Massimo Roccella
I salari
DOI: 10.1401/9788815411143/p1
Il contrasto alla povertà lavorativa – povertà pur derivante da un insieme di cause tra cui la bassa intensità occupazionale pare essere ben più determinante dello scarso livello retributivo – è infatti un obiettivo qualificante della direttiva sui «salari minimi adeguati nell’Unione europea» adottata alla fine del 2022, che lascia gli Stati membri liberi di fronte all’alternativa tra la via contrattual-collettiva e quella legale, imponendo interventi di rafforzamento della prima o di verifica e innalzamento degli standard fissati dalla seconda (generalmente più modesti e non di rado insufficienti a condurre i lavoratori interessati al di sopra della soglia del rischio di povertà) [18]
. La scelta del salario minimo legale maturata ormai in un numero molto consistente di paesi – 22 su 27 all’interno dell’Unione e 30 su 38 nell’ambito dell’OCSE – può del resto anche essere letta
{p. 16}come indicativa delle profonde difficoltà che minano il ruolo di autorità salariale tradizionalmente svolto, in autonomia, dalla contrattazione collettiva.
Nel nostro paese un fattore determinante della crisi che attraversa il sistema contrattual-collettivo è costituito, com’è noto, dall’abnorme proliferazione dei contratti nazionali di categoria intervenuta da alcuni anni [19]
a causa soprattutto dell’attivismo negoziale di organizzazioni sindacali e datoriali di modesta rappresentatività, che stabiliscono trattamenti economici inferiori a quelli previsti dai contratti firmati dagli organismi più rappresentativi, innescando una concorrenza salariale al ribasso (concentrata in particolare nel settore dei servizi) da cui non restano invero del tutto immuni le retribuzioni concordate nei contratti collettivi delle “storiche” sigle sindacali. A fronte di questa situazione, che rende evidentemente più tortuosa la strada giudiziale al salario minimo percorsa sulla base dell’art. 36 Cost., dato lo spiazzamento provocato nell’individuazione del parametro di riferimento, la giurisprudenza ha reagito mettendo in atto un controllo – sempre in forza di tale norma – sulle stesse tariffe collettive, anche fissate dai sindacati comparativamente più rappresentativi [20]
: sviluppando così un orientamento già delineatosi molti decenni addietro e difeso nel volume di M.R., in contrasto con la dottrina allora prevalente (ma in linea con Giuseppe Pera: v. p. 70).
Considerata l’accresciuta debolezza dei meccanismi contrattuali e l’erosione determinata dalla mancata applicazione in concreto dei minimi tabellari ivi previsti, attestata dalle elevate percentuali di lavoratori con retribuzioni al di sotto di questi ultimi nonostante la teorica esperibilità dei ricorsi ex art. 36 Cost., il nostro legislatore è intervenuto a garanzia dei salari in alcuni ambiti specifici (limitati, ma divenuti nel tempo via via più numerosi), il più noto dei quali è quello delle cooperative. {p. 17}La tecnica ivi utilizzata di indicazione delle tariffe fissate dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative quale parametro minimo obbligato per determinare la retribuzione dovuta ai soci lavoratori, dopo l’avallo ricevuto dalla Corte costituzionale (con la nota sentenza n. 51/2015), ha infatti indotto molti a ritenere opportuno e giuridicamente praticabile – in quanto attuativo dell’art. 36 Cost. senza violazione dell’art. 39 Cost. – un intervento legislativo di respiro generale a tutela dei salari minimi ispirato a tale modello.
In effetti oggi, diversamente dagli anni cui risale il libro che qui ripresentiamo ai lettori, l’idea della necessità di un sostegno del legislatore al ruolo svolto dalla contrattazione collettiva in materia retributiva è ormai ampiamente condivisa. Divergenze significative emergono però ancora nella concezione del tipo di intervento, che potrebbe seguire la linea dell’erga omnes salariale, certo molto lontana dalla proposta del salario minimo intercategoriale avanzata da M.R., oppure abbinare la prima prospettiva alla seconda, optando per un modello misto (variamente declinabile in ciascuna delle sue componenti) che pare ora riscuotere un certo grado di consenso sia accademico che politico.
La possibile convivenza dei due strumenti, in linea di principio, era già stata sostenuta da M.R. spiegando che la normativa sui minimi salariali «manterrebbe la sua ragion d’essere … anche qualora venisse realizzato un meccanismo di estensione erga omnes dell’efficacia dei contratti collettivi», come attestato tra l’altro dalle esperienze straniere (p. 93), che nel tempo trascorso da allora sono andate via via aumentando. Rispetto al salario minimo legale, tuttavia, restano vive le obiezioni legate al supposto impatto negativo dello stesso sui livelli occupazionali, da un lato, e sulla contrattazione collettiva (da cui potrebbe innescarsi una fuga), dall’altro, alle quali l’a. replicava nel suo libro soprattutto in forza delle esperienze maturate in altri paesi: come in verità si continua a fare anche oggi (chiamando in causa in primis il caso tedesco, le cui letture non sono peraltro univoche), mentre certe recenti analisi economiche indicano che la fissazione del salario legale a una soglia adeguata minimizza o addirittura esclude la riduzione dell’occupazione e si argomenta che gli effetti sulla contratta{p. 18}zione nazionale possano essere persino di rafforzamento, tanto più ove tale salario venga accostato alla previsione dell’erga omnes salariale.
Dopo le varie ipotesi di intervento normativo a garanzia dei minimi retributivi che si sono susseguite in Italia nell’ultimo decennio, a partire dalla delega conferita al governo dalla l. n. 183/2014 (cd. Jobs Act) per l’introduzione di un salario minimo legale di carattere residuale e sperimentale, l’articolata serie di proposte di legge depositate nell’attuale legislatura si è da ultimo conclusa con la presentazione di un testo che raccoglie il consenso dei principali partiti di opposizione [21]
, nel quale la tecnica del rinvio ai contratti collettivi firmati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative per l’individuazione del trattamento economico complessivo dovuto, funzionale al risultato dell’efficacia generale dello stesso, si accompagna appunto alla fissazione diretta di un trattamento economico minimo indifferenziato (pari a 9 euro lordi all’ora).
La proposta, apprezzabile per l’attenzione che dedica anche ai lavoratori autonomi – ormai iper-rappresentati fra i working poor – ma nella quale non mancano ombre (ad esempio sul fronte sanzionatorio), ha davanti a sé un destino molto incerto, data la contrarietà manifestata al riguardo dalla maggioranza governativa. Nel fitto dibattito apertosi sulla questione salariale, le cui conclusioni la direttiva europea rende non più rinviabili sine die, suona comunque ancora attuale l’invito rivolto decenni fa ai sindacati da M.R. di parteciparvi in modo attivo e unitario, trovando in ciò «una fonte di rinnovata legittimazione nei confronti dell’insieme della classe lavoratrice» (p. 96), incluse in particolare le componenti più fragili.
Con vero piacere offriamo dunque ai lettori dello Scaffale un libro tanto denso di stimoli, facendo nostra la convinzione del suo a. che «guardare indietro, anche in questo caso, può servire per andare avanti» (p. 22).{p. 19}

Riferimenti bibliografici

Ballestrero M.V., De Simone G. (2021), Riallacciando il filo del discorso. Dalla riflessione di Massimo Roccella al dibattito attuale sul salario minimo, in Studi in memoria di Massimo Roccella (2021), p. 19.
Barbera M., Ravelli F. (2021), La Proposta di direttiva sul salario minimo adeguato: la risposta dell’Unione europea a un problema storico del diritto del lavoro, in Studi in memoria di Massimo Roccella (2021), p. 55.
Barbieri M. (2021), Il salario minimo legale in Italia, in Studi in memoria di Massimo Roccella (2021), p. 75.
Bellavista A. (2021), Massimo Roccella e il salario minimo legale, in Studi in memoria di Massimo Roccella (2021), p. 119.
Corti M. (2012), L’onnicomprensività della retribuzione e gli istituti retributivi indiretti, in La retribuzione (2012), p. 466.
De Martino C. (2023), Shock inflazionistici e adeguamenti retributivi: alcune prime risposte della contrattazione collettiva, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”. IT 463 (http://csdle.lex.unict.it/workingpapers.aspx).
Delfino M. (2019), Salario legale, contrattazione collettiva e concorrenza, Napoli: Editoriale Scientifica.
Dobb M. (1965), I salari, Torino: Einaudi.
Faleri C. (2014), Le origini ideologiche e culturali del principio della giusta retribuzione, in Prima di tutto il lavoro. La costruzione di un diritto all’Assemblea Costituente (2014), p. 166.
Giugni G. (1987), La dottrina giuslavoristica nel 1986, in DLRI, p. 789.
La povertà in Italia. Rapporto conclusivo della Commissione di studio istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (1986), Roma: Istituto poligrafico e zecca dello Stato.
La retribuzione (2012), a cura di E. Gragnoli, S. Palladini, Torino: Utet.
Maresca A. (1988), Recensioni. Massimo Roccella, I salari, Il Mulino, Bologna, 1986, pp. 342, in DLRI, p. 383.
Martone M. (2019), A che prezzo. L’emergenza retributiva tra riforma della contrattazione collettiva e salario minimo legale, Roma: Luiss University Press.
Menegatti E. (2017), Il salario minimo legale. Aspettative e prospettive, Torino: Giappichelli.
Pascucci P. (2018), Giusta retribuzione e contratti di lavoro. Verso un salario minimo legale?, Milano: Franco Angeli.
Prima di tutto il lavoro. La costruzione di un diritto all’Assemblea Costituente (2014) a cura di L. Gaeta, Roma: Ediesse.
Problemi giuridici della retribuzione (1981), Atti delle giornate di studio di Riva del Garda, 19 e 20 aprile 1980, Milano: Giuffrè.
Ratti L. (2023), The Sword and the Shield: The Directive on Adequate Minimum Wages in the EU, in ILJ, p. 477.
Roccella M. (1983), Il salario minimo legale, in PD, p. 231.
Roccella M. (1993a), Oltre l’indicizzazione dei salari. Una risposta a Piergiovanni Alleva, in LD, p. 425.
Roccella M. (1993b), Azione sindacale e politica dei redditi: appunti sull’accordo triangolare del 23 luglio 1993, in RGL, I, p. 263.
Salario minimo e salario giusto (2023), a cura di P. Albi, Torino: Giappichelli.
Studi in memoria di Massimo Roccella (2021), a cura di M. Aimo, A. Fenoglio, D. Izzi, Napoli: ESI.
Treu T. (1981), Problemi giuridici della retribuzione, in Problemi giuridici della retribuzione (1981), p. 9.
Treu T. (2021), Il salario minimo adeguato: dagli argomenti di Massimo Roccella al dibattito attuale, in Studi in memoria di Massimo Roccella (2021), p. 311.
Note
[18] In merito alla direttiva n. 2022/2041, anche sul nesso con l’in-work poverty e dopo le miriadi di commenti ricevuti dal testo ancora in itinere, v. Ratti (2023).
[19] Lo testimoniano i 975 testi contrattuali presenti nell’archivio del CNEL (al 31 maggio 2023).
[20] V. ad es. Trib. Torino 9 agosto 2019, in ADL, 2020, II, p. 264 ss., che ha censurato il CCNL della vigilanza e dei servizi fiduciari (stipulato da Cgil e Cisl per il triennio 2013-2015, ma applicato fino al rinnovo avvenuto appena qualche mese fa) che prevedeva un minimo salariale di soli 4,60 euro lordi all’ora per il comparto dei servizi fiduciari e un importo di poco superiore ai 6 euro lordi all’ora per i servizi di vigilanza privata.
[21] È la proposta C. 1275 del 4 luglio 2023 (firmata da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Azione, Allenza Verdi-Sinistra e +Europa, ma non da Italia Viva), in cui si è tentata una composizione delle diverse istanze risultanti dalle sei proposte separate che l’hanno preceduta (messe a confronto in questo dossier parlamentare: http://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/LA0038.pdf?_1683626230367).