Note
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Per i riferimenti bibliografici rinviamo all’argomentazione svolta nel capitolo primo del presente volume, senza entrare qui in ulteriori dettagli.
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Questa formulazione, certo non delle più felici in lingua italiana, risulta dalla traduzione del termine inglese fractured. In mancanza – almeno per ora – di idee migliori, assumiamo questa scelta lessicale, utile se non altro a mantenere chiaro il significato teorico-concettuale sottostante.
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Evitiamo in questa sede di approfondire ulteriormente la discussione metodologica che potrebbe (anzi, dovrebbe!) svilupparsi in merito alla modalità con cui i «modi» riflessivi sono stati individuati. Basti per ora chiarire che, intenzionalmente, non abbiamo utilizzato un questionario ad hoc e l’indicatore ICONI (internal conversation indicator) a suo tempo sviluppato nel lavoro di Archer [2003]. Disponendo di testi narrativi abbastanza strutturati e articolati, centrati su domande compatibili con quelle relative alla riflessività nel senso archeriano, abbiamo preferito non sovraccaricare i giovani con un ulteriore strumento di rilevazione, ma interpretare e collocare i loro testi nei vari «modi» in base alla corrispondenza tra forme e contenuti testuali e caratteristiche tipiche dei modi, come definite nella teoria. Torneremo altrove più diffusamente su questo punto.
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Per inciso, questa osservazione apre la strada a ulteriori indagini su come gli stili riflessivi si evolvano nel tempo, lungo tutto l’arco del processo di socializzazione e di costruzione (e rielaborazione) dell’identità, essendo interamente parte di esso. Ciò significherebbe introdurre nel modello archeriano un’ulteriore complessità.
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La scuola trova un posto, sebbene residuale, nelle risposte fornite dagli studenti di liceo classico e scientifico.