Federico Batini (a cura di)
La lettura ad alta voce condivisa
DOI: 10.1401/9788815410238/c1

Capitolo primo La lettura ad alta voce condivisa: motivazioni, genesi, effetti e funzionamento di un metodo
di Federico Batini

Notizie Autori
Federico Batini Federico Batini è professore di Pedagogia sperimentale, Metodologia della ricerca educativa, dell’osservazione e della valutazione e Metodi e tecniche della valutazione scolastica nell’Università degli Studi di Perugia, dove dirige il Master Lettura ad alta voce a scuola, nei contesti educativi, di sviluppo, assistenziali, riabilitativi e organizzativi e il Master in Orientamento narrativo e prevenzione della dispersione scolastica. Nel 2009 ha fondato il movimento di volontari per la Lettura ad Alta Voce (LaAV). Responsabile scientifico di progetti nazionali, internazionali, regionali e locali di ricerca e azione sulla e per la lettura ad alta voce ha ideato il metodo della «Lettura ad alta voce condivisa». Autore di oltre 370 pubblicazioni scientifiche, dirige le riviste «Effetti di Lettura» (Cepell) e «Lifelong Lifewide Learning» (Edaforum). Tra i lavori più recenti Ad alta voce. La lettura che fa bene a tutti (Giunti Scuola, 2021); Il futuro della lettura ad alta voce. Alcuni risultati della ricerca educativa internazionale (a cura di, Franco Angeli, 2022) e Lettura ad alta voce (Carocci, 2022).
Abstract
I dati disponibili oggi ci permettono di osservare come nelle aree (o nei gruppi, e persino nelle singole persone) presso le quali la lettura di libri è maggiormente praticata sono più diffuse altre abitudini di informazione, autoformazione e cura di sé: la lettura di giornali, le frequentazioni di cinema e teatro, l’ascolto di musica, le visite ai musei. Lo sviluppo delle abilità che rendano facile e accessibile e desiderabile la lettura autonoma richiede, però, un lungo tirocinio con la lettura ad alta voce di storie che contribuendo ad aumentare le abilità di comprensione e il lessico e motivando alla conoscenza di altre storie rendono, di fatto, la lettura autonoma maggiormente accessibile. Possiamo individuare, semplificando ma non troppo, tre approcci principali, nel sistema di educazione e istruzione, ma non solo, nella relazione con un testo di tipo narrativo: un approccio centrato sulla tradizione, un approccio centrato sul testo, un approccio centrato sul lettore/ascoltatore. La lettura ad alta voce condivisa che qui proponiamo, nasce isolando, all’interno del metodo dell’orientamento narrativo, la componente di lettura ad alta voce e quella di socializzazione utilizzate abitualmente nelle pratiche di gruppo centrate su una narrazione guida: lettura ad alta voce condivisa. La lettura ad alta voce condivisa si propone come didattica capace di intervenire sulla predittività dei risultati scolastici, formativi, professionali ed esistenziali, attenuandone l’effetto e costruendo rovesciamenti. Se utilizzata in modo adeguato e continuativo può arrivare sino a invertire una rotta segnata, ad aprire nuove possibilità alle persone e ai sistemi.
Questa favola va letta ad alta voce
Così anche al buio
La favola si vede
Fine.
Dente [2015]

1. Introduzione

L’esistenza di una stretta correlazione tra accesso ed esposizione alla lettura di storie e incremento della qualità della vita e del benessere complessivo delle persone e delle comunità è ormai molto più di un’ipotesi.
I dati disponibili oggi ci permettono di osservare come nelle aree (o nei gruppi, e persino nelle singole persone) presso le quali la lettura di libri è maggiormente praticata sono più diffuse altre abitudini di informazione, autoformazione e cura di sé: la lettura di giornali, le frequentazioni di cinema e teatro, l’ascolto di musica, le visite ai musei. A tali condizioni si associa un tasso di reddito più elevato, una società più coesa, maggiori capacità di innovazione e sviluppo, un incremento di attenzione alla legalità, una diminuzione della criminalità e della corruzione, un tasso inferiore di discriminazione nei confronti delle donne e di gruppi minoritari stigmatizzati e persino una vita più felice [1]
.{p. 18}
I benefici apportati dalla lettura sono diversi e numerosi: la lettura è un antidoto alla manipolazione narrativa altrui (per esempio quella del marketing che vuole indurci bisogni che non abbiamo o quella della politica che vuole orientare il nostro pensiero e gli argomenti sui quali dobbiamo confrontarci) [Lakoff 2008], è una difesa dal «pensiero unico» (che costituisce il «seme» e il «frutto» del pregiudizio) [2]
, è uno strumento di costruzione e ricostruzione del Sé, e della propria vita, incrementa le competenze utili alla gestione del proprio futuro, potenzia le capacità di comprensione di sé stessi e degli altri, rinforza la capacità di immaginazione. Eppure pare di essere di fronte a un circolo chiuso: chi è più esposto alla lettura sarà più interessato alla lettura e, di conseguenza, oltre a godere di maggiori occasioni, avrà maggiori probabilità di sfruttarle e cercarne altre [3]
.{p. 19}

2. Una distribuzione iniqua delle abilità: la «soglia» alta

Nella nostra civiltà la capacità di leggere e comprendere, di fare ragionamenti sulle e con le parole è un’abilità davvero essenziale, paragonabile alla capacità di spostarsi fisicamente e virtualmente: eppure questa capacità non è equamente distribuita [Taylor, Zubrick e Christensen 2016] [4]
.
Non solo le abilità di lettura e comprensione della lettura sono preoccupanti, da tempo, per una parte rilevante della popolazione italiana [5]
ma lo stesso avviene per quanto riguarda le abitudini e le pratiche di lettura [6]
, il che comporta {p. 20}la presenza di divari che si rinforzano nel tempo: chi ha minori abilità di lettura e comprensione coincide con chi ha una bassa disposizione alla lettura, una scarsa frequentazione della lettura medesima, un accesso non semplice ai libri [7]
e probabilmente un livello inferiore di istruzione [8]
... lo svantaggio si amplifica poiché le capacità di chi ha abilità di lettura e comprensione maggiori e maggiore propensione alla lettura, nel frattempo, si sviluppano e crescono.
La provenienza socio-economico-culturale svantaggiata [Brooks-Gunn e Markman 2005] e l’appartenenza a minoranze [Momo et al. 2019], infatti, costituiscono il predittore più forte di basse abilità di lettura e comprensione, spesso associate a scarsa presenza di libri in casa e ad assenza di lettura nell’ambiente familiare [Wambiri e Ndani 2015] [9]
. {p. 21}L’assenza di lettura e stimoli produce uno sviluppo inadeguato delle abilità di lettura che a loro volta divengono predittive dell’insuccesso/successo scolastico [10]
.
Le abilità di base che una persona possiede in ingresso nei sistemi di istruzione, per giunta, risultano predittive delle abilità che raggiungerà successivamente e del suo successo formativo [McNaughton 2001; Chatterji 2006; Sénéchal e LeFevre 2002] [11]
. Il successo formativo predice il livello di istruzione che verrà raggiunto [Alivernini e Lucidi 2011; Batini et al. 2019; Mata, Monteiro e Peixoto 2012] [12]
e il
{p. 22}livello di istruzione raggiunto predice il futuro professionale [13]
. Questa relazione è individuata anche attraverso analisi dirette sulla relazione tra presenza di libri in casa e successivi guadagni [Brunello, Weber e Weiss 2012].
Note
[1] La relazione tra lettura e consumi culturali è ormai acclarata e anche un’analisi territoriale la conferma [Cepell-AIE 2021]. I consumi culturali risultano positivamente associati alla lettura. Uno studio commissionato nel 2015 da GeMS (gruppo editoriale Mauri Spagnol), La felicità di leggere, realizzato dal Cesmer (Centro di studi su mercati e relazioni industriali dell’Università di Roma III), è stato condotto su un campione di 1.100 persone, divise tra lettori e non lettori. Lo studio avrebbe evidenziato correlazioni tra amare la lettura ed essere più ottimista, meno aggressivo, più predisposto alla positività e riuscire ad apprezzare meglio il proprio tempo libero. Secondo lo studio, l’indice di felicità dei lettori (misurato con la scala di Veenhoven) sarebbe superiore a quello dei non lettori. Analoghi i risultati ottenuti con la scala di Diener e Biswas-Diener, che misura la frequenza di sei emozioni positive (positività, benessere, piacere, felicità, gioia e serenità) vissute recentemente dagli individui: i lettori avrebbero un indice superiore ai non lettori. I non lettori, al contrario, proverebbero con maggiore frequenza le sei emozioni negative (negatività, malessere, dispiacere, tristezza, paura e rabbia). I lettori apparirebbero, infine, più soddisfatti del loro tempo libero rispetto ai non lettori (scala Van Boven e Gilovich che misura l’indice di felicità generato dall’impiego del tempo libero).
[2] Si rimanda al paragrafo dedicato alla bibliovarietà per un approfondimento.
[3] Viene tradizionalmente associata la disposizione alla lettura all’esposizione alla lettura stessa nei primi anni di età: bambini esposti alla lettura condivisa fin dalla più tenera età risultano maggiormente interessati alla lettura già all’età di 4 e 5 anni rispetto ai bambini che sperimentano la lettura condivisa soltanto quando sono più grandi [Whitehurst e Lonigan 1998]. I dati sugli interventi intensivi con la lettura ad alta voce condivisa dicono, tuttavia, che anche interventi successivi producono effetti rilevanti. Una serie di studi riferiti all’età adolescenziale ha rilevato la preferenza degli studenti per la lettura ad alta voce dell’insegnante come metodo: sono state evidenziate forti associazioni tra l’utilizzo della lettura ad alta voce e atteggiamenti positivi degli studenti nei confronti della lettura [Ivey 2003; Albright e Ariail 2005; Ariail e Albright 2006]. Uno studio di Hemphill [Hemphill et al. 2015], svolto con un campione di studenti delle scuole secondarie cresciuti in contesti di povertà, evidenzia, ad esempio, come un intervento intensivo di lettura ad alta voce possa migliorare una serie di prestazioni, quali la decodifica di parole, la comprensione, la rapidità e l’accuratezza di lettura. Queste evidenze sottolineano come la scuola possa svolgere un ruolo determinante nell’evitare che le condizioni di svantaggio si cristallizzino. Vale quindi per l’esposizione alla lettura il noto proverbio: «Il momento migliore per piantare un albero è vent’anni fa, il secondo momento migliore è adesso».
[4] Uno studio longitudinale ha documentato i comportamenti di lettura all’interno di diversi contesti familiari. I dati evidenziano una correlazione positiva tra le condizioni di rischio – basso reddito familiare, bassa scolarizzazione, scarsa salute fisica o mentale dei genitori – e assenza di lettura in famiglia [Taylor, Zubrick e Christensen 2016]. Un’interessante ricerca, che ha comparato studenti di 22 paesi con diversi background di istruzione e livelli di performance riguardanti la lettura, ha evidenziato come coloro che hanno genitori con un livello di istruzione più basso raggiungono risultati inferiori rispetto agli studenti i cui genitori hanno un livello di istruzione più alto. Le differenze nei risultati degli studenti variano tra i 40 e i 90 punti, a vantaggio di coloro che hanno familiari con alto livello di istruzione [Araujo e Costa 2015].
[5] Già nel 2019, l’Organizzazione per lo sviluppo economico (OCSE-PIAAC) collocava l’Italia in fondo alla classifica per quanto riguarda la percentuale di cittadini (15-65 anni) che ottengono un punteggio intermedio o superiore nelle misure di lettura. I dati OCSE-PISA (INVALSI, 2019) per gli studenti di 15 anni dipingono un quadro simile a quello degli adulti. Come è noto i dati relativi alle abilità in «italiano» secondo l’INVALSI, risultano in peggioramento, nel biennio 2019-2021, in particolare per le secondarie di I e II grado. I punteggi dei laureati italiani sono uguali o inferiori a quelli degli adulti con un diploma dei paesi che si posizionano ai primi posti del ranking OCSE-PIAAC. Oltre a evidenziare punteggi di lettura significativamente inferiori alla media degli altri paesi, i lavoratori italiani utilizzano tali abilità in modo meno intensivo.
[6] Nel 2020 è aumentata leggermente (complice forse la pandemia) la quota dei lettori rispetto all’anno precedente: solo il 41,4% delle persone di 6 anni e più ha letto almeno un libro negli ultimi 12 mesi. A partire dall’anno 2000, quando la quota di lettori era al 38,6%, l’andamento è stato crescente fino a toccare il massimo nel 2010 con il 46,8% per poi diminuire di nuovo e tornare, nel 2016 (40,5%), intorno al livello del 2001. Si registra stabilità fino al 2019 e poi una lieve crescita nel 2020. La quota più alta di lettori continua a essere quella dei giovani. Tra gli 11 e i 14 anni ha letto almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali il 58,6% dei ragazzi (negli ultimi 10 anni questa fascia registra un calo di 6,8 punti percentuali). Nel 2020 la percentuale delle lettrici è del 46,4%, in aumento di 2 punti percentuali rispetto al 2019, e quella dei lettori è al 36,1%. Il divario si manifesta dal 1988, anno in cui risultavano lettori il 39,3% delle donne rispetto al 33,7% degli uomini. Il pubblico più affezionato alla lettura è rappresentato dalle ragazze tra gli 11 e i 24 anni: oltre il 60% ha letto almeno un libro nell’anno [Istat 2022].
[7] Nel 24,4% delle famiglie italiane, cioè in 6,2 milioni di nuclei familiari, non si arriva a una «biblioteca» composta da più di 10 libri. Solo il 7,3% delle famiglie possiede una biblioteca di più di 400 libri: poco più o poco meno di dieci metri lineari [Cepell-AIE 2021].
[8] Il livello di istruzione si conferma l’elemento determinante: legge libri il 72,8% dei laureati (75,0% nel 2015), il 49,1% dei diplomati e solo il 26,8% di chi possiede al più la licenza elementare [Istat 2022].
[9] Famiglie di basso livello socio-economico possiedono minor materiale librario, leggono meno e intrattengono un minor numero di dialoghi e interazioni verbali con i bambini [Brooks-Gunn e Markman 2005]. Il reddito familiare determina varietà e numerosità di libri disponibili nelle famiglie, e l’entità del coinvolgimento dei genitori [Wambiri e Ndani 2015]. Lo status di minoranza etnica o il background migratori di una famiglia è associato a un maggiore abbandono scolastico, e può influire sull’apprendimento, poiché bambini e ragazzi in età scolare potrebbero non parlare bene la lingua di insegnamento [Momo et al. 2019]. La quantità di tempo dedicato alla lettura ad alta voce in famiglia risulta essere associata a punteggi più alti nelle abilità verbali e di lettura successive dei bambini [Price et al. 2018]. Anche territorialmente le aree meno sviluppate del paese, in Italia, hanno percentuali di lettori del tutto differenti. L’abitudine alla lettura, infatti, continua ad essere più diffusa nelle regioni del Nord: ha letto almeno un libro negli ultimi 12 mesi il 48,2% delle persone residenti nel Nord-ovest, il 48,5% di quelle del Nord-est, il 44,3% delle regioni del Centro e il 29,2% dei residenti al Sud.
[10] Essere un lettore debole è uno dei fattori predittivi più forti della dispersione scolastica [Balfanz et al. 2010]. Uno studio longitudinale di Hernandez [2012], svolto con circa 4.000 studenti della terza primaria, ha dimostrato che avere difficoltà di lettura alla primaria si associa a un rischio significativamente maggiore di non diplomarsi in tempo.
[11] Il divario che l’alfabetizzazione informale domestica produce nei punti di partenza scolastici può risultare significativo già all’ingresso della scuola primaria [McNaughton 2001]. Le differenze, già riscontrabili all’inizio del nido, tendono a persistere negli anni dell’età scolare [Chatterji 2006].
[12] La dispersione scolastica è saldamente associata all’insuccesso scolastico [Dalton, Gennie e Ingels 2009; Sabates et al. 2010] e ai fallimenti formativi, intesi sia come ripetenze di anni scolastici [Alivernini e Lucidi 2011; Batini et al. 2019] che come insuccessi relativi a una sola disciplina [Mata, Monteiro e Peixoto 2012]. Revisioni sistematiche della letteratura sulle cause dell’abbandono scolastico in Africa e Asia, che hanno osservato gli andamenti in vaste aree geografiche differenti [Momo et al. 2019], confermano la relazione tra le abilità di lettura e il successo scolastico a 12 anni e la possibilità di completare gli studi secondari. Sono molte le indagini che hanno confermato il legame tra basso rendimento scolastico e maggiore probabilità che gli studenti abbandonino gli studi [Hunt 2008; Cardoso e Verner 2006].
[13] Il National Child Development Study, tra i più importanti studi longitudinali mai condotti, ha dimostrato come gli adulti trentenni con migliori livelli di literacy hanno maggiori probabilità di avere un’occupazione rispetto a quelli con competenze inferiori. Inoltre, livelli di alfabetizzazione e di capacità di calcolo più elevati risultano associati a guadagni più elevati (16% in più). I dati PIAAC indicano che mediamente chi ottiene punteggi migliori in lettura ha salari più elevati.