Pandemocrazia
DOI: 10.1401/9788815411297/c6
Il terzo elemento che le figure
apicali da noi intervistate hanno sottolineato come fortemente innovativo si riferisce
all’espletamento di una molteplicità di attività di supporto e sostegno alla
cittadinanza che avrebbero addirittura riconfigurato la relazione tra cittadini e
polizia. Si tratta di un insieme di pratiche che, in buona sostanza, possono essere
ricondotte entro un modello ampio di polizia di prossimità. Com’è
noto, i servizi di prossimità (community policing) non comportano
solo una ridefinizione del modello organizzativo nell’erogazione dei servizi
¶{p. 142}di polizia, ma implicano una nuova filosofia di lavoro e una
ridefinizione complessiva delle funzioni pubbliche che le forze di polizia sono chiamate
a svolgere [Weisburd e Braga 2006; Willis, Mastrofski e Rinehart Kochel 2010]. Fare
polizia di prossimità, infatti, significa fondare la propria legittimazione sul rapporto
che si riesce a instaurare con i beneficiari dei servizi di sicurezza e sulla capacità
da parte della polizia di fornire una risposta ai problemi quotidiani di questi ultimi.
La predisposizione di servizi di prossimità inoltre comporta l’adesione a un modello
operativo in cui la prevenzione «sociale» sostituisce, almeno in parte, quella «situazionale»
[10]
. Nei casi da noi considerati, tuttavia, questi interventi di prossimità non
vanno interpretati tanto come un’estensione di linee d’indirizzo programmatiche, quanto
nei termini di un diverso modo, dettato dalla contingenza, di interpretare il proprio
ruolo di street-level bureaucrats.
Tecnicamente e operativamente si è lavorato moltissimo sull’aspetto psicologico, approcciando il cittadino in una maniera consona anche a tutto quello che egli ha passato durante il periodo della pandemia. È stato abbastanza facile perché quello che ha passato il cittadino è quello che abbiamo passato anche noi come cittadini [Questura di Varese].
Dal punto di vista operativo, questa
rinnovata sensibilità si è concretizzata in interventi che hanno offerto un sostegno a
beneficio delle fasce più bisognose della cittadinanza.
In primo luogo, in termini
spiccatamente «pedagogici» grazie a un lavoro di applicazione/traduzione di
provvedimenti normativi che venivano varati e aggiornati di settimana in settimana,
quando non di giorno in giorno, e che spesso erano scritti con il linguaggio opaco della
pubblica amministrazione che, in non pochi casi, ha generato anche tra i vertici stessi
delle istituzioni serie difficoltà nel decodificare ¶{p. 143}e
interpretare la c.d. ratio normativa dei d.p.c.m., oltre che nel
definire il loro perimetro operativo e sanzionatorio.
Fare questi controlli con rigore e con determinazione vuol dire però poter anche consigliare il cittadino che magari non ha capito bene la norma. Fargli capire qual è la ratio in quel momento del non andare a spasso senza motivo. Ecco questo è stato l’impegno di tutti noi ed anche la sfida diciamo più difficile [Arma dei Carabinieri di Napoli].
In secondo luogo, tramite
un’attività di rassicurazione sociale e di supporto alle fasce più deboli: dalla
consegna di pacchi alimentari alle famiglie in difficoltà, a una molteplicità di
interventi nelle case e negli appartamenti in caso di allagamenti, interruzioni
nell’erogazione di elettricità, blocchi degli impianti di riscaldamento, ecc., oltre che
al ritiro e al recapito delle pensioni per gli anziani.
7. Conclusioni
Il quadro che emerge dai racconti
dei vertici delle istituzioni impegnate nella gestione della sicurezza durante il primo
anno di pandemia evidenzia una situazione «sul campo» ben diversa da quella paventata da
chi, fin dai primi mesi, ha sottolineato i rischi per la tenuta delle istituzioni
democratiche derivanti da uno stato di eccezione o di emergenza divenuti «permanenti».
Pur in una situazione di grande difficoltà (anche in relazione a forti criticità
organizzative a cui non abbiamo accennato per ragioni di spazio) e senza poter contare
su piani di intervento preesistenti, le forze di polizia avrebbero dedicato non poche
risorse a compiti di rassicurazione sociale e, allo stesso tempo, sarebbero state poco
inclini a sanzionare – sul piano amministrativo e/o penale – le infrazioni alle regole
contenute nei provvedimenti normativi che si sono succeduti a ritmo serrato per molti
mesi.
I dati quantitativi relativi ai
controlli effettuati e alle sanzioni erogate dalle forze dell’ordine ci mostrano
tuttavia un quadro in parte differente (tab. 6.1).¶{p. 144}
Periodo |
Controlli su
persone |
Sanzioni violazione
misure contenimento (ex art. 4, c. 1, d.l.
19/2020) |
Denunce violazione
obbligo di quarantena
(ex art. 260
r.d.n. l. 263/1934) |
Marzo 2020 |
3.882.430 |
144.557 |
311 |
Aprile 2020 |
7.771.348 |
255.876 |
550 |
Maggio 2020 |
4.765.587 |
51.359 |
182 |
Giugno 2020 |
2.154.412 |
3.141 |
134 |
Luglio 2020 |
1.821.525 |
1.236 |
102 |
Agosto 2020 |
1.825.048 |
1.725 |
158 |
Settembre 2020 |
1.696.043 |
2.051 |
112 |
Ottobre 2020 |
2.001.910 |
9.603 |
489 |
Novembre 2020 |
2.315.347 |
30.716 |
628 |
Dicembre 2020 |
2.404.970 |
26.629 |
386 |
Gennaio 2021 |
2.781.284 |
34.827 |
395 |
Febbraio 2021 |
2.768.857 |
30.257 |
395 |
Nei due mesi di lockdown (dal 9
marzo 2020 al 4 maggio 2020) le sanzioni erogate si contano a centinaia di migliaia e
anche durante il secondo lockdown (dal 3 novembre 2020 al 30 aprile 2021) l’attività
sanzionatoria riprende vigore
[11]
.
Indicazioni coerenti con i dati
statistici provengono dalle interviste fatte ai magistrati dei «Gruppi Covid» che
raccontano di tantissimi fascicoli, aperti a seguito dell’attività di controllo delle
polizie, che hanno affollato gli uffici delle procure della Repubblica, fino
all’approvazione del d.p.c.m. che ha depenalizzato il reato.
Noi abbiamo trasmesso penso un migliaio di procedimenti alla prefettura. Le denunce ci sono arrivate, sono state iscritte, e poi sono state trasmesse alla prefettura per competenza perché nel frattempo avevano cessato di essere [Procura, Bergamo].¶{p. 145}
I dati e le interviste, dunque, ci
raccontano di una divergenza tra la rappresentazione che i vertici delle istituzioni
danno dell’operato delle forze di polizia, e dei principi a cui il loro operato si
sarebbe ispirato, e le modalità con cui i dispositivi normativi fortemente restrittivi
della mobilità personale si sono tradotte in pratiche di controllo e in sanzioni.
Intenzionale o meno, tale discrepanza costituisce uno dei lasciti meno interrogati
criticamente e, forse, più gravidi di conseguenze e implicazioni future della
sovrapproduzione normativa con cui i governi centrali e le autorità locali hanno tentato
di governare l’emergenza.
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Note
[10] Con prevenzione sociale intendiamo il complesso delle azioni preventive volte a intervenire sulle cause sociali degli atteggiamenti delittuosi attraverso programmi centrati su rassicurazione sociale e su servizi integrativi di prossimità a sostegno della persona.
[11] I dati relativi ai controlli effettuati sulle attività commerciali mostrano un quadro simile. Dalle interviste è emerso come questi ultimi siano stati effettuati prevalentemente dalle forze di Polizia locale, mentre le forze di polizia nazionali (PS, CC e GdF) si sono occupate prevalentemente dei controlli nei confronti delle persone.