«Anche là è Roma»
DOI: 10.1401/9788815410559/c4
Si trattava naturalmente di
critiche superficiali, che non impedivano la partecipazione alle attività dell’ISR.
Altri, tuttavia, percepirono anche una incolmabile distanza nell’approccio alla
materia. Così sarà stato per Giorgio Pasquali che, invitato a tenere una conferenza
a Potenza in occasione del bimillenario oraziano, rifiutò accampando scuse sui
disagi posti dal viaggio
[34]
. Pasquali in realtà non aveva grandi difficoltà a spostarsi da Firenze,
ma, avendo fatto della storicizzazione degli studi classici l’obiettivo di una vita,
doveva verosimilmente ritenere intollerabile partecipare a iniziative che
prevedevano anche un viaggio a Brindisi lungo le tappe elencate dal poeta nella
Satira V e una gita sul luogo della villa oraziana presso
Licenza, finalizzata fra le altre cose a raccogliere dei tralci di edera
¶{p. 161}con cui premiare i vincitori di gare liriche oraziane
indette oltreoceano dalla American Classical League
[35]
.
In generale, però, come si è
visto, gli intellettuali aderirono numerosi e v’è da credere che né considerassero
delegittimante del metodo scientifico l’ideologia della romanità che innervava tutte
le attività dell’ISR, né che avvertissero un contrasto fra i loro lavori e le
esigenze politiche in cui quelle erano inserite. Anzi, nei pochi casi in cui le
contraddizioni vennero a galla, furono proprio gli studiosi a lasciare la presa e
adeguarsi alle richieste. Rappresentativo di questo rapporto mai conflittuale è il
lavoro compiuto sulla Bibliografia. Si trattava di un progetto che, a dispetto della
sua veste oggettiva e asettica, aveva una chiara valenza politica per Galassi Paluzzi
[36]
. Uno dei momenti in cui tale aspetto emerse con particolare decisione fu
nel corso della selezione dei periodici da spogliare in maniera sistematica per
ritrovarvi i contenuti da schedare. Infatti, ci si rese presto conto che fra i
titoli presi in esame erano quasi del tutto assenti pubblicazioni italiane, ad
eccezione delle recenti e generaliste «Africa Italiana» e «Rivista della
Tripolitania» (poi «Lybia»). Il problema era chiaramente di natura politica più che
scientifica, ma Romanelli si pose a risolverlo senza opporre alcuna resistenza.
L’archeologo propose allora di prendere in considerazione anche le opere
enciclopediche, in modo da poter includere il Dizionario
storico-epigrafico di De Ruggiero e il Dizionario di
erudizione storico-ecclesiastica del Moroni. Dal punto di vista
scientifico, la soluzione aveva del comico. Il primo era uno strumento certamente
prezioso, ma si era interrotto alla lettera I nel 1924 per la
¶{p. 162}morte del suo direttore e nessuno sembrava volerlo
realmente continuare. L’altro dizionario era invece un lavoro di un’altra età, edito
fra il 1840 e il 1861. Avrebbe avuto più senso scegliere il Dictionnaire
des Antiquités grecques et romaines di Daremberg e Saglio,
fondamentale per tutte quelle voci ancora non incluse nell’enciclopedia tedesca del
mondo classico di Pauly e Wissowa, unico repertorio del genere ad essere stato preso
in considerazione, e pour cause, già in una fase precedente del
lavoro. A voler poi fare spazio anche a opere non complete ci si sarebbe potuti
rivolgere all’esauriente Dictionnaire d’histoire et géographie
ecclésiastiques, in pieno sviluppo in quegli anni. Nessuna di queste
due pubblicazioni fu però presa in considerazione
[37]
.
Il problema della veste
nazionale da dare alla Bibliografia si presentò con ulteriore forza anche in
relazione alla trattazione dell’Egitto romano. Aristide Calderini, incaricato di
dirigere la sezione relativa a tale regione, interruppe ad un certo punto il lavoro
quando si rese conto che la Fondation égyptologique Reine Élisabeth di Bruxelles
aveva già programmato la pubblicazione di una Bibliographie
papyrologique, che si sarebbe fatalmente sovrapposta alla sezione
egizia della Bibliografia dell’ISR. Lo studioso chiese quindi a Romanelli se non
fosse il caso di abbandonare la redazione di una bibliografia sull’Egitto, peraltro
impropriamente incluso fra le regioni considerate come parte della provincia che i
Romani chiamavano Africa. Della questione venne informato
Galassi Paluzzi, che però si oppose all’idea. A suo dire, attraverso tale rinuncia
si sarebbe infatti persa l’occasione «di rivendicare l’opera di Roma nei confronti
di giudizi eventualmente non equi e tendenziosi circa appunto l’influsso di Roma» in
quella regione. Galassi Paluzzi voleva infatti che almeno i titoli principali
schedati nella Bibliografia fossero accompagnati da un suo commento critico in cui
egli poteva eventualmente ¶{p. 163}«rettificare malevoli
affermazioni nei confronti di Roma» e tale compito doveva essere necessariamente
svolto anche per quel che riguardava l’Egitto
[38]
. Tale risposta non fu contraddetta e l’Egitto romano rimase come una
delle sezioni di cui si sarebbe composto il lavoro bibliografico.
Medesima adesione alle
disposizioni ideologico-politiche dettate da Galassi Paluzzi si ebbe in occasione
della pubblicazione del volume Africa romana contenente gli
atti delle conferenze sul tema svoltesi al principio del ‘35. Prima della
pubblicazione, i contributi erano infatti attentamente riletti da un giovane
studioso di storia dell’arte e collaboratore dell’ISR, Renzo Uberto Montini.
Quest’ultimo rivedeva ciascun contributo per segnalare problemi nell’argomentazione,
errori fattuali o sovrapposizioni con altre relazioni, ma monitorava anche i
contenuti degli scritti in modo da evitare di pubblicare affermazioni che potessero
urtare con l’ideologia dell’Istituto. In particolare, egli informò Galassi Paluzzi
di un problema nella relazione di Arnaldo Momigliano. Discutendo dei regni indigeni
nordafricani, il giovane storico, infatti, aveva inserito sia il regno numidico sia
Roma stessa nella più vasta cornice dell’ellenismo e messo in particolare rilievo
quanto gli antichi ritenessero sia Cartagine che Roma delle «città greche».
Nonostante Momigliano avesse messo in chiaro che tale definizione non avrebbe dovuto
trovare posto nella storiografia moderna, Montini ritenne che egli insistesse «un
po’ troppo» su quell’idea che elevava i regni numidici, mettendone in risalto le
componenti culturali filellene, e, nel contempo, ridimensionava l’immagine tutta
latina di Roma che la storiografia cortigiana mirava a costruire durante il
Ventennio.
Galassi Paluzzi notificò tale
problema all’autore (7 giugno 1935), il quale, circa tre settimane dopo, rispose
difendendo la sua posizione, ma accettando di modificare il dettato del testo. Nella
versione rivista del suo contributo, Momigliano non solo precisò che la definizione
di Roma come «città greca» (πόλις Ἑλληνίς) era da considerarsi «falsa», ma sostituì
anche il riferimento alla assimilazione di «cultura greca avvenuta in Roma» con «il
valore che ¶{p. 164}i Romani attribuirono alla cultura greca». Nella
retorica della romanità non vi era spazio per la considerazione dei rapporti
osmotici che naturalmente legano culture diverse quando entrano in contatto tra
loro; al più era Roma che coscientemente sceglieva di prendere in considerazione le
espressioni culturali altrui
[39]
.
3.2. I militari
Pur dichiarando retoricamente
l’importanza della millenaria storia di Roma per la vita presente, l’ISR di fatto
procedeva nel senso contrario, proiettando il Moderno sull’Antico e condannando
quanto emergesse dalle testimonianze classiche che fosse in controtendenza rispetto
all’immagine preconcetta dell’Urbe che si voleva in quel momento vedere realizzata.
Ciò favorì naturalmente approcci alla storia lontani dall’esame critico che era
considerato tipico del ceto accademico e lasciò spazio a categorie di studiosi
diverse da quelle tradizionali. Costante è, in particolare, il tentativo dell’ISR di
coinvolgere nelle proprie iniziative dedicate all’Africa antica ufficiali
dell’esercito che avessero un’esperienza diretta del campo di battaglia coloniale.
Dal momento che l’immagine dell’Africa che si voleva dare nell’Italia degli anni
Trenta era quella di una terra da conquistare e sottomettere, coloro che più di
altri avrebbero saputo ritrovare tali caratteri nella storia antica erano appunto
quanti realizzavano tale ideale nel presente.
Ai militari vennero pertanto
assegnate posizioni di primo piano all’interno degli eventi organizzati dall’ISR. La
conferenza d’apertura del primo ciclo di conferenze sull’Africa romana, ad esempio,
fu significativamente affidata al generale Francesco Saverio Grazioli. Militare con
lunga esperienza nel Nordafrica e senatore del Regno, questi era anche un assiduo
collaboratore dell’Istituto per cui svolgeva il ruolo ¶{p. 165}di
storico della guerra e dell’esercito romano. Culmine di questa sua collaborazione fu
il coinvolgimento nella realizzazione di un volume su L’arte militare
romana per la grande impresa collettiva della Storia di
Roma, opera concepita in trenta volumi che avrebbero coperto
l’insieme della storia della città dall’antichità fino all’età contemporanea
[40]
. Il suo volume in realtà non vide mai la luce, ma per i tipi dell’ISR
pubblicò comunque un opuscolo su I grandi condottieri romani
(1939) nella collana, di taglio divulgativo, rivolta ai membri dell’Opera
Nazionale del Dopolavoro.
Nell’ambito delle conferenze
africaniste, Grazioli parlò di Scipione l’Africano, ma la trattazione di quel
personaggio, di lì a poco al centro di una delle realizzazioni più impegnative della
cinematografia fascista, era stata inizialmente affidata da Galassi Paluzzi a un
altro militare. In un primo momento, ci si era infatti rivolti a Rodolfo Graziani,
il quale aveva recentemente ottenuto la «pacificazione» della Libia e sarebbe stato
di lì a poco celebrato appunto come «generale scipionico» in una biografia del 1936
scritta da Paolo Orano. Graziani aveva anche inizialmente accettato l’invito, ma il
suo successivo diniego, «per considerazioni assolutamente personali» non meglio
chiarite, generò il problema di sostituirlo. Grazioli si fece allora carico della
conferenza su Scipione, a condizione che altri parlasse della guerra giugurtina di
cui egli avrebbe dovuto occuparsi secondo i precedenti accordi. Egli stesso
consigliò a tale effetto di rivolgersi a Badoglio, che aveva firmato una nota
introduttiva alla traduzione dell’opera di Sallustio dedicata a quel conflitto per
la «Biblioteca degli scrittori militari d’Italia» edita da Le Monnier
[41]
. Questi rifiutò la proposta,
¶{p. 166}ma disse di
contattare Domenico Siciliani, anch’egli militare con esperienza sul campo libico,
dove aveva peraltro ricoperto il ruolo di suo vice come governatore della regione.
Note
[34] AINSR, Sezioni, s. 5, Potenza, b. 113, fasc. 28 (12 dicembre 1935).
[35] «Rassegna», 3 febbraio 1936. Cfr. M. Cagnetta, L’edera di Orazio. Aspetti politici del bimillenario oraziano, Venosa, Osanna, 1990; Brezzi, L’Istituto Nazionale di Studi Romani, cit., p. 706.
[36] È rivelatrice di questo legame con l’attualità anche la effimera volontà di riprendere il lavoro, ormai già naufragato, alla metà del 1942. Il direttore dell’ISR fece infatti comunicare a Romanelli che in quel momento era «assolutamente necessario pubblicare il volume anzitutto per ragioni politiche», visto che «proprio ora siamo in guerra per difendere l’Impero» (AINSR, Pubblicazioni, b. 119, f. 42; appunto del 6 giugno 1942).
[37] Cfr. lettera di Romanelli del 29 novembre 1936, appunto di segreteria dell’1 dicembre 1936, lettera di Galassi Paluzzi del 14 dicembre 1936 e prospetto delle opere esaminate del 12 dicembre 1939 in AINSR, Pubblicazioni, b. 119, f. 42. In un primo momento si pensò di includere anche l’Enciclopedia Italiana, ma sembra che poi l’idea venisse abbandonata.
[38] Ibidem (Galassi Paluzzi a Romanelli, 14 dicembre 1936).
[39] Ho discusso di tale episodio in maniera più estesa in F. Oppedisano, P.S. Salvatori e F. Santangelo (a cura di), Nuovi miti di Roma, Roma, Viella (in corso di stampa).
[40] Cfr. C. Galassi Paluzzi, Storia di Roma in XXX volumi. Piano dell’opera, Bologna, Cappelli, 1938; P. Tabaroni, La «Storia di Roma» edita da Cappelli per l’Istituto di Studi Romani, in G. Tortorelli (a cura di), Editoria e cultura in Emilia e Romagna dal 1900 al 1945, Bologna, Compositori, 2007, pp. 223-248; L. Polverini, L’Istituto di Studi Romani fra «Mostra Augustea» e «Storia di Roma», in «History of Classical Scholarship», 3, 2021, pp. 199-213.
[41] Caio Sallustio Crispo, La guerra giugurtina, trad. it. a cura di E. Giovannetti, pref. del Maresciallo P. Badoglio, note introduttive del Gen. A. Baldini, Firenze, Le Monnier, 1932.