La lettura ad alta voce condivisa
DOI: 10.1401/9788815410238/c1
L’incontro sistematico con le
storie attraverso l’ora di lettura ad alta voce condivisa si traduce nell’incremento
delle probabilità di successo formativo per tutti e tutte, nello sviluppo di
capacità e abilità che permettono di conoscersi meglio, di raccontarsi,
relazionarsi, di comprendere gli
¶{p. 52}altri... e di strutturare,
poi, abitudini permanenti di lettura autonoma.
La lettura ad alta voce
condivisa da parte degli insegnanti, per i propri studenti, deve allora collocarsi
all’interno del curricolo per tutto il percorso educativo e scolare, con cadenza
quotidiana e prevede un «tempo ideale» di un’ora, comprese le attività di
socializzazione (a seguito di una fase di progressivo avvicinamento a questo
traguardo) e comunque sessioni di lettura mai inferiori ai 30 minuti (se non
inizialmente). Le capacità attentive, con il progredire del coinvolgimento, crescono
rapidamente e consentono di proporre sessioni di lettura di un’ora.
Il tempo di riferimento da
raggiungere è quindi quello di un’ora quotidiana, ma si possono osservare effetti
visibili in pochi mesi, con un impegno di mezz’ora di lettura effettiva quotidiana.
Il tempo di un’ora è infatti ottenuto considerando anche lo sviluppo di un confronto
in quella che viene chiamata la fase di «socializzazione» (cfr. par. 9.7),
fondamentale per moltiplicare gli effetti dell’esposizione alla lettura ad alta
voce, per osservare i cambiamenti e i miglioramenti, per favorire lo scambio, per
aumentare il coinvolgimento, per assegnare un ruolo attivo.
Il tempo dedicato alla lettura
ad alta voce condivisa è un tempo guadagnato, un tempo che consente di attivare,
recuperare, sviluppare, favorire moltissimi apprendimenti.
9. Ai fondamenti del metodo di lettura ad alta voce condivisa
Alla luce dell’esperienza maturata
nell’ambito di progetti regionali e nazionali [Batini 2018; 2019; 2021a; 2021b] e della
letteratura scientifica nazionale e internazionale [per una sintesi si rinvia alla
bibliografia di Batini e Giusti 2021a], nel corso degli ultimi anni è stato sviluppato
un metodo di lettura ad alta voce condivisa che può essere sintetizzato in una serie di
strategie e tecniche caratterizzanti
[32]
.¶{p. 53}
9.1. La bibliovarietà
Se qualcuno mi avesse toltodi mano quel libro dicendoquesto è per bambini piccoliforsenon avrei mai credutoche una persona come mepotesse stare tra le pagine di un libroche una persona come meavesse una storia.
La varietà delle scelte di
lettura, che dovrebbero prevedere un grande numero di generi, di temi, di culture,
di tipologie di personaggi e di vicende narrate [Batini e Giusti 2021a, 109-113;
2022, 55-62; Batini 2022, 115-116], è fondamentale a garantire l’inclusione di ogni
partecipante, a migliorare l’efficacia dell’attività e a evitare i pericoli insiti
nella condivisione di una «storia unica» [Adichie 2009]
[33]
.¶{p. 54}
Nella nostra tradizione abbiamo
un esempio chiarissimo di «storia unica» che riguarda la maggior parte delle fiabe
più conosciute, fiabe che hanno conosciuto una straordinaria diffusione poi
amplificata ulteriormente dalle illustrazioni, dalle cartoline [Zipes 2017] e dalle
riduzioni cinematografiche. Se guardiamo a quelle fiabe dall’osservatorio specifico
dei ruoli femminili possiamo facilmente individuare una storia unica,
semplificatoria e ghettizzante del genere femminile. Le giovani protagoniste sono
belle o brutte (e da questo, spesso, dipende il loro destino), attendono alle
faccende domestiche
[34]
o a farsi belle, sono svegliate, salvate, condotte via, da un uomo, le
cui vesti e il cui aspetto consentono di identificarne nobiltà e lignaggio. Con
quest’uomo a volte non si è parlato, al massimo si è danzato. La fanciulla è
completamente passiva (sino all’essere scelta dal principe mentre è creduta morta,
come nel caso di Biancaneve) e non di rado viene elogiata per l’umiltà, la
sottomissione e la disponibilità oltre che per l’aspetto. La cosa davvero
particolare è che la quasi totalità di queste fiabe hanno avuto infinite versioni
orali e alcune versioni letterarie, con un progressivo adeguamento al tempo in cui
sono state proposte. Nella maggior parte delle società occidentali si è poi
sostanzialmente preferito adottare, senza più modificarle, le versioni risalenti
alla metà dell’Ottocento che propongono esattamente questa visione della donna.
Leggere tante di queste fiabe, allora, diventa un modo per inciampare su una storia
unica sui ruoli femminili e sulle attese nei confronti delle ragazze ed è proprio
l’apparente varietà delle vicende che conferma, rafforza e fa interiorizzare la
storia unica sottesa.¶{p. 55}
Proporre una storia unica
significa perdere la complessità e la ricchezza della realtà e delle storie,
significa consegnare sguardi monocromatici e meno capaci di vedere. L’eccessiva
selezione di storie (definire un «canone») significa proporre modelli, soluzioni,
modalità adeguate, strategie opportune, obiettivi giusti e norme esplicite e
implicite. La rappresentazione canonica trova una metafora adeguata nell’unico
libro, sempre ripetuto, con un protagonista prototipico (maschio, bianco, etero,
normotipico) e, fuor di metafora, rischia di trasformare un’esperienza di libertà e
apertura in un goffo tentativo didascalico e moraleggiante.
La bibliovarietà consente di
perseguire, naturalmente e senza forzature, obiettivi di tipo culturale favorendo,
per esempio, l’interesse per il libro come oggetto e artefatto dotato di sue
caratteristiche, o motivando all’uso di servizi di pubblica utilità come quelli
offerti dalle biblioteche.
Nell’ora di lettura ad alta
voce condivisa si leggono storie. Le storie, come indicato dal concetto di
«bibliovarietà», debbono essere le più diverse; il concetto di «progressività»
fornisce un quadro in cui inserire e precisare la bibliovarietà. Come già accennato,
indipendentemente dall’età dei gruppi con cui lavoriamo, è opportuno avviare
l’attività di lettura ad alta voce con testi molto brevi e accessibili, per
spostarsi gradualmente in direzione di testi più lunghi e articolati.
Una strategia efficace e
inclusiva è quella di ricorrere, a qualsiasi età, agli albi illustrati per iniziare
e tornarci spesso. Ci sono albi illustrati per la prima infanzia che sono fruibili a
diversi livelli e a diverse età e ci sono, ormai, albi illustrati pensati
specificatamente per età successive.
L’albo illustrato ha una durata
breve, può venir letto assieme ad altri albi o costituire uno strumento di
alternanza a testi più lunghi o ancora un elemento di diversificazione all’interno
di una sessione dedicata ad altre letture.
L’albo illustrato consente
l’accesso, ha carattere inclusivo: attraverso le immagini riveste una funzione di
sostegno alla comprensione.
L’esposizione alle immagini e
il progressivo collegamento tra parole e immagini sono un potentissimo supporto alla
¶{p. 56}comprensione per i bambini più piccoli, per quei bambini,
ragazzi e adulti che non hanno eccessiva dimestichezza, per vari motivi, con la
lingua e costituisce un’esperienza felice di relazione con una storia, con molte
storie, per tutti. L’abitudine a mettere in relazione le parole con le immagini sarà
inoltre fondamentale per sviluppare l’abilità di costruzione di immagini mentali
sulle stesse storie e poi, successivamente, per costruire immagini mentali quando
l’esposizione alla lettura si centrerà su testi privi di illustrazioni.
Attenzioni nelle scelte |
Come? |
Attenzione a
non pensare esclusivamente alla maggioranza. Ricordarsi di tutti
i componenti del gruppo con cui lavoriamo |
Ricordando
come questa attenzione non riguardi soltanto chi è «minoranza» o
chi è portatore di «differenza»: siamo tutti diversi e anche chi
è «maggioranza» ha la necessità di pensarsi, immaginarsi,
calarsi nei panni di chi non lo è proprio per trovare,
differenziandosi (anche all’interno della propria «maggioranza»)
la propria unicità. Le storie consentono questi viaggi, queste
sperimentazioni di sé: permettono di sperimentarci uguali agli
altri e diversi da tutti. Occorre pensare in modo specifico al
gruppo con cui lavoriamo e fare in modo che ciascuno di loro si
senta, in qualche modo, rappresentato dalle storie che leggiamo,
ma anche andare oltre |
Stare in
allerta contro il rischio di «storie uniche» |
Coltivare
l’imprevisto, il non canonico, il contrasto, ciò che va oltre la
consuetudine nei ruoli, nelle vicende, nei personaggi. La
frequentazione di storie plurali apre al possibile,
all’inatteso |
Personaggi
plurali e non stereotipati |
Porre
attenzione alle differenze nell’aspetto, nelle caratteristiche
personali, le abilità e capacità, la cultura e la provenienza,
il temperamento e i valori dei personaggi che popolano le storie
che leggiamo. I personaggi non corrisponderanno soltanto a
tipologie prevedibili, non confermeranno gli stereotipi, avranno
sempre maggiore complessità e incoerenze, somiglianze e
differenze |
Considerare e
valorizzare l’esperienza (e contribuire ad allargarla) e la
pluralità necessaria dei punti di vista |
Una storia è
una semplificazione della realtà che non spiega tutto; ciascun
lettore, ciascun ascoltatore la «riempie» con la propria
esperienza, non sceglieremo storie che rendono la realtà banale
o confermano modi di pensare standardizzati, incapaci di
accogliere la differenza. Le storie saranno in grado di far
considerare diversi punti di vista e diverse prospettive in modo
tale da dare forma, significare, incrociare e legittimare le
differenti esperienze del gruppo con cui stiamo lavorando,
nonché per fargli vivere esperienze differenti dalle loro (se il
nostro gruppo è composto da bambini e bambine, ragazzi e ragazze
molto simili tra loro, per estrazione socio-economico e
culturale, sarà bene farli incontrare anche con personaggi molto
differenti da loro) |
Superare i
confini di generi, tempo, spazio |
Saranno scelte
storie diverse come generi e oltre ai generi, storie che fanno
incontrare differenti ambientazioni e contesti, che si svolgono
in tempi differenti |
¶{p. 57}Attenzione a
tante varietà: la cultura del libro |
Generi,
editori, autrici e autori e nazionalità degli stessi, formati e
aspetto dei libri, stili di illustrazione e scrittura.
Sviluppare, gradualmente, una cultura del libro, una capacità di
osservarlo, di guardare come si presenta, la copertina, i
formati, le dimensioni, favorendo comparazioni e osservazioni.
Importante è attivare questo tipo di osservazioni e riflessioni
quando si è già sviluppato un forte interesse per le storie, per
tanti tipi di storie |
Alternanza tra
storie |
Curare
l’alternanza tra storie: dopo un romanzo impegnativo si potrà
leggere una storia più ironica, divertente, umoristica. Porre
attenzione all’alternanza delle trame ma anche delle coloriture
emotive, quali emozioni abbiamo sollecitato? Con qualsiasi
fascia di età è preferibile alternare le «lunghezze dei testi da
leggere»: dopo un romanzo molto lungo e denso sarà opportuno, ad
esempio, leggerne alcuni con racconti e albi (ma anche proposte
come graphic novel, fumetti,
silent book) prima di riprendere con un
altro romanzo |
Valorizzare le
storie come repertori di azioni e reazioni |
Le storie
saranno diverse per le tipologie di difficoltà che i
protagonisti incontrano, proporranno differenti copioni di
azione |
Non tentare di
semplificare la complessità |
Siamo in un
tempo differente da quello in cui siamo cresciuti noi e la
complessità non è sempre riducibile: i romanzi di formazione
classica, ad esempio, non riescono a rappresentare la
complessità delle identità e delle situazioni differenti di
bambini e ragazzi di oggi |
Senza
«paura» |
Non aver paura
di toccare temi fondamentali: la lettura ad alta voce fornisce a
tutte e tutti materiale per rielaborare le proprie esperienze e
per prepararsi a esperienze nuove. Molto spesso gli adulti
ritengono, erroneamente, che bambine e bambini, ragazzi e
ragazze debbano incontrarsi soltanto con storie ben orientate
moralmente (dove «ben orientate» significa quasi sempre
«orientate come me»), che non tocchino argomenti complessi o
poco «comodi» e, soprattutto, che abbiano finali positivi. Le
storie raccontano la vita, si intersecano con la nostra
esperienza: tutto ciò che fa parte della vita attuale e
potenziale del gruppo con il quale si lavora deve trovare spazio
nei nostri percorsi di lettura direttamente e
metaforicamente |
Partire da
vicino, restare prossimi... |
Partendo da
temi e linguaggi vicini al gruppo con il quale si lavora, è
fondamentale la varietà delle scelte ed esplorare altro
sorpassando i confini della prossimità. Le scelte debbono essere
di qualità: evitiamo le storie moralistiche o sfacciatamente
didattiche, cerchiamo storie che profumino di
autenticità |
Note
[32] Nell’ambito della politica educativa Leggere: Forte! Ad alta voce fa crescere l’intelligenza della Regione Toscana, il gruppo di ricerca della cattedra di Pedagogia sperimentale del Dipartimento FISSUF, dell’Università degli Studi di Perugia, ha realizzato due volumi open access di tecniche di lettura, rivolti al sistema 0/6 e al sistema scolare mediante una triangolazione che ha coinvolto l’esame della letteratura scientifica, dei siti istituzionali e delle ricerche sul tema, interviste sul campo a insegnanti esperti/e di lettura ad alta voce condivisa, focus con esperti/e di lettura [Batini e Giusti 2021a; 2022].
[33] Il pericolo di una «storia unica» è, sostanzialmente, una questione di relazione delle storie con il potere, come spiega bene Adichie [2009]: le storie che vengono raccontate hanno diversi gradi di potere. Nel 2009 nella sua notissima conferenza intitolata, appunto, I pericoli di una storia unica, ormai trasformata in un libro edito in moltissimi paesi, la scrittrice spiega il pericolo che deriva dall’avere una storia unica su qualcuno o su qualcosa. Tante storie possono rappresentare una storia unica. Abbiamo una rappresentazione plurale e varia degli Stati Uniti perché il loro potere mediatico globale è enorme (da Hollywood sino alla carta stampata) e ci ha consentito di fruire di moltissime storie, diverse, piene di contraddizioni e di elementi dissonanti che ci permettono di vedere molti aspetti degli Stati Uniti. Difficilmente ne avremo quindi una visione monocromatica e stereotipata. La Adichie racconta come, vittima di una storia unica sull’intero continente africano, la sua compagna di stanza, quando la scrittrice si trasferì negli Stati Uniti per studiare, la «compativa» ancora prima di conoscerla. Altrettanto difficilmente, quindi, avremo una rappresentazione plurale della Nigeria (che pure ha, come racconta la scrittrice nigeriana, al proprio interno realtà molto diverse tra loro). Da chi arrivano le poche informazioni che abbiamo sulla Nigeria? Chi e con quale scopo ci ha raccontato la «storia unica» che conosciamo sulla Nigeria?
[34] I sette nani formalizzano, nella versione dei Grimm del 1857, l’ospitalità a Biancaneve così: «Se vorrai badare alla nostra casetta, cucinare, fare i letti, il bucato, cucire e fare la maglia, e tenere tutto in ordine e pulito, potrai restare con noi e non ti mancherà nulla». «Sì – disse Biancaneve – molto volentieri» [Zipes 2017; trad. it. 2017, 129).