Sindacato e rappresentanze aziendali
DOI: 10.1401/9788815412324/a2
Se talvolta ci siamo domandati
perché i lavoratori abbiano tanta ritrosia a sostenere finanziariamente il
sindacato, abbiamo dovuto onestamente individuare una delle ragioni di fondo nel
fatto che essi, una volta consegnati i loro quattrini, ne perdono
¶{p. 244}qualsiasi possibilità di controllo diretto o indiretto. I
lavoratori in tanto pagano in quanto sappiano a che cosa servono in concreto i loro
quattrini; in tanto pagano di più in quanto possono rendersi conto di quelle che
sono le ulteriori esigenze di spesa; soprattutto pagano e pagano di più se abbiano
una voce in capitolo nella gestione dei mezzi del sindacato. Questo sia
indirettamente attraverso gli organi che essi esprimono (Consiglio direttivo
provinciale), sia direttamente nell’ambito della loro primaria unità associativa.
Qualcuno potrebbe obiettare che
tutto ciò, tutta questa esaltazione della responsabilità e dell’autonomia delle
strutture associative di base rischia di portare all’aziendalismo sindacale, alla
frantumazione di quella più vasta e indefettibile solidarietà che deve cementare in
vincolo associativo unitario tutti i lavoratori.
Non avremmo difficoltà a
replicare che la minaccia fondamentale alla unità generale dei lavoratori, la causa
determinante della frantumazione aziendalistica è proprio in quelle tendenze
corporative e integrazionalistiche della azienda moderna, rispetto alle quali
abbiamo ritenuto di individuare nel fatto associativo l’antidoto più efficace.
Del resto l’esperienza ci
insegna molte cose al riguardo: non possiamo dimenticare che l’aziendalismo più
deteriore è allignato proprio là dove, a causa della carenza associativa del
sindacato, esso ha potuto utilizzare uno dei suoi strumenti più tipici e congeniali:
la Commissione interna, quando non addirittura, la disponibilità di mezzi realizzata
con il favore della controparte.
Nella SAS la garanzia contro le tendenze aziendalistiche e qualunquistiche.
Né possiamo dimenticare che
proprio la mancanza di qualificate ed efficienti strutture di base ha determinato,
purtroppo con notevole frequenza, quei fenomeni di anarchismo sindacale, quegli
episodi di rivolta più o meno legati al generico malcontento di massa, quelle
iniziative di lotta, pure, più mature e consapevoli che, per essere nate e maturate
al di fuori del dibattito e del coordinamento sindacale, hanno finito per esaurirsi
in uno sterile rivendicazionismo aziendalistico sperperando e bruciando un
potenziale di lotta che avrebbe dovuto essere incanalato e orientato secondo le
prospettive generali e specifiche del sindacato.
È solo entrando
nell’associazione e partecipando della sua vita come soggetto di libertà e di
autonomia che il lavoratore riesce a ¶{p. 245}rompere la frontiera
dell’azienda e a sperimentare al di là di essa la identità della sua sorte con
quella di milioni di lavoratori delle altre aziende e delle altre categorie.
È per questa via che l’apporto
delle sue scelte e delle sue energie diventa patrimonio comune di tutto il
movimento, allo stesso modo che è per questa via che la esperienza e la cultura del
movimento arricchiscono di idealità e di contenuti nuovi la sua personale cultura ed
esperienza…
Finché questo sarà, nella più
assoluta coerenza, il filo conduttore di ogni nostro ragionamento e di ogni nostra
azione, ogni preoccupazione di aziendalismo, per quanto ci riguarda, non avrà
fondamento alcuno e questo proprio nella misura in cui rafforzeremo e qualificheremo
la nostra presenza organizzata all’interno dell’azienda.
Del resto, l’affidamento che la
CISL ha ritenuto di fare in linea esclusiva al Sindacato provinciale di categoria
della funzione di agente contrattuale per le negoziazioni a livello aziendale
costituisce una precisa e inequivocabile garanzia formale perfettamente conforme a
quella autentica e reale garanzia che è rappresentata dagli indirizzi di fondo
dell’organizzazione.
Se dunque è in questo senso e
in questa direzione che la organizzazione deve crescere e qualificarsi e se ogni
contraria direzione di marcia porta a quei micidiali vizi del sindacato che sono il
burocratismo e il paternalismo, non possiamo tuttavia nasconderci che le difficoltà
sono ancora piuttosto notevoli anche se, a nostro avviso, lo sono molto meno che per
il passato…
Le CI oggi.
Collegato a questo aspetto del
problema è quello del ruolo e delle funzioni della CI. Riteniamo che le affermazioni
di principio acquisite in ordine al riconoscimento del ruolo del sindacato abbiano
notevolmente contribuito, come abbiamo già avuto occasione di notare, a
sdrammatizzare il problema. I lavoratori mostrano di fatto di aver preso coscienza
dei suoi reali termini nel senso che la CISL aveva da lungo tempo indicato, e i loro
atteggiamenti, di consenso o di dissenso, di critica o di sostegno, investono in
maniera crescente il sindacato, accreditando alla Commissione interna un ruolo
riflesso ed ausiliario.
Crediamo che nella misura in
cui porteremo avanti, accelerandola, questa tendenza sul piano della concreta
attuazione dei nostri indirizzi di politica sindacale e organizzativa, il grande
¶{p. 246}dilemma che ha animato per molti anni il dibattito
sindacale nel nostro Paese troverà la sua definitiva chiarificatrice risposta. Per
questa ragione crediamo che esso abbia, già oggi, perduto molto di attualità e di
drammaticità, per cui non riteniamo che sia il caso di rifomentarlo sollecitando
artificiosamente conflitti o polemiche che il nostro impegno e la evoluzione delle
cose mostrano di essere in grado di superare. Del resto le più recenti posizioni
della CGIL in materia, che costituiscono almeno in parte significativi
riconoscimenti del nostro discorso, hanno in larga misura smorzato il tono delle
polemiche per la resa del nostro più diretto e accanito interlocutore. Se questo è
vero, i problemi più difficili e le difficoltà vere da superare, perché la struttura
associativa si evolva secondo la linea che abbiamo tracciato, sono quindi piuttosto
al nostro interno che nelle condizioni ambientali esterne.¶{p. 247}
Dalla relazione introduttiva di Trentin al XIV Congresso nazionale della FIOM-CGIL, 1964 (Atti), pp. 59-63.
La costruzione della Sezione
sindacale aziendale non può essere per noi, semplicemente, un obiettivo di completamento
di una nostra struttura organizzativa; non può essere da noi considerato soltanto un
mezzo per realizzare nel modo migliore il tipo di iniziativa rivendicativa che abbiamo
condotto in questi anni. Essa è invece, a nostro avviso, una condizione essenziale per
applicare il contratto dei metallurgici. È la condizione senza la quale la politica
rivendicativa da noi faticosamente costruita in questi anni non può avere prospettive di
durata, di affermazione e di vittoria. Questa è la realtà con la quale dobbiamo fare i
conti in questo nostro dibattito.
Noi dobbiamo prendere coscienza,
alla luce soprattutto dell’esperienza di questi mesi, che la struttura organizzativa
tradizionale del sindacato — Segreteria nazionale, Segreterie, apparati provinciali,
leghe — non sono più in grado di assicurare ad un tempo la elaborazione delle
piattaforme rivendicative specifiche in ogni fabbrica, o almeno nelle fabbriche grandi e
medie, per quanto riguarda i cottimi, i premi, le qualifiche, l’orario, ecc. e, d’altra
parte, la condotta dell’azione su scala aziendale ed il suo coordinamento a livello di
gruppo, di settore o di zona, e, ancora, la condotta delle trattative che riguardano
ogni singola vertenza, sulla base di una informazione e consultazione permanente dei
lavoratori interessati.
Dobbiamo, cioè, prendere atto che
abbiamo evocato con questa contrattazione articolata delle forze che sono più grandi e
più complesse di quella che è oggi la nostra struttura organizzativa e che questa entra,
oggi, in una crisi che è sì di crescenza, ma che è pur sempre una crisi vera e propria,
alla quale dobbiamo porre rimedio nei tempi più brevi.
Vi è poi un’altra considerazione,
forse più di fondo: la natura degli obiettivi che ci poniamo a livello aziendale. Non
sono più obiettivi semplici ed elementari come un tempo. Sono obiettivi che comportano a
volte — se pensiamo ai cottimi, ai premi, alle qualifiche — una elaborazione complessa.
Una elaborazione cioè che non richiede soltanto dei tecnici e dei quadri sindacali
quali¶{p. 248}ficati, perché questa è la difficoltà, anche se molto
seria, meno grave da superare; ma che ci pone anche un problema politico essenziale:
quello che i lavoratori partecipino sin dall’inizio alla elaborazione delle
rivendicazioni del sindacato, che sentano come loro il tipo di soluzione, anche tecnica,
che viene elaborata per ognuno dei problemi rivendicativi affrontati dal sindacato.
Senza di questo noi non avremo una
lotta rivendicativa, sindacale, degna di questo nome; appoggiata e sostenuta con una
partecipazione democratica, di massa, dei lavoratori interessati.
Ecco dunque il problema della
democrazia sindacale che nasce come una necessità vitale per la nostra Organizzazione in
questa fase. Ecco perché non possiamo più ridurci a consultare i lavoratori sulle nostre
proposte rivendicative, ma abbiamo bisogno, invece, di associarli, fin dall’inizio, alla
ricerca, alla elaborazione delle rivendicazioni che presenteremo sui premi, sui cottimi,
sull’orario, sulle qualifiche; affinché tutti insieme colgano, con noi, quali sono gli
obiettivi discriminanti della necessaria azione sindacale.
Il ruolo insostituibile della Sezione sindacale aziendale.
È necessario, quindi, fin da
ora, senza stabilire astrattamente un prima ed un poi, far coincidere la nostra
iniziativa per l’applicazione integrale del contratto di lavoro con la pressione
sindacale, per imporre la Sezione sindacale aziendale, quale agente contrattuale, in
prima istanza, del sindacato nelle principali vertenze, almeno nelle grandi
fabbriche. Questo deve essere il nostro obiettivo: aprire all’indomani del Congresso
la battaglia per imporre la Sezione sindacale aziendale, come legittimo
rappresentante dei lavoratori nelle vertenze che discendono dal contratto, nelle
grandi fabbriche, affidando ad essa, cioè, la direzione effettiva della politica
rivendicativa della FIOM nelle grandi fabbriche metalmeccaniche.
Noi sappiamo di avere, su
questo punto, delle divergenze con una organizzazione che pure è stata ed è con noi
nell’azione per imporre l’applicazione integrale del contratto di lavoro: con la
FIM-CISL. Noi riteniamo però che le preoccupazioni che abbiamo esposto qui e che
nascono, in primo luogo, da considerazioni molto concrete sulle sorti stesse della
politica di contrattazione articolata, non possono essere sottovalutate dalla
FIM-CISL.
Tutti i sindacati, amici della
FIM-CISL, si ritrovano oggi di fronte al pericolo di una paralisi nell’applicazione
del contratto
¶{p. 249}o di una sua applicazione unilaterale, che
danneggerebbero tutti i lavoratori senza distinzioni!
Note