Giorgio Chiosso, Anna Maria Poggi, Giorgio Vittadini (a cura di)
Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/p2

Introduzione

Il volume affronta il tema della conoscenza e dell’apprendimento in ambito scolastico e lavorativo considerato come un processo che coinvolge capacità non solo cognitive, come ricordare, parlare, comprendere, stabilire nessi, dedurre, valutare, ma che implica anche qualità trasversali, disposizioni della personalità dette character skills, quali l’apertura mentale, la capacità di collaborare, la sicurezza.
Il titolo, Viaggio nelle character skills. Persone, relazioni, valori, esprime l’approccio che si è inteso dare al lavoro, che non intende proporre affermazioni di principio, ma vuole inoltrarsi in un percorso esplorativo nel quale confluiscono le riflessioni sviluppate da un gruppo di studiosi di varia formazione e di competenze diverse. I contributi suggeriscono le molteplici prospettive con cui accostare le character skills per averne piena contezza, proprio come quando in viaggio possiamo guardare il paesaggio naturale e le opere dell’uomo da diversi punti di vista così da farci un’idea più ampia di ciò che sono e significano.
Si tratta di un viaggio che vorremmo compiere con il lettore intorno al futuro dell’educazione e della scuola. E non solo.

1. Conoscere in un mondo che cambia

Mettere a tema l’educazione e la formazione significa affrontare una dimensione decisiva della crescita personale, della preparazione al mondo del lavoro e anche della possibilità di vivere appieno la vita sociale e l’esistenza in generale.
Da più parti s’invoca la necessità di una svolta per far fronte ai rapidi e radicali cambiamenti determinati da fenomeni epocali, quali lo sviluppo tecnologico e la glo{p. 8}balizzazione, e per contrastare il senso di insicurezza dato dal generale peggioramento delle condizioni economiche e sociali.
Si stima che oltre la metà dei lavori che verranno svolti tra vent’anni devono ancora essere inventati e che circa il 50% di quelli che conosciamo sarà automatizzato.
Il rapporto tra character skills e transizione nel mondo del lavoro viene approfonditamente affrontato nel capitolo VII [1]
a cura di Ludovico Albert, dove viene osservato che
nel secolo scorso le grandi agenzie che si occupano di intermediazione nel mercato del lavoro erano solite affermare che «si è assunti per le competenze e i titoli posseduti e si è licenziati per le competenze socioemotive (SES) che non si riesce a dimostrare di possedere». Oggi gli algoritmi utilizzati dalle stesse agenzie per la selezione del personale da proporre alle aziende per le assunzioni mettono il possesso delle SES al primo posto e in percentuali sempre più rilevanti. Se escludiamo poche specializzazioni di altissimo livello, le competenze hard sono secondarie.
Come viene ricordato nel capitolo V [2]
, per lungo tempo il capitale umano è stato fatto coincidere con le abilità cognitive (un insieme di conoscenze disciplinari e competenze quali: ragionare, ricordare, parlare, comprendere, apprendere nuove informazioni, risolvere problemi) acquisite nel processo di apprendimento e misurabili attraverso varie forme di test standardizzati [3]
.
Una vasta letteratura scientifica, non solo economica, intende oggi il capitale umano, cioè l’apporto dell’azione umana allo sviluppo economico, come formato sia dalle abilità cognitive (CS) sia da quelle non cognitive (NCS).
Le nuove professioni che si stanno affermando sottolineano il crescente valore, rispetto al passato, di abilità trasversali {p. 9}legate alla personalità, quali la capacità di collaborare e di comunicare. C’è da aspettarsi che, proseguendo su questa linea, la velocità dei cambiamenti, unita alla difficile congiuntura economica in corso, metterà sempre più al centro dell’attenzione la capacità di «imparare a imparare» e qualità legate alla personalità come passione, grinta, capacità critica, umiltà, creatività, apertura mentale, responsabilità, stabilità emotiva.
A tutto ciò va aggiunto il fatto che una maggiore diffusione delle informazioni e degli strumenti che facilitano la partecipazione delle persone sta spingendo un numero sempre più ampio di cittadini a interessarsi al dibattito su educazione e scuola, che fino a qualche tempo fa era limitato a un ristretto ambito di studiosi. Proprio queste nuove, e sotto molti aspetti inedite, sensibilità verso il valore della consapevolezza e della capacità di iniziativa costituiscono uno stimolo ulteriore ad approfondire le dinamiche di un processo di apprendimento.
Nel capitolo I [4]
, di carattere generale, si mette in luce come il valore e la coltivazione del capitale umano determini la vita stessa di una società. Questa modalità di intendere conoscenze, capacità, motivazioni, senso e valore dell’azione umana, dettata da dimensioni profonde della storia e della personalità degli individui, esprime l’orientamento contenuto nelle riflessioni degli studiosi dell’OECD, come ad esempio il Rapporto PISA 2018. Insights and Interpretations [5]
.{p. 10}

2. Capacità cognitive, non cognitive e «character skills»

Le capacità non cognitive sono definite in diversi modi, per quanto non perfettamente equivalenti: character skills, soft skills, non cognitive skills, tratti di personalità, competenze o abilità non cognitive, competenze socioemozionali. Si tratta di dimensioni che ogni educatore ha ben presenti. Pensiamo alla capacità di prendere iniziative, di pensare per problemi (cioè di far domande), di imparare a lavorare insieme per raggiungere uno scopo comune. O pensiamo anche all’impegno, alla motivazione, alla capacità di autoregolarsi, all’affidabilità e all’adattabilità.
Come si argomenta nel capitolo III [6]
, esistono diverse tassonomie che descrivono le NCS. La più nota è quella dei Big Five [7]
che comprende le seguenti dimensioni: estroversione, amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva, apertura mentale. Ad esse è stato aggiunto il capitale psicologico costituito da un insieme di dimensioni che favoriscono la riuscita sociale, il benessere e la piena realizzazione di sé quali self-efficacy (la percezione di «essere capace di») o il concetto molto in uso oggi di resilienza. Integra questi aspetti la motivazione ad apprendere, che può essere definita come il grado di impegno cognitivo investito per il raggiungimento degli obiettivi scolastici.
Una vasta letteratura statistico-econometrica di cui la ricerca qui presentata in appendice è parte integrante e inedita, mostra in modo inequivocabile che esiste una correlazione positiva tra livelli di capacità non cognitive, capacità cognitive e risultati scolastici. Tale correlazione suggerisce l’opportunità di considerare le capacità non cognitive tra i fattori che determinano i risultati degli studenti, a parità di altri fattori, quali il background socioeconomico della famiglia [8]
.{p. 11}
I primi studi sull’impatto delle NCS sulle CS, si devono al premio Nobel James Heckman e alla Scuola di Chicago [9]
che hanno indagato gli effetti positivi delle NCS sulle attività svolte, non solo in ambito scolastico e universitario, ma anche lavorativo (ad es. in termini di forza e energia, costanza e perseveranza per portare a termine un compito, coinvolgimento mentale nel lavoro) e sull’atteggiamento verso la vita (ottimismo, speranza, minori depressioni e comportamenti devianti).

3. Le «character skills», un tratto unitario della persona

Come si argomenta nel capitolo V [10]
, la definizione di NCS lascia aperta la domanda se si tratti di dimensioni scollegate tra loro, oppure se siano manifestazioni osservabili di un aspetto latente e unitario della persona. Il termine character skills utilizzato da Heckman nel 2014 [11]
per identificare le NCS, meglio di altri risulta adeguato nel sottolineare il legame inscindibile tra aspetti cognitivi e non cognitivi in quanto espressione del profilo indivisibile e irripetibile della persona umana. Le dimensioni non cognitive appaiono in molti casi come il fattore che determina la capacità di agire, in profonda interrelazione con le conoscenze in senso stretto.
Nel capitolo III, in cui si ricordano le radici psicologiche delle NCS, Francesco Pisanu e gli altri autori affermano che:
Non si può pensare alle competenze non cognitive come slegate una dall’altra: ormai sappiamo che esistono dei cluster di
{p. 12}competenze che si potenziano a vicenda, ad esempio la resilienza all’interno del capitale psicologico, il capitale psicologico all’interno delle competenze non cognitive con tratti di personalità e motivazione [12]
.
Note
[1] L. Albert, Competenze socioemotive e lavoro, pp. 153-183 del presente volume.
[2] T. Agasisti, L. Ribolzi e G. Vittadini, La formazione del capitale umano, pp. 105-128 del presente volume.
[3] OECD, Human Capital Investment. An International Comparison, Paris, Centre for International Research and Innovation, 1998.
[4] G. Chiosso e O. Grassi, Oltre l’egemonia del cognitivo, pp. 23-42 del presente volume.
[5] OECD, Definition and Selection of Competencies: Theoretical and Conceptual Foundations (DeSeCo). Summary of the Final Report Key Competencies for a Successful Life and a Well Functioning Society, Paris, OECD Publishing, 2003; riproposto nella Raccomandazione 2018/C189/0 del Consiglio europeo, 22 maggio 2018. Competenze chiave per l’apprendimento permanente 2018, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018H0604(01).
[6] F. Pisanu, F. Fraccaroli, M. Gentile e F. Recchia, Competenze non cognitive come risorse psicosociali per il successo formativo, pp. 67-88 del presente volume.
[7] R. McCrae, The Five-Factor Model and its Applications in Clinical Settings, in «Journal of Personality Assessment», 57, 3, 1991, pp. 399-414.
[8] Cfr. ancora F. Pisanu, F. Fraccaroli, M. Gentile e F. Recchia, Competenze non cognitive come risorse psicosociali per il successo formativo, cit., p. 85.
[9] J. Heckman, J.E. Humphries e T. Kautz, The Myth of Achievement Tests: The GED and the Role of Character in American Life, Chicago, University of Chicago Press, 2014.
[10] T. Agasisti, L. Ribolzi e G. Vittadini, La formazione del capitale umano, cit., p. 124.
[11] J. Heckman, J.E. Humphries e T. Kautz, The Myth of Achievement Tests, cit.
[12] F. Pisanu, F. Fraccaroli, M. Gentile e F. Recchia, Competenze non cognitive come risorse psicosociali per il successo formativo, cit., p. 85.