Paolo Conte
Da esuli a francesi
DOI: 10.1401/9788815413031/c8
Infine, l’emigrazione politica si incrociò spesso anche con altre forme di mobilità innescate da ragioni essenzialmente professionali. Soliti ritrovarsi per lo più nel salone di Giulia Beccaria sito in place Vandôme, gli esuli rimasti nella capitale posero le basi per la formazione di nuovi circuiti progressivamente frequentati anche da altri italiani nel frattempo giunti in Francia, come i musicisti napoletani Antonio Pacini e Nicola Raffaele Carli. Il primo, giunto nel 1804, ebbe grande successo sia come compositore sia come professore di canto, mentre il secondo fu, a far data dal 1807, molto attivo come editore di raccolte musicali [29]
. Da questo punto di vista, il riconoscimento ufficiale nel 1801 del Théâtre-Italien fra le quattro principali istituzioni teatrali parigine incentivò ulteriormente l’arrivo di uomini e donne dalla penisola. Non è un caso, pertanto, che anche gli studi sul mondo dello spettacolo abbiano di recente sottolineato come l’emigrazione italiana di questo periodo abbia contribuito alla formazione di quella che fu la «plus importante communauté de musiciens étrangers sous l’Empire et la Restauration» [30]
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2. Una presenza italiana, un impatto francese

Nel settembre 1800, pochi mesi dopo il ritorno repubblicano nella penisola sancito in giugno dalla battaglia di Marengo, Pierre-Louis Ginguené, da poco rientrato a Parigi dalla sua missione diplomatica a Torino, interveniva sulle pagine de «La Décade» per invitare i suoi connazionali a trarre giovamento anche sul piano culturale dal riavvio dei rapporti politici fra Italia e Francia. Nel recensire un recente componimento del poeta Jacques Delille, egli delineava un vero e proprio programma di studi da attuare oltralpe nel nuovo contesto dischiusosi a seguito della riavviata presenza francese nella penisola. A suo avviso, occorreva approfittare delle possibilità offerte da quel contatto per intensificare la conoscenza di un plurisecolare patrimonio culturale, quello italiano, che molto poteva dare a un paese, la Francia, sempre più aspirante al ruolo di potenza europea, ma fino ad allora non molto attento allo studio delle pur importanti produzioni provenienti dall’altro lato delle Alpi:
J’ai eu plus d’une fois l’occasion de remarquer l’ignorance où l’on est en France de plusieurs parties de la haute littérature italienne. [...] Un peuple qui nous a précédés de trois siècles dans les lettres, qui a retiré l’Europe de la barbarie où elle était plongée, qui a rendu au jour la plupart des chefs-d’œuvres anciens et leur a le premier opposé d’autres chefs-d’œuvres, qui parle depuis cinq siècles la plus riche et la plus poétique des langues modernes, ne semble pas mériter notre oubli. Il serait temps de sortir de cette indifférence. S’il n’y a plus d’Alpes pour notre politique et pour nos exploits, y en aura-t-il toujours pour nos études? [31]
Cominciava di lì un lungo quindicennio nel quale proprio tale contatto consentì una generale valorizzazione del patrimonio italiano in terra di Francia. Non a caso, proprio su impulso di Ginguené, dal 1803 il corso di letteratura dell’Athénée di Parigi veniva dedicato all’insegnamento {p. 270}della storia letteraria italiana. Insomma, seppur con gradazioni e peso specifico diverso, in quegli anni le due realtà si condizionarono a vicenda e il loro contatto, non poco alimentato da quegli esuli del 1799 che avevano prolungato la loro permanenza oltralpe, non fu affatto unidirezionale, tant’è che Gilles Bertrand ha potuto sostenere che in tale fase si sviluppò un processo di «italianizzazione della Francia» dovuto soprattutto al ruolo esercitato dai cittadini della penisola nei territori dell’Esagono [32]
.
In questo discorso, proprio la scelta metodologica di soffermarsi non tanto sui flussi dell’esilio nella stagione dell’emergenza, quanto sulle conseguenze della continuazione di quel soggiorno implica la necessità di interrogarsi anche sull’impatto che la comunità italiana ebbe sul contesto francese. Tale approccio, infatti, impone di condurre la ricerca ben oltre lo studio del concreto operato dei singoli italiani oltralpe e di valutare quindi anche le conseguenze che la loro presenza innescò nella produzione culturale e nel dibattito pubblico di parte francese. Tutto ciò significa concepire le attività di questa comunità non solo in un’ottica prettamente nazionale, ossia quali iniziative esclusivamente legate al paese di provenienza, ma anche come una vera e propria vicenda europea, perché in grado di incidere su storia e produzioni di altri paesi, in primis ovviamente quello in cui ci si trovava ad agire.
Da questo punto di vista, l’attenzione che giornali letterari e istituzioni scientifiche dedicarono in quegli anni a tematiche riguardanti la storia d’Italia costituisce una prova estremamente importante della profondità di tale contatto. Ad esempio, nel 1803, lo storico Antoine Fantin-Desodoards, che già negli anni del Direttorio si era dedicato alla ricostruzione del recente passato rivoluzionario, dava alle stampe un’opera in nove volumi, l’Histoire d’Italie, depuis la chute de la République romaine jusqu’aux premières années du XIXe siècle, nella quale ripercorreva le tappe delle vicende che avevano caratterizzato fino ai suoi giorni le diverse domi{p. 271}nazioni straniere nella penisola [33]
. Tuttavia, più che sul suo contenuto, qui interessa soffermarsi sulla relativa ricezione oltralpe, perché essa attesta come l’attenzione all’Italia fosse a sua volta fonte di ulteriori riflessioni e polemiche. Fra i più duri nel giudicare l’opera fu, ancora una volta, «La Décade», che in una recensione apparsa in primavera ne criticò sia l’approssimazione metodologica dovuta alla scarsa predisposizione dell’autore nel lavorare su fonti italiane, sia le conseguenti imprecisioni circa la ricostruzione della recente partecipazione italiana alle vicende rivoluzionarie. Su quest’ultimo aspetto, il giornale sottolineava come nel volume formalmente «consacré à l’histoire d’Italie pendant la révolution» era alquanto scarna l’attenzione alla lotta politica della penisola, mentre con «grande surprise» si trovavano abbondanti descrizioni di avvenimenti legati al più specifico scenario francese, con la conseguenza che cause e caratteristiche del contributo italiano al processo rivoluzionario venivano sensibilmente oscurate [34]
. Ma ancor prima del merito, le critiche all’Histoire erano rivolte al metodo, in quanto la scelta dell’autore di realizzare il lavoro dalla Francia anziché negli archivi italiani era considerata non solo la causa delle carenze contenutistiche in esso presenti, ma anche la conseguenza di un’impostazione concettualmente sbagliata. Infatti, convinto che «une Histoire d’Italie [...] serait ouvrage de la vie entière d’un homme de lettres», il recensore sosteneva polemicamente che «Fantin-Desodoards a voulu être historien sans tant de fatigues», in quanto «ce n’était pas à Paris que l’on pouvait écrire celle [l’histoire] d’Italie, mais sur les lieux même, dans les bibliothèques, les dépôts publics, les archives» [35]
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È significativo, poi, che una simile convinzione metodologica fosse molto condivisa dagli esuli italiani presenti oltralpe. Prova ne sia la circostanza per cui poche settimane {p. 272}dopo la dura recensione del periodico transalpino un altro giornale appena fondato a Parigi, il più volte evocato «La Domenica», tornava sull’Histoire d’Italie per ribadire le critiche già avanzate dal più noto «La Décade». Nel numero 5, pubblicato sul finire di luglio, il giornale italiano rilanciava la polemica storiografica contro Fantin-Désodoards, il quale era, secondo i redattori, reo di aver contravvenuto al fantomatico precetto che imponeva a qualsiasi storico di avere una pur minima conoscenza della «purità della lingua» del paese trattato e che, soprattutto, proibiva di «tessere istorie particolari di Nazioni straniere se egli per lo spazio di vent’anni continui non avrà fatto dimora in que’ paesi». Pertanto, la sua opera era da considerarsi «irrevocabilmente interdetta in Parnaso», poiché l’autore aveva egli stesso confessato che «non viaggiò, né abitò l’Italia»: la principale colpa di Fantin-Désodoards, dunque, era di aver fabbricato «la sua storia come Cartesio il suo sistema di cosmogonia», ma «così può farsi un romanzo, non una storia» [36]
.
Oltre a «La Décade», furono anche altri i protagonisti transalpini di questo contatto con l’Italia. Si tratta di personaggi in gran parte qui evocati e che, proprio attraverso la concreta frequentazione di uomini e donne della penisola, contribuirono in prima persona ad alimentare l’interesse dell’opinione pubblica francese per il patrimonio letterario italiano. È il caso dell’ex convenzionale Bertrand Barère, che, sulla spinta dell’amicizia con l’esule romano Francesco Gianni, nella stagione imperiale si dedicò alle traduzioni di testi italiani dal chiaro carattere politico quali, oltre alle opere encomiastiche di quest’ultimo, i recenti lavori di Vincenzo Cuoco, ossia il Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli e il Platone in Italia [37]
. Ulteriori esempi sono forniti sia da quell’Artaud de Montor che nella Parigi dei primi anni Dieci {p. 273}consacrò intensi sforzi alla pubblicazione di un’edizione francese della Divina Commedia [38]
, sia dall’editore e libraio Louis Fayolle, indiscusso punto di riferimento per autori e lettori italiani in Francia.
Quest’ultimo, infatti, dopo essersi trasferito dalla natia Lione a Parigi nel 1797, sin dagli anni del Consolato aveva intensificato la sua attenzione verso le produzioni della penisola, per poi fare della sua libreria, sita nella prestigiosa rue Saint-Honoré, una sorta di vero e proprio centro di ritrovo della comunità peninsulare, oltre che il cuore della distribuzione di varie tipologie di testi italiani. In quegli anni, egli procedette sia a editare i lavori di Biagioli e di Pio, sia a gestire la vendita di opere – tanto in italiano, quanto in francese – di autori classici della penisola [39]
. Nei suoi cataloghi erano presenti le Opere Complete di Ludovico Ariosto in un’edizione veneziana del 1798 e le traduzioni francesi di Tacito dell’anno successivo; le copie italiane del Dei Delitti e delle Pene di Cesare Beccaria e le cinquecentesche edizioni dell’Alighieri e del Petrarca curate dal Vellutello; la Raccolta di tutte le opere teatrali di Carlo Goldoni e i volumi delle Œuvres di Machiavelli nell’edizione parigina tradotta da Charles-Philippe Guiraudet proprio nei mesi dell’espansione repubblicana nella penisola [40]
. Dunque, quello di Fayolle si configurava come un patrimonio librario non solo straordinariamente sensibile alla letteratura italiana, ma anche piuttosto ricco delle edizioni date alle stampe, in Italia come in Francia, negli anni del Direttorio (e del Triennio), ossia quando egli aveva avuto modo di avviare la conoscenza di personalità e vicende dell’altro lato delle Alpi.
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Note
[29] Per altri esempi si rimanda a E. Cazzato, Chronicles of Two Piedmontese in Paris: The Stage Designer Ignazio Degotti (1758-1824) and the Composer Gian Battista Viotti (1755-1824), in I. Yordanova e C. Fernandes (a cura di), «Padron mio colendissimo…»: Letters about Music and the Stage in the 18th Century, Wien, Hollitzer Verlag, 2021, pp. 655-704.
[30] M. Cailliez, Les acteurs italiens de la vie musicale en France au XIXe siècle. Approche prosopographique et analyse des réseaux, in Colin, Fournier-Finocchiaro e Tatti (a cura di), Entre France et Italie, cit., pp. 17-34.
[31] «La Décade», 30 fruttidoro VIII (17/09/1800), p. 531.
[32] Bertrand, Les années Napoléon, cit., p. 93.
[33] A. Fantin-Desodoards, Histoire d’Italie, depuis la chute de la République romaine jusqu’aux premières années du XIXe siècle, Paris, Perlet, 1803.
[34] «La Décade», 10 floreale XI (30/04/1803), pp. 206-210.
[35] Ibidem, pp. 207-208.
[36] «La Domenica. Giornale letterario-politico», n. 5, 31 luglio 1803.
[37] F. Gianni, La Bataille d’Austerlitz, chant improvisé traduit en français par M. Bertrand Barère, Paris, J.-L. Scherff, 1806; Id., La Prise de Vienne, chant improvisé, traduit en français par M.B. Barère, Paris, Gratiot, 1805; V. Cuoco, Histoire de la Révolution de Naples, traduite de l’italien sur la seconde édition, Paris, Collin, 1807; Id., Le voyage de Platon en Italie, traduit de l’italien par B. Barère, Paris, Arthus-Bertrand, 1807.
[38] A.-F. Artaud de Montor, Le Paradis, Paris, Treuttel-Wurtz, 1811; L’Enfer, Paris, Smith-Schoell, 1812; Le Purgatoire, Paris, Blaise-Pichard, 1813.
[39] G. Biagioli, Tacito volgarizzato da Bernardo Davanzati, Parigi, Fayolle, 1804; Id., Grammaire italienne élémentaire et raisonnée, suivie d’un traité de la poésie italienne, Paris, Fayolle, 1805; L. Pio, Lettere italiane di più distinti scrittori, Paris, Fayolle, 1807; Id., Scelta di alcune commedie del Goldoni, per uso de’ dilettanti della lingua italiana, Paris, Fayolle, 1810.
[40] BNF, Catalogue des livres de fonds et d’assortiment français et italiens, de L. Fayolle, libraire à Paris.