«Anche là è Roma»
DOI: 10.1401/9788815410559/c4
Romanelli allestì quindi un
piano dell’opera e Galassi Paluzzi diffuse prontamente un comunicato stampa per
pubblicizzare l’impresa, in cui affermava, anzitutto, che il progetto si inseriva
nelle «direttive» del «Capo del Governo che ha indicato l’Africa e l’Oriente come
uno dei campi cui particolarmente deve rivolgersi l’attività degli italiani».
Passando poi a illustrare il lavoro vero e proprio della Bibliografia, specificava
che essa avrebbe compreso «tutti gli studi pubblicati intorno all’Africa
Romana, intendendo, eccezionalmente, sotto questo nome non soltanto
la regione fra la Grande Sirte e l’Atlantico, ma altresì la Cirenaica e l’Egitto».
Da un punto di vista cronologico, invece, si sarebbe «presa in considerazione la
“romanità” dell’Africa nel periodo che va dal momento in cui le singole regioni sono
entrate in rapporto con Roma fino a quello in cui esse sono cadute sotto il dominio
arabo». Il progetto non mancava di ambizione, ma Galassi Paluzzi prevedeva che
sarebbero bastati due volumi, di cui il primo sarebbe stato pubblicato «entro il
1936», mentre il secondo avrebbe visto la luce «nei primi mesi del 1937, anno
bimillenario della nascita di Augusto». La presentazione si chiudeva infine su
parole che, ad anello, richiamavano la valenza politica dell’opera: «L’Istituto di
Studi Romani intende anche in tal modo adempiere al dovere che gli italiani hanno di
essere presenti fattivamente ovunque abbia risuonato e risuoni il nome di Roma
apportatrice di civiltà». Lo studio di quelle regioni doveva cioè essere un’altra
faccia della presenza italiana in Nordafrica
[17]
.
¶{p. 151}
Al fine di rispettare un
programma talmente serrato, venne costituito un gruppo di lavoro composto di varie
persone. Romanelli riservava per sé le schede riguardanti i libri, «che sarà la
parte meno numerosa di voci, ma in generale di maggiore responsabilità per il cenno
informativo e critico che deve accompagnare l’indicazione bibliografica», mentre
affidava ad altri «la redazione delle schede delle pubblicazioni periodiche» (21
novembre 1935). In tale attività priva di riconoscimento erano coinvolte anzitutto
alcune allieve di Romanelli di cui è impossibile precisare i nomi («Sig.ra R. De
Chirico», «Sig.na M.R. Recine», «Sign.na Dott. R. Spalazzi»), ma anche un insegnante
presso il Liceo italiano di Tunisi, Lorenzo Meccoli, incaricato di schedare alcuni
periodici tunisini che non si sarebbero potuti trovare nelle biblioteche italiane. A
questi si aggiungevano poi dei collaboratori di maggior prestigio che avevano il
compito di curare alcune sezioni particolari di cui la Bibliografia si componeva. Al
padre Antonio Casamassa, noto per i suoi numerosi studi sulla letteratura
patristica, venne affidata la schedatura dei lavori riguardanti la «letteratura
romana d’Africa», cioè, segnatamente, gli scritti di autori cristiani
[18]
. Per la sezione riguardante le moderne relazioni di viaggio, in cui
spesso sono forniti dettagli preziosi relativi a antichità e monumenti delle regioni
oggetto di esplorazione, Romanelli si era invece rivolto a Riccardo Riccardi e a
Ferdinando Rodizza, membri della Società Geografica Italiana. Per la schedatura
delle opere relative all’Egitto, poi, si fece appello ad Aristide Calderini, già
attivo membro dell’ISR e fondatore della rivista «Aegyptus». Ad occuparsi della
revisione delle schede vi era infine Aldo Neppi Modona (1895-1985), al tempo a capo
dell’Ufficio Pubblicazioni dell’ISR, anche se il suo lavoro non era destinato a
durare. Per effetto delle leggi razziali, egli sarà allontanato dall’Istituto nel
marzo 1939
[19]
e ¶{p. 152}il suo incarico fu rivestito da due altre
collaboratrici dell’ISR, Iandolo e Martinez (anch’esse prive di un nome
determinabile), che già collaboravano alla analoga impresa bibliografica dell’ISR
riguardante il Vaticano
[20]
.
Nonostante i proclami, il
lavoro avanzò con molta lentezza e minacciò persino di intaccare il rapporto fra
Romanelli e Galassi Paluzzi, innervosito dai continui ritardi. Il 1° marzo 1937 la
«Rassegna d’Informazioni dell’Istituto di Studi Romani» annunciava che le schede
compilate erano 6.650, ma di queste solo una percentuale minima era stata anche
rivista e poteva pertanto considerarsi terminata. Infrangendo vistosamente i
programmi originari, si arrivò al 4 giugno 1938 perché Romanelli consegnasse
finalmente a Galassi Paluzzi un gruppo di 3.016 schede pronte per essere stampate e
che costituivano solo una parte ridotta del progettato primo volume. Galassi Paluzzi
passò il materiale a Neppi Modona che iniziò a revisionarlo, ma proprio in quel
frangente il progetto improvvisamente si arenò; Romanelli non consegnerà altre
schede e non sembra che la revisione di Neppi Modona, insoddisfatto della cura
formale del materiale consegnato, sia mai giunta a termine.
Non si possono individuare
delle cause concrete per tale fallimento ma diverse circostanze dovettero
contribuire a un tale risultato. La macchina dell’Istituto era in quell’anno ancora
impegnata nelle celebrazioni del bimillenario augusteo e nella pubblicazione dei
cinque volumi di atti del V Congresso Nazionale di Studi Romani (tema: La
missione dell’impero di Roma nella storia della civiltà). Inoltre, il
successivo cambio alla segreteria per la già ricordata rimozione di Neppi Modona e
le procedure di trasferimento dell’Istituto nella sede che esso occupa tuttora
presso il convento dei Santi Bonifacio e Alessio sull’Aventino non furono certo di
aiuto. Determinante sarà poi stato il distacco con cui doveva ormai guardare al
progetto, dilatatosi oltre misura, lo stesso Romanelli.¶{p. 153}
2.2. I corsi
Furono invece coronati da un
certo successo i corsi che vennero dedicati all’Africa romana, anch’essi concepiti
inizialmente nel 1934. Melchiori aveva infatti proposto all’Istituto di organizzare
nella sede romana delle conferenze sul tema dell’Africa, conoscendo il successo che
riscuoteva tal genere di incontri, inquadrati nella forma di veri e propri corsi o
di più episodici cicli tematici. In effetti, nel 1941 l’Istituto calcolò di aver
ospitato nel quadro di questi corsi 332.617 uditori per un totale di 1.888 lezioni e
conferenze e 650 docenti (511 italiani e 139 stranieri) e una media di 176 uditori
per lezione
[21]
.
Mentre ancora corrispondeva con
Melchiori, Galassi Paluzzi aveva già dato il via all’organizzazione del ciclo di
conferenze da svolgersi a Roma. Esso sarebbe stato inquadrato all’interno dei corsi
superiori organizzati dall’ISR riguardanti la Roma dei Cesari e, in particolare,
all’interno dell’asse «Orme di Roma nel mondo», per cui in quello stesso anno si
svolsero anche la prima serie di lezioni sulle Vestigia di Roma in
Italia e il corso di Guido Calza su Ostia: prima colonia
marittima ed emporio commerciale di Roma, giunto al suo secondo anno
[22]
.
Gli inviti ufficiali ai
conferenzieri furono diramati fra il 6 e l’8 aprile 1934 e si fece in modo che
venissero rappresentati esperti di varie discipline antichistiche e di varia
appartenenza. Vi erano studiosi di letteratura (A.G. Amatucci, F. Arnaldi), storici
(E. Ciaceri, G.M. Columba) e archeologi (C. Anti, G. Guidi, P. Romanelli);
personalità già affermate, vicine al mondo della politica (R. Paribeni) o della
Chiesa (C. Cecchelli), e giovani studiosi ancora alla ricerca di affermazione (A.
Momigliano, al tempo ventiseienne). Ciascun oratore era chiamato ad affrontare dei
temi ¶{p. 154}generici che, riuniti insieme, avrebbero potuto dare
un quadro complessivo della vita storica e artistica di Tripolitania, Cirenaica ed
Egitto al tempo della dominazione romana.
Le conferenze si svolsero
presso la Sala Borromini nell’Oratorio dei Filippini e furono inaugurate il 21
gennaio 1935 da una lezione del generale Francesco Saverio Grazioli su Scipione e
chiuse il 3 maggio da Carlo Anti, che parlò invece della Cirenaica romana. È
difficile determinare l’entità del pubblico, ma esso non doveva certo essere troppo
ridotto se proprio Anti scrisse poi a Galassi Paluzzi lamentandosi del continuo
disturbo provocato dagli astanti («per poco non ho piantato a mezzo»)
[23]
.
La diffusione dei contenuti
delle lezioni era poi affidata alla pubblicità sulla «Rassegna» dell’Istituto e sui
giornali; in un primo momento si era persino pensato di trasmetterne dei riassunti
via radio grazie alla collaborazione con l’EIAR. Il maggiore risultato di quegli
incontri fu però la pubblicazione di un volume che conteneva, con qualche modifica,
i testi delle conferenze tenutesi nel 1935. Il volume, Africa
romana, provvisto di un ricco apparato iconografico, fu pubblicato
nel dicembre di quello stesso anno per la casa editrice Hoepli, editore inusuale per
i prodotti dell’ISR, ma che testimoniava la volontà di fare di quel testo un manuale
di riferimento sull’argomento.
Il volume non era ancora stato
stampato quando Galassi Paluzzi diramò gli inviti per organizzare un nuovo ciclo di
conferenze sul tema dell’Africa romana da svolgersi nel 1936. Il direttore dell’ISR
non poteva certo fermarsi nel momento in cui, in concomitanza con la campagna
d’Etiopia, certe tematiche divenivano oggetto di un interesse smodato. Fra il 23 e
il 28 novembre 1935, scrisse quindi a diversi studiosi in vista di «un secondo ciclo
di conferenze dedicato alla illustrazione di taluni particolari aspetti» relativi
all’Africa romana
[24]
.
Galassi Paluzzi si premurò di
selezionare conferenzieri diversi rispetto alla precedente serie di appuntamenti e
¶{p. 155}di affrontare tematiche più specifiche e anche
completamente nuove. In particolare, l’Africa romana che era al centro della nuova
serie di incontri non era più limitata al litorale mediterraneo; Aristide Calderini
parlò delle relazioni fra Roma e l’Etiopia e Biagio Pace si concentrò invece sulla
regione desertica del Fezzan, dove si era recato poco tempo prima insieme a Sergio
Sergi e a Giacomo Caputo (1933) nell’ambito di una delle sette spedizioni inviate
nella regione dalla Società Geografica Italiana fra 1932 e 1936. Queste due
conferenze rispondevano naturalmente alle evoluzioni politico-militari del momento e
non stupisce quindi che un amichevole osservatore delle attività dell’Istituto, e in
certi casi suo collaboratore
[25]
, quale Giuseppe Bottai, scrivendo a Galassi Paluzzi proprio dall’Etiopia
dicesse di avere particolare interesse per l’intero ciclo africanista e soprattutto
per le orazioni, appunto, di Calderini e Pace
[26]
.
Tale serie di conferenze era
inoltre stata anticipata da un vero e proprio corso sull’Africa
romana tenuto da Pietro Romanelli, che, in sei appuntamenti, dal
dicembre 1935 fino alla prima settimana di febbraio dell’anno successivo, fornì ai
partecipanti un panorama sulla storia e, soprattutto, sull’amministrazione della
regione. In perfetta continuità, il 14 febbraio 1936 venne quindi inaugurato il
secondo ciclo di lezioni sull’Africa romana con una relazione sulla Chiesa
africana nei suoi rapporti con la Chiesa di Roma tenuta da Pio
Paschini, rettore della Pontificia Università Lateranense.
Anche in tale circostanza,
Galassi Paluzzi pensò di organizzare i vari interventi in un volume autonomo, che
tuttavia non vide mai la luce. Alcuni relatori tardarono ad inviare il loro scritto
e altri non lo consegnarono mai. Alla metà del 1938, il presidente chiese quindi ai
contributori se volessero
¶{p. 156}pubblicare i propri scritti sulla
rivista dell’Istituto, dove, in parte, effettivamente apparvero nei due anni seguenti
[27]
.
Note
[17] «Rassegna», 13 maggio 1935.
[18] Lettere di Romanelli a Galassi Paluzzi del 21 novembre 1935, 14 marzo 1936, 27 giugno 1936 (con riferimento anche a un «alunno») e 29 novembre 1936.
[19] Cfr. M. Ghilardi, Tra bimillenario augusteo e leggi razziali: Istituto di Studi Romani, settembre 1938, in «Civiltà Romana», 5, 2018, pp. 191-258: 230.
[20] AINSR, Pubblicazioni, b. 119, f. 44.
[21] ISR, p. 65. Le cifre fornite nel 1943 sono in contraddizione con queste sul numero effettivo dei docenti coinvolti (in totale 525, di cui 388 italiani e 137 stranieri), ma non su quello degli uditori che sale a 378.118 (Corsi, p. XVI).
[22] Corsi, pp. 25 e 28.
[23] AINSR, Pubblicazioni, b. 58.
[24] Così nel modulo di adesione inviato ai vari studiosi, conservato in diversi esemplari in AINSR, Corsi, b. 36, f. 19 (Carteggio coi conferenzieri).
[25] Nel 1934 Bottai aveva animato un intero corso per l’ISR su Corporazione romana e corporazione fascista (Corsi, p. 13).
[26] La lunga lettera di Bottai, un manifesto dell’ideologia della romanità, è presente in archivio, ma fu anche pubblicata sulla «Rassegna» (10 febbraio 1936) ed è riprodotta in J. Nelis, La «fede di Roma» nella modernità totalitaria fascista, in «Studi Romani», 58, 2010, pp. 359-381.
[27] L. De Regibus, La luce di Roma negli apologisti africani, in «Roma», 17, agosto 1939, pp. 364-370; A. Calderini, L’Etiopia vista con gli occhi e la fantasia di Roma imperiale, in «Roma», 17, settembre 1939, pp. 385-403; F. Beguinot, Roma e i Berberi, in «Roma», 17, ottobre 1939, pp. 433-448; G. Calza, L’Africa fornitrice dell’annona di Roma, in «Roma», 17, dicembre 1939, pp. 522-533; P. Paschini, La Chiesa africana nei suoi rapporti con la Chiesa di Roma, in «Roma», 18, marzo 1940, pp. 84-94; S. Aurigemma, Aspetti della vita pubblica e privata nei municipi d’Africa, in «Roma», 18, luglio 1940, pp. 197-215. Fa eccezione il contributo di Romanelli sulle strade romane, esposto nell’ambito del suo corso sull’Africa romana, ma considerato idealmente parte anche del nuovo ciclo di conferenze. Esso fu anticipatamente pubblicato su «Roma» in concomitanza con l’inaugurazione della litoranea libica (15, ottobre 1937) e poi ristampato anche come fascicolo autonomo (Le grandi strade romane nell’Africa settentrionale, Roma, ISR, 1938).