Contrastare la dispersione scolastica
DOI: 10.1401/9788815413369/c6
In tempi più recenti, quindi, la
commissione internazionale sul futuro dell’educazione, ha elaborato, sempre per conto
dell’Unesco, un nuovo Rapporto, intitolato Re-immaginare i nostri futuri
insieme. Un nuovo contratto sociale per l’educazione e pubblicato nel 2021
[25]
; e fra i principi fondamentali individuati in tal sede compaiono la
necessità di garantire il diritto a un’educazione di qualità per tutto l’arco della vita
e il bisogno di «rafforzare l’educazione come sforzo pubblico e come bene comune». In
particolare, si sottolinea che «in quanto sforzo sociale condiviso, l’educazione
costruisce scopi comuni e consente agli individui e alle comunità di prosperare
insieme»; inoltre, si evidenzia che «un nuovo contratto sociale per l’educazione non
deve solo garantire finanziamenti pubblici per l’educazione, ma [deve] anche includere
un impegno a livello di società per comprendere tutti nelle discussioni pubbliche
sull’educazione», funzionale al rafforzamento dell’educazione come bene comune. Più
avanti, all’interno del medesimo documento, si legge che «in quanto progetto sociale,
l’educazione coinvolge molti attori diversi nella sua gestione e amministrazione», che
«voci e prospettive diverse devono essere integrate nelle politiche e nei processi
decisionali» in linea con «l’attuale tendenza verso un maggiore e più diversificato
coinvolgimento non statale nella definizione delle politiche educative» (p. 2). Ciò
rende opportuno «il coinvolgimento di insegnanti, movimenti giovanili, gruppi
comunitari, fondazioni, organizzazioni non governative, imprese, associazioni
professionali, filantropi, istituzioni religiose e movimenti sociali», dal momento che
¶{p. 129}questo «può rafforzare l’equità, la qualità e la rilevanza
dell’educazione»; inoltre, si sottolinea che «[g]li attori non statali svolgono un ruolo
importante nel garantire il diritto all’educazione, salvaguardando i principi di non
discriminazione, pari opportunità e giustizia sociale» (p. 13)
[26]
.
In questa sede non è possibile dar
conto di tutte le proposte contenute in un documento tanto ambizioso e composito; ma è
evidente che i passaggi qui evidenziati, sul piano del diritto costituzionale italiano,
vadano letti in armonia con i principi costituzionali evocati poco sopra e – sul piano
delle fonti primarie – nel prisma della disciplina relativa a un particolare ambito
giuridico e sociale, quello del Terzo settore.
3. Il ruolo del Terzo settore nel contrasto alla povertà educativa
Nel corso degli ultimi decenni, in
Italia, i soggetti che si riconducono al c.d. Terzo settore (non appartenenti, cioè, al
settore pubblico, ma non rispondenti, nel loro agire, a logiche di mercato) hanno visto
un’evoluzione considerevole, sia dal punto di vista del formante legislativo, sia dal
punto di vista di quello giurisprudenziale e di quello dottrinale. Si tratta di un
percorso che non è qui possibile ripercorrere tappa per tappa, dal momento che
l’ordinamento italiano, sin dalle sue origini, è costellato di quelle che si potrebbero
definire, genericamente, esperienze di solidarietà (auto)organizzata
[27]
, ma che ha trovato un sicuro riferimento con l’introduzione nel testo
costituzionale, a seguito della legge cost. n. 3/2001, del già citato art. 118 Cost., u.c.
[28]
e che – in ¶{p. 130}tempi ancora più recenti – ha conosciuto
un fondamentale punto di svolta con l’approvazione della legge 6 giugno 2016, n. 106
(Delega al Governo per la riforma del Terzo Settore, dell’impresa sociale
e per la disciplina del servizio civile universale) e l’emanazione dei
relativi, numerosi provvedimenti di attuazione.
Fra questi ultimi, spicca il
decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore, a norma
dell’art. 1, comma 2, lett. b) della legge 6 giugno 2016, n. 106; d’ora
in avanti, semplicemente Codice del Terzo settore o CTS). Il Codice del Terzo settore è
un atto che si pone un obiettivo ambizioso, proponendosi di provvedere «al riordino e
alla revisione organica della disciplina vigente in materia di enti del Terzo settore»,
con il fine di
sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 4, 9, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione.
Alla luce di quanto esposto poco
sopra, è evidente come, all’interno delle finalità del CTS possa rientrare, a pieno
titolo, anche il favorire azioni di contrasto alla povertà educativa e – senza dubbio –
anche di lotta alla dispersione scolastica, in entrambe le accezioni (implicita ed
esplicita) cui si è accennato sopra. Peraltro, se si scorre il testo del CTS, all’art.
5, dedicato alle attività di interesse generale che gli enti del Terzo settore (d’ora in
avanti, ETS) devono esercitare, in via esclusiva o principale, per essere considerati
tali, si legge che fra esse vanno fatte rientrare anche attività inerenti alla
«educazione, istruzione e formazione professionale [...], nonché le attività culturali
di interesse sociale con finalità educativa» (lett. d), la
«organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse
sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e
della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale [...]» (lett.
i) e – in maniera molto ¶{p. 131}puntuale, per
quel che ci interessa – attività riguardanti la «formazione extrascolastica, finalizzata
alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla
prevenzione del bullismo e al contrasto della povertà educativa» (lett.
l).
Nel CTS, pertanto, si afferma che
gli ETS possono esercitare attività che, in maniera più o meno diretta, contribuiscono
da un lato alla lotta contro la povertà educativa e, dall’altro, alla garanzia di
un’educazione di elevata qualità lungo tutto l’arco della vita. Questa constatazione,
però, risulta ancora più rilevante, ai nostri fini, se la si legge sommandola a un’altra
disposizione contenuta all’interno del CTS, e precisamente nel primo comma dell’art. 55,
rubricato Coinvolgimento degli enti del Terzo settore, dove si
stabilisce che:
in attuazione dei principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità e unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare, le amministrazioni pubbliche [...], nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di cui all’articolo 5, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento [...].
Più precisamente, la
co-programmazione «è finalizzata all’individuazione, da parte della pubblica
amministrazione procedente, dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine
necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili»,
mentre la co-progettazione è «finalizzata alla definizione ed eventualmente alla
realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare
bisogni definiti» alla luce di quanto stabilito in occasione della co-programmazione.
L’introduzione di questi due strumenti nel nostro ordinamento – e in particolare della
co-programmazione – pone tutta una serie di nodi problematici che non possiamo
affrontare in questa sede
[29]
.¶{p. 132}
Con riferimento al contrasto alla
povertà educativa, però, si tratta di una novità molto rilevante, perché – come è stato
sottolineato – il loro utilizzo consente di operare dei veri e propri «ribaltamenti» di
prospettiva, proponendo l’amministrazione pubblica «come soggetto attivatore di
programmi e interventi integrati, in grado di fare lavorare insieme tutti i diversi
soggetti, a cominciare dalla scuola, che hanno una responsabilità diretta o indiretta
sulle carriere scolastiche di alunne e alunni»
[30]
. Si tratta di un mutamento concettuale notevole, le cui implicazioni, forse,
non sono state ancora compiutamente assimilate dalle pubbliche amministrazioni e dagli
stessi ETS, e di tale rilevanza da richiedere percorsi formativi ad
hoc. È però indubbio che la co-programmazione e la co-progettazione
possano contribuire in maniera cruciale alla lotta alla povertà educativa, facendo
emergere i bisogni educativi presenti in ciascun singolo contesto socioterritoriale e
sostenendo il difficile affermarsi del principio di complementarità fra scuola ed ETS in
un ambito di enorme complessità come quello educativo, sul quale incidono numerose
variabili che rendono arduo concepire la pianificazione di interventi generali, anche
alla luce del notevole divario esistente fra il Nord e il Sud del paese
[31]
. Se si pensa a quanto previsto nei più ¶{p. 133}recenti
documenti di policy dell’Unesco, è immediato intuire come il
meccanismo messo a punto all’interno del CTS possa divenire uno strumento fondamentale
per cementare le basi della comunità educante e consentire la maggior partecipazione
possibile alla pianificazione e alla realizzazione di interventi di contrasto alla
povertà educativa e alla dispersione scolastica.
4. Conclusioni
Restano sullo sfondo molti aspetti
che meriterebbero di essere affrontati, ma che – soprattutto per il particolare
approccio che si è scelto di adottare – non hanno trovato spazio all’interno di questo
capitolo: si pensi, semplicemente, alla possibile rilevanza delle fonti internazionali e
sovranazionali riguardanti il diritto all’istruzione
[32]
, alla lettura dell’istruzione e dell’educazione come libertà, sino, più
puntualmente, ai possibili aspetti problematici derivanti dalla conciliazione degli
istituti di amministrazione condivisa contenuti nel CTS e dello stesso principio di
sussidiarietà orizzontale con il diritto dell’Unione europea
[33]
. Quel che si è cercato di porre in luce, pur all’interno di un quadro
concettuale e giuridico composito e complesso, è che la dispersione scolastica e – più
in generale, la povertà educativa, di cui la dispersione scolastica è, al contempo,
causa e sintomo – è una questione che va affrontata avendo
¶{p. 134}ben
chiaro che essa, come altre questioni relative alla disciplina e alle condizioni della
comunità scolastica, costituisce una cartina di tornasole in merito alla posizione
dell’ordinamento statale «nella “scala delle durezze” dei costituzionalismi liberal-democratici»
[34]
.
Note
[25] Il Rapporto in questione è disponibile in open access sul sito web istituzionale dell’Unesco; anche la versione in lingua italiana, pubblicata nel 2023 dalla casa editrice La Scuola, è disponibile nell’Archivio Unesco a libero accesso.
[26] Si veda, in particolare, a pp. 51-64.
[27] Sull’evoluzione storica del Terzo settore, anche dal punto di vista giuridico, cfr. E. Rossi e S. Zamagni (a cura di), Il Terzo settore nell’Italia unita, Bologna, Il Mulino, 2011, passim.
[28] Per un inquadramento costituzionale del Terzo settore, cfr. da ultimo L. Gori, Terzo settore e Costituzione, Torino, Giappichelli, 2022; in una prospettiva comparata, cfr. ex multis A. Fici (a cura di), The Law of Third Sector Organizations in Europe. Foundations, Trends and Prospects, Cham, Springer, 2023.
[29] Per quanto riguarda la co-programmazione, si rimanda, da ultimo, a G. Gotti, La co-programmazione tra politica e amministrazione, in «Federalismi.it», 8, 2024, pp. 51-91. Sull’istituto della co-programmazione è intervenuta anche la Corte costituzionale, che ha chiarito alcuni aspetti fondamentali relativi all’istituto in parola; cfr. Corte cost., sent. n. 131 del 2020; per un commento, cfr. L. Gori, Gli effetti giuridici «a lungo raggio» della sentenza n. 131 del 2020 della Corte costituzionale, in «Impresa sociale», 3, 2020.
[30] Così A. Morniroli e A. Palmieri, Ribaltamenti: contro l’abbandono scolastico e la povertà educativa, in «il Mulino», 1, 2020, pp. 73-83. Lo scritto in questione è relativo a interventi contro la povertà educativa in Campania; per un’analisi puntuale del quadro giuridico di riferimento nel contesto regionale in parola, cfr. M. Tuozzo, La scuola è aperta ugualmente a tutti? Note sulla povertà educativa in Campania, in «Le Regioni», 2-3, 2023, pp. 259-265.
[31] Cfr. G. Falzarano e M. Verde, Il contributo del terzo settore nelle azioni di contrasto alla dispersione scolastica, in «Impresa sociale», 2, 2022, pp. 52-58 (ma vedi segnatamente a p. 58); le autrici in questione sottolineano anche che soprattutto al Nord dovrebbero porsi in essere forme di intervento su base volontaria, mentre al Sud dovrebbero prevalere interventi su base collaborativa (ibidem).
[32] Tra gli altri, si pensi a quanto statuito dall’art. 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani, dagli artt. 28 e 29 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dall’Italia con la legge n. 176 del 27 maggio 1991, dall’art. 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dall’art. 2 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Sul punto, cfr. ex multis M. Benvenuti, «La scuola è aperta a tutti»? Potenzialità e limiti del diritto all’istruzione tra ordinamento statale e ordinamento sovranazionale, in «Federalismi.it», 4, 2018, pp. 99-126.
[33] Sul punto, cfr. ancora Gotti, La co-programmazione tra politica e amministrazione, cit., pp. 81 ss.
[34] Così E. Gianfrancesco, La comunità scolastica nella forma di stato e G. Laneve, L’istruzione come fattore di identità costituzionale, entrambi in «Rivista AIC», 1, 2024, rispettivamente a pp. 561-568 (il passaggio qui citato è a p. 562) e a pp. 452-497.