Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c8
Con due precisazioni. La prima è che
le infinite discussioni che si sviluppano intorno ai titoli di acquisizione della
cittadinanza devono tenere conto del fatto che non si può «svendere» la cittadinanza
data la sua pregnanza storica di fattore costitutivo della società. Ciò vale sia per chi
è già cittadino e che nella dimensione orizzontale deve trovare
¶{p. 200}la vera legittimazione di appartenenza alla comunità; e vale
allo stesso modo per chi la pretende/richiede, che deve essere consapevole che essa è
sia acquisizione di diritti che disponibilità all’assunzione di doveri.
La seconda è che tale concetto è
altresì fondativo di cittadinanze multiple: quella europea (che è già una realtà, anche
se ancora troppo evanescente nei suoi contenuti) e quella globale (che pur non potendo
essere assimilata a quella statale, deve comunque trovare una dimensione di contenuti).
Ciò diventerà sempre più rilevante nel mondo globalizzato, come ha mostrato la recente
pandemia. Essa si è diffusa anche grazie alla globalizzazione ma nella stessa
globalizzazione potrebbe trovare il suo freno maggiore se solo tutti ci sentissimo
davvero «cittadini» globali e ci comportassimo secondo quell’imperativo morale di
solidarietà prima richiamato.
La cittadinanza ha anche un
fondamento «morale» che non ne fa evaporare, però, la durezza normativa. La dimensione
morale, che rimane fondativa sia del diritto che del dovere, quando si trasforma in
regola giuridica – anche impositiva – non muta geneticamente: semplicemente assume una
forma che la rende riconoscibile nell’ordinamento normativo e consente alla solidarietà
di avere un contenuto che richiama costantemente.
Certo il fondamento giuridico ha un
grado di vincolatività maggiore a livello statale, mentre si mostra più esile risalendo
verso il livello europeo e poi globale.
La nozione moderna di cittadinanza
non è dunque una nozione evanescente o sociologica (l’essere cittadini del mondo di
kantiana memoria) ma è una nozione «giuridica» e normativa, sia sotto il profilo dei
diritti, sia sul versante dei doveri. L’essere parte di una comunità rende il cittadino
naturale costruttore di quella comunità, attraverso la sua titolarità di diritti e di
doveri.¶{p. 201}
5. Segue. La cittadinanza come appartenenza solidale a una comunità. Conseguenze sul contenuto dell’educazione civica.
È dunque sul nesso diritti-doveri
come costitutivo di ogni forma di cittadinanza (statale, europea, globale) che
occorrerebbe incentrare l’insegnamento dell’educazione civica. In particolare
occorrerebbe sviluppare con maggiore analiticità la dimensione dei doveri, almeno come
vengono individuati nella Parte prima della Costituzione Diritti e doveri dei
cittadini e cioè, negli articoli: 4; 30, comma 1; 32; 34, comma 2; 48,
comma 2; 52, commi 1 e 2; 53 e 54. Ciò, per almeno due ordini di motivazioni.
La prima è che siamo reduci da una
stagione di esaltazione dei diritti che ha fatto passare in secondo piano che l’essenza
della cittadinanza poggia anche sui doveri. Basti pensare a come il dovere di voto,
inizialmente corredato di specifiche sanzioni civili e amministrative, con il tempo è
stato ridotto a un dovere morale e, dunque, del tutto svilito del suo valore non solo
normativo, ma anche civico.
La seconda è che i mutamenti
geopolitici (le migrazioni), economici (l’aumento della povertà e delle diseguaglianze)
e climatici (l’inquinamento e la desertificazione del pianeta) richiedono un’assunzione
di responsabilità che non può che poggiare sull’idea di cittadinanza come sorgente
(anche) di doveri necessitata dall’essere parte di diverse comunità: nazionale, europea,
mondiale.
Tale assunzione ha, peraltro, una
sua radice storica. Gli Stati costituzionali, cioè quelli che si dotano di una
Costituzione quale patto tra i consociati, nascono per garantire diritti e per vincolare
all’assunzione di doveri: difendere la comunità, contribuire alle sue spese, partecipare
alla definizione della volontà politica. Con il tempo poi l’assunzione di doveri si
struttura intorno alle nuove esigenze della comunità. Ed ancora altre forme forse meno
intuibili ma oggi divenute più importanti: il dovere di istruirsi per contribuire alla
crescita culturale del proprio paese, il dovere di curarsi/vaccinarsi per rispetto alla
salute della comunità. Quest’ultimo, in questo particolare momento della vita
¶{p. 202}dell’intera comunità mondiale, andrebbe reso più vivo e forte
che mai: esso, oggi, diventa, il dovere di comportarsi secondo le prescrizioni sanitarie
adottate per evitare il diffondersi della pandemia.
Quest’ultimo esempio dimostra come
la consapevolezza di essere parte di una comunità trasformi e riempia continuamente di
significati nuovi il dovere di contribuire alla crescita della comunità stessa.
Nell’Italia del 1861 la
centralizzazione e la statalizzazione dell’istruzione furono considerate elementi
strategici di unificazione del paese. E ancora, l’obbligo della leva ben a ragione
poteva essere considerato uno strumento di rafforzamento dell’identità nazionale e di
stemperamento delle differenze sociali e territoriali. Nell’Italia del 1948
l’integrazione ritenuta indispensabile poggiava su motivazioni sia di tipo politico
(l’obbligatorietà del voto), sia economico e sociale (l’obbligatorietà dell’istruzione
inferiore, il diritto-dovere al lavoro), ritenuti indispensabili per la ricostruzione
del paese.
Nel contesto attuale, come si
sottolineava inizialmente, l’appartenenza alle diverse comunità (statale, europea,
globale) passa attraverso lo sviluppo di capacità relazionali: la capacità di interagire
con individui di culture diverse; la disponibilità ad agire per il benessere collettivo
e lo sviluppo sostenibile. Passa, dunque, nuovamente, attraverso la coscienza di
disporre di diritti e assumersi la responsabilità di doveri.
6. Come i contenuti della «cittadinanza» possono sviluppare le NCS
Si tratta, in conclusione, di
ripercorrere la giusta intuizione iniziale che condusse all’introduzione dell’educazione
civica nei programmi scolastici, tenendo conto che si colloca oggi in un contesto
culturale in cui:
a) i fondamenti
della convivenza non sono così più evidenti, a causa del prevalere del solipsismo e di
una cultura relativistica;
b) anche a
causa della globalizzazione e della digita¶{p. 203}lizzazione si è rotto
il nesso passato-presente e dunque è sempre più labile la coscienza identitaria e di
appartenenza a comunità politiche;
c) occorre
ricostruire l’alleanza scuola-famiglia, tenendo conto che sono modificate profondamente
le relazioni familiari;
d) il mondo
sarà sempre più multietnico e multiculturale.
Soprattutto la globalizzazione e la
rivoluzione digitale sono fattori che inevitabilmente provocano un indebolimento della
coscienza del proprio io nel mondo e del proprio io in relazione agli altri.
Ciò implica che occorre rivedere
tutte le tradizionali coppie concettuali del diritto (diritto-dovere; autorità-libertà)
alla luce di questa esigenza di ricostruzione della personalità.
Occorre però farlo non solo e non
tanto trasmettendo competenze di ogni genere e tipo, sconnesse tra di loro e senza una
spina dorsale contenutistica, bensì fortificando le conoscenze o abilità che si rendono
indispensabili per la formazione di una «personalità» istruita e che hanno a che fare
con la capacità di tale personalità di comprendere la realtà (persone, cose, situazioni)
che ha davanti e di relazionarsi con essa.
Perciò l’educazione civica non può
che essere trasmessa fortificando le NCS: nel senso che la trasmissione dei contenuti
che si selezionano deve avere di mira la costruzione della persona, come scoperta
dell’io in relazione al mondo. Il diritto costituzionale, in questa prospettiva, è una
straordinaria miniera di contenuti: la Prima Parte della Costituzione, infatti, condensa
il percorso storico, filosofico e normativo che attraverso il nesso diritti-doveri
conduce alla costruzione dell’io e delle società.
Note