Tiziano Treu
Sindacato e rappresentanze aziendali
DOI: 10.1401/9788815412324/a2

Documenti

Dalla relazione di Lama su «I problemi dell’organizzazione» al II Congresso nazionale della CGIL, Genova 4-9 ottobre 1949.

In I Congressi della CGIL, Roma, Editrice Sindacale Italiana, 1952, vol III, pp. 285-286.

Comitati di attivisti.

Vengo ora ad un argomento nuovo, almeno per questo Congresso.
Nelle grandi officine, nelle maggiori leghe non basta avere dei collettori che abbiano i compiti che io vi dicevo; non basta cioè avere in questi luoghi di lavoro in cui si riuniscono centinaia o migliaia di lavoratori, dei collettori attivisti sindacali.
Bisogna che gli attivisti sindacali abbiano nei luoghi di lavoro un modo di riunirsi, un metodo per discutere ed esaminare le questioni relative all’orientamento, alla propaganda sindacale, alla direzione dei componenti le CI che sono iscritti alla CGIL, alla direzione dei componenti i Consigli di gestione iscritti alla CGIL.
In questo momento, almeno, noi non siamo favorevoli alla istituzione dei sindacati di azienda, non solo perché il sindacato di azienda in Italia non ha una sua tradizione specifica e anche in passato, laddove è stato costituito, non ha dato buoni risultati, ma perché riteniamo che nella situazione attuale il sindacato di azienda potrebbe provocare situazioni gravi e difficili dal punto di vista dell’orientamento dei lavoratori.
Noi sappiamo bene che il sindacato di azienda può determinare un orientamento a carattere corporativistico e trascinare con sé, quasi fatalmente, il contratto aziendale; riteniamo quindi che non sia né opportuno né utile oggi, creare i sindacati di azienda. Questo però non vuol dire che il sindacato debba rimanere lontano dall’azienda, dai lavoratori. Dobbiamo avvicinare il sindacato all’azienda senza cadere in quel pericolo di deviazione corporativa aziendale prima accennato.{p. 210}
Che cosa dobbiamo fare per realizzare questo obiettivo?
L’unico modo è quello di servirsi degli attivisti sindacali, con la costituzione di un comitato che non sia una organizzazione sindacale, ma diventi uno strumento del sindacato nell’azienda, al fine di effettuare fra i lavoratori la politica, il reclutamento, la propaganda, e così via, per conto del sindacato. È opportuno inoltre che questo comitato degli attivisti sindacali sia a sua volta diretto da un compagno: il responsabile del comitato, che insieme agli altri componenti del comitato stesso tenga il legame con il sindacato.
Mi pare che quello della costituzione dei comitati degli attivisti sindacali nelle aziende sia un problema nuovo, e mi preme sottolineare particolarmente questa questione perché sarà compito vostro, nelle provincie, immediatamente dopo il ritorno ai vostri luoghi di lavoro, informare di questa risoluzione del Congresso della CGIL; risoluzione che non deve rimanere sulla carta ma essere applicata immediatamente nelle vostre fabbriche, nelle vostre organizzazioni di categoria o camerali.{p. 211}

Dagli Atti del Consiglio generale della CISL, sessione II, Roma 29-31 luglio 1954.

In Atti e documenti ufficiali della CISL (1950-1958), a cura dell’Ufficio studi della CISL, Roma, 1959, pp. 102 e 107.

Ordine del giorno sulle prerogative e funzioni delle Commissioni interne di fabbrica.

Il Consiglio generale nel prendere atto del lavoro presentato dall’apposita commissione ha sintetizzato nei seguenti punti l’indirizzo per le attività che gli organismi di categoria e territoriali dovranno svolgere:
1) la Commissione interna, regolata dall’accordo interconfederale 8 maggio 1953 deve adempiere sempre più decisamente ai compiti che le sono propri. Le nostre organizzazioni sono tenute a rafforzare la nostra presenza a vigilare e coadiuvare il loro lavoro, a promuoverne la costituzione;
2) la Commissione interna come organo che ripete da una volontà contrattuale del sindacato la sua costituzione e regolamentazione, non ha bisogno di trovare nella legge lo strumento della sua esistenza e funzionalità.
Un riconoscimento giuridico delle CI non può essere pertanto accettato sia per la pericolosità nei confronti della rappresentativa del sindacato sia per le incompatibilità tra commissione e sindacato che ne sarebbero inevitabilmente esaltate;
3) il sindacato deve, di fronte ai tentativi di creare una posizione di conflitto tra CI e sindacato e di fronte al pericolo del distacco tra organismi sindacali e base organizzata, dar vita al livello aziendale a Sezioni sindacali, aderenti alla CISL, nucleo elementare del sistema organizzativo. La Sezione sindacale deve costituire l’anello di congiunzione tra movimento sindacale e la vita aziendale; dar luogo al collegamento, all’assistenza, all’indirizzo degli organismi rappresentativi di azienda; promuovere l’azione sindacale al livello aziendale.
Il Consiglio generale impegna le federazioni e i sindacati nazionali di categoria a porre il problema ai rispettivi organi, allo scopo di impartire gli indirizzi più opportuni alle rispettive organizzazioni provinciali per la attuazione della presente delibera.{p. 212}

Ordine del giorno sulla organizzazione e funzione delle sezioni aziendali sindacali.

Il Consiglio generale della CISL, riunito in Roma il 29-30-31 luglio 1954;
considerando la necessità di un più intenso e concorde legame tra i lavoratori delle singole aziende e l’azione del sindacato;
conferisce mandato agli organi esecutivi di definire i mezzi e le modalità per la costituzione organica, alla base dei sindacati di categoria e dell’organizzazione territoriale, delle sezioni sindacali di fabbrica; e, nel confermare fiducia nell’istituto delle commissioni interne quando esso non sia manovrato a scopi politici o corrotto da subdole azioni padronali nell’ambito dei suoi compiti specifici, che non possono contrapporsi in alcun modo all’azione del sindacato e che devono essere considerati alla luce della libertà sindacale esistente nel nostro Paese;
nega al disegno di legge di iniziativa parlamentare per il riconoscimento giuridico delle CI, recentemente presentato, ogni funzione positiva in quanto esso, per la causa occasionale che lo ha determinato e per il contenuto, ha netto carattere antisindacale opponendo l’istituto della CI al sindacato, cui viene implicitamente negata ogni attribuzione di iniziativa, di rappresentanza e di azione all’origine del rapporto di lavoro, senza riuscire in alcun modo a indicare mezzi di tutela migliori di quelli esistenti per i membri della CI, la quale verrebbe abbandonata alla pressione padronale con tutte le sue conseguenze, in un quadro caotico di singole situazioni l’una dall’altra isolate, con vaste possibilità di cristallizzazione delle attuali maggioranze.{p. 213}

Da «Le relazioni umane e sociali nelle aziende», a cura dell’Ufficio studi CISL, Roma 1953, cap. IX, pp. 65-68.

Il ruolo del sindacato nello sviluppo della partecipazione dei lavoratori alla vita dell’impresa.

Le conseguenze «umane» del macchinismo industriale, le esigenze che ne derivano ai fini della difesa della personalità del lavoratore su un piano che tenga conto soprattutto di una nuova valutazione della impresa e della sua struttura, le implicazioni tecniche che ne conseguono (sia per quanto concerne l’organizzazione della cooperazione fra funzioni, sia per quanto concerne le modalità economico-salariali in cui si concreta il nuovo tipo di appartenenza del lavoratore all’impresa), tutto ciò ha condotto il movimento sindacale ad allargare notevolmente i suoi orizzonti, a prendere coscienza di una problematica fino ad oggi da esso ignorata e a dare una nuova dimensione alla sua attività, non più basandola soltanto sulla vecchia posizione rivendicazionistica, ma bensì preoccupandosi di migliorare costantemente il rapporto fra il lavoratore e le condizioni ambientali in cui vive ed opera.

Sviluppi dell’atteggiamento sindacale nei riguardi dell’evoluzione sociale dell’impresa.

Il movimento sindacale si è venuto a trovare impegnato su delle posizioni di difficile sostegno: da un lato è messo dalla realtà duramente di fronte a nuove esigenze dei propri patrocinati che gli richiedono un nuovo tipo di presenza tutelatrice; dall’altro queste nuove esigenze, facilmente definibili come «partecipazionistiche», vengono ad alterare la posizione del prestatore d’opera che il sindacato era abituato a difendere. [omissis].
Mal combinandosi, a prima vista, l’inserimento funzionale del lavoratore nell’impresa, con il compito difensivo e rivendicativo del sindacato, quest’ultimo giungeva a riguardare con sospetto e diffidenza l’evoluzione sociale dell’impresa e il generale diffondersi di nuove tecniche per il miglioramento delle «relazioni umane». Sospetto e diffidenza peraltro giustificati dal modo
{p. 214}unilaterale con cui da parte dell’impresa molte volte si chiamavano i lavoratori ad assumere un nuovo atteggiamento verso l’impresa stessa. Dalle prime forme di ostilità, il sindacato è passato ad un atteggiamento di riserbo, poi venuto meno con il progressivo emergere di un nuovo ruolo del sindacato in seno alle aziende, ruolo che veniva toccando la stessa attività contrattuale dandole un nuovo contenuto ed un nuovo significato.
Note