Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c8
A livello internazionale infine, e
solo per fermarsi agli sviluppi più recenti e forieri di significative implicazioni,
¶{p. 190}il
1° gennaio 2016 sono entrati in vigore l’Agenda globale per lo
sviluppo sostenibile e i relativi Obiettivi di sviluppo sostenibile adottati
all’unanimità dagli Stati membri delle Nazioni Unite che si sono impegnati a
raggiungerli entro il 2030.
L’impegno in tal senso è stato
sollecitato dal giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, non solo
sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale: non è solo a rischio la
sostenibilità ambientale, ma sono anche a rischio quella economica (in forza della
globalizzazione e della incessante crescita di diseguaglianze e povertà che questa
genera) e quella sociale (in virtù di un modello di relazioni tra Stati e tra persone di
Stati diversi ispirate alla diffidenza e al conflitto anziché alla solidarietà e alla
fratellanza).
Tra i 17 Obiettivi il 4 riguarda
l’istruzione e, per quanto qui interessa, al punto 7 esso viene così declinato:
Garantire entro il 2030 che tutti i discenti acquisiscano la conoscenza e le competenze necessarie a promuovere lo sviluppo sostenibile, anche tramite un’educazione volta ad uno sviluppo e uno stile di vita sostenibile, ai diritti umani, alla parità di genere, alla promozione di una cultura pacifica e non violenta, alla cittadinanza globale e alla valorizzazione delle diversità culturali e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile.
Questi pochi e sommari cenni paiono
sufficienti per delineare lo sfondo normativo internazionale entro il quale anche
Parlamento e Governo italiano hanno a mano a mano, quantomeno a livello normativo,
seguito lo sviluppo di tali traiettorie.
2. Il contesto normativo nazionale: un continuo adeguamento
In realtà, nella scuola italiana si
inizia a pensare a una educazione civica già a metà degli anni Cinquanta, quando
l’allora Ministro alla Pubblica Istruzione Aldo Moro la introdusse esplicitamente nei
programmi scolastici con l’intento di integrare il tradizionale insegnamento di storia
¶{p. 191}negli istituti e scuole di istruzione secondaria con una
materia del tutto peculiare.
Le motivazioni di tale innovazione
emergono dall’Allegato al d.p.r. 285 del 1958 (che conteneva un unico articolo con cui
si introduceva la materia elementi di educazione civica quale appendice
dell’insegnamento della storia) in cui, sorprendentemente, tale insegnamento veniva già
concepito in maniera non meramente teorica, ma in funzione dell’esigenza di mettere in
collegamento le classiche materie di insegnamento con elementi emergenti dalla realtà.
Non senza una certa enfasi, ma in
maniera assai esplicita, l’Allegato in questione così esordiva:
L’educazione civica si propone di soddisfare l’esigenza che tra Scuola e Vita si creino rapporti di mutua collaborazione. L’opinione pubblica avverte imperiosamente, se pur confusamente, l’esigenza che la Vita venga a fecondare la cultura scolastica, e che la Scuola acquisti nuova virtù espansiva, aprendosi verso le forme e le strutture della Vita associata.
E, dopo aver sottolineato come tale
insegnamento avrebbe dovuto conformarsi al diverso sviluppo cognitivo («Il livello dello
sviluppo psichico si è soliti segnalarlo a tre diverse altezze: il primo nel periodo
6-11 anni; il secondo nel periodo 11-14 anni; il terzo nel periodo 14-18»), si
suggeriva, quanto alla fascia 11-14, di non ridurre l’insegnamento stesso alla
trasmissione di «ammonimenti, divieti e censure», bensì di farlo emergere attraverso la
logica stessa che lo avrebbe dovuto informare:
Attraverso l’utilizzazione della stessa organizzazione della vita scolastica, come viva esperienza di rapporti sociali e pratico esercizio di diritti e di doveri, si chiarirà progressivamente che la vita sociale non è attività lontana e indifferente, cui solo gli adulti abbiano interesse, e che lo spirito civico, lungi da ogni convenzionalismo, riflette la vita nella sua forma più consapevole e più degna.
Mentre dai 14 anni in poi: ¶{p. 192}
L’azione educativa, in questa fase di sviluppo psichico, sarà indirizzata a costituire un solido e armonico equilibrio spirituale, vincendo incertezze e vacillamenti, purificando impulsi, utilizzando e incanalando il vigore, la generosità e l’intransigenza della personalità giovanile.
Sprazzi, dunque, della
consapevolezza, già allora presente, che l’educazione civica non fosse concepita come
una semplice materia ma quale «fonte» di ispirazione di comportamenti diversi. Vale
ancora la pena di evidenziare come il massimo riferimento di senso e contenuto fosse
rinvenuto nella Costituzione, significativamente definita come «culmine della nostra
attuale esperienza storica», a conferma di un’impostazione che vedeva nell’educazione
civica l’educazione a diventare cittadini, come tratto fondante della personalità.
Perciò interrogandosi sul significato della disciplina il ministro Moro poteva a ragion
veduta affermare che
se ben si osservi l’espressione «educazione civica» con il primo termine «educazione» si immedesima con il fine della scuola e col secondo «civica» si proietta verso la vita sociale, giuridica, politica, verso cioè i principi che reggono la collettività e le forme nelle quali essa si concreta.
Un’ispirazione non adeguatamente
coltivata e sviluppata nelle sue implicazioni didattiche e metodologiche negli anni
successivi, per cui l’educazione civica è stata poi oggetto di dispositivi generalisti e
con riferimento a contenuti trasversali ad alcune discipline (italiano, storia,
geografia, diritto, economia), mentre non sono state effettuate sperimentazioni
significative in grado di dare corpo e anima alla materia stessa.
Dopo il rapido passaggio contenuto
nella legge 53 del 2003 (art. 2, comma 1, lett. b: «sono promossi
il conseguimento di una formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della
Costituzione, e lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla comunità
locale, alla comunità nazionale ed alla civiltà europea»), la legge 169 del 2008
introdusse nei curricoli l’insegnamento di Cittadinanza e
Co¶{p. 193}stituzione associandolo all’area storico-geografica. All’art.
1, si faceva riferimento alle competenze relative a Cittadinanza e Costituzione,
nell’ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale fissando contestualmente il
monte ore complessivo previsto per le stesse. Le circolari ministeriali n. 100 del 2008
e n. 86 del 2010 fornirono alle scuole informazioni via via più dettagliate sui
contenuti. Ed ancora il d.lgs. 62 del 2017 introduceva l’idea che la valutazione del
comportamento degli alunni avrebbe dovuto considerare lo sviluppo delle competenze di
cittadinanza, con riferimento anche allo Statuto delle studentesse e degli
studenti, al Patto educativo di corresponsabilità e
ai regolamenti approvati dalle istituzioni scolastiche.
3. La disciplina attualmente in vigore: aspetti positivi ed elementi problematici
Dall’analisi appena condotta emerge
una traiettoria che pare vocata a definire l’educazione civica quale somma di competenze
da valutare in modo tradizionale e rispetto alla quale si perpetua il vecchio vizio
della politica scolastica: pensare alle riforme scolastiche come riforme a costo zero
[4]
. Dopo l’iniziale introduzione che lasciava ben sperare, almeno quanto ad
ispirazione originaria (l’idea di coniugare l’esperienza scolastica con la vita reale,
assumendo quale parametro la relazionalità sociale e civica attraverso i parametri
costituzionali), si è così piegata la disciplina verso le rotte classiche
dell’insegnamento teorico.
Una traiettoria che non pare mutata,
venendo all’oggi, dall’ultima legge intervenuta in materia, la n. 92 del 2019
[5]
.¶{p. 194}
Quest’ultima, infatti, se per un
verso all’art. 1 fornisce una definizione di educazione civica del tutto condivisibile,
per altro verso, nelle norme successive la declina in una eccessiva, e quanto mai
dispersiva, quantità di competenze che dovrebbero animarla.
Mentre nei principi ispiratori
giustamente si afferma che «L’educazione civica contribuisce a formare cittadini
responsabili e attivi e a promuovere la partecipazione piena e consapevole alla vita
civica, culturale e sociale delle comunità, nel rispetto delle regole, dei diritti e dei
doveri», i contenuti evidenziati smarriscono l’ispirazione fondamentale nel lungo elenco
contenuto nell’art. 3, comma 1 (Costituzione, istituzioni dello Stato italiano,
dell’Unione europea e degli organismi internazionali; storia della bandiera e dell’inno
nazionale; Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall’Assemblea generale
delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015; educazione alla cittadinanza digitale;
fondamentali di diritto, con particolare riguardo al diritto del lavoro; educazione
ambientale, sviluppo ecosostenibile e tutela del patrimonio ambientale, delle identità,
delle produzioni e delle eccellenze territoriali e agroalimentari; educazione alla
legalità e al contrasto delle mafie; educazione al rispetto e alla valorizzazione del
patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni; formazione di base in materia di
protezione civile), e comma 2 (educazione stradale, alla salute e al benessere, al
volontariato e alla cittadinanza attiva).
Si tratta di contenuti così
eterogenei che pur tratti dalla Costituzione (si pensi solo alla tutela del patrimonio
culturale e ambientale che trova radice nell’art. 9 o all’educazione alla legalità di
cui trattano molteplici norme e via dicendo), possono non tanto paradossalmente condurre
a smarrire il significato complessivo della Costituzione quale norma fondamentale per la
formazione del cittadino che ruota intorno al nesso diritti-doveri e al significato che
questi assumono quali caratteri storici del concetto stesso di cittadinanza (e su cui si
tornerà più avanti)
[6]
.
¶{p. 195}
Note
[4] L’insoddisfazione per la modalità di inquadramento dell’educazione civica nella scuola emerge in più punti del Documento d’indirizzo per la sperimentazione dell’insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione» del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca del 4 marzo 2009.
[5] Un’accurata e analitica analisi della legge è stata effettuata, tra gli altri, da S. Panizza, La reintroduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica da parte della legge n. 92/2019, con a fondamento la conoscenza della Costituzione. Tra buone intenzioni e false partenze, in «Diritti fondamentali», 2, 2019.
[6] Per un’approfondita riflessione sul senso della conoscenza della Costituzione nella scuola vedi, tra gli altri, A. Pugiotto, La Costituzione tra i banchi di scuola, in Id. (a cura di), Per una consapevole cultura costituzionale. Lezioni magistrali, Napoli, Jovene, 2013, pp. 1 ss.