Sergio Brillante
«Anche là è Roma»
DOI: 10.1401/9788815410559/c4
Quello fra il governo fascista e l’Istituto era quindi un rapporto a doppio senso, come Galassi Paluzzi non mancava di far notare. Già nel secondo fascicolo della «Roma», uscito nell’aprile 1923, veniva pubblicata una foto di una lettera di Mussolini con una dedica che inneggiava al Natale di Roma e esaltava la città come «capitale di un grande impero universale», «fascinatrice per tutti i grandi intelletti di ogni gente» e «cuore vivo ardente immortale» della nazione. Tali parole incontrarono senza dubbio l’approvazione di Galassi Paluzzi che in occasione della seduta di chiusura del I Congresso Nazionale di Studi Romani (1928) definirà quale obiettivo dell’ISR il «rendere virilmente consapevole l’amore istintivo che tutti filialmente portiamo a Roma» [9]
. I due si incontravano non tanto nella esaltazione della storia di Roma, ma nell’accordare alla città una forza di attrazione universale, basata su un sentimento irrazionale ispirato nel
{p. 146}cuore di ciascun essere umano grazie al suo essere nello stesso tempo musa «fascinatrice» e madre, oggetto di amorevole venerazione.
«Romanità» è il termine chiave nell’impalcatura concettuale costruita da Galassi Paluzzi e attraverso di esso ci si voleva riferire non solo alla Roma antica. L’ISR si occupava infatti di tutto ciò che avesse a che fare con la «città eterna», voleva abbracciarne tutte le manifestazioni culturali e tutta la storia, scandita nelle tre fasi della Roma antica, della Roma cristiana e della Roma italiana; varie categorie che indicano – la terza solo a livello potenziale – le diverse facce con cui l’Urbe aveva saputo imporsi nel mondo. Roma diveniva così la culla della civiltà universale, il centro attorno al quale ruotava l’intera storia del mondo e lo scopo dell’Istituto era quindi ricercare nella storia il diuturno inveramento di tale idea e diffondere tale credo presso un pubblico il più ampio possibile.

2. Romanizzare l’Africa: le iniziative dell’Istituto di Studi Romani

Questa insistenza sull’universalismo creava un terreno naturalmente adatto alla organizzazione di attività che mettessero in luce l’irradiazione della cultura e della lingua di Roma antiche. Spesso, ad esempio, si invitavano degli studiosi stranieri per tenere delle conferenze in cui si esaltasse la città e la sua storia e testimoniare così il proprio amore per l’Urbe, pur non essendone figli diretti. Fra i temi di discussione prediletti all’interno dell’Istituto vi erano poi quelli riguardanti il peso che Roma aveva avuto, e ancora aveva, nella cultura degli altri paesi. I differenti cicli di lezione articolati sotto la comune etichetta di «Studi romani nel mondo» (Rassegne sugli studi romani nel mondo; Le grandi strade del mondo romano; Il limes romano; Roma e le provincie) erano uno dei pilastri dell’offerta formativa dell’ISR. Il medesimo spirito «universalista» rientrava d’altronde in molti altri corsi, fra cui segnatamente quelli su Gli studi stranieri sulla figura e l’opera di Augusto del {p. 147}1937 e 1938. In tempo di guerra, l’iniziativa assunse perfino la forma di una collana intitolata Mare nostrum, rivolta esplicitamente «ai soldati italiani mentre il Mediterraneo torna romano». Si trattava di piccoli opuscoli che volevano fornire ai soldati un prontuario dei monumenti in cui si sarebbero probabilmente imbattuti nel corso delle loro missioni, concentrandosi però esclusivamente sulle vestigia romane, la cui osservazione doveva evidentemente agire di sprone e legittimare un’azione di «riconquista». Per questo, ad esempio, la copertina del volumetto su Roma ed Ellade. Italia e Grecia [10]
, non ritrae il Partenone o l’agorà, bensì l’arco di Adriano ad Atene.
Vi era quindi all’interno dell’Istituto un terreno naturalmente adatto all’organizzazione di iniziative legate all’espansione oltremare della nuova Roma fascista, viste come riflesso della storia antica. Eppure, a far volgere lo sguardo di Galassi Paluzzi verso l’Africa fu una personalità esterna all’Istituto. Era infatti il 17 gennaio 1934 quando questi venne contattato da Alessandro Melchiori del Commissariato per il Turismo in Libia. Dopo essere stato per lungo tempo vicesegretario del PNF, a partire dal 1933 Melchiori era stato messo a capo di questo ente, costituitosi da poco e finalizzato a un migliore sfruttamento delle potenzialità del territorio libico dopo l’opera di «pacificazione» svoltavi da Graziani. Rendendosi conto della mancanza di risorse sul territorio coloniale, Melchiori chiese a Galassi Paluzzi se questi non potesse «dar[gli] una mano» nel suo «compito di propaganda turistica per la Libia». Concretamente, gli proponeva di organizzare delle conferenze su soggetti riguardanti l’Africa romana, che si sarebbero poi potute replicare a Tripoli, e di bandire un concorso per la pubblicazione di una monografia sullo stesso tema. Il finanziamento dell’intera operazione sarebbe stato assicurato proprio dal Commissariato; all’ISR spettava invece il lato pratico e organizzativo della questione.
Con la sua consueta capacità di cogliere le occasioni al volo, Galassi Paluzzi riunì subito un piccolo comitato di {p. 148}fedeli collaboratori, fra i più interessati ai rapporti fra Roma e Africa e ai destini delle colonie italiane: Pietro Romanelli (1889-1981), giovane archeologo che aveva fatto dello studio delle province africane in età romana una specializzazione, Biagio Pace, archeologo e deputato fascista esperto di politiche coloniali, e il già incontrato Roberto Paribeni [11]
. Il gruppo così costituito si pose pertanto a riflettere sulla proposta e a formulare un piano di attività da presentare a Melchiori. Oltre ad approvare le due idee già avanzate da quest’ultimo – conferenze e monografia –, essi proposero anche la creazione di una Bibliografia dell’Africa romana, da porre sotto la guida di Romanelli. Ad esclusione di quest’ultimo progetto, che – come si vedrà – sarebbe stato tutto interno all’ISR, le altre proposte incontrarono subito delle resistenze che imposero dei repentini mutamenti di rotta. Melchiori aveva infatti passato il dossier della collaborazione con l’ISR all’Istituto Fascista di Cultura di Tripoli (marzo 1934), il quale fece infine sapere (13 e 31 agosto) che non era pensabile organizzare alcunché in un istituto nato da poco e che non contava «nemmeno UN SOL socio» [12]
. Sono parole che in questo tipo di comunicazione, pratico e non propagandistico, risultano più veritiere delle magnificazioni che si facevano a livello ufficiale. L’Istituto Fascista di Cultura si era infatti costituito in Tripolitania nel 1927 e sin dai suoi primordi volle vantare il «numero ingente di alunni» che prendeva parte alle sue iniziative e, in particolare, ai corsi speciali organizzati nelle scuole medie della colonia. L’offerta era variegata e non mancava anche un corso di lingua latina, ma, alla luce di quanto detto nel documento appena riportato, ci si chiede se vi {p. 149}fosse qualcosa di concreto al di là degli altisonanti proclami del primo anno di vita dell’Istituto e delle troppo generose affermazioni della propaganda ufficiale [13]
.
Fin dai primi passi, l’ISR ebbe quindi delle difficoltà ad imporsi sul terreno coloniale e a dialogare con le istituzioni ivi impiantate, ma il sasso ormai era stato lanciato e Galassi Paluzzi continuò a coltivare questo filone di interesse, anche per volontà di aderire alle politiche di regime. Il 18 marzo 1934, in occasione della seconda assemblea quinquennale del regime, Mussolini aveva infatti indicato Asia ed Africa come «obiettivi storici» dell’Italia e sottolineato la necessità, «soprattutto per quello che concerne l’Africa», di immettere tali regioni «nel circolo della civiltà mondiale» [14]
. La macchina della propaganda imperiale veniva così messa in moto e l’ISR non poteva restarne fuori.

2.1. La Bibliografia

A partire dal 1934, l’Istituto diede pertanto vita a diverse iniziative sull’argomento delle relazioni fra Roma e le sue province africane, a cominciare dalla già ricordata Bibliografia dell’Africa romana. Alla direzione del progetto fu posto Romanelli, il quale in passato aveva già pubblicato individualmente un lavoro preliminare del medesimo tenore [15]
. L’opera, che si affiancava ad altri progetti bibliografici coltivati dall’ISR (Bibliografia Romana, Bibliografia Vaticana), avrebbe dovuto repertoriare tutte le pubblicazioni esistenti riguardanti la storia, l’archeologia e la vita letteraria e artistica dell’Africa romana. A ciascun titolo sarebbe cor{p. 150}risposta una scheda bibliografica in cui si sarebbe fornito «un breve e oggettivo commento informativo, o critico, atto a metterne in evidenza il contenuto». Galassi Paluzzi, affidando formalmente l’incarico a Romanelli il 22 febbraio 1935, specificava: «Il lavoro dovrà presentare i caratteri della perfezione» [16]
.
Romanelli allestì quindi un piano dell’opera e Galassi Paluzzi diffuse prontamente un comunicato stampa per pubblicizzare l’impresa, in cui affermava, anzitutto, che il progetto si inseriva nelle «direttive» del «Capo del Governo che ha indicato l’Africa e l’Oriente come uno dei campi cui particolarmente deve rivolgersi l’attività degli italiani». Passando poi a illustrare il lavoro vero e proprio della Bibliografia, specificava che essa avrebbe compreso «tutti gli studi pubblicati intorno all’Africa Romana, intendendo, eccezionalmente, sotto questo nome non soltanto la regione fra la Grande Sirte e l’Atlantico, ma altresì la Cirenaica e l’Egitto». Da un punto di vista cronologico, invece, si sarebbe «presa in considerazione la “romanità” dell’Africa nel periodo che va dal momento in cui le singole regioni sono entrate in rapporto con Roma fino a quello in cui esse sono cadute sotto il dominio arabo». Il progetto non mancava di ambizione, ma Galassi Paluzzi prevedeva che sarebbero bastati due volumi, di cui il primo sarebbe stato pubblicato «entro il 1936», mentre il secondo avrebbe visto la luce «nei primi mesi del 1937, anno bimillenario della nascita di Augusto». La presentazione si chiudeva infine su parole che, ad anello, richiamavano la valenza politica dell’opera: «L’Istituto di Studi Romani intende anche in tal modo adempiere al dovere che gli italiani hanno di essere presenti fattivamente ovunque abbia risuonato e risuoni il nome di Roma apportatrice di civiltà». Lo studio di quelle regioni doveva cioè essere un’altra faccia della presenza italiana in Nordafrica [17]
.
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Note
[9] C. Galassi Paluzzi, Per un ordinamento nazionale degli studi romani e per l’organizzazione dei futuri congressi, in Atti del I Congresso Nazionale di Studi Romani, Roma, ISR, 1929, vol. II, pp. 585-594: 586.
[10] Roma ed Ellade. Italia e Grecia, Roma, ISR, [1941].
[11] Nei vari contributi citati supra (cap. II, nota 3) si troveranno varie informazioni su di loro. Più nello specifico su Romanelli, cfr. anche A.M. Colini, Ricordo di Pietro Romanelli, in «Studi Romani», 30, 1982, pp. 358-365; U. Pappalardo, Pietro Romanelli, in Dizionario biografico dei soprintendenti archeologi (1904-1974), Bologna, Bononia University Press, 2012, pp. 667-669; F. Vistoli, s.v. Romanelli, Pietro, in DBI, 2017, vol. LXXXVIII. Su Pace ci si concentrerà infra (§ 3.2).
[12] AINSR, Corsi, b. 27, fasc. Preliminari / Chierici (enfasi nell’originale).
[13] La scuola, in Vigor di vita in Tripolitania (1927-Anno V), Tripoli, Ufficio Studi e Propaganda del Governo della Tripolitania, 1928, pp. 67-71: 70-71. Non vi è più menzione di tali corsi nel numero successivo di questa pubblicazione periodica.
[14] Mussolini, Opera, vol. XXVI, pp. 185-193: 191-192.
[15] P. Romanelli, Bibliografia archeologica ed artistica della Tripolitania, in «Bollettino del R. Istituto di Archeologia e Storia dell’Arte», 1, 1927, n. 4-6.
[16] AINSR, Pubblicazioni, b. 119, f. 42. Nella trattazione della Bibliografia sarà sempre a questo insieme archivistico che faremo riferimento, quando non diversamente specificato.
[17] «Rassegna», 13 maggio 1935.