Francesca Biondi Dal Monte, Simone Frega (a cura di)
Contrastare la dispersione scolastica
DOI: 10.1401/9788815413369/c6
In tempi più recenti, quindi, la commissione internazionale sul futuro dell’educazione, ha elaborato, sempre per conto dell’Unesco, un nuovo Rapporto, intitolato Re-immaginare i nostri futuri insieme. Un nuovo contratto sociale per l’educazione e pubblicato nel 2021 [25]
; e fra i principi fondamentali individuati in tal sede compaiono la necessità di garantire il diritto a un’educazione di qualità per tutto l’arco della vita e il bisogno di «rafforzare l’educazione come sforzo pubblico e come bene comune». In particolare, si sottolinea che «in quanto sforzo sociale condiviso, l’educazione costruisce scopi comuni e consente agli individui e alle comunità di prosperare insieme»; inoltre, si evidenzia che «un nuovo contratto sociale per l’educazione non deve solo garantire finanziamenti pubblici per l’educazione, ma [deve] anche includere un impegno a livello di società per comprendere tutti nelle discussioni pubbliche sull’educazione», funzionale al rafforzamento dell’educazione come bene comune. Più avanti, all’interno del medesimo documento, si legge che «in quanto progetto sociale, l’educazione coinvolge molti attori diversi nella sua gestione e amministrazione», che «voci e prospettive diverse devono essere integrate nelle politiche e nei processi decisionali» in linea con «l’attuale tendenza verso un maggiore e più diversificato coinvolgimento non statale nella definizione delle politiche educative» (p. 2). Ciò rende opportuno «il coinvolgimento di insegnanti, movimenti giovanili, gruppi comunitari, fondazioni, organizzazioni non governative, imprese, associazioni professionali, filantropi, istituzioni religiose e movimenti sociali», dal momento che
{p. 129}questo «può rafforzare l’equità, la qualità e la rilevanza dell’educazione»; inoltre, si sottolinea che «[g]li attori non statali svolgono un ruolo importante nel garantire il diritto all’educazione, salvaguardando i principi di non discriminazione, pari opportunità e giustizia sociale» (p. 13) [26]
.
In questa sede non è possibile dar conto di tutte le proposte contenute in un documento tanto ambizioso e composito; ma è evidente che i passaggi qui evidenziati, sul piano del diritto costituzionale italiano, vadano letti in armonia con i principi costituzionali evocati poco sopra e – sul piano delle fonti primarie – nel prisma della disciplina relativa a un particolare ambito giuridico e sociale, quello del Terzo settore.

3. Il ruolo del Terzo settore nel contrasto alla povertà educativa

Nel corso degli ultimi decenni, in Italia, i soggetti che si riconducono al c.d. Terzo settore (non appartenenti, cioè, al settore pubblico, ma non rispondenti, nel loro agire, a logiche di mercato) hanno visto un’evoluzione considerevole, sia dal punto di vista del formante legislativo, sia dal punto di vista di quello giurisprudenziale e di quello dottrinale. Si tratta di un percorso che non è qui possibile ripercorrere tappa per tappa, dal momento che l’ordinamento italiano, sin dalle sue origini, è costellato di quelle che si potrebbero definire, genericamente, esperienze di solidarietà (auto)organizzata [27]
, ma che ha trovato un sicuro riferimento con l’introduzione nel testo costituzionale, a seguito della legge cost. n. 3/2001, del già citato art. 118 Cost., u.c. [28]
e che – in {p. 130}tempi ancora più recenti – ha conosciuto un fondamentale punto di svolta con l’approvazione della legge 6 giugno 2016, n. 106 (Delega al Governo per la riforma del Terzo Settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale) e l’emanazione dei relativi, numerosi provvedimenti di attuazione.
Fra questi ultimi, spicca il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore, a norma dell’art. 1, comma 2, lett. b) della legge 6 giugno 2016, n. 106; d’ora in avanti, semplicemente Codice del Terzo settore o CTS). Il Codice del Terzo settore è un atto che si pone un obiettivo ambizioso, proponendosi di provvedere «al riordino e alla revisione organica della disciplina vigente in materia di enti del Terzo settore», con il fine di
sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 4, 9, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione.
Alla luce di quanto esposto poco sopra, è evidente come, all’interno delle finalità del CTS possa rientrare, a pieno titolo, anche il favorire azioni di contrasto alla povertà educativa e – senza dubbio – anche di lotta alla dispersione scolastica, in entrambe le accezioni (implicita ed esplicita) cui si è accennato sopra. Peraltro, se si scorre il testo del CTS, all’art. 5, dedicato alle attività di interesse generale che gli enti del Terzo settore (d’ora in avanti, ETS) devono esercitare, in via esclusiva o principale, per essere considerati tali, si legge che fra esse vanno fatte rientrare anche attività inerenti alla «educazione, istruzione e formazione professionale [...], nonché le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa» (lett. d), la «organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale [...]» (lett. i) e – in maniera molto {p. 131}puntuale, per quel che ci interessa – attività riguardanti la «formazione extrascolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo e al contrasto della povertà educativa» (lett. l).
Nel CTS, pertanto, si afferma che gli ETS possono esercitare attività che, in maniera più o meno diretta, contribuiscono da un lato alla lotta contro la povertà educativa e, dall’altro, alla garanzia di un’educazione di elevata qualità lungo tutto l’arco della vita. Questa constatazione, però, risulta ancora più rilevante, ai nostri fini, se la si legge sommandola a un’altra disposizione contenuta all’interno del CTS, e precisamente nel primo comma dell’art. 55, rubricato Coinvolgimento degli enti del Terzo settore, dove si stabilisce che:
in attuazione dei principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità e unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare, le amministrazioni pubbliche [...], nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di cui all’articolo 5, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento [...].
Più precisamente, la co-programmazione «è finalizzata all’individuazione, da parte della pubblica amministrazione procedente, dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili», mentre la co-progettazione è «finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti» alla luce di quanto stabilito in occasione della co-programmazione. L’introduzione di questi due strumenti nel nostro ordinamento – e in particolare della co-programmazione – pone tutta una serie di nodi problematici che non possiamo affrontare in questa sede [29]
.{p. 132}
Con riferimento al contrasto alla povertà educativa, però, si tratta di una novità molto rilevante, perché – come è stato sottolineato – il loro utilizzo consente di operare dei veri e propri «ribaltamenti» di prospettiva, proponendo l’amministrazione pubblica «come soggetto attivatore di programmi e interventi integrati, in grado di fare lavorare insieme tutti i diversi soggetti, a cominciare dalla scuola, che hanno una responsabilità diretta o indiretta sulle carriere scolastiche di alunne e alunni» [30]
. Si tratta di un mutamento concettuale notevole, le cui implicazioni, forse, non sono state ancora compiutamente assimilate dalle pubbliche amministrazioni e dagli stessi ETS, e di tale rilevanza da richiedere percorsi formativi ad hoc. È però indubbio che la co-programmazione e la co-progettazione possano contribuire in maniera cruciale alla lotta alla povertà educativa, facendo emergere i bisogni educativi presenti in ciascun singolo contesto socioterritoriale e sostenendo il difficile affermarsi del principio di complementarità fra scuola ed ETS in un ambito di enorme complessità come quello educativo, sul quale incidono numerose variabili che rendono arduo concepire la pianificazione di interventi generali, anche alla luce del notevole divario esistente fra il Nord e il Sud del paese [31]
. Se si pensa a quanto previsto nei più {p. 133}recenti documenti di policy dell’Unesco, è immediato intuire come il meccanismo messo a punto all’interno del CTS possa divenire uno strumento fondamentale per cementare le basi della comunità educante e consentire la maggior partecipazione possibile alla pianificazione e alla realizzazione di interventi di contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica.

4. Conclusioni

Restano sullo sfondo molti aspetti che meriterebbero di essere affrontati, ma che – soprattutto per il particolare approccio che si è scelto di adottare – non hanno trovato spazio all’interno di questo capitolo: si pensi, semplicemente, alla possibile rilevanza delle fonti internazionali e sovranazionali riguardanti il diritto all’istruzione [32]
, alla lettura dell’istruzione e dell’educazione come libertà, sino, più puntualmente, ai possibili aspetti problematici derivanti dalla conciliazione degli istituti di amministrazione condivisa contenuti nel CTS e dello stesso principio di sussidiarietà orizzontale con il diritto dell’Unione europea [33]
. Quel che si è cercato di porre in luce, pur all’interno di un quadro concettuale e giuridico composito e complesso, è che la dispersione scolastica e – più in generale, la povertà educativa, di cui la dispersione scolastica è, al contempo, causa e sintomo – è una questione che va affrontata avendo
{p. 134}ben chiaro che essa, come altre questioni relative alla disciplina e alle condizioni della comunità scolastica, costituisce una cartina di tornasole in merito alla posizione dell’ordinamento statale «nella “scala delle durezze” dei costituzionalismi liberal-democratici» [34]
.
Note
[25] Il Rapporto in questione è disponibile in open access sul sito web istituzionale dell’Unesco; anche la versione in lingua italiana, pubblicata nel 2023 dalla casa editrice La Scuola, è disponibile nell’Archivio Unesco a libero accesso.
[26] Si veda, in particolare, a pp. 51-64.
[27] Sull’evoluzione storica del Terzo settore, anche dal punto di vista giuridico, cfr. E. Rossi e S. Zamagni (a cura di), Il Terzo settore nell’Italia unita, Bologna, Il Mulino, 2011, passim.
[28] Per un inquadramento costituzionale del Terzo settore, cfr. da ultimo L. Gori, Terzo settore e Costituzione, Torino, Giappichelli, 2022; in una prospettiva comparata, cfr. ex multis A. Fici (a cura di), The Law of Third Sector Organizations in Europe. Foundations, Trends and Prospects, Cham, Springer, 2023.
[29] Per quanto riguarda la co-programmazione, si rimanda, da ultimo, a G. Gotti, La co-programmazione tra politica e amministrazione, in «Federalismi.it», 8, 2024, pp. 51-91. Sull’istituto della co-programmazione è intervenuta anche la Corte costituzionale, che ha chiarito alcuni aspetti fondamentali relativi all’istituto in parola; cfr. Corte cost., sent. n. 131 del 2020; per un commento, cfr. L. Gori, Gli effetti giuridici «a lungo raggio» della sentenza n. 131 del 2020 della Corte costituzionale, in «Impresa sociale», 3, 2020.
[30] Così A. Morniroli e A. Palmieri, Ribaltamenti: contro l’abbandono scolastico e la povertà educativa, in «il Mulino», 1, 2020, pp. 73-83. Lo scritto in questione è relativo a interventi contro la povertà educativa in Campania; per un’analisi puntuale del quadro giuridico di riferimento nel contesto regionale in parola, cfr. M. Tuozzo, La scuola è aperta ugualmente a tutti? Note sulla povertà educativa in Campania, in «Le Regioni», 2-3, 2023, pp. 259-265.
[31] Cfr. G. Falzarano e M. Verde, Il contributo del terzo settore nelle azioni di contrasto alla dispersione scolastica, in «Impresa sociale», 2, 2022, pp. 52-58 (ma vedi segnatamente a p. 58); le autrici in questione sottolineano anche che soprattutto al Nord dovrebbero porsi in essere forme di intervento su base volontaria, mentre al Sud dovrebbero prevalere interventi su base collaborativa (ibidem).
[32] Tra gli altri, si pensi a quanto statuito dall’art. 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani, dagli artt. 28 e 29 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dall’Italia con la legge n. 176 del 27 maggio 1991, dall’art. 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dall’art. 2 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Sul punto, cfr. ex multis M. Benvenuti, «La scuola è aperta a tutti»? Potenzialità e limiti del diritto all’istruzione tra ordinamento statale e ordinamento sovranazionale, in «Federalismi.it», 4, 2018, pp. 99-126.
[33] Sul punto, cfr. ancora Gotti, La co-programmazione tra politica e amministrazione, cit., pp. 81 ss.
[34] Così E. Gianfrancesco, La comunità scolastica nella forma di stato e G. Laneve, L’istruzione come fattore di identità costituzionale, entrambi in «Rivista AIC», 1, 2024, rispettivamente a pp. 561-568 (il passaggio qui citato è a p. 562) e a pp. 452-497.