Massimo Roccella
I salari
DOI: 10.1401/9788815411143/c3
La prudenza sempre sostanzialmente mostrata dalle organizzazioni degli imprenditori nei confronti di interventi sugli automatismi legati all’anzianità [45]
, ad esempio, può essere spiegata non solo in ragione di una perdurante visione paternalista dei rapporti di lavoro, quanto soprattutto perché entrambi quegli istituti hanno storicamente assolto un ruolo di discriminazione sociale, penalizzando economicamente gli appartenenti a categorie operaie. L’indennità di anzianità, sorta inizialmente a vantaggio esclusivo degli impiegati, ha sempre mantenuto, nella successiva evoluzione normativa, elementi differenziali di marcato favore per gli stes
{p. 222}si. Soltanto per gli impiegati, infatti, la legge si è preoccupata di stabilire la frazione dell’ultima retribuzione da moltiplicare per gli anni di servizio al fine di determinare l’importo dell’indennità, fissandola nella (non trascurabile) misura minima di un mese di stipendio. Analogo compito, per gli operai, è stato lasciato alla contrattazione collettiva, assolto attraverso la fissazione di coefficienti di calcolo, di solito, assai inferiori e, oltre tutto, diversificati da un settore all’altro: intrecciandosi, e sovrapponendosi, così alla differenziazione categoriale profili rilevanti di sperequazione intersettoriale [46]
. Ambedue i profili di sperequazione (intersettoriale e intercategoriale) hanno storicamente improntato anche la disciplina collettiva degli scatti, con implicazioni essenziali, comunque, sulla diversa, conseguente, dinamica retributiva di impiegati e, rispettivamente, operai. Introdotti nell’immediato secondo dopoguerra da accordi interconfederali esclusivamente in favore degli impiegati, gli scatti sono stati estesi dai contratti nazionali dei primi anni ’60 alle categorie operaie [47]
, in misura, peraltro, quasi irrisoria. Ad eccezione, infatti, di alcuni settori privilegiati [48]
, differenze sostanziali sono state mantenute a favore degli impiegati sia quanto a numero massimo di scatti maturabili, sia rispetto all’entità della percentuale da applicare alla base di riferimento, sia (e soprattutto) rispetto alla stessa base di riferimento [49]
, limitata, di solito, per gli operai alla sola paga-base, estesa per tutti gli impiegati all’importo derivante dalla somma di paga-base e contingenza: nel che si sostanziava la caratteristica di automatismo «composto» [50]
pro{p. 223}pria dell’istituto. Gli effetti sperequanti di tale caratteristica risultavano, poi, amplificati, com’è noto, dal giuoco del c.d. «ricalcolo»: della rivalutazione, cioè, dell’importo maturato di scatti, limitata per gli operai dal riferimento ai soli incrementi di paga-base, effettuata per gli impiegati, al 1° gennaio di ogni anno, in relazione anche alla contingenza maturata nell’anno precedente [51]
.
A valutazioni di segno opposto si presta l’istituto dell’indennità di contingenza. L’accettazione da parte degli industriali, nel ’75, di un meccanismo di scala mobile egualitario, ad elevato grado di copertura dei salari dall’erosione monetaria, sembra da ascrivere non soltanto a ragioni contingenti di politica sindacale [52]
, ma anche, verosimilmente, alla previsione, allora corrente, che la fiammata inflazionistica sarebbe rapidamente stata spenta [53]
. Alla constatazione dell’erronea previsione, resa palese dal progressivo, inusitato dilatarsi degli importi dovuti a scatti di scala mobile sulla massa salariale globale, va ricondotto il successivo ripensamento della Confindustria: sul quale, peraltro, sarebbe non facile discernere quanto preoccupazioni (proclamate) di contenimento del costo del lavoro e abbattimento del differenziale d’inflazione nei confronti dei paesi concorrenti abbiano pesato rispetto a (non meno concreti) obbiettivi di recupero di margini di gestione unilaterale della leva salariale.
I medesimi tratti strutturali, riguardati in un’ottica rovesciata, dal punto di vista delle organizzazioni dei lavoratori, servono ad intendere il senso delle posizioni sindacali rispetto a ciascun automatismo (ma anche l’evoluzione delle stesse posizioni nel corso del tempo). Con l’avvertenza che, anche in questo caso, opzioni, orientamenti, proposte non appaiono riconducibili ad un’unica ragione sufficiente, potendo, piuttosto, ravvisarvisi strettamente intrecciate esigenze di carattere difensivo, di allargamento degli spazi di negoziazione periodica in una congiuntura ritenuta tale da non permettere di «espandere ancora quantitativamente i ri{p. 224}sultati salariali» [54]
globali della stessa; di carattere perequativi), di completamento della strategia di unificazione normativa avviata sul finire degli anni ’60; poi, più recentemente, di carattere re distributivo degli incrementi salariali complessivi fra le diverse categorie professionali.
La scelta di deindicizzare l’indennità di anzianità, contenuta nell’accordo interconfederale 26 gennaio 1977, può così essere letta sulla base della convinzione che fosse ormai impossibile mantenere «la coesistenza fra il sistema pensionistico..., delineato con la grande riforma avviata nel ’68, ed un sistema precedente di politica salariale, collegata all’anzianità sia con gli scatti, sia con l’indennità di liquidazione» [55]
. É stato, peraltro, esattamente osservato come quella scelta fosse, in qualche modo, resa obbligata dall’opzione, effettuata due anni prima, in favore dell’unificazione progressiva per tutti i lavoratori dell’importo di contingenza al valore più alto del punto. La piena operatività dell’accordo sulla contingenza, a regime proprio dal gennaio ’77, avrebbe, infatti, comportato effetti riflessi sull’entità delle liquidazioni, sino ad allora calcolate sulla base di importi di scala mobile differenziati, provocando un notevole spostamento di risorse dalla parte diretta a quella differita delle retribuzioni, proprio in un periodo già sfavorevole all’azione salariale del sindacato [56]
.
La riforma degli scatti di anzianità, introdotta dai rinnovi contrattuali di categoria del ’79, si presta ad essere interpretata (non solo ma) anche come l’estremo punto di approdo della strategia egualitaria del decennio. Questa, com’è noto, s’era sviluppata per stadi successivi, dapprima sostituendosi, nelle piattaforme per i rinnovi dei contratti nazionali (ma, di solito, anche aziendali), alle tradizionali rivendicazioni di aumenti tabellari percentuali, quella di incrementi retributivi in cifra fissa uguale per tutti; poi {p. 225}ottenendosi l’unificazione del punto di contingenza. Gli effetti di compressione dei differenziali di qualifica indotti da questa politica salariale avevano trovato una duplice compensazione, l’una, per così dire, «interna» al sistema sindacale, l’altra «esterna», affidata all’operare delle forze di mercato. Il primo tipo di compensazione dipendeva, sino alla metà degli anni ’70, dalla corresponsione di importi di contingenza fortemente differenziati a favore delle qualifiche più elevate, nonché dalla garanzia, per queste stesse e, in genere, per tutti gli impiegati, di una dinamica di progressione retributiva legata all’anzianità di servizio assai più sostenuta, come si è visto, di quella riconosciuta agli operai; dopo la unificazione del valore-punto di contingenza, quest’ultima è rimasta l’unico fattore, interno al sistema contrattuale, di apertura dei ventagli parametrali. All’operare del meccanismo degli scatti di anzianità si è, peraltro, affiancata, al di fuori della sfera di controllo sindacale, la diffusione di superminimi, vuoi in virtù di contrattazioni individuali, vuoi frutto di erogazioni unilaterali delle imprese ai lavoratori di professionalità più elevata, al punto da far parlare, con felice espressione, del fiorire di una sorta di «borsa nera del tecnico» [57]
.
Rispetto agli scatti di anzianità, il ragionamento alla fine prevalso nelle organizzazioni sindacali è stato quello tendente a sottolinearne la sostanziale incompatibilità con la linea di inquadramento unico operai-impiegati affermatasi nei contratti nazionali di categoria del ’73. La progressione automatica di carriera legata all’anzianità, infatti, assicurava vantaggi differenziali non soltanto agli impiegati di livello più elevato, ma anche a quelli collocati, nell’ambito dell’unica scala classificatoria, nella medesima categoria riconosciuta a determinate figure operaie, sovrapponendosi, in tal modo, «ad una linea di forte tendenza egualitaria, quale quella sviluppata in merito agli aumenti retributivi intesi in senso stretto..., una caratteristica fortemente disegualitaria che ha annullato gli effetti della prima» [58]
.{p. 226}
Le nuove normative degli aumenti periodici, pur all’interno di complesse discipline transitorie preoccupate di salvaguardare variamente «non solo i diritti quesiti ma anche le aspettative dei dipendenti» [59]
, appaiono caratterizzate da un consistente ridimensionamento di tale voce retributiva per gli impiegati neo-assunti, accompagnato da un certo incremento degli importi attribuiti per il medesimo titolo alle categorie operaie. Ma soprattutto dallo sforzo di dettare per l’insieme della forzalavoro criteri uniformi di determinazione della progressione economica automatica sulla base della fissazione per tutti di un eguale numero di scatti maturabili, dell’allineamento del parametro di calcolo con espunzione dallo stesso dell’indennità di contingenza, della corresponsione dell’emolumento in cifra fissa (differenziata per livelli di inquadramento) [60]
.
La parificazione normativa della disciplina degli scatti, per la verità, avrebbe potuto essere realizzata, astrattamente, in modi diversi: elevando, puramente e semplicemente, la disciplina in vigore per gli operai al livello di quella impiegatizia, com’era stato fatto in passato a proposito dell’indennità di contingenza; oppure optando per una qualche soluzione intermedia, basata, ad esempio, su un numero limitato di scatti eguale per tutti, da calcolare però anche con riferimento all’indennità di contingenza. Il senso dell’operazione compiuta (di ridimensionamento complessivo dell’istituto e, soprattutto, di deindicizzazione della sua base di calcolo) risulta, peraltro, di agevole comprensione se si riflette sulla circostanza che in essa confluivano, accanto agli indicati obbiettivi perequativi, anche non meno pressanti esigenze di ritagliare spazi a favore della parte direttamente contrattabile di retribuzione, da utilizzare per ristabilire congrui differenziali professionali.
La scelta di invertire la tendenza all’appiattimento retributivo, ritenuta improcrastinabile dalle stesse organizzazioni dei lavoratori nel momento in cui si decideva di sopprimere l’ultimo fattore interno al sistema sindacale di differenziazione della dinamica salariale, nella tornata contrattuale del ’79 è stata, comunque,
{p. 227}sviluppata in maniera assai debole. Sia perché gli aumenti ottenuti constavano di una quota differenziata per qualifiche e di una quota ancora eguale per tutti; sia soprattutto perché i nuovi minimi tabellari risultavano non solo dal conglobamento della «vecchia» contingenza (l’importo di punti c.d. «leggeri» maturati prima del 1975 e «semipesanti» maturati fra il ’75 e il gennaio 1977) e degli aumenti conseguiti ma anche, di solito, dal riassorbimento di svariate altre voci retributive, ivi compresi i superminimi individuali in atto (con evidente compressione del beneficio economico effettivo derivante dalla riparametrazione) [61]
: giustificandosi, in tal modo, il giudizio, primo espresso, che l’operazione di riforma degli scatti, ma, più in generale, l’intera impostazione di politica rivendicativa sostenuta nel corso dei rinnovi del ’79, si siano poste assai più in linea di continuità con le istanze egualitarie del passato, che non in funzione delle, pur affermate, esigenze di rivalorizzazione retributiva delle diverse professionalità.
Note
[45] v. retro in nota 13.
[46] L’analisi più attenta della specifica problematica resta quella di Di Vezza, L’indennità di anzianità nei contratti di lavoro, Roma, Nuove Edizioni Operaie, 1977.
[47] Si v. Di Vezza, Rapporto sui salari, in «Contrattazione», 1975, n. 2, p. 29.
[48] Cfr. Di Vezza, Il problema degli automatismi salariali: scatti e indennità di anzianità, in «Prosp. sind.», 1978, 28, p. 71 s.
[49] Occorre avvertire che nelle diverse discipline collettive gli indicati fattori di differenziazione si presentavano variamente intrecciati tra loro, potendo incontrarsi normative in cui ad impiegati ed operai si riconosceva: a) uguale percentuale di maggiorazione, uniforme base di calcolo, ma diverso numero di scatti ; oppure b) uniforme base di calcolo, ma un diverso numero di scatti e una diversa percentuale di maggiorazione; oppure c) diverso numero di scatti, diversa percentuale di maggiorazione e diversa base di calcolo. Al riguardo cfr. Di Vezza, Rapporto, cit., p. 27 ss; Id., Il problema, cit., p. 67; ed anche Alleva, Automatismi, cit., p. 142 ss.
[50] Intendosi, con l’espressione, rimarcare la circostanza che la dinamica d’incremento di tale automatismo dipendeva anche dall’incidenza di altro automatismo (la contingenza): sul punto cfr. Alleva, op. ult. cit., p. 142.
[51] L’istituto del ricalcolo sulla contingenza è stato introdotto per gli impiegati dall’accordo interconfederale 14 giugno 1952. Quanto ai ricalcoli sugli incrementi della paga base, essi andavano effettuati, sia per impiegati che per operai, immediatamente, al momento del verificarsi dell’incremento.
[52] v. retro, nota 40.
[53] cfr. Mattei, Accordo sulla scala mobile, cit., p. 817.
[54] Treu, Intervento, cit., p. 461.
[55] Trentin, Intervento alla tavola rotonda su Come affrontare e risolvere i problemi della giungla retributiva?, in «Rass. sind.», 1977, n. 47-48, p. 37. Ma si veda nello stesso senso anche l’affermazione di Garavini (Relazione, cit., p. 33) secondo cui «è finito il tempo in cui si poteva pensare di fare tutte le politiche salariali; la contingenza e l’indicizzazione di altre voci salariali, gli scatti e buoni parametri di qualifica, alte liquidazioni e adeguate pensioni».
[56] cfr. Alleva, Automatismi, cit., p. 134; Id., Il tramonto degli automatismi salariali, in «Pol. dir.», 1982, p. 437, anche con diffusi rilievi critici sulla specifica soluzione adottata.
[57] Alleva, Legislazione e contrattazione collettiva nel 1918-19, in «Giorn. dir. lav. e rel. ind.», 1979, p. 685, che ricorda anche, opportunamente, fra i fattori di compressione dei differenziali retributivi, «la forte dinamica di avanzamenti automatici in qualifica, che ha portato al pratico svuotamento dei livelli più bassi di inquadramento».
[58] Di Vezza, Ansuini, Scajola, Sulla politica salariale, Roma, Nuove Edizioni Operaie, 1977, p. 23; si v. anche Alleva, op. ult. cit., p. 687.
[59] Carinci, De Luca Tamajo, Tosi, Treu, Il rapporto di lavoro subordinato, Torino, UTET, 1985, p. 217.
[60] Sulle nuove discipline contrattuali degli scatti di anzianità si v. le analisi di Di Vezza e Scajola, La struttura del salario, in «Prosp. sind.», 1980, n. 35, p. 93 e di Di Vezza, Gli aspetti economici della contrattazione nazionale, in «Contrattazione», 1980, n. 2, p. 39 ss.; cfr. anche Ghera, op. cit., p. 410 ss. e Alleva, Il tramonto, cit., p. 434.
[61] Sul punto cfr. Di Vezza e Scajola, op. cit., p. 91; Alleva, Legislazione, cit., p. 686.