Note
  1. Per i riferimenti bibliografici rinviamo all’argomentazione svolta nel capitolo primo del presente volume, senza entrare qui in ulteriori dettagli.
  2. Questa formulazione, certo non delle più felici in lingua italiana, risulta dalla traduzione del termine inglese fractured. In mancanza – almeno per ora – di idee migliori, assumiamo questa scelta lessicale, utile se non altro a mantenere chiaro il significato teorico-concettuale sottostante.
  3. Evitiamo in questa sede di approfondire ulteriormente la discussione metodologica che potrebbe (anzi, dovrebbe!) svilupparsi in merito alla modalità con cui i «modi» riflessivi sono stati individuati. Basti per ora chiarire che, intenzionalmente, non abbiamo utilizzato un questionario ad hoc e l’indicatore ICONI (internal conversation indicator) a suo tempo sviluppato nel lavoro di Archer [2003]. Disponendo di testi narrativi abbastanza strutturati e articolati, centrati su domande compatibili con quelle relative alla riflessività nel senso archeriano, abbiamo preferito non sovraccaricare i giovani con un ulteriore strumento di rilevazione, ma interpretare e collocare i loro testi nei vari «modi» in base alla corrispondenza tra forme e contenuti testuali e caratteristiche tipiche dei modi, come definite nella teoria. Torneremo altrove più diffusamente su questo punto.
  4. Per inciso, questa osservazione apre la strada a ulteriori indagini su come gli stili riflessivi si evolvano nel tempo, lungo tutto l’arco del processo di socializzazione e di costruzione (e rielaborazione) dell’identità, essendo interamente parte di esso. Ciò significherebbe introdurre nel modello archeriano un’ulteriore complessità.
  5. La scuola trova un posto, sebbene residuale, nelle risposte fornite dagli studenti di liceo classico e scientifico.