Character skills e didattica digitale
DOI: 10.1401/9788815374615/c2
Capitolo secondo Le pratiche di didattica digitale e la difficile resilienza
delle scuoledi Giulia Maria Cavaletto
Notizie Autori
Giulia Maria Cavaletto insegna Metodologia della ricerca sociale nell’Università di Padova e Sociologia
dell’educazione nell’Università di Torino. Tra le sue pubblicazioni recenti: Emerging
Platform Education? What Are the Implications of Education Processes’ Digitization?
(2020), Overcoming the STEM Gender Gap. From School to Work (2020), Democrazia. Le sfide
del presente tra rappresentanza e partecipazione (2020).
Abstract
Se è indubbio che la DAD e la pandemia abbiano sconvolto la scuola sia a livello
organizzativo, sia didattico, sia educativo, sarebbe però riduttivo appiattire la
complessità di questa possibile transizione su un unico modello esplicativo. Nel capitolo
vengono mostrati diversi piani rispetto ai quali tale transizione può essere analizzata: il
primo riguarda le intersezioni tra livelli (micro, meso e macro); il secondo riguarda il
significato attribuito al cambiamento (che può essere di segno opposto: positivo o negativo
per i diversi attori coinvolti); il terzo si riferisce al venir meno o alla variazione di
una determinata scansione temporale. Tutti e tre i piani, che abbiamo già in parte discusso
nel capitolo primo, s’intersecano tra loro e con le operazioni educative della scuola come
istituzione, delle singole scuole come organizzazioni e delle singole classi come comunità
di apprendimento.
1. I significati di una transizione
Se è indubbio che la DAD e la pandemia
abbiano sconvolto la scuola sia a livello organizzativo, sia didattico, sia educativo, sarebbe
però riduttivo appiattire la complessità di questa possibile transizione su un unico modello
esplicativo.
Ci sono infatti diversi piani rispetto ai
quali tale transizione può essere analizzata: il primo riguarda le intersezioni tra livelli
(micro, meso e macro); il secondo riguarda il significato attribuito al cambiamento (che può
essere di segno opposto: positivo o negativo per i diversi attori coinvolti); il terzo si
riferisce al venir meno o alla variazione di una determinata scansione temporale. Tutti e tre
i piani, che abbiamo già in parte discusso nel capitolo primo, s’intersecano tra loro e con le
operazioni educative della scuola come istituzione, delle singole scuole come organizzazioni e
delle singole classi come comunità di apprendimento. Ne sono, di conseguenza, protagonisti,
oltre agli studenti, anche dirigenti e insegnanti. Studiare, qualificare e definire le scuole,
sia ricorrendo a dati secondari che ne definiscono il profilo istituzionale, sia attingendo
alle narrazioni di docenti e dirigenti, costituisce dunque il primo passo per comprendere poi
i corsi di azione degli attori coinvolti e formulare ipotesi in merito a criticità ed
efficienze.
Per quanto riguarda l’intersezione tra
livelli micro, meso e macro, la DAD ha introdotto tra essi una discontinuità: le politiche e
le istituzioni centrali hanno stabilito regole su aperture e chiusure delle scuole,
percentuali di alunni in classe, calendario scolastico, promozioni massive di fine anno;
¶{p. 44}ma parallelamente hanno lasciato nell’opacità le «istruzioni per
l’uso», ossia il come si fa scuola quando la scuola non c’è, come si
valutano gli apprendimenti quando mancano gli strumenti per valutare o non è possibile
comparare le valutazioni di prima e di poi, come si fa didattica a distanza utilizzando PC e
tablet non come semplici media, ma come risorse dotate di un linguaggio
specifico, che comportano altresì un tipo specifico d’interazione tra utenti e introducono
elementi d’innovazione nella relazione educativa. La regia generale, fatta di decreti, linee
guida, indicazioni è stata inoltre una regia limitata al solo perimetro dell’ambiente scuola,
«come se» essa non fosse, durante la pandemia, ancor più in relazione con altre agenzie di
socializzazione, in primo luogo la famiglia. Questa autolimitazione della regolamentazione
emergenziale era, da un lato, inevitabile, perché sarebbe stato sia impossibile sia, per certi
versi, inaccettabile normare dall’alto le operazioni scolastico-educative nel loro complesso e
nei dettagli. La cornice così costruita ha, tuttavia, creato condizioni problematiche nella
dimensione dell’operatività quotidiana, senza offrire risorse corrispondenti. Fare didattica a
distanza non significa soltanto, per la scuola e i suoi insegnanti, trasmettere contenuti
curricolari attraverso la mediazione di un dispositivo anziché in presenza, ma significa
entrare in una «nicchia ecologica», una domesticità fatta di luoghi (una stanza), di altre
persone presenti o assenti, di rituali familiari, di regole spesso concorrenti con quelle
dell’ambiente scolastico. Il livello macro, fatto d’indicazioni nazionali e di regole
organizzative, entra nel livello meso, fatto di case degli alunni, e impatta violentemente su
famiglie più o meno preparate a sostenere l’incontro/scontro. Non solo la scuola entra dentro
casa ma anche la famiglia entra dentro la scuola, anzi la famiglia entra nelle case degli
insegnanti; gli insegnanti smettono di avere un ruolo privilegiato ed esclusivo con i loro
alunni in un luogo garantito ed esclusivo come la classe e improvvisamente si trovano a
gestire una relazione educativa perturbata, affollata e costellata di intermezzi, intrusioni,
negoziazioni con altri adulti, divenuti improvvisamente co-titolari di quello specifico
mandato d’istruzione che fino a poco tempo prima ¶{p. 45}spettava
unilateralmente alla scuola e a cui i genitori erano ammessi da lontano o in specifici momenti
espressamente dedicati all’interazione tra scuola e famiglia. Ne consegue che anche il livello
micro viene destabilizzato: l’insegnante perde la sua affiliazione istituzionale e diventa
persona, solo davanti al PC, davanti a una classe che vede soltanto in parte, che vede a
tratti, di cui non decodifica gli stati d’animo, l’interesse, la partecipazione; l’insegnante
vede forse per la prima volta qualcosa di diverso dall’alunno che aveva in aula, vede lui o
lei tra le sue cose, nell’intimità della sua stanza o nell’imbarazzo di non averne una; valuta
ciò che è stato appreso ma, insieme a questo, valuta anche le condizioni di contesto che hanno
ostacolato l’apprendimento: la fatica, la mancanza di autonomia nello studio, la
responsabilità ancora fragile nell’assunzione del métier d’élève. Per
altro verso, la «scuola a distanza» si è talora trasformata in una forma implicita e velata di
home schooling, nel senso che ha visto il moltiplicarsi dei
tasks assegnati da svolgere «a casa» (cioè dove si è già), rispetto a
quanto davvero si riesce o ci si sforza di fare insieme come classe e con la guida
dell’insegnante.
Abbiamo già detto che il cambiamento è la
cifra distintiva di quanto è accaduto dal lockdown del 2020 fino a oggi: un cambiamento
materiale, riferito alla trasformazione forzata di routine e dinamiche organizzative, di
metodi, tecniche, risorse materiali spendibili; ma anche cambiamento psicologico negli stati
d’animo, negli obiettivi e nei progetti per il futuro; e non da ultimo cambiamento nelle
relazioni, rarefatte o intensificate, selezionate o del tutto espulse della propria
quotidianità. Evidentemente, ogni volta che di cambiamento si tratta, c’è un punto di
riferimento rispetto al quale si compara ciò che viene dopo: un «prima» che però in questo
caso è indistinto, ampio, senza confini; è il prima che include «tutto
ciò che stava prima». È chiaro quindi che la pandemia e la DAD hanno fatto
irruzione nelle biografie individuali, familiari e istituzionali come eventi
trigger e hanno preso la forma di una transizione non normativa.
D’altra parte, però, il cambiamento, per
lo più narrato e rappresentato dai media come evento negativo, può assumere anche un segno
opposto: diventa opportunità, ¶{p. 46}sfida, risorsa. E lo è per tutti: per
alunni irresponsabili e immaturi che improvvisamente fanno i conti con essere o scoprirsi più
adulti del previsto, e che attribuiscono a questo cambiamento la possibilità di imprimere una
svolta alla propria biografia, sia nel qui e ora sia rispetto al futuro: ma lo è anche per
insegnanti e dirigenti che sperimentano un nuovo modo di fare scuola, uscendo da zone di
comfort fin troppo praticate e inventando letteralmente una nuova quotidianità scolastica e,
con essa, nuove regole, deleghe, responsabilità.
Infine, la scansione temporale: ciò che
la pandemia ha introdotto nel mondo della scuola (non diversamente da altri ambienti, ma per
la scuola si tratta di una precarietà inedita) è uno slittamento tra passato, presente e
futuro.
Se fino all’inizio del 2020 la scuola
procedeva con un andamento lineare, fatto di programmi curricolari successivi, di
quadrimestri, di prospettive e transizioni verso un ciclo successivo, con un bagaglio
acquisito a fare da base di partenza, dalla chiusura delle scuole in avanti, e ancor più nei
mesi successivi con il lockdown, la DAD e il susseguirsi di aperture e chiusure questa
linearità e direzionalità del tempo scolastico è stata interrotta. I programmi non si
concludono e si ereditano sull’anno successivo, talora si anticipano su alcune parti
maggiormente adattabili alle circostanze; le scelte si compiono ma ancora più sotto
condizione; le certezze correlate alla condizione di studente e di docente sono state minate:
promozione per tutti per l’anno 2019-2020 e dopo chissà, forse, può darsi; valutazione come
prima, diversa da prima, a tratti simile a prima; mantenimento della relazione educativa più
di prima, divenuta più importante del resto; imprevedibilità rispetto agli apprendimenti,
incertezza sugli esiti.
Sono questi gli elementi intorno ai quali
si costruiscono le narrazioni di dirigenti e insegnanti. Una narrazione corale nella quale
soprattutto gli insegnanti trovano molti punti di convergenza, ma all’interno della quale
emergono anche tratti peculiari che indicano come e quanto l’essere un «tipo» di insegnante
piuttosto che un altro possa influenzare, ancor più in un contesto altamente problematico,
incerto e com¶{p. 47}plesso, rendimenti, competenze, capacità e orientamento
al futuro dei propri studenti.
2. La sfida organizzativa e motivazionale nella rappresentazione dei dirigenti scolastici
Il passaggio dalla figura del preside a
quella del dirigente scolastico, che ormai da molti anni ha consolidato un nuovo paradigma
organizzativo all’interno del sistema scuola, ha probabilmente trovato nell’emergenza della
pandemia Covid-19 una delle sue più concrete occasioni di manifestazione, per quanto riguarda
raggio d’azione, iniziativa, innovazione nelle procedure, strategia nella gestione delle
risorse umane. La prova a cui sono state sottoposte le scuole con l’emergenza sanitaria ha
investito diversi ambiti di azione del dirigente: un livello prettamente (ri)organizzativo, un
livello relazionale (con docenti, alunni e famiglie) e un livello motivazionale (con i
docenti).
Sul piano organizzativo, le scuole
incluse nella nostra indagine hanno mostrato una buona capacità di reazione, nella quale si
sono miscelate capacità di adattamento e di innovazione rispetto a uno scenario diverso dal
passato e altamente instabile, non solo perché mai verificatosi prima, ma anche in quanto
imprevedibile nei suoi esiti, impatti, durata. I dirigenti intervistati qualificano questo
aspetto come il meno problematico: si è trattato di ridefinire una situazione, d’individuare
le azioni di contrasto più appropriate e al contempo sostenibili in base alle risorse (umane,
economiche, di network) possedute dalle scuole, e d’introdurre nuove regole dettate da un
diverso ordine di priorità.
Come abbiamo anticipato, il disegno
della nostra ricerca prevedeva l’approccio a scuole non particolarmente problematiche sotto il
profilo della dotazione tecnologica, essendo l’indagine interessata al nesso tra DAD, SES e
riflessività al netto degli impedimenti legati alla base materiale. Essi avrebbero comunque
potuto palesarsi, ma non avrebbero dovuto costituire il problema principale. È dunque
conseguente che le narrazioni dei dirigenti ci abbiano consegnato
¶{p. 48}la
rappresentazione di una diffusa preparazione sul versante strettamente tecnologico all’interno
della scuola, per cui nelle scuole, indipendentemente dalla filiera, sono presenti le risorse
di base, quali piattaforme, email per gli studenti, registro elettronico, sistemi di
comunicazione online con le famiglie, dispositivi adeguati per la connessione, animatori
digitali di supporto, tecnici informatici: