Cecilia Tomassini, Marco Albertini, Carlo Lallo (a cura di)
Avanzare insieme nella società anziana
DOI: 10.1401/9788815413086/c1

1. Studiare la cura di lungo termine: definizioni e quadro concettuale
di Carlo Lallo e Cecilia Tomassini

Notizie Autori
Carlo Lallo ricercatore a tempo determinato, Università degli Studi del Molise.
Notizie Autori
Cecilia Tomassini professoressa ordinaria di Demografia, Università degli Studi del Molise.
Abstract
Questo primo capitolo offre un quadro definitorio e concettuale dellʼassistenza agli anziani in Italia. Lo studio della domanda di assistenza condotto in queste pagine è strettamente connesso alla natura e alla disponibilità delle informazioni statistiche che la riguardano. La non-autosufficienza viene poi definita e misurata prendendo in esame i parametri forniti dal modello l’International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF).

1. Salute, disabilità, non-autosufficienza e società: quadro concettuale e schemi interpretativi

Lo studio della domanda di assistenza da parte degli anziani non-autosufficienti incrocia naturalmente lo studio della salute, delle limitazioni alle funzioni psico-fisiche del corpo e degli ostacoli alla partecipazione sociale e politica. L’età avanzata comporta spesso un peggioramento dello stato di salute e la correlazione tra la domanda di assistenza dell’anziano e la (cattiva) salute è senz’altro autoevidente, ma meno diretta e univoca di quanto possa sembrare a prima vista, come si vedrà in questo capitolo [cfr. Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 2011; ISTAT 2021a].
Il concetto di buona salute è stato definito nel 1948 dalla World Health Organization (WHO), come «una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale e non esclusivamente l’assenza di malattia o infermità». La definizione è sicuramente più inclusiva della sua controparte logica, cioè l’assenza di una patologia, fisica o mentale. Nell’accezione della WHO, infatti, la mera assenza di una specifica patologia non esclude limitazioni al pieno utilizzo delle potenzialità del proprio corpo e della propria mente.
Tuttavia, la difficoltà di definire operativamente lo stato di completo benessere ha portato nel tempo a procedere per approssimazioni. Da un lato si è approntata una serie di test fisici e mentali, uniti a informazioni su diagnosi mediche, uso di farmaci e servizi sanitari, per giungere a una misurazione oggettiva dello stato di salute. Questa opzione presenta il vantaggio di offrire misure oggettive [cfr. Marmot e Wilkinson 2011], ma comporta anche l’uso di tecniche di rilevazione più sofisticate {p. 20}e maggiormente onerose [Tolonen et al. 2021] [1]
. Inoltre, usando questo approccio, si rischia di ricollegare la salute alla mera assenza di patologie e quindi allontanarsi dalla definizione della WHO, senza contare che i dati sull’accesso ai servizi sanitari e farmacologici potrebbero soffrire di una distorsione dovuta alla condizione socio-economica o ad altre caratteristiche che condizionano l’accesso alle cure mediche.
In alternativa alle misure oggettive sono state proposte misure cosiddette soggettive, cioè basate su domande poste direttamente al soggetto intervistato di cui si vuole misurare lo stato di salute. Un esempio sono le misure di salute autopercepita (Self-rated Health, SRH in inglese), dove si chiede di definire il proprio stato di salute globale secondo una scala data dall’intervistatore. Rispetto all’alternativa di sottoporre la persona a una serie di test medici oppure incrociare, standardizzare e armonizzare banche dati amministrative sanitarie, la facilità di reperibilità del dato via questionario rappresenta senza dubbio uno dei punti di forza di questo approccio. D’altro canto, il punto debole di questa tipologia di misurazioni risiede nelle potenziali distorsioni dovute alle differenti percezioni della propria salute, che possono variare da persona a persona e con l’avanzare dell’età [tra gli altri, Lazarevič e Brandt 2020; Gumà-Lao e Arpino 2023], sebbene numerosi studi abbiano attestato la buona capacità predittiva di queste misurazioni rispetto a stati della salute oggettivi come la mortalità e il ricorso a servizi sanitari [tra gli altri, Mossey e Shapiro 1982; Egidi e Spizzichino 2006; Jylhä 2009].
In entrambi gli approcci l’oggetto della misurazione rimane la salute nei suoi aspetti fisici, biologici e piscologici, più precisamente la misura dell’eventuale devianza da uno standard psico-fisico considerato ottimale. Già nel 1950 tuttavia, Sydney Katz [Katz et al. 1970; Katz 1983] proponeva una visione funzionale della salute, intesa come l’insieme delle capacità funzionali di una persona rispetto alle attività in cui è quotidianamente coinvolto, sia riguardo alla cura di sé stessi e della casa (ad es. lavarsi, vestirsi, cucinare, mantenere in ordine e pulita la casa) che nelle interazioni con le altre persone (ad es. comunicare) e {p. 21}la partecipazione alle attività sociali in generale (ad es. gestire le proprie finanze, comprare beni e servizi, votare). Una limitazione di queste capacità funzionali è quindi da intendersi come una disabilità, una diminuzione del proprio benessere psico-fisico e dunque della propria salute, nell’ampia accezione della WHO [per una rassegna completa della letteratura vedi Mouchaers et al. 2022]. In quest’ottica, le disabilità, intese come limitazioni della salute funzionale, sono direttamente collegate alla non-autosufficienza della persona, parte integrante dell’oggetto di studio di questo volume: la domanda di assistenza agli anziani non-autosufficienti.
La presenza di disabilità compromette la salute in quanto può impedire alla persona di svolgere quelle attività quotidiane che altrimenti compirebbe autonomamente [vedi tra gli altri Nagi 1965; 1991; Fried et al. 2004] e quindi rende necessario il ricorso a un ausilio [2]
. Una persona incapace di curarsi di sé stesso o di interagire con la società autonomamente è dunque considerata non-autosufficiente relativamente a un certo gruppo di attività quotidiane e di interazioni sociali prese in considerazione, per le quali avrà bisogno di assistenza. Da questo quadro concettuale discendono tre considerazioni: 1) una diminuzione del proprio stato psico-fisico legato per esempio all’età non conduce necessariamente a limitazioni nella propria autonomia e quindi allo stato di non-autosufficiente, 2) una diminuzione della propria autonomia non coinvolge necessariamente tutte le dimensioni delle attività quotidiane o tutta la gamma delle interazioni sociali, 3) le limitazioni nelle attività di tutti i giorni possono a loro volta avere impatti negativi sullo stato psico-fisico, innescando un circolo vizioso di disabilità e cattiva salute [vedi tra gli altri Albanese et al. 2020]. Quest’ultima considerazione pone sotto una nuova luce il tema dell’assistenza agli anziani: oltre alla funzione di ausilio per l’autonomia dell’anziano di oggi, l’assistenza può essere considerata come strumento di preven{p. 22}zione di ulteriori peggioramenti futuri della salute, e quindi prevenzione di maggiori costi per la società, sia sanitari che di cura in generale. La non-autosufficienza è quindi il risultato dell’interazione tra lo stato psico-fisico, la capacità di svolgere autonomamente le attività quotidiane e la capacità di partecipare alle attività sociali. Sebbene la misura dello stato di salute come semplice stato psico-fisico possa offrire un’approssimazione delle potenziali limitazioni funzionali, cioè della condizione di non-autosufficienza e quindi della domanda di assistenza, la relazione è lungi dall’essere diretta e univoca. Una corretta e precisa misura della non-autosufficienza, e quindi la stima della relativa domanda di assistenza, non può quindi prescindere dalla misura diretta delle limitazioni alle attività quotidiane.
Proseguendo lungo questo approccio, la WHO ha elaborato nel 2002 uno schema interpretativo che mette in relazione salute, disabilità e limitazioni alle attività quotidiane, con l’ambiente sociale circostante, gli ausili disponibili e lo stato socio-economico, al fine di elaborare un modello concettuale per descrivere, classificare e misurare la salute funzionale delle persone: l’International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF). Tra i diversi usi possibili, il modello della WHO offre un quadro concettuale all’interno del quale potersi muovere per sviluppare un approfondimento originale e progettare future ricerche sulla domanda di assistenza degli anziani [vedi anche CDC 2020]. La classificazione ICF distingue sei componenti che, poste in relazione tra loro, determinano lo stato di salute e il grado di non-autosufficienza dell’individuo: 1) la presenza di malattie, 2) lo stato psico-fisico, 3) le attività quotidiane, 4) le interazioni e la partecipazione sociale, 5) le condizioni personali (stili di vita, posizione demo-socio-economica), 6) l’ambiente circostante inteso come potenziali barriere/facilitatori alle attività quotidiane. In figura 1.1 riportiamo lo schema come rappresentato nelle pubblicazioni WHO, in tabella 1.1 riportiamo invece le definizioni delle diverse componenti, e nelle figure 1.2 e 1.3, dei possibili esempi.
Nello schema dell’ICF, lo stato psico-fisico conduce a delle limitazioni nelle attività e nella partecipazione attraverso la mediazione dei fattori ambientali e dei fattori personali, che possono annullare tali limitazioni, lasciarle inalterate o peggiorarle. Nel caso in cui i fattori ambientali o personali contribuiscano {p. 23}ad annullare le limitazioni, sono detti «facilitatori», in caso contrario, sono detti «barriere». Le «capacità» dell’individuo sono determinate dalle limitazioni senza ausili, ma le sue performance finali, cioè la possibilità concreta di svolgere attività e partecipa
zione, sono mediate dai fattori ambientali e personali [WHO 2002; 2013; Badley 2008; Berger et al. 2016].
Fig. 1.1. Lo schema grafico dei componenti dell’ICF.
Fonte: Nostra traduzione del modello ICF [WHO 2002].
Tab. 1.1. Definizioni delle 6 componenti dell’ICF
Componente dell’ICF
Definizione
Condizione di salute
Termine ombrello per coprire malattie, infortuni, lesioni permanenti, disordini mentali, e condizioni come gravidanza, vecchiaia, stress, malformazioni genetiche e congenite. Viene usata la classificazione internazionale delle malattie ICD-10
Struttura e funzioni del corpo
Termine che comprende sia devianze dalla conformazione statisticamente normale del corpo umano, sia incapacità di svolgere quelle azioni fisiche e mentali statisticamente normali per un essere umano
Attività (limitazioni)
Le attività sono azioni (o combinazione di azioni) fisiche e mentali necessarie per il raggiungimento di obiettivi funzionali alla vita autonoma della persona stessa. Sono influenzate dalla struttura e dalle funzioni del corpo, ma anche dai fattori ambientali e personali
Partecipazione (limitazioni)
La partecipazione include la capacità della persona di comprendere, agire ed essere coinvolta in situazioni della vita che prevedono interazione sociale. È influenzata dalla struttura e dalle funzioni del corpo, ma anche dai fattori ambientali e personali
Fattori ambientali
I fattori ambientali si riferiscono alla conformazione fisica e sociale del mondo circostante la persona. Comprendono elementi fisici, come l’architettura degli edifici o ausili tecnici, elementi sociali, come la disponibilità, qualità e forma dell’assistenza, elementi culturali e legali, come l’inclusività economico-sociale o politiche anti-discriminatorie
Fattori personali
I fattori personali si riferiscono alla condizione demografica, sociale ed economica della persona. Possono anche riguardare aspetti specifici rilevanti per la tipologia di limitazione delle attività e della partecipazione che si vuole studiare e/o classificare
 
 
Fonte: Nostra traduzione ed elaborazioni su base WHO [2002; 2013].
Note
[1] Sebbene anche nei paesi più tecnologicamente avanzati possano sorgere problemi legati invece ad aspetti di privacy. Vedi infra, capitolo 2.
[2] Ci si riferisce qui sia a un ausilio tecnologico, come una protesi o un attrezzo ortopedico, sia a un ausilio personale, come una persona che assiste il non-autosufficiente nelle sue attività, sia di cura e igiene personale che di interazione con la società. Una descrizione più dettagliata delle attività quotidiane prese usualmente in considerazione dalla letteratura sarà data nel prossimo paragrafo, quando saranno esposti i diversi indici di misurazione.