Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c3
Capitolo terzo Competenze non cognitive come risorse psicosociali per
il successo formativodi Francesco Pisanu, Franco Fraccaroli, Maurizio Gentile e Francesca Recchia
Notizie Autori
Francesco Pisanu Funzionario esperto per la sperimentazione in ambito educativo e formativo
per la Provincia di Trento. È stato ricercatore in area educativa presso IPRASE
del Trentino e direttore scientifico della rivista “RicercAzione”. Attualmente è
responsabile dell’Ufficio per la Valutazione delle Politiche Scolastiche nel
Dipartimento Istruzione e Cultura. È docente a contratto di Psicologia della
formazione e dell’orientamento all’Università di Trento.
Notizie Autori
Franco Fraccaroli Professore di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni nell’Università
di Trento. Autore di numerosi studi sui temi del benessere organizzativo anche
in relazione ai contesti scolastici, collabora con la Provincia di Trento in
ricerche che riguardano motivazione, capitale psicologico e “self concept”
accademico degli studenti in rapporto alla loro prestazione
scolastica.
Notizie Autori
Maurizio Gentile Professore associato di Didattica generale e Pedagogia speciale alla LUMSA
di Roma. Svolge e coordina attività di ricerca, empirica e teorica, e di
intervento sui seguenti temi: “cooperative learning”, scuola inclusiva,
valutazione formativa, strumenti e metodi di formazione dei docenti,
apprendimento e didattica, competenze non cognitive. Su questi argomenti ha al
suo attivo più di 100 pubblicazioni.
Notizie Autori
Francesca Recchia Laureata nel Corso di laurea magistrale in Psicologia, percorso Psicologia
delle Risorse Umane e delle Organizzazioni, con una tesi sull’effetto del
capitale psicologico degli insegnanti nelle competenze non cognitive degli
studenti.
Abstract
In base alla letteratura psicologica di questi ultimi 30 anni (psicologia delle
personalità, psicologia dell’educazione, psicologia sociale, ecc.) è possibile
sostenere che le competenze non cognitive sono di fatto una dotazione di risorse
psicosociali che abbiamo a disposizione lungo tutto l’arco della nostra vita. Le
caratteristiche più stabili e meno malleabili è molto probabile che abbiano una
matrice ereditaria (quello che un tempo si definiva «temperamento»), ma l’incontro
tra tale matrice e le esperienze sociali, culturali e educative dall’infanzia in poi
di fatto creano l’assetto non cognitivo che è in costante evoluzione. Tale
evoluzione varia tra le differenti risorse psicosociali, che possiamo considerare
come elementi fondativi delle competenze non cognitive:
1) i tratti di personalità (nella loro versione performativa le
character skills) maturano prima e si stabilizzano, anche
se non definitivamente, prima; il modello dei Big Five è la
sintesi, dicono alcuni, perfetta, della complessità «differenziale» degli
individui;
2) il cosiddetto «capitale psicologico» (risorse legate all’ottimismo, alla
resilienza, alla speranza, all’autoefficacia, ciò che in altri contesti potremmo
definire come capabilities), matura successivamente e si
stabilizza solo in parte nel corso dell’esperienza di vita; il modello HERO
(dall’acronimo delle versioni in inglese di Speranza/Hope, Autoefficacia/Efficacy,
Resilienza/Resilience, Ottimismo/Optimism) è uno dei più rappresentativi a
riguardo;
3) l’autonomia motivazionale, o l’orientamento verso l’apprendimento o verso la
performance è la componente non cognitiva che si stabilizza più tardi, e di fatto è
costantemente malleabile.
Queste tre componenti possono essere considerate come il
core delle competenze non cognitive: i cinque tratti di
personalità coprono le abilità sociali (estroversione e gradevolezza), emotive
(nevroticismo) e il potenziamento individuale (coscienziosità e apertura mentale);
le quattro risorse psicologiche consentono di modulare l’esperienza di vita in
un’ottica positiva e di focalizzazione sul futuro; la motivazione autonoma consente
di trovare e organizzare energie per affrontare la quotidianità, a scuola e fuori
dalla scuola.
Le tre componenti, sappiamo dalle evidenze, hanno un livello di malleabilità:
elevato per la motivazione, intermedio per il capitale psicologico, più contenuto
per la personalità. Tale malleabilità ci porta a pensare a una competenza non
cognitiva multidimensionale: i tre fattori generali sono tre contenitori diversi, e
si trovano su livelli diversi del funzionamento umano quotidiano. Sono organizzati
gerarchicamente, nel senso che un ottimale sviluppo e stabilizzazione dei primi,
influenza lo sviluppo e la stabilizzazione degli altri.
Nella logica di sviluppo delle competenze non cognitive a scuola, dunque, è
necessario considerare tale sequenzialità: è inutile investire in percorsi di
potenziamento della motivazione allo studio, se non ci sono stati dei passaggi di
sviluppo precedenti (e quindi di educazione) sulla personalità o sul carattere
psicologico. È impossibile pretendere, giusto per fare un esempio, motivazione
intrinseca da studenti che hanno bassi livelli di apertura mentale, e
contemporaneamente scarso ottimismo e autoefficacia.
La dinamica tra questi tre fattori generali è descrivere, inoltre, nei termini
quello che noi chiamiamo l’«effetto fionda»: oggi sappiamo che i tratti di
personalità correlano positivamente con il capitale psicologico, ma correlano di
meno con l’assetto motivazionale; dall’altra parte sappiamo che il capitale
psicologico correla positivamente con la dimensione motivazionale. L’effetto fionda
è quel processo non cognitivo che consente di sviluppare autonomia motivazionale in
uno studente coscienzioso e aperto mentalmente, attraverso una «spinta» data dal
capitale psicologico. Senza tale spinta, tratti individuali notoriamente prossimi al
rendimento scolastico efficace (come coscienziosità e apertura mentale) potrebbero
risultare meno efficaci senza un esito motivazionale necessario per la realizzazione
delle attività di apprendimento.
La competenza non cognitiva può essere ulteriormente arricchita e resa più
contemporanea con almeno altri due focus: le competenze di sostenibilità e le
competenze civiche e sociali, che andrebbero a delineare la quarta componente della
competenza non cognitiva (e in questo caso il modello diventerebbe quadri-partito),
e cioè il capitale sociale, che agirebbe da ulteriore moderatore nella relazione tra
le tre componenti. Ad oggi noi sappiamo che alti livelli di sostenibilità sono
associati a tratti di personalità come la coscienziosità, ma sappiamo anche che il
capitale sociale (e quindi il concetto di civismo e cittadinanza) può comportare
degli effetti del tutto legati ai contesti culturali di appartenenza (in cui ad
esempio potremmo trovare alti livelli di partecipazione sociale non legati a tratti
vicini al successo formativo come la coscienziosità e l’apertura mentale).
1. Introduzione
Negli ultimi decenni si è sviluppato
un dibattito interdisciplinare sulla possibilità di considerare altre tipologie di
caratteristiche individuali, oltre alle tradizionali di natura «accademica» e cognitiva,
per spiegare il successo formativo e, più in generale, l’acquisizione dello status di
cittadino adulto, responsabile e attivo partecipante nella vita quotidiana. Tale
dibattito non è nuovo e può essere fatto risalire ai primi tentativi di identificare una
struttura multifattoriale dell’intelligenza
[1]
, e successivamente all’emergere di nuove teorie multidimensionali sull’intelligenza
[2]
, e di maggiore considerazione di aspetti non «accademici», o strettamente
cognitivi, legati al comportamento «intelligente», nei vari contesti della vita
quotidiana tra cui quello educativo, come le intelligenze sociali, emotive e sistemiche
[3]
. Attualmente, soprattutto nel contesto statunitense, l’interesse è rivolto
alle cosiddette non cognitive skills
[4]
. Come è noto, la letteratura di base su questo tema è stata fortemente
stimolata dai lavori ¶{p. 68}di Heckman e dei suoi gruppi di lavoro
interdisciplinari negli ultimi trent’anni
[5]
.
Ad oggi, non esiste una definizione
univoca di tali competenze, ma in genere gli ambiti a cui si fa riferimento, nella sfera
individuale, sono quelli emotivi, psicosociali e legati alle caratteristiche di
personalità. Nel dibattito attuale tali competenze vengono considerate strategiche, in
un’ottica evolutiva, per i percorsi di carriera (formativi e lavorativi) successivi, e
per un’adeguata esperienza di vita, come si è detto, come cittadino «a tutto tondo». Ad
esempio, recenti evidenze
[6]
indicano come attributi non cognitivi, come la coscienziosità e
l’autoregolazione/controllo, siano degli ottimi predittori di esiti formativi (ad es.
accesso all’università) e lavorativi (ad es. tempo di accesso al mondo del lavoro). Ci
sono poi una serie di life outcomes che vengono considerati in
letteratura come legati allo sviluppo delle competenze non cognitive. Tra questi, ad
esempio, la stabilità finanziaria in età adulta
[7]
e la riduzione alla propensione al crimine e alla devianza
[8]
.
Il principale punto di attenzione che
vorremmo sollevare attraverso questo capitolo è la multidimensionalità del concetto di
competenze non cognitive. Possiamo parlare, da questo punto di vista, di insieme di
risorse psicosociali dell’individuo, in cui è ragionevole ricondurre una serie di
dimensioni che riguardano non solo tratti di personalità e orientamenti individuali, ma
anche altre tipologie di risorse legate al cosiddetto capitale psicologico e al livello
motivazionale che insieme guidano il comportamento della persona di fronte a scelte e
problematiche sociali.¶{p. 69}
Come si è visto, si fa riferimento
genericamente al termine non cognitive skills per indicare risorse
psicologiche, non direttamente coinvolte nel trattamento ed elaborazione delle
informazioni, quali appunto, stati motivazionali, alcuni tratti di personalità
funzionali alla buona riuscita sociale, il livello di agency
individuale nel cercare di orientare e condizionare gli eventi. Ovviamente, nel
funzionamento psicologico concreto tutte queste dimensioni sono fuse assieme nel guidare
le scelte, le preferenze e il comportamento individuale. Si deve comunque sottolineare
come il termine non cognitive skills, in quanto caratterizzato da
una negazione (non), costituisca un’approssimazione generica di una serie di dimensioni
psicologiche che possono essere oggi descritte in modo sufficientemente preciso, grazie
a studi e ricerche che hanno anche affinato gli strumenti di misurazione psicologica.
Allo scopo di una più precisa
concettualizzazione, si può dunque proporre un’articolazione di diverse dimensioni
psicologiche, considerabili come competenze non cognitive, che influenzano l’azione
sociale, secondo lo schema semplificato nella figura 1.
I tratti di personalità sono delle
caratteristiche differenziali piuttosto stabili che regolano la nostra interazione con
gli altri e con l’ambiente; rappresentano l’architettura stabile di tendenze
comportamentali, una organizzazione interna del nostro modo di agire che rende in parte
regolari e stabili le nostre condotte sociali
[9]
.
Il capitale psicologico può essere
definito come uno stato positivo dell’individuo relativamente stabile, ma comunque
fortemente condizionato dalle circostanze. Il capitale psicologico è un insieme di
risorse fondamentali per fronteggiare le sfide, raccogliere le opportunità e sormontare
le difficoltà dell’agire quotidiano
[10]
.¶{p. 70}
La motivazione può essere descritta
come quella spinta energetica che garantisce impegno, sforzo e persistenza nel
raggiungimento degli obiettivi individuali e sociali. Dipende generalmente da
disposizioni personali a perseguire il soddisfacimento di bisogni (autonomia,
competenza, relazioni) e da condizioni di contesto che favoriscono o meno il
raggiungimento di tali scopi
[11]
.
In base a questa introduzione, il
capitolo sarà dunque organizzato in base a questa struttura tripartita, con una prima
parte dedicata al tema personalità, nello specifico soprattutto al modello a cinque
dimensioni noto come Big Five
[12]
; una seconda parte al capitale psicologico, con un approfondimento del
modello HERO, sviluppato inizialmente nell’ambito della psicologia delle organizzazioni
[13]
; una terza parte alla motivazione all’apprendimento, con un focus prevalente
sul modello sviluppato all’interno della Self Determination Theory
[14]
, e un’ultima parte dedicata ¶{p. 71}all’integrazione di
queste dimensioni in un’unica visione di competenza non cognitiva, e a una riflessione
sull’impatto del Covid-19 sullo sviluppo di queste competenze a scuola.
2. La personalità
Vi sono numerose teorie sulla
personalità, così come nel tempo si sono succeduti decine di modelli classificatori dei
tratti di personalità. Il modello dei Big Five
[15]
è quello che nell’ultimo ventennio ha ricevuto più attenzione e più conferme
empiriche, oltre che un’ampia attenzione sulla validazione psicometrica di scale di
misura. In base al classico approccio fattoriale alla personalità, che identifica le
dimensioni caratterizzanti le differenze individuali attraverso analisi statistiche di
tipo fattoriale e in base alla cosiddetta teoria della sedimentazione linguistica che
considera il vocabolario della lingua quotidiana come un serbatoio di descrittori delle
differenze individuali, il modello ha identificato cinque dimensioni fondamentali per
descrivere la personalità degli individui. Ciascuna di tali dimensioni si articola al
proprio interno in due sotto-dimensioni secondo lo schema presentato in tabella 1.
Il linguaggio ha un grande potere
nel cogliere la personalità di ciascuno. Gli aggettivi possono descrivere bene le
differenze individuali. Gli studi che hanno seguito l’impostazione di descrivere la
personalità mediante gli aggettivi (ipotesi lessicale) sono giunti ad individuare le
seguenti caratteristiche dei cinque fattori.
Gradevolezza.
La gradevolezza spiega il grado di fiducia sociale posta negli altri. Essa riflette la
tendenza ad avere condotte altruistiche e prosociali opposte a comportamenti antagonisti
e antisociali. Nel contesto scolastico, la gradevolezza aiuta gli studenti a stabilire
relazioni positive che
¶{p. 72}potenzialmente possono facilitare
l’apprendimento. Il fattore è correlato con la motivazione estrinseca: gli studenti più
gradevoli tendono a dare valore a ciò che si «deve fare» piuttosto che a ciò che «piace
fare». Tali studenti a) si impegnano nei compiti a casa;
b) gestiscono bene il tempo dello studio;
c) amano cooperare con i compagni sotto la guida degli
insegnanti; d) hanno il senso del dovere.
Note
[1] L.L. Thurstone, Primary Mental Abilities, Chicago, University of Chicago Press, 1938; J.P. Guilford, The Nature of Human Intelligence, New York, McGraw-Hill, 1967.
[2] H. Gardner, Frames of Mind: The Theory of Multiple Intelligences, New York, Basic Books, 1983; R.J. Sternberg, Beyond IQ: A Triarchic Theory of Intelligence, Cambridge, Cambridge University Press, 1985.
[3] D. Goleman e P. Senge, The Triple Focus: A New Approach to Education, Florence, MA, More than Sound, 2014.
[4] M.R. West, M.A. Kraft, A.S. Finn, R.E. Martin, A.L. Duckworth, C.F.O. Gabrieli e J.D.E. Gabrieli, Promise and Paradox, in «Educational Evaluation and Policy Analysis», 38, 1, 2016, pp. 148-170.
[5] J.J. Heckman, T. Kautz, R. Diris, B. Weel e L. Borghans, Fostering and Measuring Skills: Improving Cognitive and Non Cognitive Skills to Promote Lifetime Success, Paris, OECD, 2014.
[6] M.R. West, M.A. Kraft, A.S. Finn, R.E. Martin, A.L. Duckworth, C.F.O. Gabrieli e J.D.E. Gabrieli, Promise and Paradox, cit., pp. 148-170.
[7] I. Schoon, A Transgenerational Model of Status Attainment: The Potential Mediating Role of School Motivation and Education, in «National Institute Economic Review», 205, 2008, pp. 72-82.
[8] L.W. Sherman, D.C. Gottfredson, D.L. MacKenzie, J.E. Eck, P. Reuter e S.D. Bushway, Preventing Crime: What Works, What Doesn’t, What’s Promising, Washington, DC, National Institute of Justice, 1997.
[9] G.V. Caprara e D. Cervone, Personalità. Determinanti, dinamiche, potenzialità, Milano, Raffaello Cortina, 2002.
[10] F. Luthans, J.B. Avey e J.L. Patera, Experimental Analysis of a Web-Based Training Intervention to Develop Positive Psychological Capital, in «Academy of Management Learning & Education», 7, 2, 2008, pp. 209-221.
[11] E. Deci e R.M. Ryan, The «What» and «Why» of Goal Pursuits: Human Needs and the Self-determination of Behavior, in «Psychological Inquiry», 11, 2000, pp. 227-268.
[12] R. McCrae, The Five-Factor Model and Its Applications in Clinical Settings, in «Journal of Personality Assessment», 57, 3, 1991, pp. 399-414.
[13] F. Luthans, B.J. Avolio, J.B. Avey e S.M. Norman, Positive Psychological Capital: Measurement and Relationship with Performance and Satisfaction, in «Personnel Psychology», 60, 3, 2007, pp. 541-572.
[14] E. Deci e R.M. Ryan, The «What» and «Why» of Goal Pursuits: Human Needs and the Self-determination of Behavior, cit., pp. 227-268.
[15] R. McCrae, The Five-Factor Model and Its Applications in Clinical Settings, cit., pp. 399-414; P.T. Costa e R.R. McCrae, Psychological Assessment Resources Inc. Revised NEO Personality Inventory (NEO PI-R) and NEO Five-Factor Inventory (NEO-FFI), Odessa, Psychological Assessment Resources, 1992.