Note
  1. Si v. La povertà in Italia (1986).
  2. Ivi si sottolinea che i lavoratori più facilmente collocati nella povertà sono «i lavoratori manuali con bassa qualificazione, soprattutto se vivono al Sud e se sono donne» (p. 139). V. l’Audizione Istat presso la Commissione Lavoro, Camera dei Deputati, dell’11 luglio 2023, spec. p. 10 ss., che fotografa la situazione odierna, individuando le caratteristiche socioeconomiche e professionali dei lavoratori dipendenti che vivono in famiglie a rischio di povertà, e dedicando in particolare spazio al segmento dei lavoratori dipendenti considerati “a bassa retribuzione”.
  3. Per tacer d’altro, lo stesso titolo è stato utilizzato dall’economista Maurice Dobb per il suo libro del 1928, appunto intitolato Wages (London: Cambridge University Press), e tradotto con I salari nell’edizione italiana pubblicata da Einaudi nel 1965. Sulla terminologia M.R. torna in diversi punti del libro, traendo spunti anche dalla dottrina francese (v. ad es. p. 99 s. e p. 110 s.).
  4. Cfr. sul punto le osservazioni di Maresca (1988, p. 383), che elogia la completezza del campo d’indagine.
  5. V., negli anni subito precedenti, la relazione di Treu (1981, p. 9 ss.) alle Giornate di studio Aidlass a Riva del Garda del 19 e 20 aprile 1980.
  6. Già nell’Introduzione M.R. anticipa che nella maggior parte dei casi la contrattualistica individua «parametri di calcolo delle competenze indirette ampiamente “comprensivi”» (p. 11), per poi precisare che dai contratti collettivi esaminati emerge per lo più il «riferimento alla retribuzione individuale concreta, da cui deriva la computabilità nelle competenze indirette di una molteplicità di elementi» (p. 146 ss.).
  7. Come ci ricorda la recente Cass. 11 luglio 2023, n. 19663, in Dejure, che, in funzione selettiva degli elementi da computare, utilizza il criterio della continuità, già eletto da M.R. come il più corretto, dopo aver verificato che ad esso ricorrono gli stessi contratti collettivi (p. 162). V. i numerosi rilievi adesivi alle argomentazioni di M.R. formulati da Corti (2012), spec. p. 494 ss. e 515.
  8. Su tali nessi M.R. tornerà anche negli anni successivi: v. ad es. Roccella (1993a) e Roccella (1993b).
  9. I legami tra passato e presente emergono anche in De Martino (2023).
  10. Entrambe le espressioni sono di Barbieri (2021, p. 78 s.).
  11. In senso analogo Ballestrero, De Simone (2021, p. 21), da cui è tratta la citazione.
  12. Sulle discipline che impongono l’applicazione degli standard contrattual-collettivi nelle attività svolte in esecuzione di appalti pubblici come «versione “debole” della politica del salario minimo legale» (p. 80) l’a. torna poi più avanti, denunciando le eccessive attese riposte su una norma ineffettiva come l’art. 36 St. lav., prototipo di quelle clausole sociali di equo trattamento ancor oggi di problematica attuazione.
  13. Una valutazione tanto ingenerosa, secondo Maresca (1988, p. 387), poteva spiegarsi solo perché funzionale rispetto alla tesi del necessario intervento legislativo sostenuta dall’a.
  14. L’a. ricorda infatti anche le proposte di origine sindacale maturate all’indomani della l. Vigorelli (v. p. 78 s.) e quelle della metà degli anni ’80 sollecitate dall’esigenza di evitare l’imminente referendum abrogativo della legge sulla predeterminazione dei punti di contingenza (p. 327 ss.).
  15. Come rileva Treu (2021, p. 313): ci torneremo più avanti.
  16. Dai dati Eurostat, In-work poverty risk at rate, 2022, emerge che la povertà lavorativa colpisce in Italia l’11,5% delle persone in attività; nell’Unione – ove la media è dell’8,5% – percentuali maggiori si registrano solo in Romania (14,3%), Lussemburgo (12,9%) e Spagna (11,8%).
  17. Sul primo fronte basti ricordare, limitandoci alle opere monografiche, Menegatti (2017), Pascucci (2018), Delfino (2019), Martone (2019), alle quali cui può aggiungersi – per i termini particolarmente aggiornati del dibattito, come riflessione a più voci – Salario minimo e salario giusto (2023). Circa le iniziative legislative, invece, basti richiamare gli oltre dieci d.d.l. depositati in Parlamento tra la scorsa e l’attuale legislatura, rinviando infra per il resto e per maggiori indicazioni.
  18. In merito alla direttiva n. 2022/2041, anche sul nesso con l’in-work poverty e dopo le miriadi di commenti ricevuti dal testo ancora in itinere, v. Ratti (2023).
  19. Lo testimoniano i 975 testi contrattuali presenti nell’archivio del CNEL (al 31 maggio 2023).
  20. V. ad es. Trib. Torino 9 agosto 2019, in ADL, 2020, II, p. 264 ss., che ha censurato il CCNL della vigilanza e dei servizi fiduciari (stipulato da Cgil e Cisl per il triennio 2013-2015, ma applicato fino al rinnovo avvenuto appena qualche mese fa) che prevedeva un minimo salariale di soli 4,60 euro lordi all’ora per il comparto dei servizi fiduciari e un importo di poco superiore ai 6 euro lordi all’ora per i servizi di vigilanza privata.
  21. È la proposta C. 1275 del 4 luglio 2023 (firmata da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Azione, Allenza Verdi-Sinistra e +Europa, ma non da Italia Viva), in cui si è tentata una composizione delle diverse istanze risultanti dalle sei proposte separate che l’hanno preceduta (messe a confronto in questo dossier parlamentare: http://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/LA0038.pdf?_1683626230367).