Giulia Guglielmini, Federico Batini (a cura di)
Orientarsi nell'orientamento
DOI: 10.1401/9788815411648/c1
Questo approccio si basa sull’idea che la vita di una persona non debba essere determinata solo dal caso o dalle circostanze esterne, ma che possa essere attivamente progettata e plasmata.
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Il concetto di Life Design incorpora in sé elementi di progettazione, pianificazione e sviluppo personale. Invece di adottare un approccio passivo nei confronti della propria vita, si invitano le persone a essere consapevoli dei loro desideri e delle loro aspirazioni, a esplorare le loro possibilità e a prendere decisioni consapevoli per costruire una vita significativa e soddisfacente.
Il Life Design prevede la traduzione del modello teorico in una serie di attività, come l’autoriflessione, l’esplorazione delle opzioni, l’identificazione dei valori personali, l’individuazione dei punti di forza e la pianificazione di azioni concrete per raggiungere gli obiettivi desiderati. Ci sono diversi strumenti utilizzati all’interno del Life Design: i diagrammi a cerchio della vita, le mappe dei valori, gli esercizi di visualizzazione e l’analisi delle esperienze passate [Kernbach 2019].
Savickas ha poi sviluppato, all’interno di questa teoria, il modello della Career construction che si basa sull’idea che la scelta di carriera sia un processo di sviluppo che avviene lungo tutto l’arco della vita di una persona. Secondo questo modello, le persone sviluppano la propria identità lavorativa attraverso esperienze, apprendimenti e riflessioni sul proprio percorso professionale [Savickas 2005; 2011].
Il modello di Savickas enfatizza l’importanza della narrazione e delle storie personali nella costruzione dell’identità professionale. Si concentra sulle esperienze significative, sugli interessi, sui valori e sulle abilità dell’individuo, nonché sui fattori che influenzano le scelte di carriera, come il contesto sociale e le opportunità disponibili. Questo metodo viene proposto agli orientatori professionali per aiutare le persone a esplorare e comprendere meglio sé stesse, le proprie aspirazioni e le proprie preferenze professionali. Le persone non cercano soltanto di trovare un lavoro che si adatti alle loro caratteristiche e soddisfi i loro bisogni materiali, ma di costruire una carriera significativa che risponda ai loro bisogni, dia senso alla loro vita e contribuisca al benessere personale.
La carriera è una macro-narrazione sul ruolo del lavoro nella vita di una persona. {p. 42}
Il costruttivismo sociale è alla base di questo modello, così come del modello della Construction de Soi di Guichard [2005; 2013; 2016]. Il valore della riflessività circa la propria esperienza passata e presente è fondamentale per costruire adeguatamente il comportamento individuale [Guichard 2016; Savickas 2016].
Il modello della Construction de Soi suggerisce l’idea che l’identità di una persona non sia qualcosa di predefinito o statico, piuttosto un processo continuo di costruzione e trasformazione. Secondo Guichard, ogni persona ha il potenziale per svilupparsi e creare un’identità unica nel corso della propria vita. Questo processo di costruzione di sé coinvolge l’interazione tra fattori personali (le capacità, i talenti, i valori, i desideri) e fattori situazionali (il contesto sociale, culturale e storico).
Guichard sostiene che ogni individuo ha il potere di dare un senso alla propria esistenza attraverso la realizzazione di progetti significativi. Il suo approccio implica l’assunzione di responsabilità per la propria vita, l’identificazione di propri obiettivi e l’impegno nel perseguirli.
In questo modello si mette in evidenza l’importanza dell’autonomia e dell’autenticità nell’esplorazione e nella costruzione dell’identità e della vita. Il suo ideatore sottolinea l’importanza di riconoscere e sviluppare le proprie risorse personali, di fare scelte consapevoli e di adattarsi alle sfide e ai cambiamenti che si presentano lungo il percorso.

3.3.2. L’orientamento narrativo

L’orientamento narrativo si sviluppa come metodo esplicitamente collocato all’interno del paradigma formativo che, dalla propria genesi, mette al centro i processi di empowerment dei soggetti.
L’orientamento narrativo è un metodo sviluppatosi, in Italia, dalla fine degli anni Novanta, che utilizza la narrazione e i racconti (specie i romanzi, ma anche i film, le canzoni, i racconti orali, gli audiovisivi, ecc.) come materiali attraverso i quali facilitare i processi di costruzione di identità e lo {p. 43}sviluppo di competenze da parte dei soggetti per consentirne l’autorientamento.
Accogliendo le sollecitazioni provenienti da numerosi campi disciplinari – pedagogia narrativa, teoria letteraria, psicologia culturale, sociologia della vita quotidiana, antropologia – il metodo dell’orientamento narrativo ha sviluppato strumenti in grado di contribuire ai processi di costruzione dell’identità e a lavorare sulle competenze orientative delle persone: saper interpretare, saper progettare, saper fronteggiare le difficoltà, saper scegliere, saper dare un significato e un ordine alle azioni, saper riconoscere e gestire le emozioni, sapersi relazionare in contesti diversi, saper comunicare la propria esperienza e la propria identità professionale, sapersi pensare ed immaginare al futuro, saper tradurre le intenzioni in un progetto e dunque in azioni.
L’orientamento narrativo intende consentire la costruzione attiva di significato da parte del soggetto della propria storia (essere non solo protagonisti, ma anche autori/autrici del proprio futuro) attraverso una documentazione diretta e indiretta dell’esperienza di vita, formativa e professionale (il racconto interno ed esterno della propria esperienza, il racconto, socializzato, dell’esperienza altrui) e attraverso stimoli altri (ogni tipo di narrazione fruita, costruita, letta, vista, utilizzata), con l’obiettivo di incrementare le competenze di «gestione e controllo attivo», ovvero le competenze di autorientamento.
L’orientamento narrativo parte dall’assunto che ciascun soggetto sia in grado, quando messo in condizione di sviluppare gli strumenti adeguati, di gestire e controllare attivamente la propria vita.
L’orientamento narrativo [Batini 2011; Batini e Giusti 2008; Batini e Salvarani 1999a; 1999b; Batini e Zaccaria 2000] si configura come particolarmente adeguato al sistema di istruzione in ragione delle possibilità di declinazione e integrazione tra intervento specialistico e didattica orientativa e alla familiarità del materiale stimolo, costituito da storie.
L’orientamento narrativo risponde in modo nuovo, spesso creativo, alle esigenze dell’individuo che attraversa momenti {p. 44}di progettazione e scelta «soggettivamente definiti» e che deve inserirli in una storia [Batini e Giusti 2008].
Fin dalle sue origini mira a contribuire al dibattito e all’operatività dell’orientamento, seguendo due direttrici:
  • proponendo un nuovo dialogo tra pratica e teoria, e adottando pertanto il metodo della ricerca-azione (e nuove forme della stessa) come propria pratica costante e irrinunciabile (non permettendosi quindi di comprendere senza partecipare e di partecipare senza comprendere), aumentando le occasioni di incontro tra mondo della ricerca e della teoria e mondo degli operatori, contribuendo alla formazione di professionisti che superino questa dicotomia;
  • offrendo un metodo flessibile, inesauribile (viste le fonti cui attinge), connaturato all’uomo (cognitivamente, emozionalmente, esteticamente), che incrocia molte delle attuali problematiche dei mondi dell’istruzione, della formazione e della contemporaneità tout court (il tema delle competenze di base, delle competenze trasversali, della reiterazione delle scelte, della crisi delle democrazie rappresentative, della crisi di fiducia nelle istituzioni, delle difficoltà insite negli odierni processi di costruzione dell’identità, ecc.).
Nel paradigma formativo orientare una persona significa aiutarla a sviluppare competenze di autorientamento, con la finalità complessiva della definizione di un progetto di vita. Ci sono le scelte (il plurale è d’obbligo) immediate o future, ci sono direzioni da prendere, c’è una lettura più complessa e articolata di un contesto esistenziale e/o professionale e, soprattutto, la necessità di progettare un itinerario formativo, lavorativo, un progetto di vita e di carriera, c’è il bisogno di migliorare la percezione di sé in vista di un’efficacia maggiore nell’azione, c’è da comprendere quali siano i propri bisogni, da tradurre in operatività la realizzazione dei propri progetti e desideri, che possono essere continuamente rivisti, ridefiniti e riprogettati.
Al centro dell’intero processo c’è la persona, il suo vissuto, la sua biografia personale, formativa e professionale, la storia dei suoi eventi apicali e dei modi in cui li ha affrontati, il suo modo di percepirsi e raccontarsi e come vorrebbe essere, le sue aspirazioni, i suoi sogni.{p. 45}
L’orientamento, nella sua declinazione migliore, aiuta a trovare un equilibrio tra le diverse dimensioni temporali: consente di conoscere e risignificare il proprio passato, di approfondire il presente, la propria attuale identità e quella desiderata, di conoscere meglio il modo in cui agiamo e la rappresentazione che hanno gli altri di noi, aiuta a esplorare bisogni e desideri e ne fa scoprire di nuovi, invita all’immaginazione e poi alla progettazione del proprio futuro, insegna a fare ipotesi sul domani, imparando a cogliere la possibilità della variazione e la bellezza dello scarto.
Le storie che vengono proposte nei laboratori di orientamento narrativo consentono di lavorare attraverso la «guida» rappresentata dal filo rosso della storia complessiva (o delle storie, al plurale) che guida quel percorso specifico (denominata, appunto, «narrazione guida»), attraverso gli stimoli narrativi che emergono dalla storia stessa e percorsi di attività che si inseriscono negli snodi della storia stessa per favorire la costruzione di competenze narrative e autorientative [Batini 2011].
Il futuro non è stato mai del tutto prevedibile, è stato e deve continuare ad essere il dominio della possibilità, dimensione essenziale per nutrire la speranza e l’agentività: le storie sono il regno del possibile, offrono schemi di azione, forniscono alternative. Le storie non hanno solo strane somiglianze con le attività del ricordare il passato, definire il presente e pensare il futuro, le storie riescono nella sollecitazione di specifiche competenze narrative (che allenano) e che sono traducibili in competenze orientative.
L’orientamento narrativo è un approccio che utilizza le storie per perseguire questi obiettivi e far germinare altre storie. Attraverso la guida di una o più storie le persone si impegnano nell’ascolto della storia che viene letta dall’orientatore, dall’orientatrice: la storia ha però dei momenti di «snodo» (che sono stati individuati in fase di progettazione) e nell’incontro con gli snodi della vicenda vengono proposte delle attività (di riflessione, scrittura, progettazione, racconto…) progettate proprio in relazione a quel romanzo (o racconto o film). Le attività vengono svolte in modalità individuale o di gruppo, con la guida di un esperto (che si
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Note
[14] Proviamo a dirlo in altro modo: l’orientamento narrativo propone l’utilizzo delle storie nell’accezione più ampia del termine: dai romanzi (solitamente articolati in percorsi, in «narrazioni guida» ovvero romanzi, racconti orali o più semplicemente temi articolati in sequenze narrative e legati ad esercizi e attività di riflessione, ricordo, immaginazione, scrittura, progettazione, ecc.) che costituiscono percorsi metaforici per lavorare su di sé, sulle proprie tecnologie di scelta, sulle proprie emozioni, sullo sviluppo di competenze di interpretazione, previsione, immaginazione, attribuzione e costruzione di senso, sino alle immagini, alle nuove tecnologie, ai film. In estrema sintesi potremmo affermare che in questi 25 anni sono stati costruiti percorsi e strumenti (per modalità individuali e di gruppo) utilizzando: libri, fotolinguaggi, racconti orali e letture ad alta voce, scrittura creativa, scrittura cinematografica, utilizzo di audiovisivi, canzoni, canto, utilizzo dei nuovi media. Nei percorsi di orientamento narrativo si producono, leggono, costruiscono, fruiscono testi narrativi di vario tipo: i testi, di qualunque tipo essi siano, hanno la funzione di consentire al soggetto un punto di vista particolare sulla realtà e di testualizzare la realtà così come essi la osservano, senza per questo irrigidire copioni e interpretazioni. Imparare ad ascoltare, a leggere, a interpretare, a scrivere, ad attribuire senso e significato a eventi e azioni, imparare a immaginare il futuro, imparare a governare i propri processi cognitivi ed emotivi sono competenze che, troppo spesso, sono state date per scontate o sono rimaste nell’implicito, credendo che, attraverso un lungo tirocinio di nozioni, conoscenze e apprendimenti, queste competenze si sviluppassero comunque. L’orientamento narrativo agisce contemporaneamente sul singolo soggetto e sul gruppo, perché utilizza professionisti con competenze principalmente pedagogiche/andragogiche (o comunque orientate allo sviluppo), perché ha una finalità di empowerment, perché facilita l’attivazione di risorse cognitive e comportamentali di governo dei processi di conoscenza e apprendimento, contribuendo allo sviluppo e al riconoscimento delle competenze chiave e delle life skills, perché ha un forte impatto sulle dinamiche motivazionali e relazionali, perché, infine, consente il proseguimento del lavoro anche dopo l’intervento orientativo vero e proprio attraverso percorsi anche personali di crescita e sviluppo: da quelli progettati attraverso appositi strumenti e percorsi sino ai più semplici percorsi di lettura individuale e di fruizione di altre tipologie di narrazione.