Sergio Brillante
«Anche là è Roma»
DOI: 10.1401/9788815410559/c3
Visti i malumori creati dalla pubblicazione del Ferri e considerati anche i rapporti ancora tesi che esistevano con la Germania, il sostegno delle istituzioni non era scontato. L’importanza del personaggio e il lustro che egli avrebbe
{p. 124}conseguentemente dato all’opera di colonizzazione della Cirenaica resero tuttavia possibile perseguire quella strada. La richiesta di Teruzzi venne rapidamente approvata e, da quel momento, nelle carte relative alla preparazione della visita si parlerà senz’altro di «incarico dato al prof. Oliverio» dal governo della Cirenaica di curare quell’evento. Come era accaduto nel caso del convegno tripolino e della collaborazione fra Bartoccini, Paribeni e Volpi, anche in Cirenaica gli archeologi dialogavano alla pari con le istituzioni coloniali, cui erano più o meno direttamente sottoposti, per dar vita ad eventi politico-culturali di rilievo.
Se queste furono le motivazioni che spinsero l’amministrazione italiana ad avallare quell’invito, ci si può chiedere perché Wilamowitz decise di accettare. Anzitutto, vi era da parte dello studioso la sensazione di un onore che gli veniva tributato da parte non di colleghi studiosi, ma addirittura di alte cariche politiche. Negli scritti in cui rievocherà il viaggio, e che saranno esaminati in seguito, spesso il filologo sottolineerà di essere stato «ospite del Governo italiano» e che solo grazie a tale concessione aveva potuto visitare territori altrimenti inaccessibili ai turisti. Fra le motivazioni di ordine personale ci sarà poi stata anche la voglia di visitare quelle terre in cui si era spinta la cultura greca e da lui mai viste, ma solo immaginate attraverso le parole di alcuni dei suoi autori prediletti, fra cui soprattutto Callimaco. Wilamowitz aveva un gusto particolare per i viaggi nei paesi dove più visibili erano i segni della storia antica, Italia e Grecia, e non si aspettava certo che una tale occasione gli si sarebbe ripresentata all’età di settantanove anni e in relazione a una regione così diversa da quelle già visitate. Non è poi escluso che anche certe sue considerazioni sulla realtà del dopoguerra abbiano giocato un ruolo nella decisione. Acceso sostenitore dell’impegno bellico tedesco nel 1914, Wilamowitz era convinto che nel dopoguerra la Germania avrebbe dovuto mantenere alta la testa, rivendicando le proprie glorie e i propri meriti. Nella sua sfera di azione, ciò voleva dire rilanciare la scienza tedesca e immetterla nuovamente nel circuito europeo. Sostenne, infatti, in più occasioni la necessità di reagire al «boicottaggio» esercitato contro il ceto {p. 125}accademico tedesco, ricercando e promuovendo attivamente momenti di collaborazione internazionale, in omaggio anche a un forte senso di attaccamento alla comunità scientifica [40]
. Quella offerta dai colleghi e dal governo italiano poteva essere quindi l’occasione perfetta per mettere in pratica una volta di più questa sua teoria. D’altro canto, non si può escludere che certi sentimenti nazionalisti, radicati in Wilamowitz, non abbiano anch’essi giocato un ruolo. Secondo un resoconto giornalistico dell’epoca, sembra che durante un raduno di filologi tenutosi a Münster nel 1923, egli concludesse il suo intervento affermando che «il meglio dello spirito greco sa comprenderlo solo chi sia di “razza” germanica» [41]
. La sua visita a Cirene rispondeva quindi probabilmente anche a un’esigenza di studio delle antichità locali che non poteva essere degnamente soddisfatta dal personale italiano. Il 4 agosto, una volta ricevuto l’invito ufficiale da parte del governo, scrisse quindi che sarebbe stato disposto a «tollerare ogni incommodo per non mancar al generoso invito».

3.2. I preparativi

Alla fine del maggio del 1927, Teruzzi aveva diramato gli inviti ufficiali per Wilamowitz e Hiller von Gaertringen [42]
. L’organizzazione della visita fu affidata a Rodolfo Micacchi, capo dell’Ufficio Scuole e Servizi Archeologici della Cirenaica e direttore responsabile della rivista «Africa Italiana», fondata quell’anno per sostituirsi al «Notiziario Archeologico delle Colonie» come più agile e popolare strumento di divulgazione dei risultati archeologici conseguiti in Libia. È lui ad entrare {p. 126}direttamente in contatto con Wilamowitz e con Hiller per fare in modo che il loro viaggio possa riuscire il più gradevole possibile. In particolare, egli mise a disposizione degli ospiti una vecchia nave militare che permettesse loro di ritornare rapidamente in patria senza dover aspettare il traghetto mensile. Non si volle però accondiscendere alla richiesta, inoltrata da Hiller [43]
, di poter organizzare la visita nel mese di agosto in modo che l’anziano Wilamowitz avesse poi l’agio di recarsi il 27 settembre a Göttingen per il Congresso dei filologi e degli insegnanti tedeschi. A giustificazione del rifiuto si invocarono ragioni logistiche, ma è verosimile ritenere che la data non venne modificata per fare in modo che la visita arrivasse quando la nuova campagna di scavo dell’estate del 1927 fosse ormai giunta al termine, cosicché gli archeologi italiani non sarebbero stati distratti dalla visita e avrebbero potuto mostrare agli ospiti qualche novità [44]
.
La presenza degli archeologi impegnati nelle loro annuali campagne di scavo estive, dirette da Carlo Anti e Luigi Pernier, permetteva inoltre di avere sul luogo delle persone che potessero accogliere gli studiosi tedeschi e accompagnarli durante la visita. A tale scopo si era anche ben presto considerata la possibilità di far arrivare in colonia altri studiosi italiani di rilievo, i quali avrebbero potuto perfino fare compagnia ai visitatori durante il tragitto dall’Italia. Un promemoria per il ministro delle Colonie del 14 maggio, quindi poco dopo la decisione di promuovere l’iniziativa, fa a tal proposito i nomi di Gaetano De Sanctis, Federico Halbherr, Roberto Paribeni e Giulio Rizzo. Di costoro, solo Paribeni si recherà in Cirenaica, peraltro in anticipo rispetto al Wilamowitz e ripartendo poco dopo l’arrivo di quello [45]
, mentre gli altri, compreso De Sanctis, che aveva in un primo momento accettato l’invito ma che fu poi impedito {p. 127}da un problema alla gamba [46]
, fecero sapere di non poter affrontare il viaggio.
Accolsero quindi la delegazione tedesca soltanto coloro che regolarmente lavoravano agli scavi cirenaici. Oltre Oliverio, Anti e Pernier vi era sicuramente anche Italo Gismondi, uno dei due disegnatori della missione italiana, e non è escluso che vi fosse anche il suo collega Luigi Giammiti [47]
. In alcune foto scattate durante la visita [48]
non manca poi anche una donna, Clelia Anti Vinciguerra, archeologa e moglie di Anti, cui quell’estate era stato affidato il compito di catalogare le terrecotte rinvenute durante gli scavi [49]
. A tutti questi si aggiunse inoltre anche un giovane archeologo tedesco, Ernst Langlotz, che in seguito diverrà docente di Archeologia presso l’Università di Bonn. La sua presenza non era stata direttamente sollecitata dal governo, ma l’età avanzata di Wilamowitz aveva fatto pensare alla necessità di un giovane accompagnatore. Lo stesso Ministero della Pubblica Istruzione aveva fatto sapere a Micacchi che la famiglia del Wilamowitz «e con essa tutti gli studiosi e archeologi di Germania si preoccupano molto di questo viaggio, temendo che lo strapazzo, il clima, il lavoro possano riuscirgli dannosi, se non verrà assistito convenientemente» (11 luglio) [50]
. Hiller non poteva in ciò essere d’aiuto essendo lui «sofferente degli occhi» e chiese quindi a Micacchi di poter avere un altro accompagnatore.
Al di là degli studiosi, anche dei rappresentanti ufficiali manifestarono la loro presenza, almeno sporadicamente, come sarà stato il caso di quell’«energico» e, al tempo stesso, «gentile comandante di Cirene» che accompagnò {p. 128}Wilamowitz fino al castello di Gasr el Leben fuori della città [51]
. Anche altri membri dell’esercito fecero compagnia al filologo in certe occasioni e Wilamowitz parlerà più volte nei suoi scritti rievocativi di incontri con «ufficiali italiani».

3.3. Il viaggio

Il 5 settembre erano iniziati «i lavori di sistemazione in vista dell’arrivo della missione Wilamowitz» e quattro giorni dopo (9 settembre) gli studiosi tedeschi sbarcarono in Libia all’alba e già nel pomeriggio iniziarono la visita di Cirene, che si sarebbe protratta per altri due giorni. A partire dal 12 iniziarono invece le visite in località poste al di fuori della città: Saf Saf, Ain Hofra, Beda, Messa, Uadi el Kuf, Gasr Benigdem, Bel Gadir. Il 15 settembre ci fu solo il tempo di una visita alla basilica cristiana di Apollonia prima di imbarcarsi da lì per tornare a casa. Durante quei giorni, Wilamowitz poté osservare gli scavi, esaminare le epigrafi e ammirare alcune statue, come quella testa di Zeus che trovò nell’originale «più bella che in fotografia» e accanto alla quale si fece fotografare da solo come raccolto in devota preghiera [52]
.
Non mancarono poi anche occasioni di svago in cui cementare l’amicizia del gruppo, come il momento di riposo alla «mensa archeologica» all’ombra di «una vite di soli cinque anni, dalla quale pendevano sulle nostre teste grappoli giganteschi, dagli squisiti acini porporini grossi come noci» [53]
. O come la visita a un ufficiale di stanza «in
{p. 129}posizioni avanzate» e a sua moglie, che «aveva la forza di vivere fra autentici selvaggi, e che ci offrì, con grazia tutta italiana, una colazione fatta con le sue mani». O, infine, come la bevuta di champagne del 13 settembre e il brindisi fatto in quell’occasione in onore di De Sanctis, salutato dai membri della compagnia, «dolentissimi» di non averlo fra loro, come «uno dei pionieri dell’esplorazione cirenaica» [54]
.
Note
[40] Sulla questione si veda ora A. Corcella, Unbesiegt – für die Nation (1927): un articolo poco noto di Wilamowitz, in «Quaderni di Storia», 97, 2023, pp. 45-67 (uscito quando questo libro era ormai in bozze).
[41] In L. Canfora, Cultura classica e crisi tedesca. Gli scritti politici di Wilamowitz 1914-1931, Bari, De Donato, 1977, p. 160. Cfr. ibidem, p. 117.
[42] Ce ne informa una nota di Teruzzi al Ministero delle Colonie del 31 maggio. Il governatore dice di aver inviato in quello stesso giorno gli inviti ufficiali, nella consapevolezza che i due avevano in realtà già aderito all’iniziativa.
[43] Hiller a Micacchi, 13 luglio 1927.
[44] Dell’opportunità di arrivare «alla metà di settembre e cioè verso la fine della campagna di scavo» informa una nota del governo della Cirenaica inviata al Ministero delle Colonie il 26 luglio.
[45] G. Oliverio, Campagna di scavi a Cirene nell’estate del 1927, in «Africa Italiana», 2, 1929, n. 2, pp. 111-154: 154.
[46] Cfr. Accame, Halberr e De Sanctis pionieri, pp. 193-194; Id., Nuove lettere, p. 194.
[47] Oliverio, Campagna di scavi a Cirene nell’estate del 1927, cit., p. 111 segnala la loro presenza a Cirene quell’estate. Gismondi è inoltre tra i firmatari di una cartolina inviata a De Sanctis da Wilamowitz e dai suoi «accompagnatori» (Accame, Halberr e De Sanctis pionieri, p. 197).
[48] Di queste foto e di altre novità sulla visita di Wilamowitz darò conto in un contributo di prossima pubblicazione.
[49] Oliverio, Campagna di scavi a Cirene nell’estate del 1927, cit., p. 111.
[50] Il corsivo corrisponde a ciò che è sottolineato nel testo.
[51] U. von Wilamowitz-Moellendorff, Kyrene, Berlin, Weidmann, 1928; trad. it.: Cirene, a cura di G. Oliviero, Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, 1930, p. 34; U. von Wilamowitz-Moellendorff, Africa Italiana, in «Deutsche Allgemeine Zeitung», 3 novembre 1927, ma citiamo dalla traduzione italiana di A. Favuzzi e M. Silvestrini in Canfora, Cultura classica e crisi tedesca, cit., pp. 166-171: 170.
[52] W.M. Calder III, The Latter Letters of Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff to Michael I. Rostovtzev [1990], in Id., Further Letters of Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff, Berlin, Weidmann, 1994, p. 203.
[53] Wilamowitz-Moellendorff, Cirene, cit., p. 14.
[54] Accame, Halbherr e De Sanctis pionieri, pp. 197-198. Non si riesce invece a contestualizzare la notizia fornita da F. Solmsen, Wilamowitz in his Last Ten Years, in «Greek Roman and Byzantine Studies», 20, 1979, pp. 89-122: 97, secondo cui il filologo avrebbe presenziato anche alla festosa occasione dell’apertura degli scavi ai turisti.