Roberto Ricci
Le competenze digitali nella scuola
DOI: 10.1401/9788815412270/c4
Il piano strategico attraverso il quale la scuola progetta e realizza la transizione al digitale è un documento nel quale è espressa la visione d’istituto, soprattutto per quanto riguarda la dimensione didattica e pedagogica all’interno della quale si collocano le tecnologie digitali con le loro potenzialità, i loro limiti e anche i loro pericoli. Si tratta di un documento
{p. 296}che esprime come la singola scuola intende declinare nel suo specifico quotidiano le indicazioni ministeriali e dell’amministrazione scolastica, ma soprattutto che deve dare ragione di come sono messe in pratica le principali evidenze scientifiche e metodologiche nell’ambito della promozione delle competenze digitali, latamente intese. È infatti importante che la transizione al digitale avvenga anche attraverso la seria e approfondita considerazione delle evidenze scientifiche disponibili, soprattutto sotto il profilo educativo e didattico [Nicolli 2018].
Nel piano strategico d’istituto le responsabilità sono individuate in modo chiaro al fine di evitare che determinati processi non siano adeguatamente presidiati, monitorati e, infine, anche valutati. A questo riguardo è determinante definire gli standard di riferimento che devono essere individuati rispetto alle competenze del DigComp 2.2 che la scuola decide di prendere in carico, fissando e motivando il profilo di uscita atteso per gli studenti e le studentesse nei diversi gradi scolastici. Per quanto invece riguarda il corpo docente il piano strategico contiene qual è il profilo di competenza atteso dei propri docenti, con quali tempi e con quale processo di formazione si intende raggiungere tali traguardi, anche mediante passaggi autovalutativi, perlomeno in una fase iniziale, che possono essere realizzati con strumenti come il Selfie, messo a disposizione gratuitamente dalla Commissione europea.
Infine, ma non da ultimo, attraverso il proprio piano strategico la scuola garantisce l’apertura verso l’esterno poiché l’educazione digitale e l’acquisizione delle relative competenze è una dimensione che riguarda tutti e non può essere limitata solo ad alcune figure, per quanto importanti e determinanti nella vita di ciascuna scuola. È infatti fondamentale che tutti e ciascuno contribuiscano al piano strategico, soprattutto per le dimensioni etiche ed educative che esso necessariamente attraversa.{p. 297}

2.1.2. Pratiche di insegnamento e apprendimento

Il DigCompOrg intende rimarcare che la transizione digitale, ancora prima che una questione tecnica e tecnologica, è un processo di trasformazione metodologica che implica una rivisitazione delle pratiche di insegnamento, ma soprattutto una collazione di senso pedagogico e didattico delle scelte effettuate. Se non avviene questo passaggio, l’introduzione delle tecnologie digitali si può addirittura tradurre in un fattore di conservazione e non di innovazione. È esperienza comune assistere alla presentazione di tecnologie digitali per la scuola che sono estremamente innovative dal punto di vista tecnico-operativo, ma che sottendono prassi didattiche estremamente antiquate o, perlomeno, che mancano di fare tesoro di metodi noti da tempo nelle scienze dell’educazione. È quindi necessario, a tutti i livelli, non solo di singola scuola, aprire campi di contaminazione in cui la tecnologia e la pedagogia si mettono in una posizione di reciproco ascolto e si contaminano positivamente.
L’elemento tematico «pratiche di insegnamento e apprendimento» si compone di 2 sottoelementi e di 12 descrittori [2]
:
1. le competenze digitali vengono valorizzate, misurate e valutate;
2. i ruoli e gli approcci pedagogici vengono ridefiniti e ampliati.
Nel proprio piano strategico la scuola definisce a quale quadro di riferimento si riferisce per la definizione, la promozione e il consolidamento dei profili di competenza digitale del proprio personale e delle studentesse e degli studenti. In base ai recenti dispositivi normativi, le scuole sono chiamate a certificare le competenze digitali dei propri allievi e delle proprie allieve. Se da un lato questa scelta rimarca l’importanza che l’ordinamento attribuisce alle competenze digitali, dall’altro servono soluzioni adeguate a fare sì che la certificazione delle competenze sia appropriata, informativa e solida. Non è sufficiente prevedere un modello certificativo, ma occorre specificare in base a quali crite{p. 298}ri la certificazione viene effettuata. Se non si va in questa direzione, la certificazione delle competenze digitali sarà l’ennesimo atto formale e adempitivo, di limitato valore orientativo e che, ancora una volta, favorirà nei fatti quella parte della popolazione scolastica che ha maggiori strumenti economici, ma soprattutto culturali.
Il sottoelemento 1 usa tre verbi che segnano la strada che una scuola dovrebbe seguire, almeno nel medio termine, per giungere alla certificazione delle competenze digitali delle studentesse e degli studenti, ma anche del proprio personale: a) valorizzare; b) misurare; c) valutare.
In primo luogo, il piano strategico deve attribuire un valore alle competenze digitali che intende promuovere, soprattutto effettuando una scelta, non definitiva, ma mai casuale, tra quelle elencate nel DigComp 2.2 o in qualsiasi altro quadro di riferimento preso come base del proprio piano strategico. È inverosimile che una scuola possa impegnarsi su tutte le 21 competenze del DigComp 2.2 per i propri allievi e le proprie allieve. La scelta su quali puntare è fondamentale e fornisce un’idea chiara delle scelte educative e pedagogiche della scuola. Il piano strategico contiene l’elenco delle competenze che si intendono sviluppare e la ragione della scelta in relazione al disegno educativo-pedagogico generale d’istituto.
La promozione e lo sviluppo effettivo delle competenze digitali non possono avvenire se i docenti non hanno essi stessi acquisito le competenze necessarie per realizzare questo obiettivo così importante e sfidante. Il piano strategico contiene anche il profilo atteso di competenze digitali dei docenti, come esso viene promosso, qual è il livello di padronanza al quale la singola scuola punta, in quanto tempo, per quali tipologie di docenti e così via. In questa prospettiva il DigCompEdu (vedi cap. 3) è un quadro di riferimento di straordinario valore per le scuole che vogliano veramente promuovere le competenze digitali dei loro docenti.
Una volta che le competenze digitali sono state selezionate e a esse è stato attribuito un valore pedagogico ed educativo all’interno del curricolo d’istituto, esse vanno misurate con strumenti e modalità adeguati, sia per gli stu{p. 299}denti e le studentesse, sia per il personale della scuola. La misurazione delle competenze digitali non può avvenire in modo impressionistico e necessita di alcune caratteristiche se si vuole che essa abbia un valore sostanziale e non solo formale o burocratico.
A grandi linee è possibile immaginare tre livelli di misurazione delle competenze digitali che possono essere interpretati come un percorso di gradualità temporale che dà ragione di un processo progressivo di attuazione del piano strategico di scuola per le competenze digitali.
Il primo livello è quello dell’autovalutazione mediante strumenti che chiedono al rispondente (discente o docente) di esprimersi su atteggiamenti, abitudini, prassi, convinzioni, ma senza verificare direttamente lo svolgimento di compiti corrispondenti alle competenze digitali oggetto d’interesse. In uno stadio iniziale, di primo avvio, questo approccio è molto utile poiché avvicina gradualmente le persone al tema delle competenze digitali e le invita all’autoriflessione. Lo strumento Selfie messo a punto dalla Commissione europea per i docenti e gli studenti e le studentesse rappresenta un’opportunità di straordinario valore poiché l’autovalutazione, per quanto indiretta e non soggetta ad alcuna verifica esterna, non avviene in modo totalmente soggettivo, ma lungo opportune dimensioni e aspetti che sono il frutto di un lungo processo di riflessione e di ricerca scientifica. Sostanzialmente, il Selfie segue una metodologia molto simile a quella adottata dalle scuole per il rapporto di autovalutazione (RAV), introdotto nel sistema scolastico italiano dal d.p.r. n. 80/2013 [Commissione europea 2023b].
Il secondo livello di misurazione prevede un passaggio ulteriore, ossia l’autovalutazione attraverso strumenti autosomministrati ma che richiedono al rispondente (discente o docente) di cimentarsi direttamente su compiti che misurano le competenze digitali oggetto d’interesse, possibilmente in relazione con la scala dei livelli di padronanza previsti per gli studenti e le studentesse dal DigComp 2.2 [3]
e per i docenti dal {p. 300}DigCompEdu [4]
. Strumenti di questo tipo non sono facilmente reperibili e dovrebbero essere predisposti da soggetti in grado di realizzare prove appropriate sia dal punto di vista delle competenze digitali in senso stretto, sia dal punto di vista più propriamente psicometrico-misuratorio. La disponibilità di strumenti di questo tipo favorisce la valutazione formativa poiché consente agli interessati di misurare in modo appropriato il livello di competenza raggiunto e di intraprendere azioni per raggiungere il livello di padronanza auspicato o prescritto. Nel caso italiano, i due soggetti maggiormente deputati alla produzione di questi strumenti sono Invalsi e Indire che, ciascuno secondo le proprie finalità istituzionali, ma in piena sinergia, dovrebbero mettere a disposizione del sistema educativo un repertorio di strumenti di misurazione, corredati di un’ampia e ricca documentazione didattica e metodologica a supporto delle azioni didattiche che i loro esiti potrebbero stimolare.
Il terzo livello, infine, è quello della misurazione delle competenze digitali attraverso strumenti somministrati dall’esterno e che chiedono al rispondente di dar prova delle competenze effettivamente raggiunte [Gui, Assirelli e Gerosa 2022]. In questo modo è possibile immaginare un’attestazione di competenze in senso proprio, simile a quello che avviene per le certificazioni linguistiche rilasciate rispetto ai livelli del QCER. Prove di questo tipo devono essere prodotte, somministrate e valutate da soggetti che ne abbiano le competenze tecniche e scientifiche a livello nazionale, in grado di gestire la somministrazione a centinaia di migliaia di soggetti. Per quanto in astratto potrebbero essere diversi i soggetti in grado di realizzare un’operazione di questo tipo, al momento in Italia l’unico ente in grado di farlo, oltretutto in modo gratuito per tutti i discenti e docenti interessati è Invalsi che svolge già questo compito per le prove nazionali di Italiano, Matematica e Inglese, previste dal d.lgs. n. 62/2017.
Il secondo sottoelemento (i ruoli e gli approcci pedago
{p. 301}gici vengono ridefiniti e ampliati) si ricollega strettamente al primo elemento tematico e, più nello specifico, al piano strategico-operativo di cui la scuola si dota per la definizione del proprio curricolo d’istituto. Attraverso la definizione del curricolo digitale d’istituto, rigorosamente inteso come parte integrante del curricolo generale della scuola, l’istituzione scolastica mette a fuoco la possibilità e l’opportunità di usare le risorse digitali per rivedere e potenziare le proprie pratiche didattiche, opportunamente inserite all’interno della riflessione pedagogica alla base del proprio progetto educativo. Anche attraverso la grande disponibilità di dati, per mezzo delle potenzialità straordinarie di flessibilità consentite dal digitale, la scuola progetta e riprogetta la propria didattica per garantire una fattiva e concreta inclusione, agita con lo scopo di elevare i livelli di apprendimento delle studentesse e degli studenti e non di derubricare la tensione verso risultati di valore elevato per tutte e per tutti. Mediante la cura di questo sottoelemento la scuola può mettere a tema tutta la sfera etica, della responsabilità verso sé stessi e verso gli altri. Si tratta di una parte fondamentale del progetto educativo di scuola poiché un cittadino digitale non può realmente dirsi tale se non ha una solida conoscenza e consapevolezza di questi aspetti.
Note
[2] Per i singoli descrittori si rinvia al DigCompOrg.
[3] Il DigComp 2.2 prevede 8 livelli di padronanza: Base 1 e 2, Intermedio 3 e 4, Avanzato 5 e 6, Altamente specializzato 7 e 8.
[4] Il DigCompEdu prevede 6 livelli di padronanza: Novizio (A1), Esploratore (A2), Sperimentatore (B1), Esperto (B2), Leader (C1), Pioniere (C2).