Francesca Biondi Dal Monte, Simone Frega (a cura di)
Contrastare la dispersione scolastica
DOI: 10.1401/9788815413369/c6

Capitolo sesto Povertà educativa, Costituzione e Terzo settore
di Paolo Addis, coordinatore del Centro di ricerca «Maria Eletta Martini» di Lucca e tecnologo presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa

Abstract
Il capitolo approfondisce il concetto di povertà, in particolare quella sociale, sotto il cui ombrello rientra anche la povertà educativa, analizzata qui dal punto di vista concettuale e costituzionalistico (art. 34), e in generale in senso ampio, poiché non è riconducibile solo al contesto scolastico. Si parla poi delle risorse umane, economiche e sociali che sia possibile mobilitare per contrastare la povertà educativa, e si torna a parlare di comunità educante e sussidiarietà orizzontale. Infine, il capitolo ragiona sul coinvolgimento dei soggetti riconducibili al Terzo settore nel contrastare la povertà educativa, sia dal punto di vista legislativo, sia da quello giurisdizionale e da quello dottrinale. Si citano gli articoli e i decreti in materia, con particolare riferimento al Codice del Terzo settore (CTS) della legge 6 del 2016, n. 106.

1. Considerazioni preliminari. Povertà educativa e dispersione scolastica

Si è osservato che dell’esistenza del fenomeno della povertà, in termini generali, la Costituzione italiana è ben cosciente: in prevalenza – anche per il particolare momento in cui essa è stata redatta – a essere visibile, nella trama costituzionale, è la povertà nel senso più consueto, cioè intesa, da un punto di vista economico, come «mancanza o insufficienza di risorse finanziarie» [1]
.
Un ampliamento di prospettive, però, è possibile a partire da quanto delineato dall’art. 2 della Costituzione, in cui si afferma che «la Repubblica [...] richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» [2]
. Alle tre declinazioni della solidarietà appena evocate, difatti, è possibile ricondurre tre percezioni della povertà [3]
, affiancando a quella economica, già sommariamente definita [4]
, anche quella politica e quella sociale. Chi ha messo {p. 120}a fuoco la tripartizione in questione ha individuato, quale specificazione della povertà sociale, la povertà «educativa» [5]
; e la consapevolezza che il Costituente aveva di quest’ultimo tipo di povertà emergerebbe chiaramente dall’affermazione con cui si apre l’art. 34 Cost. («La scuola è aperta a tutti») e dal fatto che la stessa disposizione, per erodere l’idea che l’istruzione sia appannaggio di pochi, disponga che quest’ultima, almeno in alcuni stadi, sia obbligatoria e gratuita: è quindi evidente che il Costituente «ha percepito un problema di povertà educativa» che – restando irrisolto – «avrebbe seriamente compromesso la pari dignità sociale di una parte cospicua della popolazione», privandola di opportunità di riscatto sociale [6]
e, di conseguenza, ha cercato di porvi rimedio.
Altrettanto evidente è il fatto che nel corso del tempo il rapporto fra le masse popolari e l’istruzione è mutato considerevolmente. Le serie statistiche pongono in risalto, diacronicamente, l’impressionante – e travagliata – diminuzione dell’analfabetismo dalla seconda metà dell’Ottocento in avanti: se nel 1867 la percentuale delle spose e degli sposi che non erano in grado di sottoscrivere l’atto di matrimonio {p. 121}perché non sapevano leggere e scrivere era pari al 69,5% del totale, il dato calava al 39,4% nel 1900, scendendo ulteriormente al 16,2% nel 1921, al 3,3% nel 1950 e allo 0,3% nel 1965 [7]
.
I dati oggi disponibili ci comunicano una situazione molto complessa, difficile e sfaccettata: se da un lato si deve constatare che nel tempo «vi è un progressivo miglioramento del livello di istruzione delle persone tra i 25 e i 64 anni», dall’altro la quota di giovani in possesso di un titolo di studio terziario è decisamente sotto la media dell’Unione europea, così come inferiore rispetto alla media UE risulta essere l’incidenza della spesa per l’istruzione rispetto al PIL [8]
. Ancora, i dati Istat evidenziano che, nel 2022, i c.d. NEET (ovvero, i giovani che non lavorano, né studiano) erano stimati al 19,0% della popolazione d’età compresa fra i 15 e i 29 anni, con un’incidenza doppia nel Meridione rispetto all’Italia centro-settentrionale, e che, con riferimento a quello stesso anno, l’abbandono precoce degli studi riguardava l’11,5% dei giovani di età compresa fra i 18 e i 24 anni [9]
; e sebbene si tratti di un dato che è andato diminuendo nel corso degli anni, restano sullo sfondo alcuni grandi nodi irrisolti, come il gap rispetto alla media europea in ambito educativo, quello inerente alle forti disparità regionali, quello relativo al tramandarsi intergenerazionale delle sperequazioni riguardanti l’istruzione e quello relativo alla dispersione scolastica, al centro di questo volume, anche con riferimento alla c.d. «dispersione implicita» [10]
.{p. 122}
Il sintagma «povertà educativa», quindi, per quanto non riducibile, in maniera schematica, al tasso di alfabetizzazione o alla percentuale di persone che accedono agli studi, anche se fossero quelli di livello più elevato, mantiene una sua perdurante attualità costituzionale e resta ancora ben visibile e saldo il legame esistente tra il dovere del cittadino di istruirsi ed educarsi e quei doveri di solidarietà che l’art. 2, pt. II, chiama inderogabili [11]
.
In questo contributo, una volta chiariti alcuni aspetti concettuali relativi alla povertà educativa da un punto di vista costituzionalistico, ci si vuole quindi interrogare sul nesso esistente fra la povertà educativa e la solidarietà, soffermandosi sull’intersezione fra la povertà educativa e quella particolare espressione della società solidale che è il Terzo settore. Il lavoro è quindi articolato in quattro parti; dopo queste considerazioni di carattere preliminare, vengono formulate alcune notazioni relative, innanzitutto, alla distinzione fra istruzione, educazione e alla loro relazione coi principi costituzionali. A ciò fa seguito una parte del lavoro in cui si esamina il tema della povertà educativa in rapporto a quello che si definisce, sempre più frequentemente, come il «diritto del Terzo settore». Infine, trovano spazio alcune considerazioni conclusive e alcune annotazioni pro futuro.

2. La povertà educativa e le parole della Costituzione

Come si è già accennato, di povertà educativa si può parlare traendo spunto dall’art. 34 Cost. Tuttavia, al contempo, il richiamo alla disposizione costituzionale appena citata rischia di essere riduttivo e addirittura fuorviante, se lo si intende come modo per collegare l’idea di povertà educativa esclusivamente alla scuola: accostandosi alla questione in questo modo, infatti, si rafforza l’idea (sbagliata) che le {p. 123}sfide educative che attendono le società contemporanee riguardino, appunto, solo la scuola e gli apparati pubblici che si occupano di istruzione, deresponsabilizzando, in un certo senso, il resto del corpo sociale [12]
.
Ma, a ben vedere, questa impostazione appare poco congruente con una lettura attenta della carta repubblicana, in cui compaiono entrambi i lemmi, e non come sinonimi: l’art. 30 Cost. si apre affermando che «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio»; l’art. 33, al terzo comma, stabilisce che «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato» e – all’ultimo comma – che «La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme» [13]
; l’art. 38, al terzo comma, afferma che «Gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale».
Per chi venne chiamato a redigere la Costituzione, pertanto, il concetto di «istruzione» e quello di «educazione», per quanto strettamente interrelati, non sono coincidenti; e questa affermazione trova un riscontro nella giurisprudenza della Corte costituzionale, visto che la Consulta ha avuto modo di osservare puntualmente che:
non è da disconoscere la distinzione tra i concetti di insegnamento, di istruzione e di educazione, comprendendo nel primo l’attività del docente diretta a impartire cognizioni ai discenti nei vari rami del sapere, nel secondo l’effetto intellettivo di tale
{p. 124}attività e nel terzo l’effetto finale complessivo e formativo della persona in tutti i suoi aspetti [14]
.
Note
[1] In questo senso, Q. Camerlengo, Il senso della Costituzione per la povertà, in «Osservatorio costituzionale AIC», 1-2, 2019, pp. 7-32; ma vedi in particolare pp. 10 ss.
[2] Per un commento alla disposizione in esame, cfr. almeno A. Barbera, Art. 2, in G. Branca, Commentario alla Costituzione, Bologna, Zanichelli, 1975, pp. 50-122; E. Rossi, Art. 2, in R. Bifulco, A. Celotto e M. Olivetti (a cura di), Commentario alla Costituzione, Torino, Utet, pp. 38-64.
[3] Cfr. al riguardo Camerlengo, Il senso della Costituzione per la povertà, cit., pp. 16 ss.
[4] Il tema della povertà, nella prospettiva del diritto costituzionale, è stato affrontato da diversi autori; cfr. quanto meno V. Casamassima e E. Vivaldi, «Ius existentiae» e politiche di contrasto alla povertà, in «Quaderni costituzionali», 1, 2018, pp. 115-148; F. Pizzolato, Il minimo vitale. Profili costituzionali e processi attuativi, Milano, Giuffrè, 2004; E. Rossi e P. Masala, Lotta alla povertà: le politiche pubbliche per la tutela dei diritti della persona, in W. Rinaldi (a cura di), Giustizia e povertà. Universalismo dei diritti, formazione delle capacità, Bologna, Il Mulino, 2008, pp. 27-62; sull’evoluzione storica delle politiche relative alla povertà, cfr. anche, da ultimo, L. De Carlo, Il contrasto alla povertà in Italia dall’Unità al REI e al RDC, in «Forum di Quaderni costituzionali-Rassegna», 4, 2020, pp. 199-242.
[5] Per quanto riguarda la definizione di «povertà educativa», si è detto che quest’ultima consiste nella «privazione da parte dei bambini e degli adolescenti della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni»; così Save the Children, La Lampada di Aladino. L’Indice di Save the Children per misurare le povertà educative e illuminare il futuro dei bambini in Italia, 2014.
[6] Così Camerlengo, Il senso della Costituzione per la povertà, cit., pp. 23-24; i passi qui citati sono a p. 23. Sulle radici concettuali del diritto all’istruzione nel panorama novecentesco, cfr. ex plurimis A. Poggi, L’istruzione come fattore di partecipazione: le nuove sfide della «complessità», in «Rivista AIC», 1, 2024, pp. 409-425.
[9] Ibidem.
[10] Riguardante, cioè, i giovani che hanno completato un percorso scolastico ma non hanno assimilato in maniera adeguata le competenze di cui, formalmente, dovrebbero essere in possesso; cfr. Openpolis, Sull’abbandono scolastico pesano ancora i divari interni, 25 luglio 2023, https://www.openpolis.it/sullabbandono-scolastico-pesano-ancora-i-divari-interni/.
[11] Così U. Pototschnig, Istruzione (diritto alla), in Enciclopedia del diritto, Milano, Giuffrè, 1973, pp. 96-116; il passaggio qui citato è a p. 100.
[12] Il rischio in questione è sottolineato da M. Rossi-Doria, Povertà educativa e comunità educanti, in «Sicurezza e scienze sociali», X, 2, 2022, pp. 45-59 (ma vedi in particolare p. 46).
[13] La disposizione in questione è stata introdotta nel testo della carta repubblicana dalla legge cost. n. 1 del 26 settembre 2023; sulla riforma costituzionale in questione, cfr., ex multis, E. Battelli, Il riconoscimento del valore educativo e sociale dell’attività sportiva in Costituzione, in «Osservatorio costituzionale AIC», 2, 2024, pp. 26-42; M. D’Amico, Lo sport come diritto della persona. Analisi dei progetti di revisione costituzionale, in «Rivista del Gruppo di Pisa», 1, 2022, pp. 152-167; G. Marazzita, Il riconoscimento del valore costituzione dell’attività sportiva, in «Federalismi.it», 1, 2024, pp. 110-132; L. Melica, Attività sportiva e persona umana: una riforma ambiziosa e lungimirante, in «DPCE», 4, 2023, pp. 5-10.
[14] Così Corte cost., sent. n. 7/1967; il passaggio qui riportato è al punto 3 del considerato in diritto. Sulla distinzione in questione si è scritto, a partire dall’art. 33 Cost., che «Ai soggetti pubblici, per il tramite delle scuole, pertiene essenzialmente la funzione di istruzione degli studenti, che è cosa diversa dall’educazione»: così A. Sandulli, Scuola e istruzione, in Enciclopedia del diritto, I tematici, III, Milano, Giuffrè, 2022, pp. 1015-1037; il passaggio qui riportato è nella pagina iniziale.