Contrastare la dispersione scolastica
DOI: 10.1401/9788815413369/c3
Capitolo terzo Il contrasto alla dispersione scolastica come dovere
costituzionale per la comunitàdi Simone Frega, assegnista di ricerca in Istituzioni di diritto pubblico presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
Abstract
Nel capitolo si affronta il “dovere di non disperdersi”, affiancato al “diritto
a non essere dispersi”, che appartiene sia alla Repubblica, che ha il compito di
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale per fornire gli strumenti
necessari a garantire l’insegnamento e la sua organizzazione, sia a ogni minore, che
deve fruire dei percorsi di istruzione e formazione, anche se il compito di far
adempiere ai minori l’obbligo scolastico risponde ai genitori o chi ne fa le veci.
In conclusione, il capitolo si interroga sul compito della comunità, intesa
nell’insieme dei soggetti che si impegnano a garantire il benessere e la crescita di
ragazze e ragazzi, nel lottare contro la dispersione scolastica, un compito che è
giusto che si ponga una società basata sulla convivenza civile e democratica.
1. Una premessa sull’oggetto di indagine
La dispersione scolastica
[1]
è un fenomeno che riguarda diversi giovani che frequentano le scuole
italiane e comporta un’attenzione multidisciplinare, in quanto le ragioni sottese a esso
possono trovare origine in una molteplicità di fattori
[2]
e le possibili risposte dovranno, giocoforza, essere «molteplici e multidimensionali»
[3]
. Infatti, essendo varie le motivazioni (come, ad esempio, «il background
familiare, il sistema scolastico, la singola scuola, il ragazzo o la ragazza stesso/a e
la presenza di un florido mercato del lavoro/economia forte»)
[4]
che possono essere causa della dispersione scolastica, è importante che gli
attori coinvolti possano mettersi insieme per affrontare il
problema.¶{p. 68}
Dopo un attento esame che ha
riguardato le dimensioni del «diritto a non essere dispersi»
[5]
, il tentativo che qui si sta intraprendendo consiste nel verificare se vi
sia, da un lato, un «dovere di non disperdere» e, dall’altro, perfino «un dovere di non
disperdersi». In particolare, l’analisi dovrà prendere le mosse dall’art. 2 della
Costituzione italiana, laddove è richiesto «l’adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale». In particolare, è necessario ora, in primo
luogo, intendersi su quali siano tali doveri di solidarietà e se in essi vi sia anche
«il dovere di non disperdere/disperdersi» e, in secondo luogo, comprendere a quali
soggetti è rivolta tale «richiesta».
2. Sul concetto di dovere: una relazione tra «doveri di solidarietà» e «sviluppo della persona umana»
Si è soliti identificare il dovere
come una faccia della medaglia sul cui altro lato si trova il diritto. Ed è pur vero che
difficilmente si potrebbe avere un diritto senza che dall’altra parte non vi sia qualcun
altro che abbia il dovere di fare (o non fare) qualcosa per garantire e mantenere
effettivo tale diritto. Questo rapporto giuridico permette di evidenziare che il termine
dovere presuppone «una relazione con altri» e proprio il suo significato «ha come scopo
di connotare la relazione umana sottolineando il legame che essa implica»
[6]
.
In particolare, il principio
personalista, che si ricava dall’incipit dello stesso art. 2 della
Costituzione (secondo cui «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
¶{p. 69}dell’uomo»), richiede, affinché lo stesso principio sia
garantito, che sia previsto l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà: questi
trovano, secondo l’impianto scelto dal Costituente, giustificazione nella «solidarietà
politica, economica e sociale» svolgendo «una funzione di integrazione sociale» e
contribuendo «a garantire un livello minimo di omogeneità nella compagine sociale,
ancorché pluralista e frammentata»
[7]
.
Aver posto in relazione i diritti
inviolabili dell’uomo e i doveri inderogabili di solidarietà, permette di comprendere
che l’impianto costituzionale riconosce «quella imprescindibile relazione che lega gli
uomini tra loro» e che caratterizza «la societas»
[8]
. Si può, dunque, osservare come, proprio in base al principio di
solidarietà, la doverosità assuma rilievo non solo e in quanto vi sia un testo normativo
a prescriverla, ma in quanto la stessa scaturisca direttamente dai «vincoli derivanti
dai legami sociali»
[9]
.
Una lettura complessiva del dettato
costituzionale ha permesso di individuare una correlazione particolarmente stringente
tra l’art. 2 e l’art. 3, secondo comma, della Costituzione (ossia, l’eguaglianza
sostanziale), secondo cui è compito della Repubblica «rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti
i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del ¶{p. 70}paese»
[10]
. La rimozione di tali ostacoli rappresenta il dovere di solidarietà di cui
si richiede l’adempimento, affinché sia perseguito lo scopo del pieno sviluppo della
persona umana, ossia il diritto inviolabile di ciascuno di
crescere, sviluppare le proprie doti e capacità e i propri talenti
e, quindi, la propria personalità
[11]
. La serrata relazione tra i due articoli della Costituzione è stata anche
rilevata dalla Corte costituzionale, quando aveva riconosciuto la presenza di una nuova
idea di solidarietà che trova sostegno nell’uguaglianza sostanziale e, quindi, nella
collaborazione di tutti e tutte al fine di guadagnare il bene comune
[12]
.
Pertanto, per le considerazioni
esposte, il dovere di solidarietà in connessione con il principio di uguaglianza
sostanziale comportano non solo il dovere per la Repubblica di porre le condizioni
affinché tutti e tutte possano contribuire alla società, ma anche per il singolo, il
quale non potrà esimersi dal partecipare alla vita nella società
[13]
: ¶{p. 71}senza questo binomio, sarebbe, di fatto,
impraticabile una convivenza civile costruita dalla partecipazione di tutti e tutte e,
quindi, infine anche democratica
[14]
.
Nel sistema costituzionale vi sono
determinati principi che promuovono e favoriscono lo sviluppo della persona umana
[15]
, tra cui anche l’art. 34 della Costituzione che riguarda l’istruzione. Senza
soffermarci, qui
[16]
, sul diritto all’istruzione, si esaminerà, invece, il dovere (o, meglio, i
doveri) insito(i) nell’articolo in questione. In primo luogo, per quanto si è detto fino
ad ora, al diritto all’istruzione esiste un «contrapposto» dovere di istruire, ossia il
dovere di consentire l’istruzione a tutti e tutte. In secondo luogo, leggendo, in
particolare, l’art. 34, secondo comma, della Costituzione, è possibile osservare che il
sistema costituzionale prevede l’obbligo scolastico
[17]
, quindi non solo un «dovere di istruire», ma anche un «dovere di istruirsi».
In tale seconda prospettiva, si trova una conferma dell’impianto sin qui sostenuto:
l’istruzione di una persona, da un lato, è funzionale allo sviluppo della sua
personalità e, dall’altro, a quello della società, che è possibile solo attraverso il
contributo di tutti gli individui, la cui formazione e crescita è, evidentemente,
funzionale anche a tal fine
[18]
. Chiunque partecipi alla comunità, ne sia parte e, magari, ne tragga anche
vantaggio, ha il dovere di porsi nelle condizioni per favorire un suo continuo sviluppo.
Sarà possibile verificare
¶{p. 72}come, sempre nell’impianto previsto
dalla Costituzione italiana, tale finalità è e sarà realmente ottemperata.
Note
[1] Sulla cui definizione si rinvia, in questo volume, all’introduzione di R. Ricci e ai contributi di R. Biagioli e F. Biondi Dal Monte.
[2] Cfr. C. Garlatti, Premessa, in Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, La dispersione scolastica in Italia: un’analisi multifattoriale. Documento di studio e di proposta, Roma, 2022. In particolare, l’autrice rileva che i «fattori connessi possono dipendere dalla disoccupazione, dalle situazioni di esclusione sociale e di povertà, ma non si possono escludere nemmeno quelle motivazioni riconducibili a disagi personali e/o familiari, difficoltà nell’apprendimento e, più in generale, il modo in cui il singolo studente reagisce al sistema scolastico», oltre anche alla possibilità che lo studente o la studentessa possa soffrire di «disturbi d’ansia» (p. 8).
[3] Ibidem.
[4] Sia consentito il rinvio a F. Biondi Dal Monte e S. Frega, Per l’uguaglianza sostanziale tra i banchi di scuola. Immigrazione, inclusione e contrasto alla dispersione scolastica, Milano, Franco Angeli, 2023, pp. 43 s. In particolare, alle pp. 44 s. del volume sono riportati alcuni dati allarmanti che riguardano la dispersione e l’abbandono del percorso scolastico.
[5] Si rinvia, all’interno di questo volume, al contributo di F. Biondi Dal Monte.
[6] L. Violini, I doveri inderogabili di solidarietà: alla ricerca di un nuovo linguaggio, in R. Balduzzi, M. Cavino, E. Grosso e J. Luther (a cura di), I doveri costituzionali: la prospettiva del giudice delle leggi, Torino, Giappichelli, 2007, pp. 517-532, spec. p. 521. Inoltre, l’autrice osserva che il «[d]overe come legame[,] dunque, [...] non si oppone alla libertà ma [...] ne costituisce il presupposto antropologico cosicché il soggetto potrà effettivamente rivendicare e difendere i propri diritti nella misura in cui sarà entrato in quelle relazioni che lo hanno costituito come soggetto adulto, maturo e cosciente di sé».
[7] E. Rossi, Art. 2, in R. Bifulco, A. Celotto e M. Olivetti, Commentario alla Costituzione, Torino, Utet, 2006, pp. 38-64, spec. p. 55.
[8] Violini, I doveri inderogabili di solidarietà, cit., spec. p. 519. In particolare l’autrice osserva che l’«impianto, codificato essenzialmente nell’art. 2 Cost., rivela una forte tensione a superare la visione individualistica sia dei diritti fondamentali sia dei doveri inderogabili; questi ultimi infatti sono definiti come “doveri di solidarietà” e, in quanto tali, fanno riferimento a una categoria ben più esigente rispetto all’individualismo liberale. In altre parole, parlare di doveri di solidarietà significa considerare quella imprescindibile relazione che lega gli uomini tra loro e che fonda in questo modo su basi diverse dall’utilitarismo la societas».
[9] F. Giuffrè, I doveri di solidarietà sociale, in Balduzzi, Cavino, Grosso e Luther (a cura di), I doveri costituzionali: la prospettiva del giudice delle leggi, cit., pp. 3-51, spec. p. 41.
[10] Cfr. art. 3, comma 2, Cost. Così, tra gli altri, anche Rossi, Art. 2, cit., spec. p. 57; Giuffrè, I doveri di solidarietà sociale, cit., spec. p. 31.
[11] Infatti, il «dovere di solidarietà [...] dice della natura dell’uomo come legato ab origine ai propri simili e della societas non come mero contratto sociale ma come compagine che consente all’individuo “il pieno sviluppo della propria personalità”»: Violini, I doveri inderogabili di solidarietà, cit., spec. p. 520.
[12] Così, Corte cost., sent. n. 500 del 1993, punto 5 del considerato in diritto: «Va pertanto sottolineato come questa moderna visione della dimensione della solidarietà, andando oltre i tradizionali schemi di beneficenza e assistenza, e superando l’ancoraggio ai doveri e agli obblighi normativamente imposti, costituisce, per un verso, un modo per concorrere a realizzare quella eguaglianza sostanziale che consente lo sviluppo della personalità, cui si riferisce il secondo comma dell’art. 3 della Costituzione, mentre, per altro verso, mira a ottenere – non solo dallo Stato, dagli enti e dalla sempre più variegata realtà delle formazioni sociali, bensì da tutti i cittadini – la collaborazione per conseguire essenziali beni comuni quali la ricerca scientifica, la promozione artistica e culturale, nonché la sanità».
[13] Cfr. Giuffrè, I doveri di solidarietà sociale, cit., spec. p. 23, laddove rilevava che «la medesima finalità garantista sembra giustificare l’affermazione della inderogabilità dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale, atteso che dal carattere “irrinunciabile” di questi deriva che il singolo non può sottrarsi dagli impegni connessi alla sua partecipazione alla vita associata e, ancora, che nemmeno lo Stato può esonerare dall’adempimento dei doveri senza mettere in discussione i presupposti della convivenza organizzata».
[14] D’altronde, «il tema della democrazia mostra grandi affinità con quello educativo»: L. Violini, La scuola come comunità? Modelli per una riorganizzazione, in «Diritto Costituzionale», 3, 2021, pp. 111-124, spec. p. 112. Sul punto, di recente, si vedano le osservazioni di T. Groppi, Scuola e Costituzione in Italia. Una lettura nella prospettiva del «Costituzionalismo trasformatore», in «Rivista AIC», 1, 2024, pp. 426-451, spec. pp. 435 s.
[15] Dal punto di vista culturale, scientifico, artistico, e così via.
[16] Si rinvia al contributo, in questo volume, di F. Biondi Dal Monte.
[17] Sull’obbligo scolastico, si vedano, tra le altre, le osservazioni di A. Poggi, Per un «diverso» Stato sociale. La parabola del diritto all’istruzione nel nostro Paese, Bologna, Il Mulino, 2019, pp. 105 ss.
[18] In senso analogo, si vedano le osservazioni di Rossi, Art. 2, cit., spec. p. 56.