Matelda Reho, Filippo Magni (a cura di)
Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/c6
La valutazione strategica opera in domini caratterizzati da obiettivi conflittuali e si può presentare in diverse forme.
{p. 129}Può essere finalizzata alla costruzione di strategie (in caso di assenza o in presenza di istanze che le richiedano), alla loro comparazione o al loro miglioramento (se disponibili e in qualche misura definite). I conflitti possono essere trattati in termini costruttivi (setting) o risolutivi (solving). Nel primo caso può registrarsi una «dilatazione» dell’area del possibile, mentre nel secondo l’attenzione è alle performance.
Con l’evoluzione di teorie e pratiche post-strutturaliste, si sono andati contrapponendo almeno due tipi di strategia. La prima rinvia ad una sorta di gioco con regole, attori (o actant) e poste definiti o comunque definibili. Questo tipo di strategia informa le prime generazioni della pianificazione/valutazione strategica con ricorso ai modelli di scelta sociale, alla teoria dei giochi e delle decisioni. Il secondo tipo di strategia non si avvale di frame, ma tende a costruirli seguendo percorsi di strategic navigation [16]
. Il percorso rinvia al cosiddetto «metodo cartografico» messo a punto da Deleuze e Guattari [17]
, utilizzabile a fini esplorativo-costruttivi nella pianificazione/valutazione strategica. L’itinerario è composto da quattro azioni interagenti. Con la prima (tracing) si identificano i campi semantici e le potenzialità emergenti. La seconda (mapping) riconosce tensioni e possibilità trasformative. La terza (diagrammatic) identifica le forze relazionali in gioco, come potenzialità o emergenze effettive. La quarta segnala se e come possano emergere nuovi assemblaggi, accostamenti e agencement. L’assemblaggio indica network non direzionali, fra gruppi di attori (actant) anche molto diversi fra loro e apparentemente non connessi. L’agencement è la capacità di un gruppo di actant di generare agency e strategia, favorendo o limitando potenzialità. In sintesi, seguendo questo metodo, la prima mossa consiste in una operazione di tracing. Essa viene proiettata in una mappa trasformativa delle potenzialità, evidenziando i diagrammi {p. 130}delle forze relazionali in gioco. Su questa base si costruisce la strategia, come corso di azioni, assieme a relativi scenari di riferimento. La pianificazione strategica ha utilizzato con alterna efficacia questo tipo di valutazione, il cui obiettivo è fornire un aiuto alla selezione di progetti prioritari in risposta a problemi e ad istanze di policy making [18]
. Questi approcci hanno soltanto sfiorato la VAS.
In contesto europeo e con riferimento all’ambiente, la VAS è da tempo obbligatoria per piani e programmi (con l’esclusione di pochi casi) e viene svolta principalmente nella fase di design. Essa tende ad adottare, in prevalenza, il primo modello. Con indagini specifiche di tipo matriciale (raramente di tipo olistico o bio-nomico), verifica la sostenibilità ambientale (declinazione di equità distributiva intertemporale e di efficacia esterna) di scenari e di azioni secondo le due ottiche sopra menzionate. A queste condizioni, la VAS si presenta come azione interna alla costruzione di un piano, di un programma o di una politica; è di tipo formative in quanto accompagna il design e può modificare anche sostanzialmente un processo pianificatorio, i suoi modelli di azione, implementazione e cambiamento; ha carattere anticipatorio, in ragione del suo contenuto strategico; è integrata, in rapporto alla complessa definizione di sostenibilità ambientale che deriva da relazioni fra economia, società, ambiente e istituzioni; è deliberativa per le modalità di costruzione della decisione. Per essere efficace, la VAS attiva forme di institutional design, come i dispositivi di monitoraggio [19]
, e {p. 131}consiglia l’uso di tecniche di scenario writing [20]
coerenti con le azioni da valutare. In certi casi, essa integra concetti di sostenibilità e di sicurezza alimentare.
In prospettiva multicriteriale, la valutazione ambientale può ricorrere a tecniche multidimensionali che consentono la costruzione di funzioni valutative «pluraliste». TEAM (Tool for Environmental Assessment and Management) consente, ad esempio, di trattare simultaneamente problemi di equità, flessibilità e coordinamento. Le strategie vengono confrontate su vettori di performance evidenziando punti di forza e debolezza. Questo tool, utilizzato sporadicamente, si limita alla dimensione esplorativa con operazioni di mapping ed evita di «aggregare» la funzione valutativa per obiettivi di scelta, ordinamento o assegnazione. Può introdurre ad altri strumenti valutativi e decisionali come l’analisi costi-benefici (ACB) allargata, {p. 132}l’analisi dei benefici netti ambientali [21]
e l’analisi a criteri multipli (ACM) [22]
.
Politiche ambientali attente ai cambiamenti climatici (CC) con azioni di mitigazione e adattamento ricorrono spesso ad Integrated Assessment Model (IAM), Integrated Modelling (IM) e ad ACB estese. Con questi strumenti, gli effetti dei CC (temperatura, piovosità, siccità, incendi, variazioni del medio mare, eventi estremi, ecc.), i loro impatti (migrazioni, pandemie, costi, qualità della vita) e le possibili reazioni vengono inseriti in una cornice di valutazione integrata.
IAM e IM catturano in un unico modello le connessioni fra atmosfera, biosfera, economia e società (sotto-modelli). Consentono di generare scenari e itinerari di sviluppo (process-based model), di valutare costi e benefici degli interventi di mitigazione e adattamento e di stimarne gli impatti diretti e indiretti sulla base di modelli econometrici di equilibrio economico generale o parziale.
ACB estesa seleziona il saggio di sconto coerentemente agli scenari e tende a contabilizzare esternalità ambientali, arricchendo la semantica dei criteri unici di sintesi. Sia in IAM/IM che in ACB estesa le strategie di intervento vengono comparate a strategie di inazione.{p. 133}

4. Ipotesi di interazione fra VP e VAS

VP muta con i tipi di paesaggio e con le sue definizioni, ma per le ragioni sopra menzionate è ancora ridotta la sua efficacia nelle pratiche di governo del territorio e deboli i nessi con la VAS. Nelle pratiche di VAS (soprattutto in Italia) si tratta generalmente di «accostamenti» privi di plausibile interpretazione semantica e con limitate validazioni empiriche. Gli accostamenti sono di fatto associazioni tematiche su cui convergono in modo additivo funzioni (o mappe) di compatibilità, di rappresentazione della sostenibilità ambientale e della qualità paesaggistica.
La letteratura documenta alcuni tentativi di superamento di questi limiti, ma con esiti ancora sperimentali e difficili da accogliere in quadri regolativi. Già quarant’anni fa Moss e Nickling [23]
cercavano di equiparare a risorsa ambientale le componenti vedutistiche ed estetiche del paesaggio, con pionieristici sforzi di mapping e di sviluppo del metodo di Leopold. Cassatella e Peano [24]
hanno cercato di valutare la qualità del paesaggio sulla base di indicatori a diverso contenuto semantico, senza arrivare ad una effettiva integrazione fra VP e VAS. Più esplicito e orientato sembra il tentativo di Cutaia [25]
quando cerca di valutare gli effetti di piani e programmi su paesaggio e ambiente. La relazione fra VP e VAS resta tuttavia problematica sia sul versante metrico che su quello semantico anche ricorrendo a indicator-like tool: se è relativamente agevole descrivere aria, acqua, suolo ed altri elementi biotici e abiotici, non lo è altrettanto per le molteplici componenti del paesaggio. Ma, nonostante le difficoltà, emerge una interessante apertura: con le sue componenti percettive, cognitive e storiche, il paesaggio culturale
{p. 134}(cultural landscape) si presta a dialogare con le «figure», arricchendole con una dimensione pluralista che supera di slancio i più comuni limiti tassonomici. In quest’ottica può essere apprezzato il contributo di Niţă e colleghi [26]
, anche se limitato al sapere esperto. L’analisi delle percezioni degli esperti consultati evidenzia due aspetti apparentemente contraddittori: in primo luogo, come il concetto di ambiente comprenda il paesaggio e come ciò muti a seconda dei contesti culturali; in secondo luogo, come il paesaggio possa diventare un descrittore (o criterio) di sintesi quali-quantitativo. Il limite dell’accostamento sta nella riduzione estetica, a visual landscape, senza esplicita connessione con i SE o con i processi metabolici.
Note
[16] J. Hillier, Strategic Navigation across Multiple Planes: Towards a Deleuzean-Inspired Methodology for Strategic Spatial Planning, in «Town Planning Review», 82, 2011, n. 5, pp. 503-527.
[17] G. Deleuze e F. Guattari, A Thousand Plateaus: Capitalism and Schizophrenia [1980], London, Athlone Press, 1987.
[18] La modellistica in proposito è molto sviluppata: dal seminale STRAD (Strategic Adviser) di Friend e Jessop (orientato alla costruzione di strategie) all’interattivo ASA (attori-strategie-azioni) finalizzato alla costruzione di sequenze progettuali sulla base di tre criteri: interesse degli attori ai progetti in termini di ruolo e di disponibilità ad investire proprie risorse (in senso lato); rilevanza del progetto rispetto a obiettivi strategici generali (efficacia strategica); disponibilità di risorse. Per ASA cfr. A. Cecchini, I. Blecic e C. Pusceddu, Il software ASA, in F. Martufi e E. Primavera (a cura di), E-democracy e pianificazione strategica: il progetto e-demps. Pratiche partecipative per decisioni condivise, s.l., Rete delle città strategiche, 2008, pp. 49-54.
[19] Il monitoraggio è una routine diagnostica di un piano o di un programma in corso di attuazione, spesso denominata performance measurement o performance monitoring. Il monitoraggio può essere di sorveglianza, operativo o di indagine. Con il monitoraggio di sorveglianza si rilevano e (se possibile) si misurano variazioni a lungo termine di stati/processi naturali e/o antropici costruendo serie temporali. Questo tipo di monitoraggio viene impiegato per la validazione in itinere ed ex post di valutazioni di impatto e si dimostra utile input per la progettazione di programmi di monitoraggio orientati a specifici fattori, processi o contesti critici. Il monitoraggio operativo misura/mappa uno «stato» o un «processo» rispetto a standard, regole, valori limite, obiettivi o scenari di riferimento. Può evidenziare variazioni di stato o di processo dovute a specifiche azioni. Al monitoraggio di indagine si ricorre quando non sono note le ragioni di eventuali scostamenti, quando il monitoraggio di sorveglianza evidenzia probabilità di scostamento da un obiettivo, da uno standard o da uno scenario di riferimento o nel caso in cui il monitoraggio operativo non sia ancora definito o necessiti di precisazione. Il monitoraggio di indagine è utile nel caso in cui si operi in domini inediti, per valutare ampiezza e impatti imprevisti o accidentali. In generale, la routine di monitoraggio può riguardare processi, realizzazioni (output) o risultati (outcome). Il rapporto con la valutazione è molto stretto in quanto il monitoraggio fornisce elementi utili per configurare plausibili domini criteriali dal punto di vista semantico e metrico, e per apprezzare il valore di ciò che si è ottenuto o perduto; cfr. T.A. Schwandt, Evaluation Foundations Revisited: Cultivating a Life of the Mind for Practice, Stanford, CA, Stanford University Press, 2015, tab. 2, p. 21.
[20] Lo scenario è qui inteso come negoziazione pratica fra proiezioni, previsioni e attese (auspici).
[21] I benefici netti sono la differenza fra benefici e costi che, nei flussi di cassa di ACB, si limitano a voci economiche, le cui stime sono aggiustate con opportuni parametri di correzione, deflazione e sconto. I benefici possono essere stimati anche con modelli di elicitazione diretta e indiretta. NEBA (Net Environmental Benefit Analysis) è una tecnica applicata alla valutazione del contributo che i servizi ecosistemici possono fornire al riconoscimento di Social-Ecosystem (SES), nella costruzione di strategie di piano, nella definizione di land use pattern e nella stima delle loro performance in dominio monetario e non monetario. In particolare, questa tecnica identifica tipi e valori di SE (in termini di capacità e flusso) in funzione di diverse opzioni di uso del suolo e può orientare dispositivi di pagamento (transazione, compensazione, perequazione, e così via). In ogni parcella di spazio naturale, condizioni e tipi di SE sono utilizzati per calcolare l’indicatore DSAY (Discounted Service Acre Year). Pur condividendo alcuni principi di ACB, può essere annoverata fra le tecniche che valutano l’importanza dei SE nella determinazione del benessere sociale e della biodiversità.
[22] Cfr. il manuale predisposto da S. Herrod-Julius, Tool for Environmental Assessment and Management (TEAM), disponibile al link https://cfpub.epa.gov/si/si_public_record_report.cfm?Lab=NCEA&dirEntryId=18547.
[23] M.R. Moss e W.G. Nickling, Landscape Evaluation in Environmental Assessment and Land Use Planning, in «Environmental Management», 1980, n. 4, pp. 57-72.
[24] C. Cassatella e A. Peano (a cura di), Landscape Indicators: Assessing and Monitoring Landscape Quality, Dordrecht, Springer, 2011.
[25] F. Cutaia, The Use of Landscape Indicators in Environmental Assessment, in Id., Strategic Environmental Assessment: Integrating Landscape and Urban Planning, Dordrecht, Springer, 2016, pp. 29-43.
[26] A. Niţă, A. Buttler, L. Rozylowicz e I. Pătru-Stupariu, Perception and Use of Landscape Concepts in the Procedure of Environmental Impact Assessment: Case Study – Switzerland and Romania, in «Land Use Policy», 2015, n. 44, pp. 145-152.