Giulia Guglielmini, Federico Batini (a cura di)
Orientarsi nell'orientamento
DOI: 10.1401/9788815411648/c2
Già allora, come ricordano anche Guichard e Huteau [2001], nel declinare le fasi dell’orientamento, Parsons sosteneva la necessità di partire dalla «domanda» del cliente e dalla possibilità di «permettergli di trarre il meglio dalle carte che aveva in mano, tenendo conto delle limitazioni che gli venivano imposte dai contesti in cui si trovava. Implicitamente, il modello dominante era quello di un adattamento al mondo così com’è» [ibidem, 31].
{p. 60}
Mentre l’orientamento a scuola rimane fermo il mondo dell’educazione si evolve. Il mondo è in costante evoluzione. E ragionando in termini educativi oggi appare evidente che si devono abbandonare vecchie strade, quelle azioni che avevano tanto spazio un tempo, come affermano Aktürk, Talan e Cubukcu [2022], che potremmo considerare prima «Educazione 1.0», quando la conoscenza veniva semplicemente trasmessa dall’insegnante allo studente, che rimaneva di fatto relegato al ruolo di recettore passivo di informazioni, e poi «Educazione 2.0» che aggiunge a quanto sopra l’idea che tutti hanno delle possibilità di apprendimento a patto che si faccia ricorso a strumenti idonei e a insegnanti ben formati e organizzati [4]
.
Con l’Educazione 3.0, hanno iniziato a prendere corpo quelle visioni dell’insegnamento che poneva al centro lo studente con i suoi processi di autoapprendimento, di soggetto «produttore di informazioni» e non solo «consumatore di informazioni». In questo periodo, con la diffusione anche nelle scuole di tante pratiche psicodiagnostiche che consentivano autovalutazioni (ad es. delle proprie preferenze, delle proprie abilità di problem solving, delle proprie motivazioni, ecc.) e con il supporto delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, è emerso un modello educativo di tipo informativo ed interattivo.
Oggi, con l’inizio del XXI secolo, siamo passati all’«Educazione 4.0», più attenta all’innovazione; si ricorre
ad applicazioni innovative ricorrendo ai big data, codifica robotica, realtà aumentata/virtuale, intelligenza artificiale, nanotecnologia, cloud computing, Internet delle cose, l’era digitale che influenzano la nostra vita quotidiana. Tali applicazioni supportate dalla tecnologia sono i concetti di base dell’Istruzione 4.0 che […] offrono agli studenti l’opportunità di apprendere al proprio ritmo e da soli [ibidem, 580].{p. 61}
Tutto questo già segna uno scollamento, una distanza sostanziale fra i temi dell’educazione e quelli dell’orientamento, un processo che guarda indietro e uno che cerca di guardare avanti, che non possono che incidere negativamente sulla formazione delle giovani generazioni. E l’invito qui è quello di superare questa impasse, di trovare nuovi allineamenti, di impegnare le diverse forze su quella che possiamo chiamare Società 5.0, che richiede ulteriori passi avanti e investimenti da parte di tutti.
Stiamo andando verso la Società 5.0. La Società 5.0 è quella alla quale dovrebbe guardare chi si sta occupando oggi di futuro; essa necessita di nuove consapevolezze che stanno portando ad aspirare, come sostengono molti [ad es. De Felice, Travaglioni e Petrillo 2021; Žižek, Mulej e Potočnik, 2021], a una società che arrivi addirittura a superare l’antropocentrismo, mettendo insieme progresso economico e tecnologico con la risoluzione dei problemi ecologici e sociali. Di essa ne parla per la prima volta il governo giapponese nel 2016 presentando le proprie linee guida in materia di innovazione e definendola, l’anno successivo, come una Smart Society che
sarà centrata sull’uomo che, attraverso l’alto grado di fusione tra cyberspazio e spazio fisico, sarà in grado di bilanciare il progresso economico con la risoluzione dei problemi sociali fornendo beni e servizi che affrontano in modo granulare molteplici bisogni latenti indipendentemente dal luogo, dall’età, dal sesso o dalla lingua per garantire che tutti i cittadini e tutte le cittadine possano condurre una vita di alta qualità, piena di comfort e vitalità [Council for Science, Technology and Innovation. Cabinet Office 2015].
Questa definizione ruota attorno a due importanti convincimenti:
  1. in primo luogo, ci dice che la Società 5.0 è una società sostenibile, che bilancia la risoluzione dei problemi sociali (gli interessi della società nel suo complesso) con il bisogno di sicurezza e comfort delle persone (interessi degli individui), che punta ad affrontare i cambiamenti climatici, {p. 62}con l’idea di andare oltre la società a basse emissioni di carbonio, verso la società a zero emissioni di carbonio;
  2. in secondo luogo, la Società 5.0 deve essere una società inclusiva, che accoglie le differenze e una molteplicità di preferenze, tesa a garantire libertà di scelta e stili di vita e possibilità di godersi hobby e tempo libero, e stimolare l’idea di una vita che non ruota solo attorno al lavoro.
Se la Società 4.0 con la sua Industria 4.0 punta essenzialmente alla produzione e ai profitti, la Società 5.0 punta alla felicità tramite il superamento di quel paradigma prettamente occidentale e neoliberale che ruota attorno al binomio, piuttosto rozzo, come viene considerato generalmente dalla cultura orientale, dei premi e delle punizioni. Sebbene sia vero che nessuna società potrebbe continuare ad esistere in assenza di un sistema di ricompense e punizioni, è necessario controllare e programmare monitoraggi puntuali alla loro assegnazione e distribuzione in quanto questa trappola potrebbe minare dalle fondamenta la stessa Società 5.0. Essa punta sulla libertà e autonomia delle persone a proposito delle loro scelte e del loro diritto
 
ad agire in modo fedele alle proprie inclinazioni e ai propri valori. Tutto questo perché una volta che le persone iniziano a credere che il loro comportamento sia condizionato da ricompense o da punizioni, possono perdere la loro motivazione intrinseca nel perseguire i propri obiettivi e a manifestare segni di reattanza [5]
[Deguchi e Karasawa 2020, 160].
Come sostiene Goede [2020] si tratta di rigettare i punti cardine del mercato neoliberista centrato sull’individualismo in favore della capacità di superare con maggior fermezza la contrapposizione dell’Io vs il Noi, dell’Ovest contro l’O{p. 63}riente, del Nord vs il Sud, delle nuove generazioni contro tutte quelle precedenti accusate di essere al centro della distruzione sociale e ambientale.
La realizzazione della Società 5.0 chiede alla scuola e all’orientamento di diventare anch’essi 5.0. Per quanto riguarda la scuola, anche se qui non riusciamo ad approfondire il punto, diventerà sempre più 5.0 se farà via via più ricorso alle pratiche laboratoriali smettendola di utilizzare osservazioni e interventi con le intenzioni del valutatore e del certificatore di impronta essenzialmente neoliberista. Il Giappone oltre ad essere stato il primo a parlare di Società 5.0 sta ad esempio sperimentando un nuovo tipo di scuola con l’introduzione di un programma innovativo denominato Brave Change che, come ricorda Favola [2023], mira a formare gli studenti a diventare non solo cittadini giapponesi, ma cittadini del mondo, aperti a una cultura diversa, competenti nell’utilizzo delle tecnologie e consapevoli dei valori etici e sociali. Qui l’obiettivo principale è quello di fornire ai giovani una prospettiva globale, in modo che possano capire e accettare culture diverse e avere orizzonti aperti a livello internazionale. Il programma si estende per dodici anni e si basa su alcuni riferimenti inalienabili: a) zero riempitivi: eliminare l’apprendimento superficiale e concentrarsi su contenuti significativi ed essenziali; b) zero compiti: sfidare la nozione tradizionale dei compiti a casa e concentrarsi su attività più pratiche ed esperienziali; c) cinque ambiti chiave: per condurre gli studenti e le studentesse a diventare di cittadini globali; aritmetica aziendale: per fornire le competenze di base in matematica finanziaria e nell’uso di strumenti come i calcolatori finanziari; lettura: gli studenti sono invitati a leggere regolarmente, iniziando con lo scegliere un quotidiano e progredendo fino a leggere un libro a settimana per sviluppare abilità linguistiche e stimolare la lettura critica; cittadinanza: questo non riguarda solo l’aspetto legale, ma include anche il rispetto dei valori civili, dell’etica, delle regole sociali, della tolleranza, dell’altruismo e dell’impegno per l’ecologia e l’ambiente; informatica: l’uso efficiente degli strumenti digitali, compresi computer, Internet, social network e attività online; lingue: gli studenti {p. 64}dovranno padroneggiare quattro o cinque lingue diverse, insieme alle culture e alle religioni associate. Le visite di scambio durante l’estate favoriranno l’immersione culturale.
Tab. 1. I pilastri della Società 5.0 e dell’Orientamento 5.0
I pilastri della Società 5.0
I pilastri dell’Orientamento 5.0
Problem solving e creazione di valore
«Una società che crea valore»
Riflette e condivide valori e significati del buon lavoro e della formazione
Eterogeneità
«Una società in cui ogni persona può esercitare abilità eterogenee»
Protegge i diritti universali… quelli al lavoro, all’istruzione, all’inclusione, alla sostenibilità, alla pace…
Decentralizzazione
«Una società in cui ogni persona può ottenere opportunità in ogni momento e ogni contesto»
Personalizza i supporti di orientamento in funzione delle specificità dei contesti e delle persone
Resilienza
«Una società in cui ogni persona può vivere e affrontare delle sfide in sicurezza»
Tutela le vulnerabilità, chiede risorse e incrementa le capacità di fronteggiamento delle sfide e minacce
Sostenibilità e armonia ambientale
«Una società in cui gli esseri umani vivono in armonia con la natura»
Indica gli obiettivi «formativi e professionali» dell’Agenda 2030 e promuove un’autentica Società 5.0
 
 
L’Orientamento 5.0, per quanto sopra, per intrecciarsi alla Società 5.0, dovrà far propri i pilastri su cui si erge la stessa proponendo senza esitazione, come riassume la tabella 1 e come affermano Daryono e Firmansyah [2019], il diritto degli esseri umani di essere più felici in un mondo equo, inclusivo e sostenibile per tutti e tutte e capace di mettere al centro l’interazione con la natura.
Partendo da recenti riflessioni concettuali che possiamo ascrivere al lavoro del Life Design International Research Group [6]
[Nota e Rossier 2015; Savickas et al. 2009], che considerano anche le riflessioni sulla casualità pianificata
[Krumboltz 1996; Mitchell et al. 1999], e gli stimoli della Teoria del caos vocazionale di Pryor e Bright [2016], con l’attenzione al cambiamento, alla natura imprevedibile del futuro, all’imprecisione associata a qualsivoglia anticipazione e rappresentazione, si giunge all’idea di orientamento inclusivo e sostenibile [Nota et al. 2020], che fa da lancio a ulteriori evoluzioni: l’orientamento diventa attento ai bambini, alle bambine, agli e alle adolescenti, ai e alle giovani, a tutti e a tutte coloro che ne hanno bisogno e che ne fanno richiesta, ai loro processi cognitivi e non implicati nelle operazioni di scelta e progettazione di scenari formativi e lavorativi futuri, densi di valori rigenerati, di schemi concettuali complessi che aiutano a immaginare futuri alternativi, inclusivi, sostenibili, equi, alla loro crescita eco-sociopolitica-professionale, con processi educativi e preventivi di lungo respiro.
Note
[4] Non possiamo qui non ricordare il lavoro che da noi aveva proposto, con impatti significativi anche a livello internazionale, Maria Montessori (1870-1952) che divulgò il convincimento che tutti i bambini, compresi quelli con disabilità, avevano possibilità di apprendimento a patto che l’insegnamento facesse ricorso a strumenti idonei e venisse erogato da insegnanti ben formati e in contesti adeguatamente organizzati.
[5] La reattanza si riferisce a una sorta di resistenza psicologica che può manifestarsi nel tendere a non eseguire ordini e consigli che possono provenire da persone molto vicine e che, in qualche modo, ci controllano o possono essere percepiti come controllori della propria esistenza (familiari, genitori, ma anche insegnanti e datori di lavoro). Paradossalmente la reattanza può rendere ancor più attraenti e praticabili proprio quei comportamenti che in un modo o nell’altro sono stati oggetto di diniego.
[6] Il gruppo, su iniziativa di Mark Savickas, grazie a una serie di incontri di lavoro svoltisi tra il 2006 e il 2008, giunse alla stesura di un position paper che, tradotto in diverse lingue, risultò essere, nel 2009, il lavoro maggiormente citato e consultato nelle riviste internazionali di career counseling.