Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/p2
Introduzione
Il volume affronta il tema della
conoscenza e dell’apprendimento in ambito scolastico e lavorativo considerato come un
processo che coinvolge capacità non solo cognitive, come ricordare, parlare, comprendere,
stabilire nessi, dedurre, valutare, ma che implica anche qualità trasversali, disposizioni
della personalità dette character skills, quali l’apertura mentale, la
capacità di collaborare, la sicurezza.
Il titolo, Viaggio nelle
character skills. Persone, relazioni, valori, esprime l’approccio che si è
inteso dare al lavoro, che non intende proporre affermazioni di principio, ma vuole
inoltrarsi in un percorso esplorativo nel quale confluiscono le riflessioni sviluppate da un
gruppo di studiosi di varia formazione e di competenze diverse. I contributi suggeriscono le
molteplici prospettive con cui accostare le character skills per averne
piena contezza, proprio come quando in viaggio possiamo guardare il paesaggio naturale e le
opere dell’uomo da diversi punti di vista così da farci un’idea più ampia di ciò che sono e
significano.
Si tratta di un viaggio che vorremmo
compiere con il lettore intorno al futuro dell’educazione e della scuola. E non solo.
1. Conoscere in un mondo che cambia
Mettere a tema l’educazione e la
formazione significa affrontare una dimensione decisiva della crescita personale, della
preparazione al mondo del lavoro e anche della possibilità di vivere appieno la vita
sociale e l’esistenza in generale.
Da più parti s’invoca la necessità
di una svolta per far fronte ai rapidi e radicali cambiamenti determinati da fenomeni
epocali, quali lo sviluppo tecnologico e la glo¶{p. 8}balizzazione, e
per contrastare il senso di insicurezza dato dal generale peggioramento delle condizioni
economiche e sociali.
Si stima che oltre la metà dei
lavori che verranno svolti tra vent’anni devono ancora essere inventati e che circa il
50% di quelli che conosciamo sarà automatizzato.
Il rapporto tra character
skills e transizione nel mondo del lavoro viene approfonditamente
affrontato nel capitolo VII
[1]
a cura di Ludovico Albert, dove viene osservato che
nel secolo scorso le grandi agenzie che si occupano di intermediazione nel mercato del lavoro erano solite affermare che «si è assunti per le competenze e i titoli posseduti e si è licenziati per le competenze socioemotive (SES) che non si riesce a dimostrare di possedere». Oggi gli algoritmi utilizzati dalle stesse agenzie per la selezione del personale da proporre alle aziende per le assunzioni mettono il possesso delle SES al primo posto e in percentuali sempre più rilevanti. Se escludiamo poche specializzazioni di altissimo livello, le competenze hard sono secondarie.
Come viene ricordato nel capitolo V
[2]
, per lungo tempo il capitale umano è stato fatto coincidere con le abilità
cognitive (un insieme di conoscenze disciplinari e competenze quali: ragionare,
ricordare, parlare, comprendere, apprendere nuove informazioni, risolvere problemi)
acquisite nel processo di apprendimento e misurabili attraverso varie forme di test standardizzati
[3]
.
Una vasta letteratura scientifica,
non solo economica, intende oggi il capitale umano, cioè l’apporto dell’azione umana
allo sviluppo economico, come formato sia dalle abilità cognitive (CS) sia da quelle non
cognitive (NCS).
Le nuove professioni che si stanno
affermando sottolineano il crescente valore, rispetto al passato, di abilità trasversali
¶{p. 9}legate alla personalità, quali la capacità di collaborare e di
comunicare. C’è da aspettarsi che, proseguendo su questa linea, la velocità dei
cambiamenti, unita alla difficile congiuntura economica in corso, metterà sempre più al
centro dell’attenzione la capacità di «imparare a imparare» e qualità legate alla
personalità come passione, grinta, capacità critica, umiltà, creatività, apertura
mentale, responsabilità, stabilità emotiva.
A tutto ciò va aggiunto il fatto
che una maggiore diffusione delle informazioni e degli strumenti che facilitano la
partecipazione delle persone sta spingendo un numero sempre più ampio di cittadini a
interessarsi al dibattito su educazione e scuola, che fino a qualche tempo fa era
limitato a un ristretto ambito di studiosi. Proprio queste nuove, e sotto molti aspetti
inedite, sensibilità verso il valore della consapevolezza e della capacità di iniziativa
costituiscono uno stimolo ulteriore ad approfondire le dinamiche di un processo di
apprendimento.
Nel capitolo I
[4]
, di carattere generale, si mette in luce come il valore e la coltivazione
del capitale umano determini la vita stessa di una società. Questa modalità di intendere
conoscenze, capacità, motivazioni, senso e valore dell’azione umana, dettata da
dimensioni profonde della storia e della personalità degli individui, esprime
l’orientamento contenuto nelle riflessioni degli studiosi dell’OECD, come ad esempio il
Rapporto PISA 2018. Insights and Interpretations
[5]
.¶{p. 10}
2. Capacità cognitive, non cognitive e «character skills»
Le capacità non cognitive sono
definite in diversi modi, per quanto non perfettamente equivalenti: character
skills, soft skills, non cognitive
skills, tratti di personalità, competenze o abilità non cognitive,
competenze socioemozionali. Si tratta di dimensioni che ogni educatore ha ben presenti.
Pensiamo alla capacità di prendere iniziative, di pensare per problemi (cioè di far
domande), di imparare a lavorare insieme per raggiungere uno scopo comune. O pensiamo
anche all’impegno, alla motivazione, alla capacità di autoregolarsi, all’affidabilità e
all’adattabilità.
Come si argomenta nel capitolo III
[6]
, esistono diverse tassonomie che descrivono le NCS. La più nota è quella dei
Big Five
[7]
che comprende le seguenti dimensioni: estroversione, amicalità,
coscienziosità, stabilità emotiva, apertura mentale. Ad esse è stato aggiunto il
capitale psicologico costituito da un insieme di dimensioni che favoriscono la riuscita
sociale, il benessere e la piena realizzazione di sé quali
self-efficacy (la percezione di «essere capace di») o il
concetto molto in uso oggi di resilienza. Integra questi aspetti la motivazione ad
apprendere, che può essere definita come il grado di impegno cognitivo investito per il
raggiungimento degli obiettivi scolastici.
Una vasta letteratura
statistico-econometrica di cui la ricerca qui presentata in appendice è parte integrante
e inedita, mostra in modo inequivocabile che esiste una correlazione positiva tra
livelli di capacità non cognitive, capacità cognitive e risultati scolastici. Tale
correlazione suggerisce l’opportunità di considerare le capacità non cognitive tra i
fattori che determinano i risultati degli studenti, a parità di altri fattori, quali il
background socioeconomico della famiglia
[8]
.¶{p. 11}
I primi studi sull’impatto delle
NCS sulle CS, si devono al premio Nobel James Heckman e alla Scuola di Chicago
[9]
che hanno indagato gli effetti positivi delle NCS sulle attività svolte, non
solo in ambito scolastico e universitario, ma anche lavorativo (ad es. in termini di
forza e energia, costanza e perseveranza per portare a termine un compito,
coinvolgimento mentale nel lavoro) e sull’atteggiamento verso la vita (ottimismo,
speranza, minori depressioni e comportamenti devianti).
3. Le «character skills», un tratto unitario della persona
Come si argomenta nel capitolo V
[10]
, la definizione di NCS lascia aperta la domanda se si tratti di dimensioni
scollegate tra loro, oppure se siano manifestazioni osservabili di un aspetto latente e
unitario della persona. Il termine character skills utilizzato da
Heckman nel 2014
[11]
per identificare le NCS, meglio di altri risulta adeguato nel sottolineare
il legame inscindibile tra aspetti cognitivi e non cognitivi in quanto espressione del
profilo indivisibile e irripetibile della persona umana. Le dimensioni non cognitive
appaiono in molti casi come il fattore che determina la capacità di agire, in profonda
interrelazione con le conoscenze in senso stretto.
Nel capitolo III, in cui si
ricordano le radici psicologiche delle NCS, Francesco Pisanu e gli
altri autori affermano che:
Non si può pensare alle competenze non cognitive come slegate una dall’altra: ormai sappiamo che esistono dei cluster di¶{p. 12}competenze che si potenziano a vicenda, ad esempio la resilienza all’interno del capitale psicologico, il capitale psicologico all’interno delle competenze non cognitive con tratti di personalità e motivazione [12] .
Note
[1] L. Albert, Competenze socioemotive e lavoro, pp. 153-183 del presente volume.
[2] T. Agasisti, L. Ribolzi e G. Vittadini, La formazione del capitale umano, pp. 105-128 del presente volume.
[3] OECD, Human Capital Investment. An International Comparison, Paris, Centre for International Research and Innovation, 1998.
[4] G. Chiosso e O. Grassi, Oltre l’egemonia del cognitivo, pp. 23-42 del presente volume.
[5] OECD, Definition and Selection of Competencies: Theoretical and Conceptual Foundations (DeSeCo). Summary of the Final Report Key Competencies for a Successful Life and a Well Functioning Society, Paris, OECD Publishing, 2003; riproposto nella Raccomandazione 2018/C189/0 del Consiglio europeo, 22 maggio 2018. Competenze chiave per l’apprendimento permanente 2018, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018H0604(01).
[6] F. Pisanu, F. Fraccaroli, M. Gentile e F. Recchia, Competenze non cognitive come risorse psicosociali per il successo formativo, pp. 67-88 del presente volume.
[7] R. McCrae, The Five-Factor Model and its Applications in Clinical Settings, in «Journal of Personality Assessment», 57, 3, 1991, pp. 399-414.
[8] Cfr. ancora F. Pisanu, F. Fraccaroli, M. Gentile e F. Recchia, Competenze non cognitive come risorse psicosociali per il successo formativo, cit., p. 85.
[9] J. Heckman, J.E. Humphries e T. Kautz, The Myth of Achievement Tests: The GED and the Role of Character in American Life, Chicago, University of Chicago Press, 2014.
[10] T. Agasisti, L. Ribolzi e G. Vittadini, La formazione del capitale umano, cit., p. 124.
[11] J. Heckman, J.E. Humphries e T. Kautz, The Myth of Achievement Tests, cit.
[12] F. Pisanu, F. Fraccaroli, M. Gentile e F. Recchia, Competenze non cognitive come risorse psicosociali per il successo formativo, cit., p. 85.