Giulia Guglielmini, Federico Batini (a cura di)
Orientarsi nell'orientamento
DOI: 10.1401/9788815411648/c1
L’approccio diagnostico-attitudinale viene messo progressivamente in crisi da alcune evidenze empiriche sul rendimento dei lavoratori. La critica di fondo consiste nel fatto che due persone, che hanno le stesse attitudini, abbiano un rendimento diverso dato da una variante diversa: un grado di interesse nei confronti di quest’attività. Tali studi, ripresi da Baumgarten [1949], pongono l’attenzione sul successo lavorativo come dipendente non da fatti psico-attitudinali, ma dal grado di coinvolgimento nei confronti di un determinato compito. L’orientamento è dunque qualcosa che ha una matrice psicologica, più che psicofisiologica. L’attenzione alla variabile degli interessi fa emergere il ruolo delle componenti affettive della persona: essi dunque rappresentano
{p. 26}un’innegabile motivazione, che si intreccia a fattori ambientali e socio-culturali dell’individuo sottoposto [Viglietti 1981].

3.1.3. La fase caratterologico-affettiva

Negli anni Trenta inizia ad emergere un nuovo approccio all’orientamento e nasce la fase che viene correntemente denominata «caratterologico-affettiva». Questa fase si integra con la precedente: assieme alle disposizioni del soggetto nei confronti di un campo di attività vengono anche indagate le disposizioni caratteriali e gli interessi personali del soggetto, che costituiscono gli elementi fondamentali per prendere decisioni circa la sua collocazione lavorativa più appropriata. Sono questi gli anni in cui si sviluppano ricerche e teorie finalizzate a individuare la miglior combinazione possibile tra posizione lavorativa e tipologia di «carattere» (le inclinazioni, le disposizioni caratteriali, le aspirazioni di un soggetto).
Questo approccio caratterologico-affettivo all’orientamento rappresenta un passo importante verso uno più centrato sull’individuo e sulla sua personalità nella guida delle scelte formative e di carriera.
In questa fase ci si è persuasi quindi che il semplice «essere in grado di» non garantisca circa una prestazione lavorativa, tuttavia si è ancora lontani dal mettere al centro il soggetto. Lo strumento di rilevazione privilegiato è il questionario, affiancato agli inventari degli interessi lavorativi. Proprio nell’ultima parte di questa fase emerge la figura di John Holland, docente di Psicologia della Johns Hopkins University che concentra la sua ricerca sui «tipi caratterologici» [Holland, Powell e Fritzsche 1994]. Nel suo lavoro, Holland individua differenti tipologie caratterologiche a cui vengono abbinate, semplificando, altrettante aree di interesse lavorativo. La descrizione dei tipi di Holland analizza la personalità partendo dagli interessi professionali. I tipi di personalità individuati da Holland [1997] sono sei:
  1. realistica o concreta: la personalità concreta possiede capacità meccaniche, ama impegnarsi in lavori quali mecca{p. 27}nico, elettricista, contadino. Nelle descrizioni di soggetti di questa tipologia troveremo aggettivi come: conformista, franco, onesto, materialista, naturale, perseverante, pratico, modesto e stabile. Il suo ambiente ideale è quello in cui è richiesto il sistematico utilizzo di oggetti, strumenti, macchine, animali;
  2. intellettuale o investigativa: la personalità investigativa è in possesso di rilevanti capacità matematiche e scientifiche, preferisce professioni come quella del biologo, del chimico, dell’antropologo, del geologo, del tecnico, del medico. Descritta come persona analitica, prudente, critica, curiosa, indipendente, introversa, metodica, precisa e razionale, il suo ambiente ideale è quello nel quale sia possibile l’osservazione e l’investigazione sistematica e astratta di fenomeni fisici, biologici e culturali;
  3. artistica: la personalità artistica possiede capacità artistiche, musicali e di scrittura, tende a preferire mestieri che abbiano a che fare con l’arte. Viene descritta come complicata, emotiva, espressiva, immaginifica, con poco spirito pratico, impulsiva, indipendente, intuitiva, non conformista e originale. L’ambiente nel quale si trova a suo agio presuppone attività libere, poco sistematiche e mal definite, nonché competenze creative;
  4. sociale: la personalità sociale è caratterizzata da capacità sociali e di relazione. Tende a preferire professioni come l’insegnante, il consulente, lo psicologo, il religioso. Si tratta di soggetti convincenti, cooperativi, amichevoli, di sostegno, idealisti, gentili, responsabili, socievoli e comprensivi. Le situazioni nelle quali si trovano a loro agio sono quelle in cui è consentito loro di «agire sugli altri» al fine di informarli, supportarli, consigliarli, educarli, guarirli, aiutarli;
  5. intraprendente o imprenditoriale: la personalità intraprendente possiede rilevanti capacità di leadership, si esprime con facilità, ama professioni di gestione e mediazione (ad es. manager, mediatore, produttore, addetto agli acquisti, ecc.). Le aggettivazioni che distinguono i soggetti che rispondono a questi tratti sono: avventuroso, ambizioso, dominatore, energico, impulsivo, ottimista, alla ricerca del piacere, fiducioso in sé stesso, popolare. Come la personalità precedente, anche questa si trova a suo agio in ambienti in {p. 28}cui possa «agire sugli altri» per perseguire obiettivi personali o predefiniti da un’organizzazione;
  6. convenzionale o organizzatrice: la personalità organizzatrice possiede capacità atte al lavoro di ufficio, all’aritmetica, alle professioni che richiedono organizzazione e precisione. Tende a preferire professioni quali l’impiegato, lo stenografo, l’analista finanziario. Viene spesso definita come conformista, coscienziosa, prudente, conservatrice, ordinata, perseverante, organizzata, con senso pratico, calma. Si troverà meglio in ambienti in cui possa gestire, manipolare e organizzare in modo diligente e preciso dati di vario tipo.
Tab. 3. Le caratteristiche della fase caratterologica-affettiva
Gli scopi
Individuare il miglior lavoratore possibile rispetto alla posizione lavorativa richiesta tenendo conto anche dei suoi «interessi»
Su cosa si focalizza l’agire dell’orientatore
L’orientatore vuole individuare nel soggetto inclinazioni caratteriali, aspirazioni e interessi che possano essere abbinati puntualmente a una posizione lavorativa
Gli strumenti dell’orientatore
Test, questionari motivazionali, strumenti atti a isolare inclinazioni caratteriali, inventari professionali
Chi è l’orientatore
L’orientatore è prevalentemente uno psicologo
Il ruolo del soggetto da orientare
Prevalentemente passivo. Esprime i suoi interessi in relazione alle attitudini e viene collocato in «tipi», «caratteri» a cui corrispondono settori/tipologie di lavoro
Background teorico di riferimento
Tipi caratterologici
 
 
L’idea alla base del pensiero che caratterizza la fase caratterologico-affettiva è che per ogni tipologia di personalità individuata dal modello ci sia un posto di lavoro adeguato [11]
. {p. 29}

3.1.4. La fase clinico-dinamica

Il rifiorire della psicanalisi alla metà del secolo, dopo il periodo nazifascista che ne aveva rallentato l’impetuoso sviluppo, favorì la diffusione di una nuova visione dell’uomo, della donna (con i noti dibattiti suscitati dalla visione freudiana della donna, anche all’interno della ristretta cerchia dei primi psicanalisti e delle prime psicanaliste) e del loro sviluppo psicologico, ma finì per influenzare anche la riflessione sull’orientamento. La fase definita «clinico-dinamica» centra il processo di orientamento sull’individuazione della migliore posizione lavorativa sulla base dell’esplorazione, operata dall’orientatore, dei bisogni più profondi del soggetto, collocati nel suo inconscio e dunque non consapevoli.
Uno dei sostenitori di quest’approccio in Italia fu, curiosamente, padre Agostino Gemelli [1947], pioniere, come già detto, della psicologia del lavoro e dell’orientamento in Italia. Si trattò, tuttavia, di un periodo di durata limitata, a causa di una serie di problemi legati alla sostanziale impossibilità di utilizzare la metodologia clinica per numeri di utenti elevati (più che per il rischio, apparentemente non avvertito al tempo, di patologizzazione del bisogno orientativo che rischiava di comportare: il bisogno orientativo come categoria diagnostico-clinica.
Tab. 4. Le caratteristiche della fase clinico-dinamica
Gli scopi
Individuare la posizione lavorativa che soddisfi i bisogni profondi e inconsci dell’individuo
Su cosa si focalizza l’agire dell’orientatore
L’orientatore si focalizza sull’individuazione dei bisogni profondi
Gli strumenti dell’orientatore
Il colloquio clinico-dinamico
Chi è l’orientatore
L’orientatore è di solito uno psicologo con formazione specifica in tecnica psicoanalitica
Il ruolo del soggetto da orientare
Passivo. I bisogni del soggetto vengono interpretati dall’orientatore per individuare la migliore posizione lavorativa
Background teorico di riferimento
Pensiero psicoanalitico
 
 
Si suol definire l’orientamento – scriveva Gemelli – come quel complesso di concetti direttivi e di metodi che servono a indicare a ciascun uomo il compito di lavoro per il quale possiede le necessarie attitudini e capacità e nell’esercizio del quale ha quindi possibilità di riuscire a raggiungere risultati migliori con vantaggio suo e della società [ibidem, 3].
Come si evince anche dalla citazione di Gemelli il processo è totalmente in mano all’orientatore, la supposta libertà del soggetto in fase di orientamento consiste nel fatto che altri gli indichino ciò che è meglio per lui, per lei.
In questa fase, dunque, il professionista dell’orientamento «estrae» dal colloquio clinico-dinamico con l’individuo i suoi bisogni profondi, interpretando ciò che accade nel colloquio, e cercando di abbinare inclinazioni e bisogni che ha rilevato alla posizione lavorativa che meglio gli corrisponde.
Se già alcuni interpreti, come lo stesso Gemelli, non parlavano più di adattamento del soggetto al posto, distinguendo nettamente tra orientamento e selezione del personale, tuttavia si sosteneva ancora la possibilità di reperire il posto adeguato per il soggetto.
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Note
[11] Sintetizzando potremmo affermare che: – il tipo caratterologico «realistico» spinge le persone a impegnarsi in attività concrete che rafforzano le loro competenze tecniche, privilegiando ricompense e valori materiali; – il tipo «intellettuale» stimola gli individui a impegnarsi in attività intellettuali e li incoraggia a sviluppare competenze scientifiche contribuendo alla creazione di una visione del mondo complessa, astratta e originale; – il tipo «artistico» stimola gli individui a impegnarsi in attività artistiche e li porta a percepirsi come creativi, originali, non conformisti e a creare una visione del mondo non convenzionale e indipendente; – il tipo «sociale» stimola gli individui a impegnarsi in attività sociali e li porta a percepirsi come persone cooperative e socialmente attive che privilegiano i valori sociali, che amano gli altri e sanno comprenderli; – il tipo «intraprendente» presuppone un agire sugli altri al fine di raggiungere obiettivi personali o prefissati da un’organizzazione. Incoraggia competenze gestionali e a percepirsi aggressivi, popolari, sicuri di sé contribuendo a una visione del mondo in termini di status, potere e denaro; – il tipo «convenzionale» stimola gli individui a impegnarsi in attività convenzionali spingendoli a percepirsi come poco artistici, conformisti, metodici e a vedere il mondo in maniera semplice, stereotipata privilegiando i valori del conformismo, della dipendenza e del denaro. Ringrazio Giulia Mattiacci per la sintesi.