Contrastare la dispersione scolastica
DOI: 10.1401/9788815413369/c17
Capitolo diciassettesimo
Affido Culturale: la scuola fuori la scuola
di Ivan Esposito, responsabile del progetto Affido Culturale
Abstract
Il capitolo è dedicato alla riflessione sull’importanza delle attività culturali
extrascolastiche per i giovani, che sono purtroppo ridotte a causa della poca
consapevolezza riguardo l’importanza che esse assumono per il percorso formativo. In
questa misura viene approfondito il progetto “Affido Culturale”, che prevede
l’abbinamento di famiglie con diverse abitudini di fruizioni di luoghi culturali
esterni alla scuola, e di cui vengono dimostrati i risultati in riferimento alle
città in cui è stato realizzato (Napoli, Roma, Bari, Modena).
1. Il progetto e il contesto di riferimento
C’è un dato di partenza di cui bisogna tenere conto, che emerge dalle analisi dell’Osservatorio sulla povertà educativa, curato da Fondazione Openpolis e da Con i Bambini. Durante l’infanzia e l’adolescenza, solo una piccola percentuale di minori frequenta cinema, teatri, musei, al di là delle visite scolastiche. In pratica, un gran numero di genitori non prende in considerazione gli spazi culturali tra le opzioni per il tempo libero dei figli. E di loro stessi.
Sono molteplici le ragioni per cui la domanda di attività culturali per i giovanissimi è così ridotta, nonostante l’offerta vada sempre più arricchendosi. Incidono naturalmente il background delle famiglie e le forme di povertà economica e di disagio multifattoriale. Ma probabilmente un ruolo significativo lo gioca l’insufficiente consapevolezza dell’importanza delle esperienze culturali nel processo formativo della persona. Aspetto questo che non sempre viene messo adeguatamente in luce, né nei percorsi formativi scolastici, né nelle politiche di welfare. Al contrario, spesso si riscontra il perdurare di un pregiudizio, secondo il quale le esperienze culturali debbano seguire altre priorità, arrivando solo dopo il soddisfacimento di bisogni più cogenti vissuti dai nuclei familiari fragili: il reddito, la casa, il livello di istruzione o di qualificazione professionale, la soluzione di pendenze penali o di dipendenze psicofisiche. Quasi si presuppone, implicitamente, che una mostra, uno spettacolo, un concerto rappresentino la ciliegina sulla torta di una vita vissuta all’ombra di uno status economico e sociale sereno e sicuro.¶{p. 268}
In realtà, la valenza psicologica delle esperienze culturali va ben oltre questa impostazione. Già alcuni decenni fa, Winnicott
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le poneva in continuità con il gioco creativo vissuto nella prima infanzia, generatore di conoscenza e di consapevolezza di sé. Frequentare cinema, teatri, musei – ma anche fattorie didattiche, botteghe e laboratori di una manualità creativa – non serve solo ad acquisire conoscenze, ma ad alimentare l’universo di narrazioni nel quale siamo inseriti e chiamati a interagire attivamente. Le arti insomma ci allenano a esser-ci, con noi stessi e con gli altri. Anche se raramente qualcuno ce lo spiega.
Se le esperienze culturali sono un passaggio cruciale della crescita, resta da capire quale sia la modalità più efficace per accompagnarvi le tante giovanissime persone che ancora non le vivono. Ed è qui che parte l’idea di Affido Culturale
[2]
, progetto selezionato dall’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo di contrasto alla povertà educativa minorile. Un’idea molto semplice: abbinare insieme famiglie più e meno avvezze all’andare al cinema, al teatro, al museo; chiedere loro, congiuntamente, di compiere insieme un percorso di diverse «uscite» culturali, per cementare un rapporto di vicinanza reciproca; offrire un sostegno concreto, in termini economici (carnet di biglietti gratuiti, buoni merende e buoni carburante per le trasferte) e in termini informativi, con una app che elenca le attività disponibili e ne traccia la partecipazione. Tutto questo all’interno di una comunità educante che, da un lato, aiuta a reperire le famiglie; dall’altro, accoglie quegli spazi culturali che un angusto pregiudizio vede come appannaggio esclusivo di fruitori adulti e socialmente forti. Affido Culturale infatti ha l’ambizione di non avviare un processo ex novo, ma di valorizzare quanto c’è sul territorio: a) musei, cinema, teatri, parchi, librerie, biblioteche, convenzionati appositamente per ¶{p. 269}creare una rete orientata all’audience development; b) scuole, oratori, gruppi sportivi, case famiglia, ospedali pediatrici, per contribuire a potenziare, con un tempo libero qualificato, percorsi di cura, di crescita e di riscatto già attivi per chi ne ha più bisogno.
Affido Culturale richiama l’affido familiare
[3]
. Si tratta però, in questo caso, di una relazione meno pregnante, e che soprattutto non bypassa i genitori del nucleo più fragile, ma li vede presenti nelle esperienze culturali condivise, a cui ogni minore partecipa con i suoi genitori. Il progetto ha beneficiato di questa terminologia che ha aiutato non poco nella veicolazione di un’idea e di una pratica educativa. D’altra parte, con essa ha mutuato anche un’asimmetria implicita tra «affidatario» e «affidato», tra chi è più e chi è meno abituato a vivere esperienze culturali, con il rischio di mettere a disagio il secondo, dentro una relazione tra nuclei familiari che invece il progetto delinea come reciproca e paritetica. In questo senso forse sarebbe stata meno scivolosa la metafora dell’ospite, che con un’unica parola designa sia chi arriva, sia chi accoglie. Nel territorio immateriale dell’offerta culturale per i bambini e per i ragazzi, il progetto Affido Culturale ha voluto avvicinare chi si sente già a casa in questi spazi e accoglie chi invece vi giunge per la prima volta, diventando – come è avvenuto in più casi – un riferimento per ulteriori nuovi arrivi.
2. I risultati di «Affido Culturale»
Settemila. Un numero che rende l’idea dell’impatto che Affido Culturale ha realizzato nei primi quattro territori di intervento: Napoli, Roma, Bari, Modena. Città dove, da aprile 2021 a ottobre 2023 – nonostante le forti limitazioni connesse ¶{p. 270}al Covid-19 – settemila sono stati gli ingressi di bambini/e negli spazi culturali convenzionati con il progetto. Tenuto conto della proporzione tra minori dei nuclei «affidati» e di quelli presenti nelle famiglie «affidatarie», oltre quattromila ingressi, probabilmente, non sarebbero mai avvenuti senza la dinamica innescata dal progetto.
Duecento. Sono gli enti culturali che hanno stipulato convenzioni con Affido Culturale, accettando un incasso differito e un meccanismo di tracciamento degli ingressi legato alla funzionalità della app di progetto. Una rete che vede protagoniste piccole realtà, ma anche grandi nomi della cultura italiana: dal Colosseo al Piccolo di Milano, dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli al Guggenheim di Venezia.
Undici. Alle prime quattro città coinvolte con il progetto selezionato da Con i Bambini, si sono aggiunti nuovi comitati promotori in altri sette territori: soggetti del Terzo settore ed enti locali che, reperendo ulteriori risorse finanziarie, hanno avviato Affido Culturale anche a Milano, Cagliari, Teramo, Arezzo, Andria, Venezia, Bitonto. Un processo di gemmazione che ha dimostrato la scalabilità e la riproducibilità di questa pratica educativa, grazie ai sostegni di Fondazione Toscana Spettacolo, Banca Intesa, Fondazione Cariplo, Fondazione Megamark, CSV di Venezia, Comune di Bitonto.
Novecento. È questo il numero dei minori, per lo più di età compresa tra i 5 e i 12 anni, complessivamente coinvolti in tutti i territori di intervento, appartenenti alle famiglie affidatarie e a quelle affidate, più e meno abituati a esperienze culturali. I criteri di abbinamento hanno preferito associare famiglie con figli coetanei, ma hanno anche valorizzato l’apporto di «affidatari» single, senza figli o con figli maggiorenni, unioni civili.
Ma cosa succede a questi bambini/e e ragazzi/e dopo un congruo numero di tappe disseminate tra gli spazi culturali delle loro città? Circa il 15% si ferma o non parte affatto, per problemi connessi all’abbinamento tra famiglie, a difficoltà sopraggiunte, al semplice fatto che cambiano idea. Chi resta invece riempie il suo spazio potenziale – per dirla ¶{p. 271}ancora con Winnicott – e recupera l’appercezione creativa e un’interazione più costruttiva e consapevole. Da un’analisi qualitativa accurata su settanta nuclei familiari coinvolti nel progetto, condotta insieme alla comunità scolastica di appartenenza – l’IC Virgilio IV del quartiere Scampia di Napoli – è emerso un cambiamento in termini di:
– innalzamento della soglia di attenzione dei bambini;
– acquisizione di una maggiore proprietà di linguaggio;
– rafforzamento della fiducia in sé stessi e del livello di socializzazione, di bambini e genitori;
– coinvolgimento dei padri nel tempo libero familiare;
– «passaggio» di alcuni nuclei da «affidati» ad «affidatari».
La connessione tra esperienze culturali e approccio alla vita come gioco creativo è particolarmente evidente nella testimonianza di una mamma: «Io non parlavo. Prima [delle “uscite” culturali] non parlavo. Accompagnavo mia figlia a scuola e l’andavo a riprendere, per tutte le elementari. Vedevo le altre mamme, ma non parlavo. Adesso parlo. Mi avvicino al gruppo delle altre mamme e dico la mia». Parole pronunciate in pubblico, al microfono.
3. Informazioni sull’ente e l’«Affido Culturale» come pratica educativa diffusa
Affido Culturale è nato nel 2018, quando il Pio Monte della Misericordia di Napoli, di concerto con altri 24 partner distribuiti in quattro regioni, ha candidato Affido Culturale a un finanziamento dell’impresa sociale Con i Bambini. La Direzione del progetto ha poi sostenuto i comitati promotori (e poi realizzatori) di Affido Culturale nelle nuove città, condividendo:
– le conoscenze operative derivanti dall’esperienza che andava costruendosi;
– materiali utili, come schede anagrafiche e di valutazione, schemi di convenzione con strutture culturali;
– strumenti di comunicazione: identità visiva, testi divulgativi, blog, profili social;
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Note
[1] D.W. Winnicott, Gioco e realtà, Roma, Armando, 1971.
[2] Una presentazione del progetto, delle sue finalità e delle sue modalità operative, in I. Esposito, AC – Affido Culturale, in «Welfare e Ergonomia», 6, 2020, pp. 217-220 e in Id., L’Affido Culturale, in «Lavoro Sociale», 3, 23, 2023, pp. 24-27.
[3] Il progetto, con le sue declinazioni su differenti città, ha stimolato una riflessione scientifica multidisciplinare condotta insieme al Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, confluita nel volume a cura di M. Musella, Affido Culturale. Uno strumento innovativo di contrasto alla povertà educativa, Napoli, Liguori, 2023.