Giulia Guglielmini, Federico Batini (a cura di)
Orientarsi nell'orientamento
DOI: 10.1401/9788815411648/c1
Se già alcuni interpreti, come lo stesso Gemelli, non parlavano più di adattamento del soggetto al posto, distinguendo nettamente tra orientamento e selezione del personale, tuttavia si sosteneva ancora la possibilità di reperire il posto adeguato per il soggetto.
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3.1.5. Il punto di rottura

Le fasi che abbiamo descritto fin qui, ricordando come intrecci e sovrapposizioni, nonché sincretismi, si siano sempre verificati, attirarono rapidamente varie critiche, in particolare legate alla mancata considerazione di altri aspetti come le influenze ambientali, le motivazioni, i desideri, le aspirazioni del soggetto. Dagli studi sociologici arrivarono critiche per la mancata considerazione per i contesti culturali, economico-sociali che costituivano, invece, fattori fondamentali rispetto alle scelte e agli interessi di un soggetto. Tuttavia le critiche principali, in questo snodo temporale, arrivarono dagli studi di area pedagogica verso la fine degli anni Sessanta del Novecento.
Dobbiamo, in particolare, ad Antoine Léon [1980], pedagogista francese, un’idea trasformativa dell’orientamento rispetto al soggetto che rompe con lo schema fisso del reperimento di disposizioni, tratti, caratteri e caratteristiche piuttosto stabili. Le disposizioni del soggetto, così come le sue capacità e competenze, possono cambiare nel tempo.
Léon teorizzò anche l’allargamento dello sguardo e dell’interesse all’orientamento, attribuendo alla maturazione delle scelte formativo-professionali del soggetto un intreccio inestricabile tra fattori personali, fattori sociali, ambientali, familiari. In coerenza con questi assunti, Léon riteneva che l’informazione professionale dovesse essere fornita, in egual misura, ai giovani, alla comunità educante, alle famiglie e alla cittadinanza in genere.
Il contributo forse più importante di Léon è, però, quello di esplicitare il bisogno di
far partecipare attivamente gli adolescenti all’elaborazione dei loro progetti, di informarli perché possano allargare il proprio orizzonte professionale e scegliere il proprio mestiere in modo più riflessivo e più motivato [Léon 1957, 55, trad. di chi scrive].
I giovani inclusi nel processo, l’utente, per la prima volta hanno diritto di partecipare al proprio orientamento.
Permane, tuttavia, nel pensiero del pedagogista francese, un’immagine di orientamento «adattativo». Secondo {p. 32}Léon, infatti, la scelta professionale deve essere educata a partire dalle esigenze e dagli scopi del contesto sociale di riferimento:
la scelta professionale deve […] essere educata secondo gli scopi e gli interessi della collettività prima ancora che dei soggetti. L’orientamento si connota allora in un senso prevalentemente informativo, finalizzato cioè a offrire al soggetto una migliore conoscenza dell’ambiente circostante e della realtà sociale ed economica in cui è inserito, perché possa compiere la propria scelta in armonia con l’interesse sociale [Batini 2015, 18].

3.1.6. La fase maturativo-personale

La fase successiva è denominata fase maturativo-personale e caratterizza l’intero dibattito dagli anni Sessanta del Novecento. Finalmente il soggetto assume un ruolo centrale nel processo orientativo, le esigenze e le richieste della società passano in secondo piano. Si fa strada l’attribuzione di valore al concetto di «autodeterminazione» e di «autorealizzazione» e aumenta l’interesse per l’orientamento.
Sono gli anni in cui Donald Super sviluppa, a partire dal 1969, la «Teoria dello sviluppo vocazionale» [Super 1969]. Nella vita di ogni soggetto esisterebbero tappe evolutive, superate le quali il soggetto si verrà a trovare in uno stato di maturazione personale più elevata e di fronte a nuovi compiti evolutivi. Le transizioni costituiscono momenti critici perché il soggetto, per superare questi compiti evolutivi, ha necessità di una riorganizzazione psicologica. Le tappe evolutive, secondo Super, contraddistinguono tutto l’arco di vita dell’individuo. L’orientamento non si deve quindi collocare soltanto nella transizione tra scuola e scuola o scuola e lavoro, ma deve rispondere alle necessità che si presentano in qualsiasi momento della vita di un soggetto.
Lo scopo dell’orientamento, secondo Super, è quello di supportare il soggetto mediante azioni educative in grado di guidarlo nel prendere decisioni, di accompagnarlo nella direzione dei propri progetti, facilitandone la consapevolezza e i momenti di scelta. La scelta e le transizioni assumono {p. 33}quindi un’importanza fondamentale. Super sottolineò come lo sviluppo sia un processo continuo che accompagna tutta la vita della persona che parte dalla dipendenza e arriva all’autonomia progressiva, definendo così i fondamenti dell’orientamento per tutto l’arco della vita. Secondo Super ci sono però stadi specifici per la maturazione di determinati obiettivi evolutivi e l’esito di ogni obiettivo di sviluppo conseguito è l’aumento della maturità complessiva della persona. In questa concezione stadiale troviamo i motivi per il superamento della sua teoria, senza dimenticare gli apporti ancora oggi validi.
Pochi anni dopo, nel 1974, viene sviluppato presso l’Università del Quebec il metodo Activation de Développement Vocational et Personnel (ADVP) [Dupont 2001].
Il modello ADVP prevede che il soggetto assolva quattro fondamentali compiti evolutivi prima di scegliere una direzione: esplorazione, cristallizzazione, specificazione e realizzazione [Pelletier, Bujold e Noiseux 1974]. Le tappe dell’evoluzione della scelta si basano sull’esplorazione del soggetto di tutte le sue possibilità, al fine di formulare un progetto personale e poterlo poi rendere reale [12]
.
Ognuno dei quattro compiti previsti dall’ADVP richiede e contribuisce a sviluppare tipi di pensiero specifico. La tabella 5 richiama i quattro compiti evolutivi e le competenze da sviluppare per risolvere il compito e poter passare a quello successivo.
Nella fase maturativo-personale si fanno largo, nella concreta azione dell’orientamento, modelli di intervento {p. 34}sincretici non più mutuati da un solo approccio teorico o da una sola area di studi: gli orientatori divengono gradualmente dei professionisti che agiscono con differenti mezzi al fine di facilitare il processo di orientamento delle persone con cui lavorano. Il soggetto si pone definitivamente al centro del processo di orientamento e fa le sue prime apparizioni il gruppo come «luogo» e attivatore dell’orientamento.
Tab. 5. Compiti di sviluppo e tipologie di pensiero nell’ADVP
Progressiva maturazione della scelta
Compito di sviluppo
Tipi di pensiero implicato e allenato
Esplorazione
Pensiero creativo
Cristallizzazione
Pensiero categoriale
Specificazione
Pensiero valutativo
Realizzazione
Pensiero implicativo
 
 
Tab. 6. Le caratteristiche della fase maturativo-personale
Gli scopi
Guidare la persona a individuare i propri bisogni di orientamento e a scegliere autonomamente
Su cosa si focalizza l’agire dell’orientatore
L’orientatore è un facilitatore il cui ruolo è quello di guidare l’individuo verso l’autorealizzazione
Gli strumenti dell’orientatore
Gli strumenti sono divenuti sincretici e non sono qui mutuati da singole metodologie. Emerge il gruppo dei pari come «strumento»
Chi è l’orientatore
L’orientatore diviene gradualmente un professionista formato in maniera specifica con l’apporto di più discipline
Il ruolo del soggetto da orientare
Il soggetto è attivo e al centro del proprio processo di orientamento
Background teorico di riferimento
Maggiore importanza assunta dalle Scienze dell’educazione, ma allargamento dell’interesse per l’orientamento alla Sociologia, all’Economia oltre, ovviamente, alla Psicologia
 
 

3.2. Gli ultimi quarant’anni di orientamento

Possiamo collocare negli ultimi quarant’anni l’emersione progressiva di un macro-paradigma denominabile come orientamento formativo.
Nel panorama italiano in particolare, seppur non esclusivamente, si può parlare, tuttavia, di una fase intermedia «funzionale-produttiva», come è solitamente denominata. In questa fase emerge un interesse, in modo molto netto, per il legame tra scuola e mondo del lavoro locale, per la relazione tra percorso formativo e professioni. Gli uni e gli altri vengono proposti come moderatori della relazione tra il soggetto e la propria idea di futuro.
Assume rilevanza, allora, in questa fase, l’informazione sulla situazione locale del mondo del lavoro e la necessità di incrociare le proprie aspirazioni, abilità e competenze con le opportunità offerte dal mercato del lavoro e con le possibilità formative disponibili. Sono gli anni in cui si teorizza l’importanza di adeguare i percorsi scolastico-formativi alle richieste provenienti dal mondo produttivo. Il concetto di incrocio tra domanda e offerta, i continui aggiornamenti delle figure professionali più richieste, la centratura sugli aspetti informativi sono gli elementi caratterizzanti del periodo.
La stessa denominazione della fase rivela l’accentuazione efficientista della funzione attribuita all’orientamento. In questo periodo l’orientamento deve produrre occupazione, deve rendere visibili le opportunità lavorative e favorirne l’incontro con i soggetti, deve indirizzare, di fatto, le scelte formative e persino la programmazione medesima delle iniziative formative. Nella sua espressione più radicale questa fase ha spesso innescato cortocircuiti temporali: il bisogno espresso dal mondo produttivo è immediato o a corto raggio, gli esiti dei percorsi formativi programmati in risposta a quei bisogni richiedono invece tempo medio-lungo. I soggetti in questo tipo di processo aggiustano le proprie ambizioni e i propri progetti sulla base di una promessa occupazionale che poi non viene mantenuta.
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Note
[12] Secondo il metodo ADVP i quattro compiti corrispondono a: – compito di esplorazione: l’individuo compie un’indagine sul sé e sulle possibilità presenti nel suo contesto; – compito di cristallizzazione: permette di organizzare le informazioni raccolte nella fase precedente in grandi categorie e concetti per circoscrivere il campo di ricerca; – compito di specificazione: il soggetto compie delle valutazioni accurate e approfondite a partire da quanto costruito nelle fasi precedenti per giungere a una progettualità e a un piano d’azione; – compito di realizzazione: prevede che il soggetto si faccia carico del progetto assumendosi i rischi della scelta, conoscendone gli ostacoli, sapendo progettare strategie sostitutive e anticipando esiti futuri.