sindacali aziendali adempiono due ordini di funzioni:
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funzioni organizzative e di rappresentanza dei lavoratori all’interno dell’organizzazione sindacale, coordinate a un’esigenza di rinnovamento democratico del sindacato, il quale non è in grado di assicurare una comprensione costante ed evidente tra la sua azione e la volontà dei lavoratori se non dispone di strumenti di collegamento ¶{p. 233}con i luoghi in cui operano le condizioni di formazione della classe lavoratrice;
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funzioni di rappresentanza dei lavoratori e del sindacato nei confronti della direzione dell’impresa, cioè funzioni che incidono direttamente nel sistema di relazioni industriali.
Non in tutti i sistemi sono riconosciute le funzioni del secondo tipo, o quelle, tra esse, che si concretano in atti costitutivi di rapporti giuridici con l’imprenditore. Nel sistema olandese le sezioni sindacali d’impresa non hanno alcuna legittimazione rappresentativa di fronte al datore di lavoro, né come tali, né come organi del sindacato. Di qualsiasi questione che interessi i loro aderenti esse devono investire il direttore dell’associazione sindacale territoriale, la quale conserva una competenza esclusiva per i rapporti con terzi. La legge francese, mentre nega alle sezioni sindacali d’impresa la qualità di organi di rappresentanza del sindacato, è muta sul loro ruolo di rappresentanza dei propri aderenti. La giurisprudenza riconosce il diritto di presentare direttamente all’imprenditore rivendicazioni tendenti a modificare le condizioni di lavoro nell’impresa. Ma questo diritto non va oltre i limiti di un’azione meramente contestativa e di pressione sull’imprenditore o al massimo di una contrattazione informale, dal momento che nel sistema francese la legittimazione alla contrattazione collettiva formale, sia di categoria che d’impresa, è una prerogativa esclusiva del sindacato.
È evidente in questi due paesi la preoccupazione di conservare la funzione del sindacato come unico interlocutore responsabile degli imprenditori, e di impedire la proliferazione alla periferia delle relazioni industriali di strutture collettive investite di poteri decisionali non controllati dai livelli superiori dell’organizzazione sindacale. Negli sviluppi più recenti tale politica di contenimento dei poteri delle sezioni sindacali d’impresa trova un correttivo nel conferimento (istituzionale in Olanda; mediante la prassi di un mandato conferito volta per volta dal sindacato, in Francia) della legittimazione a stipulare
¶{p. 234}contratti aziendali a delegazioni formate da rappresentanti del sindacato e da rappresentanti delle sezioni, eletti dai lavoratori che ad esse aderiscono. In Francia il correttivo è accentuato dal fatto che la rappresentanza del sindacato nella delegazione non è formata da dirigenti esterni, ma dagli stessi delegati sindacali interni, nominati (dal sindacato) tra i lavoratori occupati nell’impresa, e quindi soggetti anche al controllo della sezione.
Note
[15] Cfr. Mancini, op. cit., pp. 769 s. Sotto questo profilo la questione di legittimità costituzionale della legge italiana è stata dichiarata infondata da Corte cost. 6 marzo 1974, n. 54, in Foro it., 1974, I, c. 963.
[16] Treu, Condotta antisindacale e atti discriminatori, Milano, 1974, p. 93 (e anche in «Riv. giur. lav.» 1973, I, p. 477).
[17] Cfr. il Rapport VIII (1) alla O.I.T., Protection des représentants des travailleurs dans l’entreprise et facilités à leur accorder, edito dal B.I.T., Genève, 1969, p. 48. Non è pervenuta una relazione nazionale per gli Usa.