Contrastare la dispersione scolastica
DOI: 10.1401/9788815413369/c6
Restano sullo sfondo molti aspetti
che meriterebbero di essere affrontati, ma che – soprattutto per il particolare
approccio che si è scelto di adottare – non hanno trovato spazio all’interno di questo
capitolo: si pensi, semplicemente, alla possibile rilevanza delle fonti internazionali e
sovranazionali riguardanti il diritto all’istruzione
[32]
, alla lettura dell’istruzione e dell’educazione come libertà, sino, più
puntualmente, ai possibili aspetti problematici derivanti dalla conciliazione degli
istituti di amministrazione condivisa contenuti nel CTS e dello stesso principio di
sussidiarietà orizzontale con il diritto dell’Unione europea
[33]
. Quel che si è cercato di porre in luce, pur all’interno di un quadro
concettuale e giuridico composito e complesso, è che la dispersione scolastica e – più
in generale, la povertà educativa, di cui la dispersione scolastica è, al contempo,
causa e sintomo – è una questione che va affrontata avendo
¶{p. 134}ben
chiaro che essa, come altre questioni relative alla disciplina e alle condizioni della
comunità scolastica, costituisce una cartina di tornasole in merito alla posizione
dell’ordinamento statale «nella “scala delle durezze” dei costituzionalismi liberal-democratici»
[34]
.
Meritano spazio, in chiusura,
alcune considerazioni di carattere generale. Si è già fatto cenno al fatto che la
solidarietà politica, quella sociale e quella economica si alimentano l’una dell’altra e
si danno reciprocamente forza ed energia, unendosi in una sorta di circolarità virtuosa.
Una dinamica di segno opposto caratterizza, invece, le povertà. In altri termini, come
in un circolo vizioso, ciascuna povertà rischia di alimentare e aggravare le altre. Ad
esempio, essere «educativamente poveri» significa avere minori competenze per concorrere
al progresso materiale e spirituale della società, limitando la portata del
diritto/dovere al lavoro di cui all’art. 4 Cost.
[35]
; al tempo stesso – ed è questo l’aspetto più preoccupante, se si adotta una
prospettiva ancorata al testo costituzionale – pregiudica il godimento di una pari
dignità sociale, ponendo, implicitamente, alcune persone in una condizione di
subalternità rispetto ad altre. Per quanto riguarda la partecipazione alla vita politica
del paese, poi, avere ricevuto strumenti educativi adeguati consente ai consociati di
orientarsi meglio in un flusso informativo tumul¶{p. 135}tuoso e
continuo, in cui non è sempre agevole distinguere la veridicità delle informazioni e
delle notizie con cui si entra in contatto, consentendo un dibattito pubblico migliore,
più trasparente, partecipato e plurale, pur nella diversità delle opinioni e nel
concorso delle idee. Ora e nel prossimo futuro, lottare contro la povertà educativa,
insomma, significa puntellare l’architrave delle nostre democrazie.
Note
[32] Tra gli altri, si pensi a quanto statuito dall’art. 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani, dagli artt. 28 e 29 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dall’Italia con la legge n. 176 del 27 maggio 1991, dall’art. 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dall’art. 2 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Sul punto, cfr. ex multis M. Benvenuti, «La scuola è aperta a tutti»? Potenzialità e limiti del diritto all’istruzione tra ordinamento statale e ordinamento sovranazionale, in «Federalismi.it», 4, 2018, pp. 99-126.
[33] Sul punto, cfr. ancora Gotti, La co-programmazione tra politica e amministrazione, cit., pp. 81 ss.
[34] Così E. Gianfrancesco, La comunità scolastica nella forma di stato e G. Laneve, L’istruzione come fattore di identità costituzionale, entrambi in «Rivista AIC», 1, 2024, rispettivamente a pp. 561-568 (il passaggio qui citato è a p. 562) e a pp. 452-497.
[35] Al primo punto del Pilastro europeo dei diritti sociali, proclamato a Göteborg nel 2017, esemplarmente, si legge che «Ogni persona ha diritto a un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente di qualità e inclusivi, al fine di mantenere e acquisire competenze che consentono di partecipare pienamente alla società e di gestire con successo le transizioni nel mercato del lavoro»; si tratta di un approccio che presta il fianco a svariate critiche e che segnala uno slittamento rispetto all’approccio costituzionale evocato nel testo, spostando l’attenzione «dal lavoro in sé al mercato del lavoro, interessato da quei fenomeni di automazione e digitalizzazione che ne hanno radicalmente mutato i connotati»: così A. Morelli, Istruzione, formazione e sistema produttivo, in «Rivista AIC», 1, 2024, pp. 498-524 (il passaggio qui citato è a p. 523).