Massimo Roccella
I salari
DOI: 10.1401/9788815411143/c3
Qualche anno fa, all’indomani dell’emanazione della legge n. 91/1977, si parlò dell’indennità di anzianità come di un’erogazione avviata ormai verso l’eutanasia [327]
. Ebbene, l’impressione che si ricava dalle regolamentazioni contrattuali vigenti degli scatti è che per gli stessi sia stata progettata, se non proprio una morte cattiva, quanto meno una corsia preferenziale, al termine della quale non resterà che imboccare la strada di un malinconico tramonto. Gli aumenti periodici, infatti, possono continuare a considerarsi automatismo salariale, giacché il loro importo è destinato a
{p. 317}crescere in ragione della (maggiore) anzianità di servizio. Peraltro, qui comincia e qui finisce la loro funzione di lievitazione predeterminata del complessivo trattamento retributivo, essendosene perduta sia la caratteristica di automatismo «composto», a seguito dell’espunzione della contingenza dalla base di calcolo, sia anche l’effetto di rivalutazione sugli incrementi di paga-base, per via dell’attuale corresponsione in cifra fissa [328]
. Naturalmente, l’abolizione della modalità di calcolo degli scatti in percentuale (della paga-base o, a seconda dei casi, della somma di paga-base e contingenza) non implicherebbe, di per sé, meccanicamente, una progressiva svalutazione dei loro importi. Resterebbe, infatti, sempre aperta la possibilità di rinegoziarne la misura in occasione dei periodici rinnovi dei contratti di lavoro. Tale eventualità, anzi, è stata, talvolta, persino espressamente prevista, peraltro con clausole di tono vagamente consolatorio [329]
, che non riescono a nascondere (né si vede come potrebbero) la sostanza delle cose: vale a dire che, ormai, eventuali rivendicazioni in tema di scatti costituiranno per i sindacati «un momento di debolezza, non potendo non valere... come una richiesta salariale “in più’’, da scontare, pertanto, sulle altre» [330]
. Cosicché la sensazione che le erogazioni collegate all’anzianità di servizio costituiscano, allo stato attuale, un moncone atrofizzato della struttura retributiva sembra destinata, nel volger dei prossimi anni, a trovare ampia conferma.
A valutazioni di segno nettamente diverso si presta la sorte riservata al medesimo istituto nel settore del lavoro pubblico. L’impegno, contenuto nell’accordo tripartito del gennaio ’83, a procedere «nella specifica sede dei rinnovi di categoria... ad una revi{p. 318}sione degli automatismi, tra cui quelli inerenti agli scatti di anzianità, per attenuarne il peso», è stato, infatti, assolto in misura alquanto contenuta. Soltanto nel comparto degli enti locali si è decisa una radicale trasformazione dell’istituto, d’ispirazione analoga a quella seguita nell’ambito del lavoro privato, bloccando la progressione economica per scatti e classi di anzianità al 31 dicembre 1982 e sostituendola con un’erogazione annuale in cifra fissa, differenziata per livelli d’inquadramento [331]
. Negli accordi relativi agli altri principali comparti, viceversa, ci si è attestati su una linea più prudente, limitandosi a ridimensionare l’entità delle classi di anzianità e continuando a prevedere la maturazione di un numero illimitato di aumenti periodici biennali dopo il raggiungimento dell’ultima classe [332]
.
Le ragioni della scelta prevalente non sono difficili da comprendere. Esse vanno ricercate, più che nel profondo radicamento della voce retributiva in questione nella struttura del trattamento economico del dipendente pubblico, nell’opzione, ormai da anni operante, in favore di un sistema di inquadramento c.d. «funzio{p. 319}nale» e, non marginalmente, nella perdurante configurazione della contrattazione collettiva nel settore. Quanto alla prima, sin dagli inizi del dibattito in proposito si era osservato come la progressiva sostituzione del vecchio ordinamento, ispirato al criterio gerarchico, con un altro, basato su qualifiche funzionali, avrebbe implicato conseguenze anche d’ordine retributivo, giacché «più accentuato è l’ordinamento gerarchico verticale e quindi con maggiori possibilità per il lavoratore di progressione nella scala valori gerarchici, meno è sensibile la tendenza al miglioramento puramente economico» [333]
, affidato ad automatismi dipendenti dall’anzianità di servizio; la medesima tendenza, viceversa, avrebbe potuto trovare una sua ragion d’essere a fronte di un sistema d’inquadramento, articolato in un numero ristretto di livelli professionali, tale da vanificare le precedenti possibilità di progressione economica verticale. Il rilievo è stato confermato ancora di recente, in sede d’interpretazione dell’art. 17 della legge quadro sul pubblico impiego. Tale norma è stata intesa come sanzione legislativa del «superamento della professionalità presunta in base al titolo di studio (ed alla qualifica formalmente rivestita)» e volta a «canonizzare il principio della incrementabilità del trattamento economico, indipendentemente dalla promozione» [334]
.
Le modalità di regolamentazione dei rapporti di pubblico impiego, per parte loro, con la prevista esclusione di erogazioni economiche aggiuntive a livello decentrato e l’imprevedibilità, anche dopo l’approvazione della legge-quadro, dei tempi di rinnovo degli accordi collettivi, hanno sicuramente contribuito a consigliare il mantenimento di una progressione retributiva certa e predeterminata.
La strutturazione normativa degli automatismi legati all’anzianità presenta tratti non meno marcati di differenziazione tra lavoro pubblico e privato con riguardo ai trattamenti di fine rapporto. Si è già visto (retro, cap. II, parag. 5) come la recente legge di riforma dell’indennità di anzianità sia stata esplicitamente cir{p. 320}coscritta al rapporto di lavoro privato. Si deve ora aggiungere come, con tale scelta, il legislatore abbia non soltanto cristallizzato difformità di discipline, in ordine ad istituti dalle analoghe funzioni, fra i due settori del lavoro dipendente, ma anche rinunciato a muoversi nel senso dell’omogeneizzazione nell’ambito del settore pubblico, dove le liquidazioni risultano erogate in base a criteri diversi e profondamente sperequati da un comparto all’altro [335]
.
La possibilità che gli scatti di anzianità, nel settore del lavoro privato, tornino ad acquistare un significativo rilievo appare oggi legata, più che ad improbabili rivalutazioni dei loro importi, ad un mutamento di configurazione normativa, nonché ad un ripensamento circa le ipotizzabili finalizzazioni. Sembra opportuno, in altre parole, riprendere la prospettiva, lungamente dibattuta in passato, del passaggio dall’anzianità di azienda a quella di lavoro e della mutualizzazione dell’emolumento. Si è appena ricordato come la corresponsione di esso in rapporto all’anzianità di lavoro costituisca un tratto di riforma ineludibile se si è convinti dell’opportunità di mantenerlo in vita collegandone la funzione sociale ad esigenze di remunerazione della professionalità progressivamente acquisita. La proposta di mutualizzazione, strumentale rispetto alla prima, è stata, a suo tempo, avversata sostenendosi la necessità che la riforma dell’istituto venisse lasciata alle singole categorie, stante la stretta connessione tra la disciplina degli scatti e quella del complessivo trattamento economico previsto da ciascun contratto collettivo [336]
; e anche, più genericamente, in base a considerazioni desunte da (pretese) difficoltà tecniche cui si sarebbe andati incontro nella fase di realizzazione [337]
. La prima obiezione, sicuramente non senza fondamento nel momento in cui venne formulata, appare oggi, all’evidenza, superata dai fatti. Quanto alla seconda, va rammentato che, fra gli ostacoli d’ordine tecnico, rispetto ad una prospettiva di mutualizzazione, si sottolineava in particolar modo la modalità di calcolo in percentuale dell’emolumento, deducendosi che il passaggio all’anzianità di lavoro sareb{p. 321}be stato di gran lunga facilitato qualora alla corresponsione degli scatti si fosse provveduto mediante importi in cifra fissa [338]
. Oltre una certa soglia, peraltro, non si può sottacere come il trincerarsi dietro l’affermazione di difficoltà tecniche serva a nascondere (malamente) l’esistenza di problemi d’ordine politico-sindacale. Difficoltà di carattere tecnico, infatti, certamente sussistono ancora, ma non appaiono allo stato insuperabili. Si può discutere, ad esempio, se dar corso alla mutualizzazione affidando la gestione delle somme versate dalle imprese ad un’unica Cassa Nazionale o ad altrettante strutture d’ambito locale; come pure se l’anzianità di lavoro debba intendersi con riferimento a ciascun settore o, più latamente, in una dimensione intercategoriale. Si può discutere e trovare le soluzioni più adeguate, se si ritiene che la prospettiva evocata meriti ancora di essere coltivata. La possibilità di rifarsi a termini di raffronto, del resto, non manca. Il criterio dell’anzianità di lavoro ai fini della corresponsione degli scatti, infatti, è conosciuto sia all’estero [339]
, sia anche da noi. E noto come agli operai dell’edilizia, sia pure per le particolari caratteristiche del lavoro nel settore, gli scatti siano sempre stati corrisposti in forma mutualizzata, in relazione all’anzianità di mestiere (e non d’azienda), attingendo agli importi accantonati in un apposito fondo gestito dalle Casse Edili [340]
.
Gli ostacoli a riprendere, oggi, in considerazione la proposta della mutualizzazione sembrano, come si diceva, soprattutto di carattere politico. Si sarà intuito, infatti, come, al di là dell’obiettivo di apprestare una più solida giustificazione all’istituto degli scatti, il passaggio alla mutualizzazione consentirebbe, attraverso un’oculata gestione delle somme accantonate [341]
, di sperimentare anche forme diversificate di utilizzazione delle stesse, a fini socia
{p. 322}li, secondo un’ispirazione da tempo presente nel movimento sindacale, ma ancora priva di riscontri concreti.
Note
[327] Cfr. Alleva, Intervento, alla tavola rotonda Il problema dei c.d. «automatismi retributivi», cit., p. 444.
[328] Prevista da quasi tutti i contratti collettivi, peraltro con qualche significativa eccezione. Si v. gli artt. 16 disc. spec. - parte prima e 9 disc. spec. - parte terza del ccnl 1° settembre 1983 per gli addetti all’industria metalmeccanica privata, che continuano a disciplinare gli scatti come erogazione percentualizzata sui minimi tabellari.
[329] Si pensi alla «nota a verbale» apposta in calce all’art.72 del ccnl 18 marzo 1983 per gli addetti ad aziende commerciali, secondo la quale «le parti convengono che la presente disciplina degli scatti non esclude — in occasione dei rinnovi contrattuali — adeguamenti della loro misura in funzione della prevedibile dinamica della retribuzione-base». È evidente il carattere pleonastico della clausola, della quale, di per sè, non vi sarebbe stato alcun bisogno.
[330] Così, giustamente, Alleva, Il tramonto, cit., p. 435.
[331] Precedentemente l’art. 19 dell’ipotesi di accordo allegata al d.p.r. 1° giugno 1979, n. 191 prevedeva una progressione economica per anzianità scandita da classi del valore del 16% calcolate sulle misure retributive iniziali di ciascun livello d’inquadramento e maturabili, in numero di cinque, nell’arco dei primi venti anni di servizio; nonché da scatti del valore del 2,50% calcolabili con riferimento alla classe in godimento e, dopo il raggiungimento dell’ultima classe, ulteriormente maturabili, con cadenza biennale, in numero illimitato. La disciplina era stata poi modificata dal d.p.r. 7 novembre 1980, n. 810: a norma dell’art. 13 dell’allegato accordo, la progressione economica avrebbe dovuto svilupparsi in otto classi biennali dell’8% sul valore iniziale di livello e solo successivamente al conseguimento dell’ultima classe stipendiale in scatti biennali illimitati del 2,50% computati sull’ultima classe.
[332] Si v., ad esempio, l’art. 3 dell’accordo allegato al d.p.r. 25 giugno 1983, n. 344 relativo agli statali ministeriali: vi è previsto che la progressione economica per anzianità si svilupperà in otto classi biennali di stipendio del 6% ed in successivi aumenti periodici biennali del 2,50% computati sull’ultima classe di stipendio. Discipline di segno analogo, con marginali differenze, sono dettate dal d.p.r. 25 giugno 1983, n. 345 per il personale della scuola; dal d.p.r. 25 giugno 1983, n. 346 per il personale degli enti pubblici; dal d.p.r. 25 giugno 1983, n. 348 per il personale delle unità sanitarie locali. In precedenza la disciplina prevalente era conforme a quella posta dal d.p.r. n. 191/1979 per il personale degli enti locali (v. retro, nota 330): cfr. l’art. 24 della legge 11 luglio 1980, n. 312 per il personale civile e militare dello Stato o anche l’art. 17 del d.p.r. 26 maggio 1976, n. 411 per il personale degli enti pubblici.
[333] Bellandi, La struttura del salano nel pubblico impiego, in «Contrattazione», 1977, n. 27-30, I, p. 64 s.
[334] Liguori, Commento sub art. 17, in Aa.Vv., Legge quadro sul pubblico impiego, cit., p. 697. Sostiene l’a. che, in applicazione di tale principio, «l’anzianità dovrebbe consentire di progredire notevolmente all’interno della stessa qualifica, raggiungendo e superando il trattamento economico inizialmente attribuito alla qualifica superiore».
[335] Sul punto cfr., per tutti, Garilli, Il trattamento di fine rapporto nel lavoro pubblico e privato, Milano, Franco Angeli, 1983, p. 188 ss.
[336] Cfr. Alleva, Automatismi, cit., p. 140.
[337] Cfr. Alleva, Automatismi, cit., p. 140.
[338] In argomento cfr. Vaicavi, Relazione, cit., p. 78 s.
[339] In Austria con riferimento agli scatti di anzianità corrisposti agli impiegati: cfr. Gardin, op. cit., p. 184.
[340] Di passata si può ricordare come la mutualizzazione degli scatti nel settore abbia trovato riscontro sia quando questi venivano calcolati in forma percentuale, sia dopo la trasformazione in emolumento corrisposto in cifra fissa: si veda rispettivamente l’allegato C al ccnl 1° aprile 1976 e al ccnl 1° luglio 1979.
[341] Non sembra inutile rammentare come nel settore edile la gestione dei fondi relativi all’Anzianità Professionale abbia permesso di accumulare risorse tali da indurre all’introduzione di quella sorta di trattamento di fine rapporto integrativo della cui dubbia legittimità si è già discusso (v. retro, parag. 2).