Giorgio Chiosso, Anna Maria Poggi, Giorgio Vittadini (a cura di)
Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c3

Capitolo terzo Competenze non cognitive come risorse psicosociali per il successo formativo
di Francesco Pisanu, Franco Fraccaroli, Maurizio Gentile e Francesca Recchia

Notizie Autori
Francesco Pisanu Funzionario esperto per la sperimentazione in ambito educativo e formativo per la Provincia di Trento. È stato ricercatore in area educativa presso IPRASE del Trentino e direttore scientifico della rivista “RicercAzione”. Attualmente è responsabile dell’Ufficio per la Valutazione delle Politiche Scolastiche nel Dipartimento Istruzione e Cultura. È docente a contratto di Psicologia della formazione e dell’orientamento all’Università di Trento.
Notizie Autori
Franco Fraccaroli Professore di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni nell’Università di Trento. Autore di numerosi studi sui temi del benessere organizzativo anche in relazione ai contesti scolastici, collabora con la Provincia di Trento in ricerche che riguardano motivazione, capitale psicologico e “self concept” accademico degli studenti in rapporto alla loro prestazione scolastica.
Notizie Autori
Maurizio Gentile Professore associato di Didattica generale e Pedagogia speciale alla LUMSA di Roma. Svolge e coordina attività di ricerca, empirica e teorica, e di intervento sui seguenti temi: “cooperative learning”, scuola inclusiva, valutazione formativa, strumenti e metodi di formazione dei docenti, apprendimento e didattica, competenze non cognitive. Su questi argomenti ha al suo attivo più di 100 pubblicazioni.
Notizie Autori
Francesca Recchia Laureata nel Corso di laurea magistrale in Psicologia, percorso Psicologia delle Risorse Umane e delle Organizzazioni, con una tesi sull’effetto del capitale psicologico degli insegnanti nelle competenze non cognitive degli studenti.
Abstract
In base alla letteratura psicologica di questi ultimi 30 anni (psicologia delle personalità, psicologia dell’educazione, psicologia sociale, ecc.) è possibile sostenere che le competenze non cognitive sono di fatto una dotazione di risorse psicosociali che abbiamo a disposizione lungo tutto l’arco della nostra vita. Le caratteristiche più stabili e meno malleabili è molto probabile che abbiano una matrice ereditaria (quello che un tempo si definiva «temperamento»), ma l’incontro tra tale matrice e le esperienze sociali, culturali e educative dall’infanzia in poi di fatto creano l’assetto non cognitivo che è in costante evoluzione. Tale evoluzione varia tra le differenti risorse psicosociali, che possiamo considerare come elementi fondativi delle competenze non cognitive:
1) i tratti di personalità (nella loro versione performativa le character skills) maturano prima e si stabilizzano, anche se non definitivamente, prima; il modello dei Big Five è la sintesi, dicono alcuni, perfetta, della complessità «differenziale» degli individui;
2) il cosiddetto «capitale psicologico» (risorse legate all’ottimismo, alla resilienza, alla speranza, all’autoefficacia, ciò che in altri contesti potremmo definire come capabilities), matura successivamente e si stabilizza solo in parte nel corso dell’esperienza di vita; il modello HERO (dall’acronimo delle versioni in inglese di Speranza/Hope, Autoefficacia/Efficacy, Resilienza/Resilience, Ottimismo/Optimism) è uno dei più rappresentativi a riguardo;
3) l’autonomia motivazionale, o l’orientamento verso l’apprendimento o verso la performance è la componente non cognitiva che si stabilizza più tardi, e di fatto è costantemente malleabile.
Queste tre componenti possono essere considerate come il core delle competenze non cognitive: i cinque tratti di personalità coprono le abilità sociali (estroversione e gradevolezza), emotive (nevroticismo) e il potenziamento individuale (coscienziosità e apertura mentale); le quattro risorse psicologiche consentono di modulare l’esperienza di vita in un’ottica positiva e di focalizzazione sul futuro; la motivazione autonoma consente di trovare e organizzare energie per affrontare la quotidianità, a scuola e fuori dalla scuola.
Le tre componenti, sappiamo dalle evidenze, hanno un livello di malleabilità: elevato per la motivazione, intermedio per il capitale psicologico, più contenuto per la personalità. Tale malleabilità ci porta a pensare a una competenza non cognitiva multidimensionale: i tre fattori generali sono tre contenitori diversi, e si trovano su livelli diversi del funzionamento umano quotidiano. Sono organizzati gerarchicamente, nel senso che un ottimale sviluppo e stabilizzazione dei primi, influenza lo sviluppo e la stabilizzazione degli altri.
Nella logica di sviluppo delle competenze non cognitive a scuola, dunque, è necessario considerare tale sequenzialità: è inutile investire in percorsi di potenziamento della motivazione allo studio, se non ci sono stati dei passaggi di sviluppo precedenti (e quindi di educazione) sulla personalità o sul carattere psicologico. È impossibile pretendere, giusto per fare un esempio, motivazione intrinseca da studenti che hanno bassi livelli di apertura mentale, e contemporaneamente scarso ottimismo e autoefficacia.
La dinamica tra questi tre fattori generali è descrivere, inoltre, nei termini quello che noi chiamiamo l’«effetto fionda»: oggi sappiamo che i tratti di personalità correlano positivamente con il capitale psicologico, ma correlano di meno con l’assetto motivazionale; dall’altra parte sappiamo che il capitale psicologico correla positivamente con la dimensione motivazionale. L’effetto fionda è quel processo non cognitivo che consente di sviluppare autonomia motivazionale in uno studente coscienzioso e aperto mentalmente, attraverso una «spinta» data dal capitale psicologico. Senza tale spinta, tratti individuali notoriamente prossimi al rendimento scolastico efficace (come coscienziosità e apertura mentale) potrebbero risultare meno efficaci senza un esito motivazionale necessario per la realizzazione delle attività di apprendimento.
La competenza non cognitiva può essere ulteriormente arricchita e resa più contemporanea con almeno altri due focus: le competenze di sostenibilità e le competenze civiche e sociali, che andrebbero a delineare la quarta componente della competenza non cognitiva (e in questo caso il modello diventerebbe quadri-partito), e cioè il capitale sociale, che agirebbe da ulteriore moderatore nella relazione tra le tre componenti. Ad oggi noi sappiamo che alti livelli di sostenibilità sono associati a tratti di personalità come la coscienziosità, ma sappiamo anche che il capitale sociale (e quindi il concetto di civismo e cittadinanza) può comportare degli effetti del tutto legati ai contesti culturali di appartenenza (in cui ad esempio potremmo trovare alti livelli di partecipazione sociale non legati a tratti vicini al successo formativo come la coscienziosità e l’apertura mentale).

1. Introduzione

Negli ultimi decenni si è sviluppato un dibattito interdisciplinare sulla possibilità di considerare altre tipologie di caratteristiche individuali, oltre alle tradizionali di natura «accademica» e cognitiva, per spiegare il successo formativo e, più in generale, l’acquisizione dello status di cittadino adulto, responsabile e attivo partecipante nella vita quotidiana. Tale dibattito non è nuovo e può essere fatto risalire ai primi tentativi di identificare una struttura multifattoriale dell’intelligenza [1]
, e successivamente all’emergere di nuove teorie multidimensionali sull’intelligenza [2]
, e di maggiore considerazione di aspetti non «accademici», o strettamente cognitivi, legati al comportamento «intelligente», nei vari contesti della vita quotidiana tra cui quello educativo, come le intelligenze sociali, emotive e sistemiche [3]
. Attualmente, soprattutto nel contesto statunitense, l’interesse è rivolto alle cosiddette non cognitive skills [4]
. Come è noto, la letteratura di base su questo tema è stata fortemente stimolata dai lavori {p. 68}di Heckman e dei suoi gruppi di lavoro interdisciplinari negli ultimi trent’anni [5]
.
Ad oggi, non esiste una definizione univoca di tali competenze, ma in genere gli ambiti a cui si fa riferimento, nella sfera individuale, sono quelli emotivi, psicosociali e legati alle caratteristiche di personalità. Nel dibattito attuale tali competenze vengono considerate strategiche, in un’ottica evolutiva, per i percorsi di carriera (formativi e lavorativi) successivi, e per un’adeguata esperienza di vita, come si è detto, come cittadino «a tutto tondo». Ad esempio, recenti evidenze [6]
indicano come attributi non cognitivi, come la coscienziosità e l’autoregolazione/controllo, siano degli ottimi predittori di esiti formativi (ad es. accesso all’università) e lavorativi (ad es. tempo di accesso al mondo del lavoro). Ci sono poi una serie di life outcomes che vengono considerati in letteratura come legati allo sviluppo delle competenze non cognitive. Tra questi, ad esempio, la stabilità finanziaria in età adulta [7]
e la riduzione alla propensione al crimine e alla devianza [8]
.
Il principale punto di attenzione che vorremmo sollevare attraverso questo capitolo è la multidimensionalità del concetto di competenze non cognitive. Possiamo parlare, da questo punto di vista, di insieme di risorse psicosociali dell’individuo, in cui è ragionevole ricondurre una serie di dimensioni che riguardano non solo tratti di personalità e orientamenti individuali, ma anche altre tipologie di risorse legate al cosiddetto capitale psicologico e al livello motivazionale che insieme guidano il comportamento della persona di fronte a scelte e problematiche sociali.{p. 69}
Come si è visto, si fa riferimento genericamente al termine non cognitive skills per indicare risorse psicologiche, non direttamente coinvolte nel trattamento ed elaborazione delle informazioni, quali appunto, stati motivazionali, alcuni tratti di personalità funzionali alla buona riuscita sociale, il livello di agency individuale nel cercare di orientare e condizionare gli eventi. Ovviamente, nel funzionamento psicologico concreto tutte queste dimensioni sono fuse assieme nel guidare le scelte, le preferenze e il comportamento individuale. Si deve comunque sottolineare come il termine non cognitive skills, in quanto caratterizzato da una negazione (non), costituisca un’approssimazione generica di una serie di dimensioni psicologiche che possono essere oggi descritte in modo sufficientemente preciso, grazie a studi e ricerche che hanno anche affinato gli strumenti di misurazione psicologica.
Allo scopo di una più precisa concettualizzazione, si può dunque proporre un’articolazione di diverse dimensioni psicologiche, considerabili come competenze non cognitive, che influenzano l’azione sociale, secondo lo schema semplificato nella figura 1.
I tratti di personalità sono delle caratteristiche differenziali piuttosto stabili che regolano la nostra interazione con gli altri e con l’ambiente; rappresentano l’architettura stabile di tendenze comportamentali, una organizzazione interna del nostro modo di agire che rende in parte regolari e stabili le nostre condotte sociali [9]
.
Il capitale psicologico può essere definito come uno stato positivo dell’individuo relativamente stabile, ma comunque fortemente condizionato dalle circostanze. Il capitale psicologico è un insieme di risorse fondamentali per fronteggiare le sfide, raccogliere le opportunità e sormontare le difficoltà dell’agire quotidiano [10]
.{p. 70}
Fig. 1. Modello tripartito di competenze non cognitive.
Fig. 1. Modello tripartito di competenze non cognitive.
La motivazione può essere descritta come quella spinta energetica che garantisce impegno, sforzo e persistenza nel raggiungimento degli obiettivi individuali e sociali. Dipende generalmente da disposizioni personali a perseguire il soddisfacimento di bisogni (autonomia, competenza, relazioni) e da condizioni di contesto che favoriscono o meno il raggiungimento di tali scopi [11]
.
In base a questa introduzione, il capitolo sarà dunque organizzato in base a questa struttura tripartita, con una prima parte dedicata al tema personalità, nello specifico soprattutto al modello a cinque dimensioni noto come Big Five [12]
; una seconda parte al capitale psicologico, con un approfondimento del modello HERO, sviluppato inizialmente nell’ambito della psicologia delle organizzazioni [13]
; una terza parte alla motivazione all’apprendimento, con un focus prevalente sul modello sviluppato all’interno della Self Determination Theory [14]
, e un’ultima parte dedicata {p. 71}all’integrazione di queste dimensioni in un’unica visione di competenza non cognitiva, e a una riflessione sull’impatto del Covid-19 sullo sviluppo di queste competenze a scuola.

2. La personalità

Vi sono numerose teorie sulla personalità, così come nel tempo si sono succeduti decine di modelli classificatori dei tratti di personalità. Il modello dei Big Five [15]
è quello che nell’ultimo ventennio ha ricevuto più attenzione e più conferme empiriche, oltre che un’ampia attenzione sulla validazione psicometrica di scale di misura. In base al classico approccio fattoriale alla personalità, che identifica le dimensioni caratterizzanti le differenze individuali attraverso analisi statistiche di tipo fattoriale e in base alla cosiddetta teoria della sedimentazione linguistica che considera il vocabolario della lingua quotidiana come un serbatoio di descrittori delle differenze individuali, il modello ha identificato cinque dimensioni fondamentali per descrivere la personalità degli individui. Ciascuna di tali dimensioni si articola al proprio interno in due sotto-dimensioni secondo lo schema presentato in tabella 1.
Il linguaggio ha un grande potere nel cogliere la personalità di ciascuno. Gli aggettivi possono descrivere bene le differenze individuali. Gli studi che hanno seguito l’impostazione di descrivere la personalità mediante gli aggettivi (ipotesi lessicale) sono giunti ad individuare le seguenti caratteristiche dei cinque fattori.
Gradevolezza. La gradevolezza spiega il grado di fiducia sociale posta negli altri. Essa riflette la tendenza ad avere condotte altruistiche e prosociali opposte a comportamenti antagonisti e antisociali. Nel contesto scolastico, la gradevolezza aiuta gli studenti a stabilire relazioni positive che
{p. 72}potenzialmente possono facilitare l’apprendimento. Il fattore è correlato con la motivazione estrinseca: gli studenti più gradevoli tendono a dare valore a ciò che si «deve fare» piuttosto che a ciò che «piace fare». Tali studenti a) si impegnano nei compiti a casa; b) gestiscono bene il tempo dello studio; c) amano cooperare con i compagni sotto la guida degli insegnanti; d) hanno il senso del dovere.
Note
[1] L.L. Thurstone, Primary Mental Abilities, Chicago, University of Chicago Press, 1938; J.P. Guilford, The Nature of Human Intelligence, New York, McGraw-Hill, 1967.
[2] H. Gardner, Frames of Mind: The Theory of Multiple Intelligences, New York, Basic Books, 1983; R.J. Sternberg, Beyond IQ: A Triarchic Theory of Intelligence, Cambridge, Cambridge University Press, 1985.
[3] D. Goleman e P. Senge, The Triple Focus: A New Approach to Education, Florence, MA, More than Sound, 2014.
[4] M.R. West, M.A. Kraft, A.S. Finn, R.E. Martin, A.L. Duckworth, C.F.O. Gabrieli e J.D.E. Gabrieli, Promise and Paradox, in «Educational Evaluation and Policy Analysis», 38, 1, 2016, pp. 148-170.
[5] J.J. Heckman, T. Kautz, R. Diris, B. Weel e L. Borghans, Fostering and Measuring Skills: Improving Cognitive and Non Cognitive Skills to Promote Lifetime Success, Paris, OECD, 2014.
[6] M.R. West, M.A. Kraft, A.S. Finn, R.E. Martin, A.L. Duckworth, C.F.O. Gabrieli e J.D.E. Gabrieli, Promise and Paradox, cit., pp. 148-170.
[7] I. Schoon, A Transgenerational Model of Status Attainment: The Potential Mediating Role of School Motivation and Education, in «National Institute Economic Review», 205, 2008, pp. 72-82.
[8] L.W. Sherman, D.C. Gottfredson, D.L. MacKenzie, J.E. Eck, P. Reuter e S.D. Bushway, Preventing Crime: What Works, What Doesn’t, What’s Promising, Washington, DC, National Institute of Justice, 1997.
[9] G.V. Caprara e D. Cervone, Personalità. Determinanti, dinamiche, potenzialità, Milano, Raffaello Cortina, 2002.
[10] F. Luthans, J.B. Avey e J.L. Patera, Experimental Analysis of a Web-Based Training Intervention to Develop Positive Psychological Capital, in «Academy of Management Learning & Education», 7, 2, 2008, pp. 209-221.
[11] E. Deci e R.M. Ryan, The «What» and «Why» of Goal Pursuits: Human Needs and the Self-determination of Behavior, in «Psychological Inquiry», 11, 2000, pp. 227-268.
[12] R. McCrae, The Five-Factor Model and Its Applications in Clinical Settings, in «Journal of Personality Assessment», 57, 3, 1991, pp. 399-414.
[13] F. Luthans, B.J. Avolio, J.B. Avey e S.M. Norman, Positive Psychological Capital: Measurement and Relationship with Performance and Satisfaction, in «Personnel Psychology», 60, 3, 2007, pp. 541-572.
[14] E. Deci e R.M. Ryan, The «What» and «Why» of Goal Pursuits: Human Needs and the Self-determination of Behavior, cit., pp. 227-268.
[15] R. McCrae, The Five-Factor Model and Its Applications in Clinical Settings, cit., pp. 399-414; P.T. Costa e R.R. McCrae, Psychological Assessment Resources Inc. Revised NEO Personality Inventory (NEO PI-R) and NEO Five-Factor Inventory (NEO-FFI), Odessa, Psychological Assessment Resources, 1992.