Matelda Reho, Filippo Magni (a cura di)
Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/c6
Un utilizzo pratico delle figure è proposto in diverse esperienze di pianificazione e gestione del paesaggio (Puglia, Toscana e Piemonte, fra tutte). In Puglia esso diviene strumento pattizio in politiche agro-urbane e progetti in territori peri-urbani (Patto Città Campagna). Una sperimentazione interessante (ora conclusa) era stata avviata più di dieci anni fa dall’Osservatorio della pianificazione urbanistica e della qualità del paesaggio della Regione Autonoma della Sardegna [49]
. L’Osservatorio proponeva una condivisibile declinazione di «figura paesaggistica» o «territoriale», contigua a quella codificata dalla scuola territorialista fiorentina, basata su due mosse: «ragionare per scenari» e «progettare per sistemi di relazioni». Il concetto di scenario è operativo e attivato su quattro «motivi» sperimentali: paesaggi fluviali, zone umide, strade e margini localizzati in contesti agrari e urbani. I motivi potrebbero essere molti di più, ma i quattro considerati offrono spunti metodologici sufficienti. Per ciascun motivo si riconoscono il sistema relazionale e le dimensioni relazionali prevalenti, giungendo alla individuazione di un abaco e alla costruzione di una matrice meta-progettuale per la qualità paesaggistica. La qualità non è riconosciuta da un paesaggio atteso (come accade in molti strumenti di pianificazione d’area vasta a contenuto paesaggistico), ma da un paesaggio sperimentale (si potrebbe dire combinatorio) in cui si provano, appunto, combinazioni di componenti ecologiche, storico-culturali e socio-economiche in modo controfattuale. Si tratta di una modalità ricorrente nelle pratiche valutative di tipo esplorativo-costruttivo che, in questo caso, legittima gli scenari di lettura e di progetto
{p. 144}rispetto al rischio di perdere il paesaggio per l’azione di stressors naturali e/o antropici (detrattori).
La procedura analitica proposta è un dispositivo di lettura e progetto che alterna la scomposizione alla ricomposizione e conduce al riconoscimento di criteri guida per la progettazione paesistica. I principali criteri riconosciuti sono separazione, unione, connotazione, protezione, inserimento, valorizzazione: essi si dispongono lungo un itinerario esplorativo-progettuale. L’esercizio trasforma i motivi sperimentali in categorie progettuali e il testo offre interessanti esempi di «produzione paesaggistica» in cui l’identità del luogo non si affida ad un indefinibile e astratto genius loci [50]
, ma alla capacità del luogo di metabolizzare le ibridazioni generate dalle relazioni (potenziale). Questa capacità aggiorna il profilo paesaggistico e tende a spiazzare gli stessi concetti di sostenibilità e resilienza, quando non definiti in modo operativo. La matrice progettuale per la qualità paesaggistica si fonda su tre concetti-chiave (rilevanza, criticità e opportunità) ed è testata nell’ambito di paesaggio del golfo di Oristano (Sardegna).
L’Osservatorio considerava argomento valutativo rilevante la qualità e l’incongruo [51]
. I due temi sono concettualmente connessi e, proprio perché definiscono una sorta di antinomia, richiedono un coerente approccio analitico. L’incongruità è riferibile a realizzazioni legittime o illegittime e risulta dalla triangolazione fra soggetto, opera e contesto interpretato, quest’ultimo, in termini di figura. Il riconoscimento avviene in due fasi. Nella prima, con due schede di segnalazione su qualità e incongruo compilata on-line nel portale web della Regione Sardegna, viene effettuata la ricognizione. La prima scheda consente di riconoscere la {p. 145}qualità di un’opera in termini di esigenze della comunità (locale), di percezione e di senso di appartenenza, mentre la seconda scheda segnala l’opera incongrua dal punto di vista percettivo, di contesto e di condizioni d’uso. Con la prima scheda si produce una sorta di «comunità di paesaggio» (landscape community) che si rafforza con gli «scarti» evidenziati dalla seconda.
Nella seconda fase (la più problematica) si propone un sistema di misurazione multicriteriale delle alterazioni con indicatori di qualità e di incongruità riferiti a principi di ecologia del paesaggio (McHarg e Scuola di ecodesign), di semiologia del paesaggio (Turri) e di visual design (Lynch e Scuola californiana). Si tratta di tre domini semantici alla cui interazione viene chiesto come in un oggetto o in un luogo si possano percepire e misurare le mutevoli relazioni fra ambiente e storia, fra spazio e tempo. Gli indicatori operano a scala globale e di prossimità e possono essere influenzati da moltiplicatori, ovvero da fattori che accentuano o ridimensionano il giudizio di incongruità. Con una funzione lineare di tipo additivo o moltiplicativo sui tre domini si stima il cosiddetto «valore di incongruità». Questi valori alimentano un Registro regionale di rilevante valore cognitivo, in quanto attiva diverse forme di conoscenza. «Figura» e «incongruo» sono due strumenti che aiutano ad uscire dalla sterile contrapposizione definitoria e che possono ancorare il frequente e «illetterato» contenzioso giuridico a motivazioni più pertinenti. Ad esse si può affiancare il «vuoto», la topografia porosa di non facile cattura, ma che spesso nasconde potenziali e significati importanti. L’interpretazione del «vuoto» è uno strumento formidabile per le analisi di campo e delle energie.
Nella costruzione di figure e nelle analisi di qualità possono essere adottate cartografie collaborative, «mappe concettuali» e dispositivi di city sensing [52]
. L’interoperabilità {p. 146}fra fonti è un tema relazionale tipico che richiede adeguate tecniche di elaborazione oggi offerte dalla società digitale.
Nella rappresentazione di sintesi è, in genere, consigliabile abbandonare l’approccio parametrico e la fiducia nell’aggregazione totale: non importa se si tratti del profilo di una figura, del valore di incongruità, del vuoto, di una «figura di transizione» o della «trasformazione» stessa [53]
. Questi approcci valutativi indicano un percorso che aiuta a riconoscere la figura come genere di rappresentazione e scrittura, ad interpretare i paesaggi e i loro valori, ma che affida all’azione sociale la costruzione e l’uso di carte di paesaggio (charte paysagère e atlas de paysages in Francia [54]
), cataloghi di paesaggio (in Catalogna), mappe di comunità o piani di interpretazione [55]
. Molto simile è l’esperienza OPS (Observation du Paysage Suisse) e la Historic Landscape Characterization [56]
.
La considerazione del paesaggio nelle procedure di valutazione (strategiche e di impatto) presenta ancor oggi qualche {p. 147}difficoltà. Poco più di trent’anni fa, la direttiva 1985/337/CEE separava il paesaggio dai beni storico-culturali, accettando di fatto la contrapposizione fra landscape ecology e riconoscimento del patrimonio a valenza storico-artistica. Solo con la Convenzione europea del paesaggio del 2000 e con la direttiva 2011/97/CE si è favorita l’integrazione fra i due domini, anche se con impostazioni diverse nei recepimenti nazionali e, soprattutto, nelle legislazioni regionali (NUT2). La direttiva 2014/52/UE sulla VIA (con termine di recepimento entro il 2017) riafferma l’integrazione fra componenti ambientali, culturali e paesaggistiche, ribadite in diverse esperienze di pianificazione paesaggistica, di Landscape Character Assessment (LCA in Scozia) [57]
o di Landscape Opportunities for Territorial Organization.
Le VAS di supporto ai processi di pianificazione generalmente predispongono (anche se non sempre attivano) dispositivi di monitoraggio basati su set di indicatori relativi alla diversità agro-paesistica, alla frammentazione del paesaggio, al consumo di suolo e all’uso del suolo agro-forestale, alla vitalità del paesaggio rurale e alla sua artificializzazione, alla densità e configurazione reticolare/areale dei beni storico-culturali [58]
. In alcuni casi si ricorre a parametri di definizione della qualità paesaggistica come diversità, integrità, qualità visiva, rarità e degrado [59]
. Questi {p. 148}parametri possono diventare a tutti gli effetti criteri valutativi se dotati di soglie, profili o orizzonti di riferimento [60]
. Nei criteri possono essere specificati eventuali trade-off fra dimensioni ambientali e paesaggistiche.
Un ulteriore rafforzamento della valutazione paesistica integrata viene dall’utilizzo delle teorie dell’informazione (ad esempio, i «paesaggi cognitivi» di Farina [61]
), della percezione (therapeutic landscape o «paesaggi curativi») o delle teorie relative ai metabolismi (flussi di materia, energia, informazioni). L’avvicinamento a «paesaggi cognitivi», le cui «figure» rappresentano pratiche interattive di vita umane, animali e vegetali, consente di far emergere senza ambiguità alcune componenti fondative dell’identità collettiva e, se utile, ricomporre eventuali soggetti della pianificazione. Con l’aumento della «coscienza di luogo» si può generare una moltiplicazione infinitesimale e frattale delle identità (figure) paesaggistiche dei luoghi [62]
, un accrescimento asintotico di valore del patrimonio anche mediante riuso e una dilatazione dei modelli di rappresentazione [63]
.
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Note
[49] Regione Autonoma della Sardegna – Osservatorio della pianificazione urbanistica e della qualità del paesaggio, Progettare il paesaggio per sistemi di relazioni, Olbia, Taphros, 2011, e Qualità del paesaggio e opere incongrue, ibidem, 2013.
[50] Un tempo, il concetto di genius loci richiamava l’idea di sacralità, le dimensioni fondative di una comunità, invitava all’ossequio di un «dio minore» (C. Norberg-Schulz, Genius Loci: Towards a Phenomenology of Architecture, New York, Rizzoli, 1980). Oggi sembra limitarsi a riconoscere gli elementi tipici di un luogo, la resistenza alle omologazioni (J. Hillman, L’anima dei luoghi, Milano, Rizzoli, 2004).
[51] Regione Autonoma della Sardegna, Qualità del paesaggio e opere incongrue, cit.
[52] In questa prospettiva possono essere apprezzati l’approccio city imageability di Lynch e Nasar (sviluppato negli anni ’60) e la spatial syntax analysis di Hillier, messa a punto negli anni ’70. La combinazione di esplorazione virtuale e fisica consente di riconoscere i principali elementi (path, edge, district, node, landmark) secondo fattori di scala, livello dello sguardo (eye level), dettaglio, accuratezza e tempismo, movimento, sensibilità e così via. Questo tipo di esplorazione aiuta a costruire mappe soggettive e collettive, a comparare contesti in tempi e condizioni diverse e fornisce elementi utili per la caratterizzazione delle funzioni valutative. Sull’interazione fra esplorazione virtuale e fisica cfr. M. Meenar, N. Afzalan e A. Hajrasouliha, Analysing Lynch’s City Imageability in the Digital Age, in «Journal of Planning Education and Research», 42, 2022, n. 4, pp. 611-623.
[53] Cfr. M. Ricci, Figure della trasformazione, Pescara, Ed’A, 1996, in particolare gli Atlanti eclettici di S. Boeri.
[54] Gli atlanti identificano in modalità gerarchica le unità di paesaggio, le strutture paesaggistiche e gli elementi di paesaggio. Sono interessanti gli esiti del riconoscimento, a volte significativamente diversi a seconda che si operi in modalità top-down (dalle unità agli elementi) o bottom-up (dagli elementi alle unità); cfr. S. Curioni, Paesaggi e trasformazioni. Metodi e strumenti per la valutazione di nuovi modelli organizzativi del territorio, Milano, FrancoAngeli, 2017, in particolare il cap. 2 («La valutazione dei processi di trasformazione del paesaggio») e la scheda valutativa alle pp. 92-106.
[55] Sulla rappresentazione interviene anche A. Magnaghi, Il principio territoriale, Torino, Bollati Boringhieri, 2020.
[56] Per un confronto internazionale cfr. L. Scazzosi (a cura di), Leggere il paesaggio. Confronti internazionali, Roma, Gangemi, 2002.
[57] Un utile riferimento è C. Tudor, An Approach to Land Character Assessment, London, Natural England, 2014.
[58] M.R. Vittadini, Il paesaggio nella VAS, in M. Reho, E. Lancerini e F. Magni (a cura di), Paesaggi delle acque. Un percorso formativo, Padova, Il Poligrafo, 2016, pp. 96-100.
[59] Il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul ripristino della natura (in discussione, luglio 2023) tende a favorire l’aumento della quota di terreni agricoli con elementi caratteristici del paesaggio ad elevata diversità. L’obiettivo rinvia alla strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030, che prevede di destinare almeno il 10% delle superfici agricole ad elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità. Si attende che anche altri indicatori registrino una tendenza all’aumento, quali l’indice delle farfalle comuni (Grassland Butterfly Index) e gli stock di carbonio organico nei terreni minerali coltivati. Il Regolamento prevede piani nazionali di ripristino integrati ai piani nazionali per energia e clima, con rilevanti implicazioni regionali e locali.
[60] In tal senso opera la differenza di «volume utile» in termini urbanistici e paesistici. Nelle valutazioni di natura urbanistica il volume utile approssima la consistenza (reale o presunta) di diritti edificatori. Nei giudizi paesistici il riferimento è al volume percepibile come ingombro alla visuale o come innovazione (quali-quantitativa) non metabolizzabile nella figura paesaggistica. La regola che in materia urbanistica esclude i volumi tecnici dal calcolo della volumetria edificabile non può, quindi, essere invocata per ampliare le eccezioni al divieto di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, previsto dall’art. 167, c. 4 del d.lgs. 42 del 22 gennaio 2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio. In questi termini, il TAR Toscana (sentenza 744 del 16 giugno 2020) ha respinto il ricorso proposto contro il provvedimento con il quale il comune di Monte Argentario aveva rigettato un’istanza diretta ad ottenere l’accertamento di conformità urbanistica e di compatibilità paesaggistica di un intervento edilizio consistente nella sopraelevazione delle mura perimetrali di un sottotetto.
[61] Farina, Il paesaggio cognitivo, cit.
[62] Magnaghi, Il principio territoriale, cit., p. 115.
[63] Ibidem, pp. 123-124. La codificazione morfo-tipologica tende ad «esplodere» con le mappe di comunità. In esse, saperi esperti e ordinari accolgono spunti di reciprocità. L’approccio territorialista è molto esplicito in proposito con evidenti influenze su importanti esperienze di pianificazione paesaggistica in attuazione del Codice. Questo approccio tratta sia la messa in valore del patrimonio territoriale, sia la sua consistenza. La «metodologia di messa in valore del patrimonio territoriale» prevede, in primo luogo, la sua descrizione, interpretazione e rappresentazione secondo l’approccio morfo-tipologico e percettivo con ricomposizione in figure territoriali; in secondo luogo, il riconoscimento di regole morfogenetiche (ecologiche, storico-strutturali, bio-regionaliste) e di trasformazione (conservazione, criticità, invarianti, statuti, norme figurate); cfr. ibidem, p. 127 con schema riassuntivo. Lo «strumento tecnico di misura della consistenza patrimoniale» (p. 126) attiva i seguenti criteri: «grado di persistenza e conservazione dei caratteri morfo-tipologici e identitari dei paesaggi»; «grado di funzionamento delle “precondizioni” dell’insediamento umano (equilibri idro-geomorfologici, qualità e continuità delle reti ecologiche, grado di gestione del metabolismo urbano e territoriale)»; livello di coscienza di luogo misurato rispetto a diverse dimensioni; locale «grado di cura» (médiance); grado di «aderenza» del sistema di governo locale agli obiettivi comunitari e a istituti di autogoverno; «responsabilità socio-territoriale dell’impresa» in una prospettiva di economia civile.